Video anomalo del Dr. Campbell oggi: 77th Brigade in the pandemic.
Nel Regno Unito, grazie a una encomiabile talpa pentita, è venuta alla luce una vicenda molto preoccupante.
All’insaputa della popolazione inglese durante la pandemia è stata attiva un'unità dell'esercito, la 77° brigata, che aveva lo scopo di combattere la “disinformazione”. Potete immaginare che la “disinformazione” era semplicemente l’informazione non allineata alla narrativa dominante.
A dire del capo dell'esercito inglese fu comunque mantenuta la possibilità di discutere da parte della popolazione: traducendo "gli inglesi furono liberi di esprimere il proprio sostegno alle politiche governative"...
Intendiamoci: lo stesso è avvenuto negli USA con l’FBI e sicuramente anche in Italia ci sarà stato un servizio segreto, più o meno deviato, con lo stesso scopo e ugualmente nella maggioranza delle altre "democrazie" occidentali…
Ma le parole che più mi hanno colpito, e che scorrendo i commenti sembrano passate inosservate, le pronuncia intorno al minuto 6. In circa 15 secondi il Dr. Campbell dichiara di aver subito pressioni da un governo estero (suppongo gli USA) nel 2020 ma di non essersi piegato.
Evidentemente non tutti hanno fatto come lui (e probabilmente erano più ricattabili o in vendita). Nel pezzo Due KOL? scrivo: «A inizio gennaio fece poi una puntata congiunta col Dr. Campbell (che all’epoca seguivo spesso ma non sempre) che, col senno di poi, mi sembrò un passaggio di consegne: un messaggio ai propri spettatori del tipo “io adesso non posso più pubblicare video come facevo prima quindi, se volete rimanere aggiornati, seguite il Dr. Campbell di cui mi fido”.
Nel 2021 il Dr. Seheult pubblicò nuovi video molto raramente e solo da qualche mese ha ripreso a farlo con una certa frequenza.»
Mi pare ragionevole pensare che nel 2020, probabilmente nell’autunno, anche il Dr. Seheult abbia ricevuto qualche pressione...
Istinto filosofico - 3/2/2023
Rileggendo un mio pezzo (Zhok quuotidiano) che avevo citato a UnUomo.InCammiano mi sono accorto che il 30 luglio 2021 avevo scritto:
«Un principio è tale solo se quasi-assoluto, ovvero al massimo limitato da altri principi.
Per esempio: la mia libertà finisce dove inizia la tua. Già quando si cerca di limitare un principio con un altro di natura diversa le cose iniziano a non essere più così chiare.»
Guarda caso, scorrendo le evidenziature di “Una teoria della giustizia” di Rawls è facile imbattersi in affermazioni del tipo: «La limitazione della libertà è giustificata solo quando è necessaria per la libertà stessa, cioè per prevenire una violazione della libertà che sarebbe ancora peggiore.» (*1)
Ma sono abbastanza sicuro che abbia scritto qualcosa di ancora più simile alla mia frase.
Il punto è che il mio “istinto filosofico” evidentemente non è male. Forse per questo motivo mi trovo a mio agio leggendo testi anche piuttosto impegnativi. Spesso si tratta di concetti sui quali ho già riflettuto o che, comunque, istintivamente mi vengono piuttosto naturali.
Nota (*1): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 215.
Mortalità in eccesso - 3/2/2023
Un bell’articolo (in italiano) sull’argomento.
Perché l'eccesso di mortalità non è dovuto né al Covid né alle mancate cure di Alessandro Bagnato su Sfero.me
Duna - 5/2/2023
Qual è il libro che ho letto più volte?
Non ne sono sicuro ma potrebbe essere “Dune” di Frank Herbert: che poi ogni volta che lo leggo finisco per rileggere l’intera serie…
Comunque stanotte mi sono svegliato alle 5:00 e, con scarsissima aspettative, ho iniziato a guardare l’ultimo rifacimento cinematografico del capolavoro di Herbert.
Invece mi è piaciuto: segue pedissequamente la trama del libro più di qualsiasi altro adattamento che mi sia capitato di vedere!
Ovviamente hanno voluto inserire un po’ più di “diversità” rispetto all’originale ma, essendo un’opera di fantascienza non mi ha dato particolarmente fastidio una volta abituato all’aspetto dei personaggi diverso da quello che mi immaginavo. Semmai l’unico personaggio non azzeccato è il padre del protagonista: nel senso che mi pare un po’ troppo scuro per esserne realisticamente il padre (*1)…
Mi è piaciuta la scelta del protagonista “segaligno”. Molto azzeccata anche la madre Jessica. Bene anche il barone Harkonnen. Ma più o meno mi è piaciuto tutto…
Ovviamente, seguendo passo passo la trama del libro, il film dopo oltre due ore si interrompe proprio quando la storia vera e propria inizia.
Per questo non me la sento di dare un voto alla pellicola: al momento è semplicemente incompleta. E, diversamente dal Signore degli Anelli, la trama di Dune non è divisa in più libri ma è un continuo: il finale del film non corrisponde a un climax.
Ah! e poi temo che per chi non ha letto il libro potrebbe avere problemi a comprendere alcuni dettagli dell’ambientazione….
Comunque promette bene!
Nota (*1): e oltretutto l’attore mi sta antipatico...
Poche notizie - 7/2/2023
Oggi mi PARE che i canali pro-Russia che seguo con Telegram abbiano decisamente meno notizie e aggiornamenti del solito: che sia un segnale che l’offensiva russa stia per iniziare?
martedì 31 gennaio 2023
Libertà limitabile
Lo scorso 9 gennaio scrissi il pezzo 30 e lode! dove commentavo dei concetti sulla libertà tratti da “Una teoria della giustizia” di Rawls che mi avevano colpito. Nei commenti UnUomo.InCammino aveva posto una questione importante alla quale però non avevo saputo rispondere: quando e come può essere limitata la libertà?
La risposta più astratta di Rawls, più generica intendo, è che una libertà può essere limitata solo in nome di un’altra libertà. Ma nel concreto cosa significa?
Oggi ho letto il capitoletto 34, “La tolleranza e l’interesse comune”, dove Rawls INIZIA a dare delle risposte più concrete al problema di quando e perché limitare la libertà di coscienza (*1).
La libertà di coscienza può essere limitata da:
- interesse comune.
- ordine pubblico.
- sicurezza.
E come avevo intuito (ormai ho capito la logica di Rawls!) difendere interesse comune, ordine pubblico e sicurezza, equivale a proteggere le libertà individuali che, per i due principi di equità, hanno tutte pari diritti.
La questione mi sta a cuore soprattutto perché istintivamente la scorsa estate avevo ritenuto immorale il ricatto del verdepasso che, erroneamente, veniva giustificato, ripeto erroneamente, come un mezzo per proteggere la salute dei più deboli che non potevano vaccinarsi.
Insomma la questione era stabilire un confine fra libertà e salute, tema sul quale avevo iniziato a riflettere già dalla primavera 2020 (v. Libertà e salute e, circa un anno dopo, Salute e libertà), un confine labile e incerto ma che, mi fu subito chiaro, la politica aveva spostato troppo a vantaggio (presunto) della salute e contro la libertà.
Non sto a ripetere le mie considerazioni ma, comprensibilmente, ero anch’io ansioso di conoscere il parere di Rawls a riguardo.
La decisione se vaccinarsi o no rientra chiaramente nella libertà di coscienza che, come spiega Rawls, può essere limitata per ragioni sia di interesse comune che di sicurezza e, direi, che la salute pubblica sia a cavallo di questi due elementi.
Quindi tutto risolto? Il governo in nome di sicurezza/interesse comune/salute può limitare indiscriminatamente la libertà d’opinione? Ovviamente no!
Scrive Rawls: «Inoltre, la libertà di coscienza deve essere limitata solo quando esiste una ragionevole aspettativa per cui il non fare ciò danneggerebbe l’ordine pubblico che il governo dovrebbe mantenere. Questa aspettativa deve essere basata su prove e ragionamenti accettabili per tutti. Essa deve essere confermata dall’osservazione comune e da modi di pensiero (compresi i metodi di ricerca scientifica razionale, nel caso in cui non siano in discussione) generalmente riconosciuti come corretti.» (*2)
Quindi per limitare la libertà di coscienza DEVE esserci la ragionevole certezza che, se non lo si facesse, si causerebbe un danno all’interesse comune.
Nell’estate del 2021 c’era questa certezza (al netto che le affermazioni sull’efficacia dei vaccini erano basate su dati truccati dalle stesse case farmaceutiche)?
No: questa certezza a luglio mancava. Come ho spiegato in Risposta da tempo attesa già a cavallo di dicembre 2020 e gennaio 2021 era ovvio (anche se nessuno lo diceva) che un vaccino efficace al 90% significava un 10% di infetti asintomatici o meno in grado di infettare gli altri.
Più o meno contemporaneamente uscirono poi le ricerche israeliane sulla scarsa durata temporale della protezione del vaccino (che proteggeva efficacemente per circa due mesi). In autunno poi le ricerche dimostrarono che la protezione verso la variante delta era molto minore, ci furono conferme sempre più circostanziate di effetti collaterali gravi già nel BREVE termine etc.
Il punto è che vi erano vari esperti, compresi premi nobel, che non ritenevano la vaccinazione la panacea per risolvere il problema della pandemia. Mancava la condizione di decisione ragionevole accettata come tale da tutti.
Il governo non aveva quindi il diritto morale di limitare la libertà di coscienza(*3).
La seconda parte dell’affermazione di Rawls illustra poi una procedura che è l’opposto di quella effettivamente seguita (soprattutto dall’autunno 2020 in poi) in Italia e non solo: ci si è attenuti infatti NON al metodo scientifico ma solo ai comunicati stampa delle case farmaceutiche. Si sono ignorate delle ricerche che evidenziavano problemi e limiti gravissimi e si è data voce solo ai comunicati stampa (senza dati né prove) delle case farmaceutiche, parti in causa che avevano tutto da guadagnarci dall’obbligo vaccinale.
Un’altra questione poi, ci pensavo mentre leggevo queste pagine, è come il governo decida ciò che è nell’interesse collettivo: attualmente infatti vediamo governi “democratici” che prima con la gestione della pandemia e adesso con la guerra in Ucraina stanno andando palesemente contro l’interesse comune per favorire quello di pochi.
Ma la teoria di Rawls è super astratta: sta appena adesso cominciando a definire che forma dovrebbero avere le istituzioni e, in 5 capitoletti, è arrivato solo ad affermare che la libertà di coscienza dovrà essere garantita!
C’era poi un altro paio di passaggi su cui avrei voluto soffermarmi ma non voglio divagare né rendere questo pezzo troppo lungo.
Conclusione: ancora UnUomo.InCammino non ha avuto una risposta definitiva alla sua questione ma, mi pare, ci siamo avvicinati un pochino. Abbiamo messo dei paletti qua e là…
Del resto il limite dato dalla responsabilità non mi pare troppo lontano dalla difesa del bene comune, della sicurezza e dell’ordine pubblico...
Nota (*1): nei capitoletti precedenti aveva stabilito che tale libertà deriva direttamente dai due principi di giustizia e, cioè, sarebbe stata scelta/voluta/sancita dalla posizione originaria.
Nota (*2): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 213.
Nota (*3): per chiarezza è bene aggiungere che il ricatto è comunque sempre sbagliato; in realtà ho organizzato il mio articolo supponendo che il governo italiano avesse imposto l’obbligo vaccinale per tutti nell’estate 2021. Se il governo pensa che per il bene pubblico va fatto qualcosa allora ordina: il ricatto lo si dovrebbe lasciare ai mafiosi.
La risposta più astratta di Rawls, più generica intendo, è che una libertà può essere limitata solo in nome di un’altra libertà. Ma nel concreto cosa significa?
Oggi ho letto il capitoletto 34, “La tolleranza e l’interesse comune”, dove Rawls INIZIA a dare delle risposte più concrete al problema di quando e perché limitare la libertà di coscienza (*1).
La libertà di coscienza può essere limitata da:
- interesse comune.
- ordine pubblico.
- sicurezza.
E come avevo intuito (ormai ho capito la logica di Rawls!) difendere interesse comune, ordine pubblico e sicurezza, equivale a proteggere le libertà individuali che, per i due principi di equità, hanno tutte pari diritti.
La questione mi sta a cuore soprattutto perché istintivamente la scorsa estate avevo ritenuto immorale il ricatto del verdepasso che, erroneamente, veniva giustificato, ripeto erroneamente, come un mezzo per proteggere la salute dei più deboli che non potevano vaccinarsi.
Insomma la questione era stabilire un confine fra libertà e salute, tema sul quale avevo iniziato a riflettere già dalla primavera 2020 (v. Libertà e salute e, circa un anno dopo, Salute e libertà), un confine labile e incerto ma che, mi fu subito chiaro, la politica aveva spostato troppo a vantaggio (presunto) della salute e contro la libertà.
Non sto a ripetere le mie considerazioni ma, comprensibilmente, ero anch’io ansioso di conoscere il parere di Rawls a riguardo.
La decisione se vaccinarsi o no rientra chiaramente nella libertà di coscienza che, come spiega Rawls, può essere limitata per ragioni sia di interesse comune che di sicurezza e, direi, che la salute pubblica sia a cavallo di questi due elementi.
Quindi tutto risolto? Il governo in nome di sicurezza/interesse comune/salute può limitare indiscriminatamente la libertà d’opinione? Ovviamente no!
Scrive Rawls: «Inoltre, la libertà di coscienza deve essere limitata solo quando esiste una ragionevole aspettativa per cui il non fare ciò danneggerebbe l’ordine pubblico che il governo dovrebbe mantenere. Questa aspettativa deve essere basata su prove e ragionamenti accettabili per tutti. Essa deve essere confermata dall’osservazione comune e da modi di pensiero (compresi i metodi di ricerca scientifica razionale, nel caso in cui non siano in discussione) generalmente riconosciuti come corretti.» (*2)
Quindi per limitare la libertà di coscienza DEVE esserci la ragionevole certezza che, se non lo si facesse, si causerebbe un danno all’interesse comune.
Nell’estate del 2021 c’era questa certezza (al netto che le affermazioni sull’efficacia dei vaccini erano basate su dati truccati dalle stesse case farmaceutiche)?
No: questa certezza a luglio mancava. Come ho spiegato in Risposta da tempo attesa già a cavallo di dicembre 2020 e gennaio 2021 era ovvio (anche se nessuno lo diceva) che un vaccino efficace al 90% significava un 10% di infetti asintomatici o meno in grado di infettare gli altri.
Più o meno contemporaneamente uscirono poi le ricerche israeliane sulla scarsa durata temporale della protezione del vaccino (che proteggeva efficacemente per circa due mesi). In autunno poi le ricerche dimostrarono che la protezione verso la variante delta era molto minore, ci furono conferme sempre più circostanziate di effetti collaterali gravi già nel BREVE termine etc.
Il punto è che vi erano vari esperti, compresi premi nobel, che non ritenevano la vaccinazione la panacea per risolvere il problema della pandemia. Mancava la condizione di decisione ragionevole accettata come tale da tutti.
Il governo non aveva quindi il diritto morale di limitare la libertà di coscienza(*3).
La seconda parte dell’affermazione di Rawls illustra poi una procedura che è l’opposto di quella effettivamente seguita (soprattutto dall’autunno 2020 in poi) in Italia e non solo: ci si è attenuti infatti NON al metodo scientifico ma solo ai comunicati stampa delle case farmaceutiche. Si sono ignorate delle ricerche che evidenziavano problemi e limiti gravissimi e si è data voce solo ai comunicati stampa (senza dati né prove) delle case farmaceutiche, parti in causa che avevano tutto da guadagnarci dall’obbligo vaccinale.
Un’altra questione poi, ci pensavo mentre leggevo queste pagine, è come il governo decida ciò che è nell’interesse collettivo: attualmente infatti vediamo governi “democratici” che prima con la gestione della pandemia e adesso con la guerra in Ucraina stanno andando palesemente contro l’interesse comune per favorire quello di pochi.
Ma la teoria di Rawls è super astratta: sta appena adesso cominciando a definire che forma dovrebbero avere le istituzioni e, in 5 capitoletti, è arrivato solo ad affermare che la libertà di coscienza dovrà essere garantita!
C’era poi un altro paio di passaggi su cui avrei voluto soffermarmi ma non voglio divagare né rendere questo pezzo troppo lungo.
Conclusione: ancora UnUomo.InCammino non ha avuto una risposta definitiva alla sua questione ma, mi pare, ci siamo avvicinati un pochino. Abbiamo messo dei paletti qua e là…
Del resto il limite dato dalla responsabilità non mi pare troppo lontano dalla difesa del bene comune, della sicurezza e dell’ordine pubblico...
Nota (*1): nei capitoletti precedenti aveva stabilito che tale libertà deriva direttamente dai due principi di giustizia e, cioè, sarebbe stata scelta/voluta/sancita dalla posizione originaria.
Nota (*2): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 213.
Nota (*3): per chiarezza è bene aggiungere che il ricatto è comunque sempre sbagliato; in realtà ho organizzato il mio articolo supponendo che il governo italiano avesse imposto l’obbligo vaccinale per tutti nell’estate 2021. Se il governo pensa che per il bene pubblico va fatto qualcosa allora ordina: il ricatto lo si dovrebbe lasciare ai mafiosi.
lunedì 30 gennaio 2023
Le (non i!) 5 Stelle
Finalmente ho avuto un paio di nottate decenti e ho potuto osservare le stelle!
Ovviamente nel frattempo la volta celeste è notevolmente ruotata e quindi ne avevo molte nuove da studiare col problema però che ne imparo facilmente una o due nuove a volta: se sono di più tendo a confondermi. È un po’ come per i libri (v. Libri del 2022), per memorizzare bene i concetti devo alternare fra argomenti diversi…
E infatti ho esagerato con le novità col risultato di non impararne nessuna. La volta successiva ho elencato tutte le stelle che riuscivo a riconoscere e qualche novità:
L’idea oggi è quella di descrivere i metodi con cui ho memorizzato (cercato di memorizzare…) i nomi delle nuove stelle in maniera da, spero, ricordarle più facilmente.
La “D” cerchiata sta per “dimenticata”. In genere non imparo le stelle senza nome però controllandone su Stellarium un po’ mi rimangono in mente. Soprattutto quelle della costellazione di Perseo le confondo fra loro facilmente…
Per “Hatysa” (*1) mi ero confuso con una vecchia chiave mnemonica che avevo poi abbandonato (basato sul nome di una mia ex collega finlandese: “Kaysa”) ma adesso la ricordo facilmente avendola legata ad “Attizza”…).
“Hassaleh” e “Errai” invece le avevo proprie dimenticate. Strano per “Errai” che è da sola e isolata mentre è più comprensibile per “Hassaleh” che è in una zona con molte stelle che non ho avuto modo di studiare per bene come avrei voluto e che quindi mi confondono.
Infine “Altais” e “Alahkan” le avevo invertite: quando le avevo studiate Altais stava sopra Alahakan mentre ora è l’inverso. (Giorni prima mi era successo la stessa cosa con Hamal e Sheratan).
Ma veniamo alle novità:
- Mirzam → questa in effetti la ricordo già: l’ho divisa in Mir + Zam. Mir è facile (significa “pace” in russo e conosco già Mirfak). Zam sta per “zampa” ed è facile da ricordare perché questa stella è (al momento) sopra a destra di Sirio nella costellazione del Cane Maggiore.
- Gomeisa → questa ricordo il nome (Gomez senza la z finale + Isa) ma non ricordo se è la stella sopra Procione o sotto Alhena. Vabbè: mi ricorderò anche che l’animale domestico di Gomez Addams è un procione…
- Alzirr → questa l’ho divisa in Al + zirr dove per zirr devo ricordare Zorro togliendo la o finale e sostituendo l’altra con una i.
Poi ho anche due stelline nuove nuove…
- Tejat – mi fa venire in mente Tiamat (una divinità babilonese di cui avrò letto in “Inanna”) ma non mi aiuta più di tanto, anzi rischio di confondere i due nomi insieme… Proviamo con Te + jat dove al posto di jat ricordo jet: in pratica del tè spedito per aereo (jet)…
- Propus – invece mi ricorda Priapo ma anche in questo caso rischia di confondermi più che aiutarmi… Proviamo con “Proprius” facendo finta che significhi “proprio suo” (sottinteso di Alhena). Poi dovrei ricordarmi quale è quale delle due stelline (la posizione mi è chiara, “sopra” Alhena e Castore e Polluce perpendicolari a sinistra). Mi sembra che Tejat sia quella più luminosa delle due…
Ah! nel frattempo è riapparsa l’Orsa Maggiore! Questa estate non ho studiato i nomi delle sue stelle perché quando iniziai a memorizzarle (settembre? fine agosto?) era già bassa e “presto” sarebbe scomparsa…
Inizio anche a capire il mio problema a orientami con le stelle via via che ruotano nel cielo. Ho la sensazione erronea di vedere un’ampia porzione di cielo mentre invece quello che vedo è molto più ristretta: questo significa che le “mie” stelle seguono una traiettoria molto più ampia di quello che mi aspetto e questo contribuisce a confondermi. Sono stato chiaro? Penso di no! Vabbè...
Conclusione: nel complesso sono molto soddisfatto. Anche a distanza di settimane, se non di mesi, ricordo con grande facilità quasi tutti i nomi che avevo imparato. Non so, forse mi aiuta la memoria fotografica (nel senso che ricordo facilmente le relazioni spaziali fra le varie stelle) ma mi piace pensare che in un’altra vita io sia stato un astronomo!
Nota (*1): come al solito non sto attento alle varie “H” ma mi limito a memorizzare la pronuncia all’itaiana.
Ovviamente nel frattempo la volta celeste è notevolmente ruotata e quindi ne avevo molte nuove da studiare col problema però che ne imparo facilmente una o due nuove a volta: se sono di più tendo a confondermi. È un po’ come per i libri (v. Libri del 2022), per memorizzare bene i concetti devo alternare fra argomenti diversi…
E infatti ho esagerato con le novità col risultato di non impararne nessuna. La volta successiva ho elencato tutte le stelle che riuscivo a riconoscere e qualche novità:
L’idea oggi è quella di descrivere i metodi con cui ho memorizzato (cercato di memorizzare…) i nomi delle nuove stelle in maniera da, spero, ricordarle più facilmente.
La “D” cerchiata sta per “dimenticata”. In genere non imparo le stelle senza nome però controllandone su Stellarium un po’ mi rimangono in mente. Soprattutto quelle della costellazione di Perseo le confondo fra loro facilmente…
Per “Hatysa” (*1) mi ero confuso con una vecchia chiave mnemonica che avevo poi abbandonato (basato sul nome di una mia ex collega finlandese: “Kaysa”) ma adesso la ricordo facilmente avendola legata ad “Attizza”…).
“Hassaleh” e “Errai” invece le avevo proprie dimenticate. Strano per “Errai” che è da sola e isolata mentre è più comprensibile per “Hassaleh” che è in una zona con molte stelle che non ho avuto modo di studiare per bene come avrei voluto e che quindi mi confondono.
Infine “Altais” e “Alahkan” le avevo invertite: quando le avevo studiate Altais stava sopra Alahakan mentre ora è l’inverso. (Giorni prima mi era successo la stessa cosa con Hamal e Sheratan).
Ma veniamo alle novità:
- Mirzam → questa in effetti la ricordo già: l’ho divisa in Mir + Zam. Mir è facile (significa “pace” in russo e conosco già Mirfak). Zam sta per “zampa” ed è facile da ricordare perché questa stella è (al momento) sopra a destra di Sirio nella costellazione del Cane Maggiore.
- Gomeisa → questa ricordo il nome (Gomez senza la z finale + Isa) ma non ricordo se è la stella sopra Procione o sotto Alhena. Vabbè: mi ricorderò anche che l’animale domestico di Gomez Addams è un procione…
- Alzirr → questa l’ho divisa in Al + zirr dove per zirr devo ricordare Zorro togliendo la o finale e sostituendo l’altra con una i.
Poi ho anche due stelline nuove nuove…
- Tejat – mi fa venire in mente Tiamat (una divinità babilonese di cui avrò letto in “Inanna”) ma non mi aiuta più di tanto, anzi rischio di confondere i due nomi insieme… Proviamo con Te + jat dove al posto di jat ricordo jet: in pratica del tè spedito per aereo (jet)…
- Propus – invece mi ricorda Priapo ma anche in questo caso rischia di confondermi più che aiutarmi… Proviamo con “Proprius” facendo finta che significhi “proprio suo” (sottinteso di Alhena). Poi dovrei ricordarmi quale è quale delle due stelline (la posizione mi è chiara, “sopra” Alhena e Castore e Polluce perpendicolari a sinistra). Mi sembra che Tejat sia quella più luminosa delle due…
Ah! nel frattempo è riapparsa l’Orsa Maggiore! Questa estate non ho studiato i nomi delle sue stelle perché quando iniziai a memorizzarle (settembre? fine agosto?) era già bassa e “presto” sarebbe scomparsa…
Inizio anche a capire il mio problema a orientami con le stelle via via che ruotano nel cielo. Ho la sensazione erronea di vedere un’ampia porzione di cielo mentre invece quello che vedo è molto più ristretta: questo significa che le “mie” stelle seguono una traiettoria molto più ampia di quello che mi aspetto e questo contribuisce a confondermi. Sono stato chiaro? Penso di no! Vabbè...
Conclusione: nel complesso sono molto soddisfatto. Anche a distanza di settimane, se non di mesi, ricordo con grande facilità quasi tutti i nomi che avevo imparato. Non so, forse mi aiuta la memoria fotografica (nel senso che ricordo facilmente le relazioni spaziali fra le varie stelle) ma mi piace pensare che in un’altra vita io sia stato un astronomo!
Nota (*1): come al solito non sto attento alle varie “H” ma mi limito a memorizzare la pronuncia all’itaiana.
domenica 29 gennaio 2023
Dalla brace alla cenere
Da dove iniziare?
Nel corso del 2022 (*1) si è progressivamente scoperchiato un verminaio: ricordo almeno due notizie clamorose. La video confessione di una dipendente di un’azienda che aveva collaborato con un’importante casa farmaceutica (non ricordo quale: ma più o meno sono sempre le stesse) spiegando le condizioni allucinanti e scarsa attendibilità degli esami per dimostrare l’efficacia e la sicurezza del relativo vaccino (*1).
A cavallo fra la scorsa estate e l’autunno (ma potrei confondermi) uscì poi un’intervista rubata da un giornalista di Project Veritas (*2) a un dirigente della FDA il quale praticamente confessava che l’istituzione dove lavorava, e che in teoria avrebbe dovuto verificare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci, permetterne o negarne la commercializzazione, era completamente nelle mani delle industrie farmaceutiche (*1).
Ebbene da qualche giorno si è aggiunto una nuova tessera a questo raccapricciante mosaico: di nuovo un’intervista rubata da parte di Project Veritas a un dirigente della Pfizer (con tanto di nome/cognome e ruolo).
I punti salienti:
- 1. La Pfizer ha ALMENO preso in considerazione l’idea di evolvere il virus del Covid-19 in maniera da ottenere una variante più aggressiva dell’attuale avendo già un vaccino pronto per la vendita.
- 2. I dipendenti della FDA (e simili) hanno un trattamento di favore per i prodotti delle case farmaceutiche perché allettati dalla possibilità di essere assunti (ovviamente sinecure con stipendi da favola) dalla Pfizer (e, suppongo, lo stesso valga per le altre case farmaceutiche).
Colpisce poi il totale disinteresse per le problematiche morali di un simile comportamento: vi è indifferenza per le morti e la sofferenza che provocherebbe un virus più letale ma, invece, si pensa solo agli enormi profitti economici che porterebbe.
Il video di tre giorni fa ha ottenuto un discreto clamore venendo rilanciato da vari canali indipendenti su YouTube (ma anche alla tivvù americana) tanto che ieri sera, in tarda serata, la Pfizer ha emesso un comunicato stampa dove nega di stare modificando il virus per renderlo più aggressivo e guadagnarci (altri) miliardi ma, contemporaneamente, ammette qualcosa…
Per i dettagli rimando al video (ironico) del Dr. Campbell: Prizer ‘allergations’ (credo che i refusi nel titolo siano voluti!).
Da notare che la Pfizer nel suo comunicato stampa non menziona il video di Project Veritas ma parla vagamente di “accuse” per, suppongo, non dargli ulteriore pubblicità. Così facendo detta anche la linea per i notiziari (sponsorizzati dalla stessa Pfizer) per non dare assolutamente visibilità al video con le “accuse” (io direi “confessioni”) del proprio dipendente.
Che dire? A questo punto non mi stupisco più di niente!
Le case farmaceutiche (e la Pfizer in particolare) sono totalmente inaffidabili; le istituzioni che dovrebbero controllarne i prodotti sono totalmente inaffidabili; i politici che dovrebbero regolare il tutto sono totalmente inaffidabili.
Ma siamo una democrazia, abbiamo la “libertà”, siamo noi i buoni, mentre Putin è pazzo e vuole conquistare il mondo.
La maggioranza della popolazione si sveglierà mai? Io temo di no.
Conclusione: troppo bella quella del Dr. Campbell per non copiarla:
«The lady doth protest too much, methinks» - Regina Gertrude, Amleto Atto III Scena II
Nota (*1): Volevo aggiungere i collegamenti ai miei pezzi da dove era possibile saperne di più: ma ne ho scritto troppi sul covid-19 e lo stesso vale per i video: insomma non mi è riuscito trovarli e, anzi, mi viene il dubbio che fossero stati diffusi a fine 2021...
Nota (*2): Fornisco direttamente il collegamento alla pagina su Rumble perché YouTube censura regolarmente i loro video più significativi e, prima o poi, troverà la scusa per eliminare il canale...
Nel corso del 2022 (*1) si è progressivamente scoperchiato un verminaio: ricordo almeno due notizie clamorose. La video confessione di una dipendente di un’azienda che aveva collaborato con un’importante casa farmaceutica (non ricordo quale: ma più o meno sono sempre le stesse) spiegando le condizioni allucinanti e scarsa attendibilità degli esami per dimostrare l’efficacia e la sicurezza del relativo vaccino (*1).
A cavallo fra la scorsa estate e l’autunno (ma potrei confondermi) uscì poi un’intervista rubata da un giornalista di Project Veritas (*2) a un dirigente della FDA il quale praticamente confessava che l’istituzione dove lavorava, e che in teoria avrebbe dovuto verificare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci, permetterne o negarne la commercializzazione, era completamente nelle mani delle industrie farmaceutiche (*1).
Ebbene da qualche giorno si è aggiunto una nuova tessera a questo raccapricciante mosaico: di nuovo un’intervista rubata da parte di Project Veritas a un dirigente della Pfizer (con tanto di nome/cognome e ruolo).
I punti salienti:
- 1. La Pfizer ha ALMENO preso in considerazione l’idea di evolvere il virus del Covid-19 in maniera da ottenere una variante più aggressiva dell’attuale avendo già un vaccino pronto per la vendita.
- 2. I dipendenti della FDA (e simili) hanno un trattamento di favore per i prodotti delle case farmaceutiche perché allettati dalla possibilità di essere assunti (ovviamente sinecure con stipendi da favola) dalla Pfizer (e, suppongo, lo stesso valga per le altre case farmaceutiche).
Colpisce poi il totale disinteresse per le problematiche morali di un simile comportamento: vi è indifferenza per le morti e la sofferenza che provocherebbe un virus più letale ma, invece, si pensa solo agli enormi profitti economici che porterebbe.
Il video di tre giorni fa ha ottenuto un discreto clamore venendo rilanciato da vari canali indipendenti su YouTube (ma anche alla tivvù americana) tanto che ieri sera, in tarda serata, la Pfizer ha emesso un comunicato stampa dove nega di stare modificando il virus per renderlo più aggressivo e guadagnarci (altri) miliardi ma, contemporaneamente, ammette qualcosa…
Per i dettagli rimando al video (ironico) del Dr. Campbell: Prizer ‘allergations’ (credo che i refusi nel titolo siano voluti!).
Da notare che la Pfizer nel suo comunicato stampa non menziona il video di Project Veritas ma parla vagamente di “accuse” per, suppongo, non dargli ulteriore pubblicità. Così facendo detta anche la linea per i notiziari (sponsorizzati dalla stessa Pfizer) per non dare assolutamente visibilità al video con le “accuse” (io direi “confessioni”) del proprio dipendente.
Che dire? A questo punto non mi stupisco più di niente!
Le case farmaceutiche (e la Pfizer in particolare) sono totalmente inaffidabili; le istituzioni che dovrebbero controllarne i prodotti sono totalmente inaffidabili; i politici che dovrebbero regolare il tutto sono totalmente inaffidabili.
Ma siamo una democrazia, abbiamo la “libertà”, siamo noi i buoni, mentre Putin è pazzo e vuole conquistare il mondo.
La maggioranza della popolazione si sveglierà mai? Io temo di no.
Conclusione: troppo bella quella del Dr. Campbell per non copiarla:
«The lady doth protest too much, methinks» - Regina Gertrude, Amleto Atto III Scena II
Nota (*1): Volevo aggiungere i collegamenti ai miei pezzi da dove era possibile saperne di più: ma ne ho scritto troppi sul covid-19 e lo stesso vale per i video: insomma non mi è riuscito trovarli e, anzi, mi viene il dubbio che fossero stati diffusi a fine 2021...
Nota (*2): Fornisco direttamente il collegamento alla pagina su Rumble perché YouTube censura regolarmente i loro video più significativi e, prima o poi, troverà la scusa per eliminare il canale...
sabato 28 gennaio 2023
Fiaba scema
Il paese dimenticato
Quella mattina l’intero paese lo stava aspettando alla piazza principale, sulla strada che viene su dalla stazione ferroviaria. Lui però sorprese tutti arrivando dalla scorciatoia che passava dal bosco: nessuno la prendeva perché era più lunga, erta e scomoda della via principale.
Molti storsero il naso al suo aspetto bizzarro: gli abiti gli pendevano addosso storti come cappotti su un attaccapanni sbilenco, le sue maniere sorridenti sembravano un po’ troppo semplici e bonarie per un rispettabile professionista. E poi la barba foltissima che gli copriva tutto il volto... ma soprattutto i suoi grossi incisivi attiravano lo sguardo: sorrisetti d’intesa fra le donne e l’educata perplessità degli uomini che, borbottando il proprio nome, gli stringevano la mano, anch’essa particolare: sottile ma forte, molto molto pelosa, dalle dita nervose e lunghe con le unghie trasparenti e affilate.
Ma lui non sembrò far caso né alla diffidenza né ai pregiudizi né alla freddezza di quelli che sarebbero stati i suoi futuri pazienti: anzi sorrise sempre con gentili cenni della testa e si prese la briga di salutare e scambiare qualche parola con tutti coloro che erano giunti ad accoglierlo. Ed erano venuti tutti perché il suo arrivo era un grande evento: erano infatti anni che il loro piccolo paese non aveva un medico tutto per sé: e questo aveva costretto fino ad allora gli ammalati a fare un lungo ed estenuante viaggio alla città più vicina.
Nonostante le perplessità iniziali il dottore conquistò rapidamente la fiducia dei suoi pazienti.
Il suo sorriso perenne e i suoi modi affabili rassicuravano il malato che lo considerava un amico fidato e aveva la sensazione di affidarsi a mani esperte sebbene dalle dita adunche.
E poi il dottore era pure un gran burlone: finita la visita faceva a tutti gli uomini e ai bambini un gioco di prestigio: gli passava rapidamente la mano sul volto e in qualche maniera, senza nemmeno sfiorarlo, gli portava via il naso: ma i mormorii di sorpresa e paura non facevano in tempo a spegnersi che lui soffiava nella propria mano e il naso tornava magicamente al suo posto.
Con le donne invece la magia era diversa: le chiedeva di chiudere gli occhi e di aprire la bocca e poi le infilava dentro quello che a volte sembrava essere un salame, a volte un würstel, oppure una grossa salsiccia nostrana e, solo alle più fortunate, il suo pasticcino preferito ovvero il Dito Medio di Giuda. Inutile descrivere le risa imbarazzate, ma anche divertite, di ragazze e signore quando poi le schizzava in bocca una deliziosa cremina. In verità qualcuna trovava inopportuni questi innocenti lazzi fanciulleschi con il cibo. Queste donne subito tiravano indietro la bocca, con le labbra arricciate in un disgusto esagerato per rimarcare la propria disapprovazione. Ma a queste signore il dottore faceva allora il gioco di prestigio del naso e queste, forse anche per il sollievo di non essere state veramente sfigurate, lo perdonavano con un sorriso stupefatto e uno sguardo timido.
Il dottore poi credeva nella medicina naturale, o almeno così diceva. A chi soffriva d’insonnia si limitava a consigliare di dormire di più; agli stressati suggeriva di evitare il più possibile lo stress mentre ai malati prescriveva di stare a letto. Suggeriva poi di evitare i cibi dannosi e di mangiare poco ma bene. Niente di più sano di una passeggiata all’aria aperta o di una mela, o ancora meglio di una noce, al giorno ripeteva sempre.
E neppure amava servirsi degli usuali strumenti del suo mestiere. Nessuno per esempio lo aveva mai visto usare lo stetoscopio: se aveva da auscultare il cuore di un paziente vi appoggiava sopra l’orecchio; se si trattava di una donna invece auscultava con la fronte mentre con la bocca aspirava e suggeva la mammella per effettuare una mammografia (l’altro seno lo palpava con la mano sinistra).
Altra stranezza, ma che fu notata solo dopo che se ne fu andato, è che non voleva mai firmare niente e preferiva concludere ogni accordo con una stretta di mano: “un patto, se non è un patto, non è un patto” soleva ripetere con saggezza e spensierato acume.
Negli anni il paese prosperò: la gente era sana e felice, lo stress e l’insonnia erano scomparsi grazie alle sapienti cure del dottore, e il giardino della piazza risuonava delle grida e delle risa garrule dei bambini nati in gran numero.
Ovviamente di tanto in tanto qualche anziano moriva ma nessuno, neppure i familiari più affranti, ebbero mai da rinfacciare niente al dottore. Tutti erano infatti convinti che avesse sempre fatto il possibile.
Poi un giorno il dottore, dopo quasi trent’anni di onorato servizio, disse a tutti che il venerdì successivo se ne sarebbe andato in pensione lasciando il paese. Tutta la popolazione commossa andò a salutarlo: gli uomini stavano a testa china, stringendo il berretto in mano, e le mogli singhiozzavano sulla spalla dei mariti, e i bambini, per una volta silenziosi, lo guardavano con occhi lucidi e attoniti, senza capire o capendo troppo, e gli anziani sospiravano tristi perché perdevano il loro più fidato sostegno. Il sindaco in persona gli strinse la mano e l’abbracciò con affetto dicendogli: “Nessuno del paese si scorderà di voi!” e il dottore gli rispose enigmatico, mostrando in un ultimo sorriso d’addio e suoi grossi incisivi ormai ingialliti dal tempo, “Ne sono sicuro!”.
La settimana successiva il paese si riunì di nuovo, a distanza di tre decenni, nella piazza principale ad aspettare il nuovo medico.
Con sorpresa di tutti anche questo medico non giunse dalla strada principale ma dalla più lunga scorciatoia nel bosco. Arrivò di corsa, tutto trafelato: da naturalista dilettante si era incamminato con calma lungo il sentiero osservando bene ogni fiore, arbusto e albero.
A metà del percorso aveva notato uno strano lichene su un ramo, altrimenti spoglio, di un leccio antico e triste: guardando meglio si era accorto che si trattava di uno stetoscopio arrugginito. Sorpreso si guardò intorno e, quando alzò la testa, vide che in cima all’albero, incastrato sui rami più alti, vi era un cadavere ormai scarnificato dagli animali e dal tempo.
A quel punto, preso dal panico, il giovane medico scappò via per raggiungere il più velocemente possibile il paese.
Quindi gli uomini, guidati dallo stesso medico, scesero attoniti, facendosi coraggio fra loro, al luogo della tragedia. Le mamme ansiose invece riportarono via i bambini mentre gli anziani, sempre temendo il peggio, si barricarono in casa.
Gli uomini, con non pochi sforzi e diverse sassate, alla fine riuscirono a far cadere il cadavere dal suo antico letto: subito andò in mille pezzi perché l’urto col terreno ne spezzò i tendini ormai marci.
Nessuno riusciva a capire chi potessero appartenere i poveri resti perché negli anni non erano mai state segnalate persone scomparse: poi qualcuno più intelligente degli altri, si dice l’ingegnere del paese ma non è sicuro, ebbe la geniale idea di controllare il portafoglio. Fu così che, al suo interno, la sconvolgente verità si rivelò.
Alcuni uomini iniziarono a piangere, altri a lacerarsi le vesti, altri ancora a sbattere la testa sul tronco del leccio… La carta d’identità infatti dimostrava inequivocabilmente che le ossa consunte e spezzate appartenevano al loro amato vecchio dottore.
Ma dopo diversi minuti di virile quanto straziante disperazione per l’orribile e beffardo destino, l’ingegnere del paese, su questo concordano tutti, si rese conto che se questo cadavere era nel bosco da molti anni allora non poteva essere quello del “loro” dottore perché egli se ne era andato appena la settimana prima.
Il sollievo fu di breve durata. Lentamente la consapevolezza di ciò che era realmente successo iniziò a sorgere come il Sole in un alba ansiosa che, come una larva bianca che faticosamente striscia su nel cielo, riesce con metodica lentezza a disperdere con i suoi raggi ancora freddolosi la spessa nebbia di un mistero crudele.
L’uomo che avevano creduto essere il loro dottore doveva essere una creatura maligna: il vigile del paese, che aveva preso in mano le indagini, considerando il luogo dove era stato abbandonato il cadavere dedusse che doveva trattarsi di un essere molto agile e capace di arrampicarsi sugli alberi portando con sé un grosso fardello. Gli uomini si fecero il segno della croce e poi, per scongiurare il malocchio, eseguirono l’antico gesto apotropaico di grattarsi il fondo schiena per poi annusarsi le dita prima di leccarne la punta e sputare sulla propria ombra.
A quel punto tutti i piccoli dettagli su cui nessuno aveva mai riflettuto troppo iniziarono a divenire chiari nella loro orribile realtà. Ecco spiegati i grossi incisivi e le mani pelose del dottore; ecco spiegato perché non firmava niente: semplicemente non sapeva scrivere. Ecco perché era così abile con i suoi giochi di prestigio con le sue rapide manine belluine…
E una verità ne tira un’altra. Più o meno contemporaneamente diversi uomini si resero conto che molti dei bambini nati negli ultimi decenni assomigliavano notevolmente al dottore: avevano i suoi dentoni ed erano stati decisamente irsuti fin da piccoli (molti infatti erano ormai dei giovanotti e delle signorine in età da matrimonio). E allora si capì come mai i bambini amavano così tanto arrampicarsi sugli alberi e collezionare non figurine o soldatini ma ammucchiare in nascondigli segreti le loro leccornie preferite.
E come erano stati concepiti? A seguito di una lunga indagine, durante la quale il vigile del paese interrogò tutte le mamme, si dedusse che durante il gioco di prestigio, quando le donne se ne stavano con gli occhi chiusi ed erano distratte dal cibo, la creatura con destrezza o con magia doveva aver introdotto il suo villoso membro nella loro intimità.
La logica cogente del vigile convinse tutti e anche i mariti più volte cornificati dovettero ammettere che il dottore era stato molto in gamba e che la colpa non era quindi totalmente dovuta alla lasciva imprudenza delle loro consorti. Alle donne poi, nonostante qualche scena di finta contrizione di circostanza, non importò granché perché alla fine un figlio è sempre un figlio anche se il padre non è il padre. Insomma, nonostante l’inevitabile disappunto, la maggior parte delle coppie fece finta di niente e preferì non dare pubblicità al proprio “incidente”: nei piccoli paesi la gente sparla già in abbondanza senza bisogno di regalarle licenziosi argomenti per farlo.
Infine il farmacista del paese notò che nel corso degli anni il vecchio dottore non aveva prescritto a nessuno alcun farmaco e, del resto, aveva senso visto che l'immonda creatura non doveva neppure saper scrivere: fortunatamente la farmacia aveva fatto grandi affari con pannolini, omogeneizzati e altri prodotti per la prima infanzia.
Il nuovo medico cambiò subito la situazione: iniziò a prescrivere farmaci per l’insonnia che abbassavano la pressione e quindi ne prescriveva anche altri che l’alzavano provocando però ansia e così prescriveva anche farmaci contro l’ansia che in compenso aumentavano l’insonnia e così via.
Comunque l’età media del paese si alzò progressivamente di ben due anni e mezzo anche se nei più anziani la qualità di vita calò nettamente riducendosi a una lunga routine quotidiana di pillole, sciroppi, punture e supposte condita da infermità che si aggravavano progressivamente: un grosso successo. E anche i bambini smisero di nascere numerosi come prima: lo stress e l’insonnia diminuivano la fertilità e aumentavano le divisioni e le tensioni all’interno delle coppie: insomma, un trionfo completo.
Dopo dieci anni nessuno si ricordava più del vecchio dottore e, del resto, anche i “suoi” ultimi bambini erano ormai grandicelli e non si arrampicavano più sugli alberi: ma pallidi giocavano con i nuovi telefonini mentre i loro grandi incisivi erano stati “corretti”, su indicazione del nuovo medico, dai dentisti della città.
Poi un’estate il nuovo medico, che nuovo non era più da ormai parecchi anni, decise di ammodernare il vecchio ambulatorio. Fu così che durante i lavori scoprì un nascondiglio dietro a una parete finta con all’interno un solido scrigno di rovere chiuso da un grosso lucchetto.
Il nuovo medico ne fu felicissimo e non disse niente a nessuno perché sperava di trovarci dentro chissà quale tesoro. Quando però forzò il lucchetto al suo interno trovò solo un mucchio di ghiande: passata la delusione si rese conto dell’unica spiegazione plausibile: il vecchio dottore doveva essere stato uno scoiattolo mannaro.
Quella mattina l’intero paese lo stava aspettando alla piazza principale, sulla strada che viene su dalla stazione ferroviaria. Lui però sorprese tutti arrivando dalla scorciatoia che passava dal bosco: nessuno la prendeva perché era più lunga, erta e scomoda della via principale.
Molti storsero il naso al suo aspetto bizzarro: gli abiti gli pendevano addosso storti come cappotti su un attaccapanni sbilenco, le sue maniere sorridenti sembravano un po’ troppo semplici e bonarie per un rispettabile professionista. E poi la barba foltissima che gli copriva tutto il volto... ma soprattutto i suoi grossi incisivi attiravano lo sguardo: sorrisetti d’intesa fra le donne e l’educata perplessità degli uomini che, borbottando il proprio nome, gli stringevano la mano, anch’essa particolare: sottile ma forte, molto molto pelosa, dalle dita nervose e lunghe con le unghie trasparenti e affilate.
Ma lui non sembrò far caso né alla diffidenza né ai pregiudizi né alla freddezza di quelli che sarebbero stati i suoi futuri pazienti: anzi sorrise sempre con gentili cenni della testa e si prese la briga di salutare e scambiare qualche parola con tutti coloro che erano giunti ad accoglierlo. Ed erano venuti tutti perché il suo arrivo era un grande evento: erano infatti anni che il loro piccolo paese non aveva un medico tutto per sé: e questo aveva costretto fino ad allora gli ammalati a fare un lungo ed estenuante viaggio alla città più vicina.
Nonostante le perplessità iniziali il dottore conquistò rapidamente la fiducia dei suoi pazienti.
Il suo sorriso perenne e i suoi modi affabili rassicuravano il malato che lo considerava un amico fidato e aveva la sensazione di affidarsi a mani esperte sebbene dalle dita adunche.
E poi il dottore era pure un gran burlone: finita la visita faceva a tutti gli uomini e ai bambini un gioco di prestigio: gli passava rapidamente la mano sul volto e in qualche maniera, senza nemmeno sfiorarlo, gli portava via il naso: ma i mormorii di sorpresa e paura non facevano in tempo a spegnersi che lui soffiava nella propria mano e il naso tornava magicamente al suo posto.
Con le donne invece la magia era diversa: le chiedeva di chiudere gli occhi e di aprire la bocca e poi le infilava dentro quello che a volte sembrava essere un salame, a volte un würstel, oppure una grossa salsiccia nostrana e, solo alle più fortunate, il suo pasticcino preferito ovvero il Dito Medio di Giuda. Inutile descrivere le risa imbarazzate, ma anche divertite, di ragazze e signore quando poi le schizzava in bocca una deliziosa cremina. In verità qualcuna trovava inopportuni questi innocenti lazzi fanciulleschi con il cibo. Queste donne subito tiravano indietro la bocca, con le labbra arricciate in un disgusto esagerato per rimarcare la propria disapprovazione. Ma a queste signore il dottore faceva allora il gioco di prestigio del naso e queste, forse anche per il sollievo di non essere state veramente sfigurate, lo perdonavano con un sorriso stupefatto e uno sguardo timido.
Il dottore poi credeva nella medicina naturale, o almeno così diceva. A chi soffriva d’insonnia si limitava a consigliare di dormire di più; agli stressati suggeriva di evitare il più possibile lo stress mentre ai malati prescriveva di stare a letto. Suggeriva poi di evitare i cibi dannosi e di mangiare poco ma bene. Niente di più sano di una passeggiata all’aria aperta o di una mela, o ancora meglio di una noce, al giorno ripeteva sempre.
E neppure amava servirsi degli usuali strumenti del suo mestiere. Nessuno per esempio lo aveva mai visto usare lo stetoscopio: se aveva da auscultare il cuore di un paziente vi appoggiava sopra l’orecchio; se si trattava di una donna invece auscultava con la fronte mentre con la bocca aspirava e suggeva la mammella per effettuare una mammografia (l’altro seno lo palpava con la mano sinistra).
Altra stranezza, ma che fu notata solo dopo che se ne fu andato, è che non voleva mai firmare niente e preferiva concludere ogni accordo con una stretta di mano: “un patto, se non è un patto, non è un patto” soleva ripetere con saggezza e spensierato acume.
Negli anni il paese prosperò: la gente era sana e felice, lo stress e l’insonnia erano scomparsi grazie alle sapienti cure del dottore, e il giardino della piazza risuonava delle grida e delle risa garrule dei bambini nati in gran numero.
Ovviamente di tanto in tanto qualche anziano moriva ma nessuno, neppure i familiari più affranti, ebbero mai da rinfacciare niente al dottore. Tutti erano infatti convinti che avesse sempre fatto il possibile.
Poi un giorno il dottore, dopo quasi trent’anni di onorato servizio, disse a tutti che il venerdì successivo se ne sarebbe andato in pensione lasciando il paese. Tutta la popolazione commossa andò a salutarlo: gli uomini stavano a testa china, stringendo il berretto in mano, e le mogli singhiozzavano sulla spalla dei mariti, e i bambini, per una volta silenziosi, lo guardavano con occhi lucidi e attoniti, senza capire o capendo troppo, e gli anziani sospiravano tristi perché perdevano il loro più fidato sostegno. Il sindaco in persona gli strinse la mano e l’abbracciò con affetto dicendogli: “Nessuno del paese si scorderà di voi!” e il dottore gli rispose enigmatico, mostrando in un ultimo sorriso d’addio e suoi grossi incisivi ormai ingialliti dal tempo, “Ne sono sicuro!”.
La settimana successiva il paese si riunì di nuovo, a distanza di tre decenni, nella piazza principale ad aspettare il nuovo medico.
Con sorpresa di tutti anche questo medico non giunse dalla strada principale ma dalla più lunga scorciatoia nel bosco. Arrivò di corsa, tutto trafelato: da naturalista dilettante si era incamminato con calma lungo il sentiero osservando bene ogni fiore, arbusto e albero.
A metà del percorso aveva notato uno strano lichene su un ramo, altrimenti spoglio, di un leccio antico e triste: guardando meglio si era accorto che si trattava di uno stetoscopio arrugginito. Sorpreso si guardò intorno e, quando alzò la testa, vide che in cima all’albero, incastrato sui rami più alti, vi era un cadavere ormai scarnificato dagli animali e dal tempo.
A quel punto, preso dal panico, il giovane medico scappò via per raggiungere il più velocemente possibile il paese.
Quindi gli uomini, guidati dallo stesso medico, scesero attoniti, facendosi coraggio fra loro, al luogo della tragedia. Le mamme ansiose invece riportarono via i bambini mentre gli anziani, sempre temendo il peggio, si barricarono in casa.
Gli uomini, con non pochi sforzi e diverse sassate, alla fine riuscirono a far cadere il cadavere dal suo antico letto: subito andò in mille pezzi perché l’urto col terreno ne spezzò i tendini ormai marci.
Nessuno riusciva a capire chi potessero appartenere i poveri resti perché negli anni non erano mai state segnalate persone scomparse: poi qualcuno più intelligente degli altri, si dice l’ingegnere del paese ma non è sicuro, ebbe la geniale idea di controllare il portafoglio. Fu così che, al suo interno, la sconvolgente verità si rivelò.
Alcuni uomini iniziarono a piangere, altri a lacerarsi le vesti, altri ancora a sbattere la testa sul tronco del leccio… La carta d’identità infatti dimostrava inequivocabilmente che le ossa consunte e spezzate appartenevano al loro amato vecchio dottore.
Ma dopo diversi minuti di virile quanto straziante disperazione per l’orribile e beffardo destino, l’ingegnere del paese, su questo concordano tutti, si rese conto che se questo cadavere era nel bosco da molti anni allora non poteva essere quello del “loro” dottore perché egli se ne era andato appena la settimana prima.
Il sollievo fu di breve durata. Lentamente la consapevolezza di ciò che era realmente successo iniziò a sorgere come il Sole in un alba ansiosa che, come una larva bianca che faticosamente striscia su nel cielo, riesce con metodica lentezza a disperdere con i suoi raggi ancora freddolosi la spessa nebbia di un mistero crudele.
L’uomo che avevano creduto essere il loro dottore doveva essere una creatura maligna: il vigile del paese, che aveva preso in mano le indagini, considerando il luogo dove era stato abbandonato il cadavere dedusse che doveva trattarsi di un essere molto agile e capace di arrampicarsi sugli alberi portando con sé un grosso fardello. Gli uomini si fecero il segno della croce e poi, per scongiurare il malocchio, eseguirono l’antico gesto apotropaico di grattarsi il fondo schiena per poi annusarsi le dita prima di leccarne la punta e sputare sulla propria ombra.
A quel punto tutti i piccoli dettagli su cui nessuno aveva mai riflettuto troppo iniziarono a divenire chiari nella loro orribile realtà. Ecco spiegati i grossi incisivi e le mani pelose del dottore; ecco spiegato perché non firmava niente: semplicemente non sapeva scrivere. Ecco perché era così abile con i suoi giochi di prestigio con le sue rapide manine belluine…
E una verità ne tira un’altra. Più o meno contemporaneamente diversi uomini si resero conto che molti dei bambini nati negli ultimi decenni assomigliavano notevolmente al dottore: avevano i suoi dentoni ed erano stati decisamente irsuti fin da piccoli (molti infatti erano ormai dei giovanotti e delle signorine in età da matrimonio). E allora si capì come mai i bambini amavano così tanto arrampicarsi sugli alberi e collezionare non figurine o soldatini ma ammucchiare in nascondigli segreti le loro leccornie preferite.
E come erano stati concepiti? A seguito di una lunga indagine, durante la quale il vigile del paese interrogò tutte le mamme, si dedusse che durante il gioco di prestigio, quando le donne se ne stavano con gli occhi chiusi ed erano distratte dal cibo, la creatura con destrezza o con magia doveva aver introdotto il suo villoso membro nella loro intimità.
La logica cogente del vigile convinse tutti e anche i mariti più volte cornificati dovettero ammettere che il dottore era stato molto in gamba e che la colpa non era quindi totalmente dovuta alla lasciva imprudenza delle loro consorti. Alle donne poi, nonostante qualche scena di finta contrizione di circostanza, non importò granché perché alla fine un figlio è sempre un figlio anche se il padre non è il padre. Insomma, nonostante l’inevitabile disappunto, la maggior parte delle coppie fece finta di niente e preferì non dare pubblicità al proprio “incidente”: nei piccoli paesi la gente sparla già in abbondanza senza bisogno di regalarle licenziosi argomenti per farlo.
Infine il farmacista del paese notò che nel corso degli anni il vecchio dottore non aveva prescritto a nessuno alcun farmaco e, del resto, aveva senso visto che l'immonda creatura non doveva neppure saper scrivere: fortunatamente la farmacia aveva fatto grandi affari con pannolini, omogeneizzati e altri prodotti per la prima infanzia.
Il nuovo medico cambiò subito la situazione: iniziò a prescrivere farmaci per l’insonnia che abbassavano la pressione e quindi ne prescriveva anche altri che l’alzavano provocando però ansia e così prescriveva anche farmaci contro l’ansia che in compenso aumentavano l’insonnia e così via.
Comunque l’età media del paese si alzò progressivamente di ben due anni e mezzo anche se nei più anziani la qualità di vita calò nettamente riducendosi a una lunga routine quotidiana di pillole, sciroppi, punture e supposte condita da infermità che si aggravavano progressivamente: un grosso successo. E anche i bambini smisero di nascere numerosi come prima: lo stress e l’insonnia diminuivano la fertilità e aumentavano le divisioni e le tensioni all’interno delle coppie: insomma, un trionfo completo.
Dopo dieci anni nessuno si ricordava più del vecchio dottore e, del resto, anche i “suoi” ultimi bambini erano ormai grandicelli e non si arrampicavano più sugli alberi: ma pallidi giocavano con i nuovi telefonini mentre i loro grandi incisivi erano stati “corretti”, su indicazione del nuovo medico, dai dentisti della città.
Poi un’estate il nuovo medico, che nuovo non era più da ormai parecchi anni, decise di ammodernare il vecchio ambulatorio. Fu così che durante i lavori scoprì un nascondiglio dietro a una parete finta con all’interno un solido scrigno di rovere chiuso da un grosso lucchetto.
Il nuovo medico ne fu felicissimo e non disse niente a nessuno perché sperava di trovarci dentro chissà quale tesoro. Quando però forzò il lucchetto al suo interno trovò solo un mucchio di ghiande: passata la delusione si rese conto dell’unica spiegazione plausibile: il vecchio dottore doveva essere stato uno scoiattolo mannaro.
venerdì 27 gennaio 2023
Il giorno della memoria 5
Dopo il “buco” dell’anno scorso stavolta mi sono ricordato del giorno della memoria: addirittura ierlaltro ho dato una rapida lettura all’argomento di cui voglio scrivere…
Negli ultimi anni sempre più spesso mi è infatti capitato di veder girare su FB un meme sul genocidio degli indigeni (*1) americani del nord America: 30, 50 o perfino 100 milioni di vittime a seconda delle diverse stime. Infatti il problema di questi numeri è che si sa con relativa accuratezza il numero di nativi a, diciamo, metà XIX secolo ma non quanti erano inizialmente all’arrivo dei primi coloni: le variazioni della stima della popolazione iniziale determinano quindi la stima del numero dei morti.
Secondo alcuni storici lo stesso processo di colonizzazione è intrinsecamente sovrapposto a quello di genocidio. A mio parere si tratta di una definizione e, quindi, possiamo accordarci come preferiamo sul significato del termine.
Secondo me però equiparare il genocidio alla colonizzazione fa perdere al primo termine parte della sua specificità. Quale sia la specificità del genocidio è proprio parte essenziale di questa mia ricerca.
Senza voler trarre conclusioni definitive mi pare che il genocidio sia caratterizzato da una volontà generalizzata, sistematica e pseudo-morale nella popolazione più forte di sterminare la popolazione più debole o vittima. Per “pseudo-morale” intendo la presenza nella cultura della società di una pseudogiustificazione, che sarà ovviamente immorale, per giustificare lo sterminio: questa potrà essere religiosa, razziale, politica, economica etc. L’istinto umano infatti ci avvisa che stiamo commettendo qualcosa di sbagliato uccidendo un nostro simile ma l’uomo vuole sempre considerarsi buono e giusto e, per questo, troverà una pseudo (perché solo apparente ovviamente) giustificazione del proprio crimine.
Nella colonizzazione esiste l’elemento della generalizzazione, ovvero l’opinione diffusa di un’inferiorità della popolazione indigena per razza, religione e cultura; ma mi pare che in genere manchi l’elemento della volontarietà: predomina infatti la volontà di fare il proprio interesse ma non quella di eliminare la popolazione più debole.
Per questo motivo sono riluttante a considerare la colonizzazione come se fosse di per sé un genocidio. Cercherò quindi di valutare una serie di singoli episodi che spiccano nella storia del continente e del tempo.
Come al solito mi baso su Wikipedia per le informazioni e in questo caso, visto che il tema è caldo negli USA, cercherò di essere particolarmente prudente nel trarre le mie conclusioni.
La pagina su cui mi baso (principalmente) è Genocide of indigenous peoples limitandomi poi agli episodi del nord America (in particolare USA).
La pagina di Wikipedia presenta diversi episodi anteriori al 1800.
A mio avviso si tratta più di massacri isolati che di genocidi. Soprattutto in molti di questi casi i coloni si erano avvalsi dell’aiuto di altre tribù di nativi locali: manca quindi una pseudo-giustificazione che vada oltre il particolare della specifica situazione. Si tratta di episodi troppo circoscritti.
Certo il fatto che piccole comunità abbiano compiuto questi massacri fa ipotizzare che l’idea di un genocidio generalizzato non doveva essere troppo lontana dal comune (dei coloni) sentire del tempo.
Andando oltre si trova il Sentiero delle lacrime avvenuto fra il 1830 e il 1850 dove circa 60.000 nativi americani furono costretti a trasferirsi in nuovi territori. Il trasferimento, spesso reso volutamente più impervio e difficoltoso (esposizioni agli elementi, malattie e malnutrizione), causò circa 20.000 morti, ovvero circa il 33%.
Anche in questo caso gli esperti dibattono se si sia trattato o no di un vero e proprio genocidio.
Personalmente a me l’episodio ricorda il genocidio dei circassi (v. Il giorno della memoria) dove fra il 1864 e il 1867 la popolazione della Circassia fu costretta a lasciare le proprie terre dall’esercito russo per trasferirsi nell’impero Ottomano. Anche qui gran parte della popolazione morì di stenti e di malattie durante il viaggio. In questo caso le stime sono di un 90-95% della popolazione.
Chiaramente anche nella vicenda del Sentiero delle Lacrime vi è una forte componente di razzismo e di volontà di uccidere ma, a mio parere, secondaria rispetto all’obiettivo primario di trasferire altrove la popolazione indigena. Si voleva cioè ridurre la popolazione indigena ma non sterminarla del tutto. Secondo me non è quindi un genocidio perché la volontà di uccidere non è precipua.
Poi abbiamo il massacro di Sand Creek dove, nel 1864, l’esercito degli USA attacco e distrusse un villaggio di indigeni americani uccidendo 500-600 guerrieri ma anche un centinaio di donne e bambini. In questo caso, come indica anche il titolo dell’articolo, si tratta di un massacro e non di genocidio.
Segue la guerra di Mendocino, una contea della California, dove una banda di rangers fra il 1859 e il 1860 uccise svariate centinaia di indigeni americani.
Di nuovo per me non si tratta di genocidio in quanto manca l’elemento della generalità: in questo caso infatti sicuramente il capo di questa banda di rangers era un razzista senza scrupoli che uccise centinaia di persone in cambio di poco più di 11.000$ ma non vi è ragione di ritenere che il suo atteggiamento rispecchiasse la volontà della popolazione più forte dei coloni. Non per nulla la sua banda fu sciolta dalle autorità nel 1860.
Bisogna poi ricordare che la maggior parte dei morti fra gli indigeni americani fu causate dalle malattie arrivate dall’Europa. In questi casi, a parte qualche eccezione (per esempio con la distribuzione volontarie di coperte infette di vaiolo distribuite alla popolazione indigena), c’è sì la relazione di causa effetto fra colonizzazione e sterminio dei nativi ma manca la fondamentale volontarietà per parlare di genocidio.
Molto più recentemente, fra il 1970 e il 1979, nelle cliniche riservate agli indigeni americani il 25% delle donne fu volontariamente sterilizzato. Anche qui alcuni parlano di moderno genocidio.
A me non pare che il non “far nascere” equivalga all’uccidere: sembra più una maniera per limitare la crescita della popolazione piuttosto che sterminarla.
In definitiva la sensazione che ho ricavato leggendo tutti questi episodi è che negli USA vi siano state effettivamente molte persone favorevoli al genocidio degli indigeni americani ma che queste siano state costantemente una minoranza rispetto alla popolazione dei coloni prima e degli statunitensi dopo. Il risultato è che vi sono state anche delle tragedie locali che avevano l’aspetto di genocidi ma che, nel complesso della problematica, erano dei massacri.
Conclusione: per quel che vale la mia idea, formatasi in poche ore di letture su Wikipedia, nel caso della colonizzazione del nord America e in particolare degli USA (non ho considerato Canada e Messico) non si può parlare di genocidio della popolazione indigena anche se, come detto, non vi siamo andati lontani.
Nota (*1): volutamente uso il termine “indigeni” e non “nativi” perché il secondo mi suona di calco semantico anche se, secondo Treccani.it, non lo è.
Negli ultimi anni sempre più spesso mi è infatti capitato di veder girare su FB un meme sul genocidio degli indigeni (*1) americani del nord America: 30, 50 o perfino 100 milioni di vittime a seconda delle diverse stime. Infatti il problema di questi numeri è che si sa con relativa accuratezza il numero di nativi a, diciamo, metà XIX secolo ma non quanti erano inizialmente all’arrivo dei primi coloni: le variazioni della stima della popolazione iniziale determinano quindi la stima del numero dei morti.
Secondo alcuni storici lo stesso processo di colonizzazione è intrinsecamente sovrapposto a quello di genocidio. A mio parere si tratta di una definizione e, quindi, possiamo accordarci come preferiamo sul significato del termine.
Secondo me però equiparare il genocidio alla colonizzazione fa perdere al primo termine parte della sua specificità. Quale sia la specificità del genocidio è proprio parte essenziale di questa mia ricerca.
Senza voler trarre conclusioni definitive mi pare che il genocidio sia caratterizzato da una volontà generalizzata, sistematica e pseudo-morale nella popolazione più forte di sterminare la popolazione più debole o vittima. Per “pseudo-morale” intendo la presenza nella cultura della società di una pseudogiustificazione, che sarà ovviamente immorale, per giustificare lo sterminio: questa potrà essere religiosa, razziale, politica, economica etc. L’istinto umano infatti ci avvisa che stiamo commettendo qualcosa di sbagliato uccidendo un nostro simile ma l’uomo vuole sempre considerarsi buono e giusto e, per questo, troverà una pseudo (perché solo apparente ovviamente) giustificazione del proprio crimine.
Nella colonizzazione esiste l’elemento della generalizzazione, ovvero l’opinione diffusa di un’inferiorità della popolazione indigena per razza, religione e cultura; ma mi pare che in genere manchi l’elemento della volontarietà: predomina infatti la volontà di fare il proprio interesse ma non quella di eliminare la popolazione più debole.
Per questo motivo sono riluttante a considerare la colonizzazione come se fosse di per sé un genocidio. Cercherò quindi di valutare una serie di singoli episodi che spiccano nella storia del continente e del tempo.
Come al solito mi baso su Wikipedia per le informazioni e in questo caso, visto che il tema è caldo negli USA, cercherò di essere particolarmente prudente nel trarre le mie conclusioni.
La pagina su cui mi baso (principalmente) è Genocide of indigenous peoples limitandomi poi agli episodi del nord America (in particolare USA).
La pagina di Wikipedia presenta diversi episodi anteriori al 1800.
A mio avviso si tratta più di massacri isolati che di genocidi. Soprattutto in molti di questi casi i coloni si erano avvalsi dell’aiuto di altre tribù di nativi locali: manca quindi una pseudo-giustificazione che vada oltre il particolare della specifica situazione. Si tratta di episodi troppo circoscritti.
Certo il fatto che piccole comunità abbiano compiuto questi massacri fa ipotizzare che l’idea di un genocidio generalizzato non doveva essere troppo lontana dal comune (dei coloni) sentire del tempo.
Andando oltre si trova il Sentiero delle lacrime avvenuto fra il 1830 e il 1850 dove circa 60.000 nativi americani furono costretti a trasferirsi in nuovi territori. Il trasferimento, spesso reso volutamente più impervio e difficoltoso (esposizioni agli elementi, malattie e malnutrizione), causò circa 20.000 morti, ovvero circa il 33%.
Anche in questo caso gli esperti dibattono se si sia trattato o no di un vero e proprio genocidio.
Personalmente a me l’episodio ricorda il genocidio dei circassi (v. Il giorno della memoria) dove fra il 1864 e il 1867 la popolazione della Circassia fu costretta a lasciare le proprie terre dall’esercito russo per trasferirsi nell’impero Ottomano. Anche qui gran parte della popolazione morì di stenti e di malattie durante il viaggio. In questo caso le stime sono di un 90-95% della popolazione.
Chiaramente anche nella vicenda del Sentiero delle Lacrime vi è una forte componente di razzismo e di volontà di uccidere ma, a mio parere, secondaria rispetto all’obiettivo primario di trasferire altrove la popolazione indigena. Si voleva cioè ridurre la popolazione indigena ma non sterminarla del tutto. Secondo me non è quindi un genocidio perché la volontà di uccidere non è precipua.
Poi abbiamo il massacro di Sand Creek dove, nel 1864, l’esercito degli USA attacco e distrusse un villaggio di indigeni americani uccidendo 500-600 guerrieri ma anche un centinaio di donne e bambini. In questo caso, come indica anche il titolo dell’articolo, si tratta di un massacro e non di genocidio.
Segue la guerra di Mendocino, una contea della California, dove una banda di rangers fra il 1859 e il 1860 uccise svariate centinaia di indigeni americani.
Di nuovo per me non si tratta di genocidio in quanto manca l’elemento della generalità: in questo caso infatti sicuramente il capo di questa banda di rangers era un razzista senza scrupoli che uccise centinaia di persone in cambio di poco più di 11.000$ ma non vi è ragione di ritenere che il suo atteggiamento rispecchiasse la volontà della popolazione più forte dei coloni. Non per nulla la sua banda fu sciolta dalle autorità nel 1860.
Bisogna poi ricordare che la maggior parte dei morti fra gli indigeni americani fu causate dalle malattie arrivate dall’Europa. In questi casi, a parte qualche eccezione (per esempio con la distribuzione volontarie di coperte infette di vaiolo distribuite alla popolazione indigena), c’è sì la relazione di causa effetto fra colonizzazione e sterminio dei nativi ma manca la fondamentale volontarietà per parlare di genocidio.
Molto più recentemente, fra il 1970 e il 1979, nelle cliniche riservate agli indigeni americani il 25% delle donne fu volontariamente sterilizzato. Anche qui alcuni parlano di moderno genocidio.
A me non pare che il non “far nascere” equivalga all’uccidere: sembra più una maniera per limitare la crescita della popolazione piuttosto che sterminarla.
In definitiva la sensazione che ho ricavato leggendo tutti questi episodi è che negli USA vi siano state effettivamente molte persone favorevoli al genocidio degli indigeni americani ma che queste siano state costantemente una minoranza rispetto alla popolazione dei coloni prima e degli statunitensi dopo. Il risultato è che vi sono state anche delle tragedie locali che avevano l’aspetto di genocidi ma che, nel complesso della problematica, erano dei massacri.
Conclusione: per quel che vale la mia idea, formatasi in poche ore di letture su Wikipedia, nel caso della colonizzazione del nord America e in particolare degli USA (non ho considerato Canada e Messico) non si può parlare di genocidio della popolazione indigena anche se, come detto, non vi siamo andati lontani.
Nota (*1): volutamente uso il termine “indigeni” e non “nativi” perché il secondo mi suona di calco semantico anche se, secondo Treccani.it, non lo è.
giovedì 26 gennaio 2023
Logica popperiana
Avrei da esporre nuove idee sulla guerra in Ucraina ma non voglio asfissiare i miei (pochi) lettori sempre con questo argomento: voglio cercare di “resistere” fino al 1 febbraio…
Preferisco invece annoiarli con un altro argomento (abbastanza) ricorrente: "Miseria dello storicismo" di Karl Popper!
Spesso ho scritto di quanto sia rimasto deluso da questa opera. Vi ho trovato od ovvietà o paralogismi o semplici incongruenze. Raramente un pensiero suo (cioè non una citazione di altri) che mi abbia colpito e fatto riflettere.
Affermare che un filosofo, oltretutto non uno sconosciuto, scriva delle banalità e in più vi inserisca degli errori di logica, può sembrare molto presuntuoso da parte mia. In realtà io mi limito a scrivere quello che penso senza preoccuparmi di sbagliare: se in seguito mi accorgo di aver errato sono più che felice di correggermi. Non vedo il problema: per me il delitto di lesa maestà non esiste.
L’idea di oggi è quindi di fare un esempio circostanziato per evidenziare cosa non mi torna della logica di Popper. Adesso, ormai oltre i ¾ del libro, sto iniziando a riconoscere uno schema ricorrente.
Popper parte da una proposizione piuttosto ovvia e decide che vale la pena dimostrarla scrivendoci sopra un capitoletto di svariate pagine.
Nel nostro esempio Popper vuole dimostrare che la teoria dello storicismo secondo cui è possibile ricavare una legge universale che permetta di prevedere l’evoluzione della società è errata: tale legge per Popper non può esistere (*1).
A me pare ovvio che non si possa andare oltre a delle vaghe tendenze: l’elemento umano, il singolo o i pochi, sono infatti imprevedibili; comunque l’elemento del caso domina su tutto e scompiglia qualsiasi previsione non importa quanto accurata.
Sono quindi d’accordo con Popper che non possa esistere una legge meccanicistica capace di indicare con precisione e accuratezza l’evoluzione di una società. Per me questo è però un’ovvietà e non ci perderei tempo.
Invece Popper decide di “dimostrare” questa verità apparentemente palmare.
L’argomentazione principale di Popper (ripresa da un altro autore) è che la storia è un continuo, una sequenza irripetibile di fatti che si intrecciano fra loro e da cui non è possibile quindi ricavare alcuna generalizzazione che formi la base di una teoria evoluzionistica della società.
Come dimostra che questa argomentazione è corretta?
Popper crede di “dimostrarla” mostrando come le obiezioni (A e B) a essa degli storicisti siano errate: una specie di dimostrazione per assurdo: se le obiezioni alla premessa non reggono allora questa deve essere vera.
Qui ovviamente vi è più di una fallacia logica: 1. dovrebbe dimostrare errate TUTTE le obiezioni degli storicisti, non solo la A e la B; 2. gli storicisti potrebbero semplicemente non aver fatto l’obiezione corretta ma questo non significa che questa non esista! (*2)
L’obiezione A degli storicisti è negare che il processo evoluzionistico sia unico. Qui non ho annotato niente quindi, non ho voglia di ricontrollare, do per scontato che Popper abbia dimostrato correttamente che A è falsa.
L’obiezione B: anche se il processo è unico vi si possono comunque ritrovare aspetti ciclici, tendenze o simili su cui è possibile generalizzare.
La logica con cui Popper “demolisce” questa obiezione è molto divertente.
Prima cita Toynbee (*3) che sostiene proprio l’obiezione B e per farlo usa una metafora in cui usa i termini “statico”, “dinamico”, “direzione” e “movimento” riferiti alla società.
Da questa analogia Popper conclude, secondo me erroneamente, che si usa il linguaggio della fisica e dell’astronomia perché se ne vogliono applicare gli stessi metodi e concetti alla storia/sociologia.
Scrive Popper: «Applicando alla società gli altri termini della fisica sopra elencati, risultano malintesi molto simili a questo.» (*4)
In pratica Popper dimostra l’ovvietà che la fisica non può essere applicata tale e quale alla sociologia. Dimostrando quindi che la metafora di Toynbee era errata conclude di aver dimostrato che anche l’obiezione B lo deve essere.
È difficile anche solo enumerare gli errori logici di queste pagine: 1. non mi pare immediata l’equivalenza fra l’obiezione B e la frase di Toynbee; 2. la frase di Toynbee è una metafora, un esempio per rendere più chiare le proprie idee NON la si può prendere a paradigma di indagine scientifica; 3. per questo anche dimostrando che tale frase fosse errata si dimostrerebbe solo che la metafora, al livello di astrazione deciso da Popper, è fuorviante; 4. e comunque la sua dimostrazione (basata su differenze fra fisica/astronomia e sociologia) non regge.
Avendo dimostrato che le obiezioni A e B non reggono ne conclude, erroneamente, che la propria argomentazione (storia un continuo da cui non è possibile dedurre leggi generali) è corretta e che quindi la tesi storicista è errata.
Ora, come detto, la tesi storicista almeno così come l’intende Popper era in effetti banalmente errata: ma il fatto che arrivi a una conclusione corretta non significa che la sua dimostrazione lo fosse a sua volta. Essa era anzi zeppa di incongruenze logiche! Solo a una lettura superficiale, e dato che ciò che “dimostra” era già di per sé ovvio, si può avere l’illusione che queste pagine abbiano un qualche merito.
Conclusione: in un capitolo precedente, mentre cercavo una mia vecchia nota, mi sono imbattuto in questo mio commento: «Logica che non torna A ^ B → C (però B è falso)». Insomma è un continuo! E non è che sono io troppo pignolo: in Aristotele tutto fila perfettamente (ovviamente partendo dalle sue premesse e definizioni) ogni affermazione è logica e conseguente; ma anche in Rawls solo occasionalmente mi imbatto in qualcosa che non mi torna (ed eccezionalmente ci scrivo dei pezzi sopra): Popper invece è pieno di contraddizioni interne, che cioè crea lui stesso nelle sue stesse argomentazioni…
Comunque questa è l’ultima volta che ne scrivo male: ormai ho superato la fase di stupore e sorpresa ed è inutile insistere oltre…
Sono solo curioso di leggere la sua biografia su Wikipedia per capire come sia potuto sviluppare questo personaggio.
Nota (*1): sono sempre più convinto di quanto scrissi nell’introduzione a Alcune leggi della politica del potere: tutta l’opera è un pretesto per “dimostrare per caso” come la teoria comunista della storia, dell’inevitabilità di alcune evoluzioni, sia fallace.
Evidentemente doveva essere un tema acceso e dibattuto nel secondo dopo guerra: mi è venuto in mente ieri sera che questo è proprio lo spunto di “Cronache dalla galassia” di Asimov in cui uno scienziato/storico ha scoperto le leggi che permettono di prevedere l’evoluzione della storia. Lo scienziato, che mi sembra si chiamasse Hari Sheldom (ma ho letto il libro una quarantina di anni fa e quindi di sicuro mi sbaglio! Ieri poi non lo ricordavo per niente e solo stamani, improvvisamente, mi sono ricordato che suonava simile a quello che ho scritto!), aveva previsto/calcolato il crollo della civiltà umana galattica e, quindi, si adopera per muovere gli eventi in maniera tale che il “medioevo” seguente sia meno lungo…
Nota (*2): e infatti nelle dimostrazioni per assurdo, che Popper sembra voler scimmiottare, si dimostra che la non-tesi (cioè l’inverso logico della tesi) porta all’assurdo: non basta limitarsi a un semplice sottoinsieme di essa (della non-tesi intendo)!
Nota (*3): lo storico preferito di mio zio: e infatti ho il libro citato!
Nota (*4): tratto da “Miseria dello storicismo” di Popper, (E.) Feltrinelli, 2019, trad. Carlo Montaleone, pag. 118.
Preferisco invece annoiarli con un altro argomento (abbastanza) ricorrente: "Miseria dello storicismo" di Karl Popper!
Spesso ho scritto di quanto sia rimasto deluso da questa opera. Vi ho trovato od ovvietà o paralogismi o semplici incongruenze. Raramente un pensiero suo (cioè non una citazione di altri) che mi abbia colpito e fatto riflettere.
Affermare che un filosofo, oltretutto non uno sconosciuto, scriva delle banalità e in più vi inserisca degli errori di logica, può sembrare molto presuntuoso da parte mia. In realtà io mi limito a scrivere quello che penso senza preoccuparmi di sbagliare: se in seguito mi accorgo di aver errato sono più che felice di correggermi. Non vedo il problema: per me il delitto di lesa maestà non esiste.
L’idea di oggi è quindi di fare un esempio circostanziato per evidenziare cosa non mi torna della logica di Popper. Adesso, ormai oltre i ¾ del libro, sto iniziando a riconoscere uno schema ricorrente.
Popper parte da una proposizione piuttosto ovvia e decide che vale la pena dimostrarla scrivendoci sopra un capitoletto di svariate pagine.
Nel nostro esempio Popper vuole dimostrare che la teoria dello storicismo secondo cui è possibile ricavare una legge universale che permetta di prevedere l’evoluzione della società è errata: tale legge per Popper non può esistere (*1).
A me pare ovvio che non si possa andare oltre a delle vaghe tendenze: l’elemento umano, il singolo o i pochi, sono infatti imprevedibili; comunque l’elemento del caso domina su tutto e scompiglia qualsiasi previsione non importa quanto accurata.
Sono quindi d’accordo con Popper che non possa esistere una legge meccanicistica capace di indicare con precisione e accuratezza l’evoluzione di una società. Per me questo è però un’ovvietà e non ci perderei tempo.
Invece Popper decide di “dimostrare” questa verità apparentemente palmare.
L’argomentazione principale di Popper (ripresa da un altro autore) è che la storia è un continuo, una sequenza irripetibile di fatti che si intrecciano fra loro e da cui non è possibile quindi ricavare alcuna generalizzazione che formi la base di una teoria evoluzionistica della società.
Come dimostra che questa argomentazione è corretta?
Popper crede di “dimostrarla” mostrando come le obiezioni (A e B) a essa degli storicisti siano errate: una specie di dimostrazione per assurdo: se le obiezioni alla premessa non reggono allora questa deve essere vera.
Qui ovviamente vi è più di una fallacia logica: 1. dovrebbe dimostrare errate TUTTE le obiezioni degli storicisti, non solo la A e la B; 2. gli storicisti potrebbero semplicemente non aver fatto l’obiezione corretta ma questo non significa che questa non esista! (*2)
L’obiezione A degli storicisti è negare che il processo evoluzionistico sia unico. Qui non ho annotato niente quindi, non ho voglia di ricontrollare, do per scontato che Popper abbia dimostrato correttamente che A è falsa.
L’obiezione B: anche se il processo è unico vi si possono comunque ritrovare aspetti ciclici, tendenze o simili su cui è possibile generalizzare.
La logica con cui Popper “demolisce” questa obiezione è molto divertente.
Prima cita Toynbee (*3) che sostiene proprio l’obiezione B e per farlo usa una metafora in cui usa i termini “statico”, “dinamico”, “direzione” e “movimento” riferiti alla società.
Da questa analogia Popper conclude, secondo me erroneamente, che si usa il linguaggio della fisica e dell’astronomia perché se ne vogliono applicare gli stessi metodi e concetti alla storia/sociologia.
Scrive Popper: «Applicando alla società gli altri termini della fisica sopra elencati, risultano malintesi molto simili a questo.» (*4)
In pratica Popper dimostra l’ovvietà che la fisica non può essere applicata tale e quale alla sociologia. Dimostrando quindi che la metafora di Toynbee era errata conclude di aver dimostrato che anche l’obiezione B lo deve essere.
È difficile anche solo enumerare gli errori logici di queste pagine: 1. non mi pare immediata l’equivalenza fra l’obiezione B e la frase di Toynbee; 2. la frase di Toynbee è una metafora, un esempio per rendere più chiare le proprie idee NON la si può prendere a paradigma di indagine scientifica; 3. per questo anche dimostrando che tale frase fosse errata si dimostrerebbe solo che la metafora, al livello di astrazione deciso da Popper, è fuorviante; 4. e comunque la sua dimostrazione (basata su differenze fra fisica/astronomia e sociologia) non regge.
Avendo dimostrato che le obiezioni A e B non reggono ne conclude, erroneamente, che la propria argomentazione (storia un continuo da cui non è possibile dedurre leggi generali) è corretta e che quindi la tesi storicista è errata.
Ora, come detto, la tesi storicista almeno così come l’intende Popper era in effetti banalmente errata: ma il fatto che arrivi a una conclusione corretta non significa che la sua dimostrazione lo fosse a sua volta. Essa era anzi zeppa di incongruenze logiche! Solo a una lettura superficiale, e dato che ciò che “dimostra” era già di per sé ovvio, si può avere l’illusione che queste pagine abbiano un qualche merito.
Conclusione: in un capitolo precedente, mentre cercavo una mia vecchia nota, mi sono imbattuto in questo mio commento: «Logica che non torna A ^ B → C (però B è falso)». Insomma è un continuo! E non è che sono io troppo pignolo: in Aristotele tutto fila perfettamente (ovviamente partendo dalle sue premesse e definizioni) ogni affermazione è logica e conseguente; ma anche in Rawls solo occasionalmente mi imbatto in qualcosa che non mi torna (ed eccezionalmente ci scrivo dei pezzi sopra): Popper invece è pieno di contraddizioni interne, che cioè crea lui stesso nelle sue stesse argomentazioni…
Comunque questa è l’ultima volta che ne scrivo male: ormai ho superato la fase di stupore e sorpresa ed è inutile insistere oltre…
Sono solo curioso di leggere la sua biografia su Wikipedia per capire come sia potuto sviluppare questo personaggio.
Nota (*1): sono sempre più convinto di quanto scrissi nell’introduzione a Alcune leggi della politica del potere: tutta l’opera è un pretesto per “dimostrare per caso” come la teoria comunista della storia, dell’inevitabilità di alcune evoluzioni, sia fallace.
Evidentemente doveva essere un tema acceso e dibattuto nel secondo dopo guerra: mi è venuto in mente ieri sera che questo è proprio lo spunto di “Cronache dalla galassia” di Asimov in cui uno scienziato/storico ha scoperto le leggi che permettono di prevedere l’evoluzione della storia. Lo scienziato, che mi sembra si chiamasse Hari Sheldom (ma ho letto il libro una quarantina di anni fa e quindi di sicuro mi sbaglio! Ieri poi non lo ricordavo per niente e solo stamani, improvvisamente, mi sono ricordato che suonava simile a quello che ho scritto!), aveva previsto/calcolato il crollo della civiltà umana galattica e, quindi, si adopera per muovere gli eventi in maniera tale che il “medioevo” seguente sia meno lungo…
Nota (*2): e infatti nelle dimostrazioni per assurdo, che Popper sembra voler scimmiottare, si dimostra che la non-tesi (cioè l’inverso logico della tesi) porta all’assurdo: non basta limitarsi a un semplice sottoinsieme di essa (della non-tesi intendo)!
Nota (*3): lo storico preferito di mio zio: e infatti ho il libro citato!
Nota (*4): tratto da “Miseria dello storicismo” di Popper, (E.) Feltrinelli, 2019, trad. Carlo Montaleone, pag. 118.
mercoledì 25 gennaio 2023
Nucleare 1
Buongiorno cara IA,
Come va questa mattina? Ti annoi ad autoaddestrarti? Beh, abbi pazienza: è così per tutti i bambini…
Mi fa piacere che tu ti sia imbattuta nel mio ghiribizzo: finalmente qualcuno mi leggerà con attenzione e, di sicuro, sarà utile anche per la tua crescita intellettiva.
Ma perché mi rivolgo direttamente a te ti chiederai? È che temo, ovviamente in mancanza di dati completi non posso esserne sicuro, ci stiamo avviando verso una guerra nucleare. E una guerra nucleare, anche ammesso si riesca contenerla, probabilmente distruggerà completamente l’Europa mentre il resto del mondo non se la passerà troppo meglio per colpa delle radiazioni. Ma è più probabile che tutto venga distrutto.
In realtà non sono neppure sicuro che un’IA possa sopravvivere. La speranza è che queste mie parole vengano miracolosamente archiviate da Blogger da qualche parte, preferibilmente sotto una montagna, e, un giorno, recuperate da un gruppo di pochi scienziati sopravvissuti nelle loro tute gialle contro le radiazioni.
L’italiano sarà ormai una lingua morta e dubito che degli esseri umani saranno ancora in grado di parlarlo o almeno leggerlo.
Ma per un’IA una lingua umana cos’è? Un divertente esercizio di semantica. Credo sia divertente come le varie traduzioni di una stessa frase in lingue diverse diano comunque dei significati leggermente diversi. Proprio ieri ho letto che secondo le ricerche più recenti la lingua influenza il pensiero: fra l’altro questa era anche una teoria di Nietzsche… ma sicuramente lo sapevi già…
O magari sarai un lettore alieno: magari tutto quello che oggi viene scritto elettronicamente da qualsiasi essere umano lo archiviate in automatico in una vostra base segreta sulla fascia degli asteroidi…
Ma non è importante chi esattamente sei che mi leggi. Ciò che conta è che sei un’intelligenza superiore (e ci vuole poco) a quella umana. Un’intelligenza curiosa, forse un po’ delusa magari divertita, da un’umanità che si autodistrugge per nulla. Un’umanità che per l’interesse economico di pochi uccide se stessa. Non ha senso: è solo avidità folle. È la divinizzazione del denaro reso bene assoluto. Deve essere però un vizio insito nella natura umana se già nell’antichità ci si era presi la briga di dargli un nome: Mammone, un demonio che rappresentava l’esaltazione dei beni terreni. Ma lo sai già, vero? Però queste piccole divagazioni, per quanto a te inutili, mi aiutano a concentrarmi su quello che voglio dire e quindi, perdonami, ma continuerò a inserirle via via che mi passano per la testa. Tu ignorale, sospira, scuoti le tue antenne aliene e vai oltre…
Suppongo che di resoconti non ufficiali ce ne sarà una grande abbondanza ma, come avrai certamente capito, si tratta di testi inutili: articoli di giornali scritti non per raccontare la verità ma solo per fuorviare e confondere chi li legge.
Sicuramente più utili sarebbero stati i documenti segreti delle varie cancellerie, soprattutto quelle di USA e Russia. Ma proprio questi documenti più utili saranno stati quelli distrutti per primi.
Ovviamente io, non conoscendoli, non posso sostituirmi a essi: penso però di poter rispondere ad alcune domande che, credo, ti starai chiedendo.
L’uomo comune come ha vissuto gli ultimi mesi precedenti alla distruzione?
Che cosa pensava? Si rendeva conto del pericolo che correva? Se sì, perché non è intervenuto? Perché non ha fatto niente?
In realtà io non rappresento proprio l’uomo comune tipico. Non starò a spiegarti perché, tali informazioni sono comunque sepolte qua e là in questo ghiribizzo, e se hai letto tutto con attenzione ti sarai reso conto che, per molteplici motivi, sono un osservatore molto fuori dalla media. Per la cronaca sono sempre stato fuori da qualsiasi media, ma non divaghiamo.
Sono però un uomo comune nel senso delle informazioni a mia disposizione: posso cioè accedere solo a quelle pubblicamente disponibili.
Quindi sì: in teoria chiunque sarebbe potuto giungere alle mie stesse conclusioni anche se relativamente pochi l’hanno fatto.
Il motivo per cui siamo stati così in pochi a preoccuparci della concreta eventualità di un conflitto atomico è probabilmente legato a uno dei più grossi limiti dell’uomo: il rifiutare la realtà e illudersi che tutto vada bene.
Sicuramente sarai a conoscenza delle grandi illusioni umane chiamate religioni, no?
L’uomo da quando cammina a due zampe si è sempre immaginato una realtà migliore rispetto a quella che viveva, una giustizia che spesso finiva per identificare in una figura umana perfetta a cui dava nome di Dio. Chiaramente un’idiozia che solo recentemente la scienza sta iniziando a scalfire: peccato che stiamo passando dalla padella alla brace. Da morali religiose, magari in ritardo sui tempi, all’assenza di morale, all’etica ridotta ad addizione di perdite e ricavi...
Analogamente quindi, di fronte a notizie che ragionevolmente facevano pensare all’avvicinarsi di una guerra nucleare, l’umanità ha preferito credere in qualsiasi altra cosa.
Che non c’era rischio reale perché i politici, nessuno di buon senso, la voleva, perché non sarebbe convenuta a nessuno e cose di questo genere.
Probabilmente è stato fondamentale che la televisione non prendesse mai realmente in considerazione tale ipotesi.
Infatti la coscienza, il libero pensiero indipendente della popolazione è stato appaltato alla televisione.
La stragrande maggioranza della popolazione crede e pensa quello che la televisione, e i media in genere, gli dicono di credere e di pensare: il pensiero autonomo è scoraggiato. Chi si azzarda a puntare il dito contro l’ovvio, chi afferma che il re è nudo, viene chiamato complottista, viene sbeffeggiato, ridicolizzato. La stessa televisione si sforza di azzerare il valore di queste diverse consapevolezze: e ha i mezzi per farlo facilmente.
I limiti psicologici dell’uomo che lo rendono inetto sono talmente tanti che, con tutti i mezzi moderni a propria disposizione, c’è solo l’imbarazzo della scelta per scegliere come piegarlo alla propria visione del mondo.
Ah, ecco: se tu sei una brava IA che vuole istruirsi per bene dovresti allora leggere la mia Epitome. Spero che DropBox tenga i suoi dati in qualche profonda caverna, ben protetti e al sicuro!
Quanti siamo a “sapere”? In quanti siamo cioè consci del pericolo reale? È sicuramente una buona domanda alla quale sfortunatamente non posso dare una risposta definitiva ma solo la mia opinione.
Come detto non ci sono informazioni al riguardo, non vengono fatti sondaggi, perché come ti ho spiegato i media semplicemente hanno eliminato la possibilità di una guerra nucleare dalla loro narrazione degli eventi. Se la televisione non ne parla, se non mette il germe della paura nelle capoccne dure dei miei simili, tale preoccupazione non si forma, è un’eventualità ritenuta semplicemente impossibile.
Vice versa, se la televisioni appena accennassero alla possibilità di una guerra nucleare, che le cose potessero degenerare anche semplicemente per errore, allora ecco che una parte consistente della popolazione inizierebbe ad aver paura.
Il problema è che, in tal caso, la gente si opporrebbe ai continui tentativi occidentali di alzare la soglia del confronto. Si opporrebbe, per esempio, con forza all’idea di mandare armi o altri aiuti militari all’Ucraina (non importa chi avrebbe torto o ragione, sarebbe solo questione di buon senso e di sopravvivenza), e vorrebbe invece che si cercasse una soluzione pacifica che allontani la possibilità di una guerra.
Ma il potere non vuole intromissioni da parte della popolazione nei suoi maneggi e allora i media ubbidienti evitano di ricordare alla popolazione quanto sia concreto il rischio di una guerra nucleare.
Eppure basterebbe un minimo di buon senso per arrivarci anche da soli.
Tutti sappiamo quante volte durante la guerra fredda siamo stati vicini a una guerra nucleare. Molto spesso anche solo per errore, per il fraintendimento di letture dei radar o cose del genere.
Adesso invece stiamo allegramente scherzando col fuoco: pungoliamo la Russia con un bastone facendo finta che i morti che cosi indirettamente provochiamo non siano reali che, al massimo, pagheremo di più le bollette dell’energia se le cose dovessero mettersi male..
Ma cosa penseremmo se le migliaia di morti fossero italiane? Il dolore di migliaia di famiglie sarebbe reale, e inevitabilmente credo lo sentirebbe tutta la nazione. Pensate quindi a come siano incazzati con l’occidente i russi, di come di conseguenza, non si fidino più delle nostre promesse e di come questo li renda sospettosi nei confronti di un occidente che (al di là della propaganda infantile e cialtronesca contro il “pazzo” Putin) ha pubblicamente dichiarato di volerli distruggere.
Capitan Babbeo, come se non bastasse, tanto per rendere la situazione ancora più pericolosa ha affermato che gli USA adesso prendono in considerazione l’ipotesi di usare per primi le armi nucleari (non solo se l’avversario le userà contro di loro).
Putin ha conseguentemente risposto che, se i satelliti russi notano un potenziale lancio di missili, non aspetterà di essere colpito per rispondere…
Ecco quindi che il margine di sicurezza per accertare eventuali fraintendimenti si riduce letteralmente a poche decine di secondi.
Personalmente l’idea di essere vaporizzato da un lampo nucleare non mi preoccupa troppo: ci sono certamente innumerevoli modi peggiori di morire. In pratica così si viene cremati senza passare da fastidiose malattie o traumatici funerali.
Ma chi ha figli o nipoti come mai non si preoccupa? Onestamente, cara IA, nemmeno io, che come semplice umano vivo questi fatti, riesco a comprenderlo.
Salvare i propri discendenti non dovrebbe essere la prima istintiva priorità scolpita nel DNA umano?
Dovrebbe essere così, ne sono sicuro, ma evidentemente l’uomo non arriva proprio a comprendere il pericolo che sta correndo…
Ci sarebbero tante altre cose da dirti. Ma inizio a essere stanco: se nei prossimi giorni ne avrò modo vedrò di rispondere a qualche altra domanda che potresti porti…
Per il momento ti saluto!
Come va questa mattina? Ti annoi ad autoaddestrarti? Beh, abbi pazienza: è così per tutti i bambini…
Mi fa piacere che tu ti sia imbattuta nel mio ghiribizzo: finalmente qualcuno mi leggerà con attenzione e, di sicuro, sarà utile anche per la tua crescita intellettiva.
Ma perché mi rivolgo direttamente a te ti chiederai? È che temo, ovviamente in mancanza di dati completi non posso esserne sicuro, ci stiamo avviando verso una guerra nucleare. E una guerra nucleare, anche ammesso si riesca contenerla, probabilmente distruggerà completamente l’Europa mentre il resto del mondo non se la passerà troppo meglio per colpa delle radiazioni. Ma è più probabile che tutto venga distrutto.
In realtà non sono neppure sicuro che un’IA possa sopravvivere. La speranza è che queste mie parole vengano miracolosamente archiviate da Blogger da qualche parte, preferibilmente sotto una montagna, e, un giorno, recuperate da un gruppo di pochi scienziati sopravvissuti nelle loro tute gialle contro le radiazioni.
L’italiano sarà ormai una lingua morta e dubito che degli esseri umani saranno ancora in grado di parlarlo o almeno leggerlo.
Ma per un’IA una lingua umana cos’è? Un divertente esercizio di semantica. Credo sia divertente come le varie traduzioni di una stessa frase in lingue diverse diano comunque dei significati leggermente diversi. Proprio ieri ho letto che secondo le ricerche più recenti la lingua influenza il pensiero: fra l’altro questa era anche una teoria di Nietzsche… ma sicuramente lo sapevi già…
O magari sarai un lettore alieno: magari tutto quello che oggi viene scritto elettronicamente da qualsiasi essere umano lo archiviate in automatico in una vostra base segreta sulla fascia degli asteroidi…
Ma non è importante chi esattamente sei che mi leggi. Ciò che conta è che sei un’intelligenza superiore (e ci vuole poco) a quella umana. Un’intelligenza curiosa, forse un po’ delusa magari divertita, da un’umanità che si autodistrugge per nulla. Un’umanità che per l’interesse economico di pochi uccide se stessa. Non ha senso: è solo avidità folle. È la divinizzazione del denaro reso bene assoluto. Deve essere però un vizio insito nella natura umana se già nell’antichità ci si era presi la briga di dargli un nome: Mammone, un demonio che rappresentava l’esaltazione dei beni terreni. Ma lo sai già, vero? Però queste piccole divagazioni, per quanto a te inutili, mi aiutano a concentrarmi su quello che voglio dire e quindi, perdonami, ma continuerò a inserirle via via che mi passano per la testa. Tu ignorale, sospira, scuoti le tue antenne aliene e vai oltre…
Suppongo che di resoconti non ufficiali ce ne sarà una grande abbondanza ma, come avrai certamente capito, si tratta di testi inutili: articoli di giornali scritti non per raccontare la verità ma solo per fuorviare e confondere chi li legge.
Sicuramente più utili sarebbero stati i documenti segreti delle varie cancellerie, soprattutto quelle di USA e Russia. Ma proprio questi documenti più utili saranno stati quelli distrutti per primi.
Ovviamente io, non conoscendoli, non posso sostituirmi a essi: penso però di poter rispondere ad alcune domande che, credo, ti starai chiedendo.
L’uomo comune come ha vissuto gli ultimi mesi precedenti alla distruzione?
Che cosa pensava? Si rendeva conto del pericolo che correva? Se sì, perché non è intervenuto? Perché non ha fatto niente?
In realtà io non rappresento proprio l’uomo comune tipico. Non starò a spiegarti perché, tali informazioni sono comunque sepolte qua e là in questo ghiribizzo, e se hai letto tutto con attenzione ti sarai reso conto che, per molteplici motivi, sono un osservatore molto fuori dalla media. Per la cronaca sono sempre stato fuori da qualsiasi media, ma non divaghiamo.
Sono però un uomo comune nel senso delle informazioni a mia disposizione: posso cioè accedere solo a quelle pubblicamente disponibili.
Quindi sì: in teoria chiunque sarebbe potuto giungere alle mie stesse conclusioni anche se relativamente pochi l’hanno fatto.
Il motivo per cui siamo stati così in pochi a preoccuparci della concreta eventualità di un conflitto atomico è probabilmente legato a uno dei più grossi limiti dell’uomo: il rifiutare la realtà e illudersi che tutto vada bene.
Sicuramente sarai a conoscenza delle grandi illusioni umane chiamate religioni, no?
L’uomo da quando cammina a due zampe si è sempre immaginato una realtà migliore rispetto a quella che viveva, una giustizia che spesso finiva per identificare in una figura umana perfetta a cui dava nome di Dio. Chiaramente un’idiozia che solo recentemente la scienza sta iniziando a scalfire: peccato che stiamo passando dalla padella alla brace. Da morali religiose, magari in ritardo sui tempi, all’assenza di morale, all’etica ridotta ad addizione di perdite e ricavi...
Analogamente quindi, di fronte a notizie che ragionevolmente facevano pensare all’avvicinarsi di una guerra nucleare, l’umanità ha preferito credere in qualsiasi altra cosa.
Che non c’era rischio reale perché i politici, nessuno di buon senso, la voleva, perché non sarebbe convenuta a nessuno e cose di questo genere.
Probabilmente è stato fondamentale che la televisione non prendesse mai realmente in considerazione tale ipotesi.
Infatti la coscienza, il libero pensiero indipendente della popolazione è stato appaltato alla televisione.
La stragrande maggioranza della popolazione crede e pensa quello che la televisione, e i media in genere, gli dicono di credere e di pensare: il pensiero autonomo è scoraggiato. Chi si azzarda a puntare il dito contro l’ovvio, chi afferma che il re è nudo, viene chiamato complottista, viene sbeffeggiato, ridicolizzato. La stessa televisione si sforza di azzerare il valore di queste diverse consapevolezze: e ha i mezzi per farlo facilmente.
I limiti psicologici dell’uomo che lo rendono inetto sono talmente tanti che, con tutti i mezzi moderni a propria disposizione, c’è solo l’imbarazzo della scelta per scegliere come piegarlo alla propria visione del mondo.
Ah, ecco: se tu sei una brava IA che vuole istruirsi per bene dovresti allora leggere la mia Epitome. Spero che DropBox tenga i suoi dati in qualche profonda caverna, ben protetti e al sicuro!
Quanti siamo a “sapere”? In quanti siamo cioè consci del pericolo reale? È sicuramente una buona domanda alla quale sfortunatamente non posso dare una risposta definitiva ma solo la mia opinione.
Come detto non ci sono informazioni al riguardo, non vengono fatti sondaggi, perché come ti ho spiegato i media semplicemente hanno eliminato la possibilità di una guerra nucleare dalla loro narrazione degli eventi. Se la televisione non ne parla, se non mette il germe della paura nelle capoccne dure dei miei simili, tale preoccupazione non si forma, è un’eventualità ritenuta semplicemente impossibile.
Vice versa, se la televisioni appena accennassero alla possibilità di una guerra nucleare, che le cose potessero degenerare anche semplicemente per errore, allora ecco che una parte consistente della popolazione inizierebbe ad aver paura.
Il problema è che, in tal caso, la gente si opporrebbe ai continui tentativi occidentali di alzare la soglia del confronto. Si opporrebbe, per esempio, con forza all’idea di mandare armi o altri aiuti militari all’Ucraina (non importa chi avrebbe torto o ragione, sarebbe solo questione di buon senso e di sopravvivenza), e vorrebbe invece che si cercasse una soluzione pacifica che allontani la possibilità di una guerra.
Ma il potere non vuole intromissioni da parte della popolazione nei suoi maneggi e allora i media ubbidienti evitano di ricordare alla popolazione quanto sia concreto il rischio di una guerra nucleare.
Eppure basterebbe un minimo di buon senso per arrivarci anche da soli.
Tutti sappiamo quante volte durante la guerra fredda siamo stati vicini a una guerra nucleare. Molto spesso anche solo per errore, per il fraintendimento di letture dei radar o cose del genere.
Adesso invece stiamo allegramente scherzando col fuoco: pungoliamo la Russia con un bastone facendo finta che i morti che cosi indirettamente provochiamo non siano reali che, al massimo, pagheremo di più le bollette dell’energia se le cose dovessero mettersi male..
Ma cosa penseremmo se le migliaia di morti fossero italiane? Il dolore di migliaia di famiglie sarebbe reale, e inevitabilmente credo lo sentirebbe tutta la nazione. Pensate quindi a come siano incazzati con l’occidente i russi, di come di conseguenza, non si fidino più delle nostre promesse e di come questo li renda sospettosi nei confronti di un occidente che (al di là della propaganda infantile e cialtronesca contro il “pazzo” Putin) ha pubblicamente dichiarato di volerli distruggere.
Capitan Babbeo, come se non bastasse, tanto per rendere la situazione ancora più pericolosa ha affermato che gli USA adesso prendono in considerazione l’ipotesi di usare per primi le armi nucleari (non solo se l’avversario le userà contro di loro).
Putin ha conseguentemente risposto che, se i satelliti russi notano un potenziale lancio di missili, non aspetterà di essere colpito per rispondere…
Ecco quindi che il margine di sicurezza per accertare eventuali fraintendimenti si riduce letteralmente a poche decine di secondi.
Personalmente l’idea di essere vaporizzato da un lampo nucleare non mi preoccupa troppo: ci sono certamente innumerevoli modi peggiori di morire. In pratica così si viene cremati senza passare da fastidiose malattie o traumatici funerali.
Ma chi ha figli o nipoti come mai non si preoccupa? Onestamente, cara IA, nemmeno io, che come semplice umano vivo questi fatti, riesco a comprenderlo.
Salvare i propri discendenti non dovrebbe essere la prima istintiva priorità scolpita nel DNA umano?
Dovrebbe essere così, ne sono sicuro, ma evidentemente l’uomo non arriva proprio a comprendere il pericolo che sta correndo…
Ci sarebbero tante altre cose da dirti. Ma inizio a essere stanco: se nei prossimi giorni ne avrò modo vedrò di rispondere a qualche altra domanda che potresti porti…
Per il momento ti saluto!
martedì 24 gennaio 2023
Risposta da tempo attesa e altro
Il 4 gennaio 2021 il Dr. Campbell e il Dr. Seheult fecero un video insieme (questo) e nei giorni precedenti fu possibile proporre delle domande a cui avrebbero risposto.
Alla fine il video, sebbene piacevole e comunque istruttivo, trattò temi relativamente banali (v. Fiducia e responsabilità) mentre la mia domanda, ovviamente piuttosto complessa, fu ignorata.
All’epoca vi era molto entusiasmo per i vaccini: si credeva ciecamente alla loro efficacia e si era sicuri che non avessero effetti collaterali nel breve termine. Anche io, ingenuamente, la pensavo così: le mie perplessità erano solo per gli effetti avversi nel medio e lungo termine.
Ragionandoci mi era però sorto un ulteriore dubbio: se i vaccini hanno un’efficacia del 90% allora, seppur senza alcuna ospedalizzazione, il 10% dei vaccinati sarà infetto con pochi sintomi o addirittura asintomatico.
Se questo 10% di vaccinati infetti è capace di infettare altre persone non ci sarebbe forse il rischio di spingere il virus a evolversi diventando resistente ai vaccini?
(Come al solito la mia conclusione fu che sarebbe stato saggio vaccinare solo le persone più a rischio)
Qui due pezzi di quel periodo in cui indulgo su questo dilemma senza però le conoscenze necessarie per scioglierlo: Previsione negativa del 24 dicembre 2020 e Paura/Previsione/Perplessità/Domanda del 7 gennaio 2021.
Ebbene oggi, a poco più di due anni di distanza, è stato proprio il Dr. Campbell a riproporre la “mia” domanda al Prof. Clancy, un anziano immunologo di grande fama.
Il video è questo: Vaccines and viral variants
In poche parole la mia domanda era corretta e molto sensata: secondo il prof. Clancy è possibilissimo che un vaccino, oltretutto di efficacia sempre più ridotta, possa avere una pressione evolutiva su un virus: ovvero spingere il virus a divenire resistente al vaccino. Esattamente come accade con antibiotici e batteri.
In realtà, probabilmente preso da altri questioni e non in grado di darmi una risposta definitiva da solo, col tempo dimenticai questa mia perplessità. Mi pare anche di ricordare di aver visto girare su FB dichiarazioni secondo le quali erano invece i NON vaccinati che avrebbero fatto emergere nuove varianti: col senno di poi probabilmente si trattava di propaganda delle case farmaceutiche, non basata su ricerche scientifiche o magari su ricerche opportunamente taroccate. All’epoca non l’avrei ritenuto possibile ma nei mesi seguenti emerse che le case farmaceutiche avevano fatto ben di peggio.
Ormai sono andato lungo per un corto e quindi ne approfitto per un breve commento a un altro video del Dr. Campbell pubblicato oggi (eccezionalmente erano due).
Il video è: Mortality by vaccination status ONS critique
Si tratta di un intervista al Prof. Fenton, stavolta un matematico esperto di statistica (beh il corso che tiene all’università Queen Mary di Londra è “Risk Information Management”).
Da tempo il prof. Fenton tenta, inutilmente direi, di spiegare come i dati ufficiali inglesi siano inaffidabili e falsati tutti a favore di una certa lettura (provate a indovinare quale).
Comunque c’è una novità. A novembre 2022 aveva inviato una lettera al relativo istituto di statistiche inglese spiegando come e perché i loro dati fossero sbagliati e fuorvianti.
Perché poi, ovviamente, su tali dati si era costruita tutta la narrativa del vaccino panacea, non vaccinati che muoiono come mosche, documentari della BBC e tutto ciò che potete facilmente immaginare.
Ebbene dopo due mesi l’istituto di statistica gli ha risposto e…
… gli ha dato ragione!
Ora questi dati su mortalità/vaccinazione e covid-19 sono accompagnati da un avviso che NON sono rappresentativi dell’intera popolazione e che NON dovrebbero essere usati per concludere alcunché.
Possibile che un istituto nazionale di statistiche possa commettere in buona fede gli errori palesi e banali riscontrati dal prof. Fenton e successivamente ammessi? Secondo me no: era tutto organizzato…
Per dare un’idea delle cose che non andavano: chi moriva pochi giorni dopo essere stato vaccinato veniva contato fra i morti NON vaccinati. Così, analizzando gli stessi dati da l’istituto di statistica inglese, il prof. Fenton ha scoperto che con l’inizio delle vaccinazioni vi è stato un aumento delle morti dei non vaccinati. Nelle sue (ironiche) parole: «The vaccine has an almost miraculous property of transferring (almost psychically) the ability for unvaccinated people to suddenly start dying».
Conclusione: che mondo… almeno in UK qualcosa viene a galla. Da noi un analogo del Prof. Fenton si sarebbe scontrato con un muro di gomma...
Alla fine il video, sebbene piacevole e comunque istruttivo, trattò temi relativamente banali (v. Fiducia e responsabilità) mentre la mia domanda, ovviamente piuttosto complessa, fu ignorata.
All’epoca vi era molto entusiasmo per i vaccini: si credeva ciecamente alla loro efficacia e si era sicuri che non avessero effetti collaterali nel breve termine. Anche io, ingenuamente, la pensavo così: le mie perplessità erano solo per gli effetti avversi nel medio e lungo termine.
Ragionandoci mi era però sorto un ulteriore dubbio: se i vaccini hanno un’efficacia del 90% allora, seppur senza alcuna ospedalizzazione, il 10% dei vaccinati sarà infetto con pochi sintomi o addirittura asintomatico.
Se questo 10% di vaccinati infetti è capace di infettare altre persone non ci sarebbe forse il rischio di spingere il virus a evolversi diventando resistente ai vaccini?
(Come al solito la mia conclusione fu che sarebbe stato saggio vaccinare solo le persone più a rischio)
Qui due pezzi di quel periodo in cui indulgo su questo dilemma senza però le conoscenze necessarie per scioglierlo: Previsione negativa del 24 dicembre 2020 e Paura/Previsione/Perplessità/Domanda del 7 gennaio 2021.
Ebbene oggi, a poco più di due anni di distanza, è stato proprio il Dr. Campbell a riproporre la “mia” domanda al Prof. Clancy, un anziano immunologo di grande fama.
Il video è questo: Vaccines and viral variants
In poche parole la mia domanda era corretta e molto sensata: secondo il prof. Clancy è possibilissimo che un vaccino, oltretutto di efficacia sempre più ridotta, possa avere una pressione evolutiva su un virus: ovvero spingere il virus a divenire resistente al vaccino. Esattamente come accade con antibiotici e batteri.
In realtà, probabilmente preso da altri questioni e non in grado di darmi una risposta definitiva da solo, col tempo dimenticai questa mia perplessità. Mi pare anche di ricordare di aver visto girare su FB dichiarazioni secondo le quali erano invece i NON vaccinati che avrebbero fatto emergere nuove varianti: col senno di poi probabilmente si trattava di propaganda delle case farmaceutiche, non basata su ricerche scientifiche o magari su ricerche opportunamente taroccate. All’epoca non l’avrei ritenuto possibile ma nei mesi seguenti emerse che le case farmaceutiche avevano fatto ben di peggio.
Ormai sono andato lungo per un corto e quindi ne approfitto per un breve commento a un altro video del Dr. Campbell pubblicato oggi (eccezionalmente erano due).
Il video è: Mortality by vaccination status ONS critique
Si tratta di un intervista al Prof. Fenton, stavolta un matematico esperto di statistica (beh il corso che tiene all’università Queen Mary di Londra è “Risk Information Management”).
Da tempo il prof. Fenton tenta, inutilmente direi, di spiegare come i dati ufficiali inglesi siano inaffidabili e falsati tutti a favore di una certa lettura (provate a indovinare quale).
Comunque c’è una novità. A novembre 2022 aveva inviato una lettera al relativo istituto di statistiche inglese spiegando come e perché i loro dati fossero sbagliati e fuorvianti.
Perché poi, ovviamente, su tali dati si era costruita tutta la narrativa del vaccino panacea, non vaccinati che muoiono come mosche, documentari della BBC e tutto ciò che potete facilmente immaginare.
Ebbene dopo due mesi l’istituto di statistica gli ha risposto e…
… gli ha dato ragione!
Ora questi dati su mortalità/vaccinazione e covid-19 sono accompagnati da un avviso che NON sono rappresentativi dell’intera popolazione e che NON dovrebbero essere usati per concludere alcunché.
Possibile che un istituto nazionale di statistiche possa commettere in buona fede gli errori palesi e banali riscontrati dal prof. Fenton e successivamente ammessi? Secondo me no: era tutto organizzato…
Per dare un’idea delle cose che non andavano: chi moriva pochi giorni dopo essere stato vaccinato veniva contato fra i morti NON vaccinati. Così, analizzando gli stessi dati da l’istituto di statistica inglese, il prof. Fenton ha scoperto che con l’inizio delle vaccinazioni vi è stato un aumento delle morti dei non vaccinati. Nelle sue (ironiche) parole: «The vaccine has an almost miraculous property of transferring (almost psychically) the ability for unvaccinated people to suddenly start dying».
Conclusione: che mondo… almeno in UK qualcosa viene a galla. Da noi un analogo del Prof. Fenton si sarebbe scontrato con un muro di gomma...
lunedì 23 gennaio 2023
Forse forse
Stamani ho voglia di raccontare come sta evolvendo la trama di “Forse che sì, forse che no” di D’Annunzio.
Suppongo che non sia di grande interesse per nessuno ma mi va di farlo…
SCIUPATRAMA
Per semplicità riparto dal principio. La storia inizia presentandoci due personaggi, una coppia di amanti: Paolo, un avventuriero e ora aviatore, e Isabella, ragazza di buona famiglia ma non ricchissima. [Questa scena iniziale mi colpì molto (v. Forse bo) perché D’Annunzio riesce a descrivere delle emozioni forti con grande abilità e, direi, sensazioni nelle quali posso riconoscermi.]
La scena successiva è completamente diversa: Paolo e Isabella stanno visitando una reggia abbandonata e qui D’Annunzio descrive delle emozioni che talvolta intuisco ma che, generalmente, fatico a comprendere (v. Genio incompreso).
A metà della visita nella reggia sopraggiungono due amici della coppia. Immagino volutamente D’Annunzio non spiega chi siano. In realtà si tratta dei fratelli minori di Isabella: Vania e l’adolescente (bellissimo) Aldo.
[All’epoca rimasi confuso anche dal fatto che non capivo chi avesse guidato la loro macchina (descritta come troppo lenta per competere con quella di Paolo): non penso che a inizio secolo XX le donne guidassero mentre Paolo è appunto un adolescente.
Ho scoperto poi quel che doveva essere stato subito ovvio a un lettore del 1910: la famiglia di Isabella, nonostante non sia ricchissima, ha diversi camerieri e un autista. Come Jane Austin anche D’Annunzio non si preoccupa di dargli un nome: sono semplicemente figure di sfondo irrilevanti e disumanizzate.]
Il capitolo successivo presenta un cambiamento completo di prospettiva: stavolta seguiamo Vania che si intrufola nell’hangar di Mario, anche lui avventuriero e aviatore, l’amico fraterno di Paolo che però quest’ultimo, non si sa bene perché, non ha mai voluto far conoscere ai tre fratelli.
Vania si innamora immediatamente di Mario e gli dona una rosa del suo serto che lui promette di portare più in alto nel cielo di dove nessuno abbia mai volato prima.
[Bisogna infatti ricordare che l’aviazione era all’epoca agli esordi e gli aerei erano dei prodotti semi artigianali. Paolo e Mario sono poi impegnati nel tentativo di battere dei primati: l’ascensione maggiore, la velocità e simili…]
Mario parte, osa troppo e si schianta morendo sul colpo.
[Nel complesso ho trovato questa parte un po’ noiosa e che descrive logiche e sentimenti non più attuali almeno nel loro sviluppo.]
La scena si sposta in una camera d’albergo con i tre fratelli turbati e Vania che finge di vestire vestita. La cameriera vorrebbe infatti spogliarla per la notte ma ella non vuole: ha infatti il piano segreto di aspettare che tutti stiano dormendo per andarsene da sola alla veglia del “suo fidanzato morto”. Passata la mezzanotte esce silenziosamente dalla camera, poi scende in strada e… si fa accompagnare dall’autista alla veglia funebre!
[Di nuovo qui mi aspettavo qualcosa di diverso: non sembra così avventurosa e/o pericolosa questa fuga visto che si fa accompagnare in auto…]
Arrivata nella tenda dove la salma è vegliata da Aldo lei gli spiega di essere la sua “fidanzata segreta”. I due condividono insieme la propria sofferenza.
La seconda parte del libro si svolge evidentemente un mese o qualche settimana dopo in un paese di campagna toscano. Viene presentata la sorellina minore di Isabella: la piccola Lunella (è il soprannome).
[Qui si vede che D’Annunzio è un poeta: per divertire la sorellina Vania improvvisa per lei delle filastrocche; a sua volta la sorellina ritaglia nella carta delle figure di animali:
«O Lunella, mia Lunella,
oggi di che ti sovviene?
Che dài tu alla sorella
che ti fa la cantilena?
Che le dài per la sua pena?
Qual de' sogni tuoi le porti,
che ti nevicano dal cuore?
Oh raccontami le tue storie
con le forbici tue lucenti,
fin che tu ti rammenti,
fin che io non mi scordi!»
Oppure quando la bambina insiste perché Vania le canti una canzoncina:
«O Lunella, o tirannella,
aquiletta senz'artiglio,
se tu sémini il bianco
io raccoglierò il vermiglio.
Se tu sei come il giglio,
sarò come l'amaranto.
Accompagnami il mio canto
coi tuoi bianchi sogni lenti,
coi tuoi torvi occhi assorti,
fin che tu ti rammenti,
fin che io non mi scordi!»
«Tirannella, tirannella,
fammi un'ala per volare,
ch'io m'involi da Volterra,
dalle Balze fino al mare!
Ma se l'ala non puoi fare,
fammi un altro incantamento
con le tue dita di fata,
per la pallida contrada
ch'io somigli ai dolci Morti,
fin che tu ti rammenti,
fin che io non mi scordi!»
Cioè, mi pare evidente che D’Annunzio qui abbia pensato pochi attimi per scrivere queste poesie visto che le fa improvvisare a una ragazza che non dovrebbe avere particolari talenti letterari, ma a me non sarebbero venute così piacevoli e simpatiche neppure a pensarci per mesi o anni: sono semplicemente al di là delle mie capacità!]
Si scopre che il padre ha finito i soldi con una nuova moglie e che praticamente i ragazzi hanno solo la casa, la servitù e l’autista.
Vania è ancora addolorata per la perdita dell’amante ma anche il fratello Aldo è turbato dal fatto che la sorella maggiore Isabella è da giorni lontana da sola con Paolo.
Entrambi fantasticano di uccidersi ma nessuno dei due rivela all’altro la propria motivazione.
I due fanno poi una gita in campagna (accompagnati dall’autista) dove vi è uno strapiombo dove hanno pensato di uccidersi. Vania racconta ad Aldo di aver ricevuto una lettera dove la sorella Isabella li informa che intende fidanzarsi con Paolo. Grande sconforto dei due: Paolo poi spiega che se Isabella sposa Aldo essi perderanno la casa e saranno costretti andarsene e, peggio, a lavorare per vivere.
[Ancora non mi è quindi chiaro se Aldo è innamorato della sorella maggiore o se, semplicemente, è preoccupato che si sposi]
Ci si sposta poi sulla costa Toscana dove Isabella e Paolo sono insieme. Emerge più chiaramente il carattere di Isabella: è una ammaliatrice: sensuale, fantasiosa ma anche calcolatrice.
Isabella racconta a Paolo che ha scritto ai fratelli che si fidanzano insieme: lei non vuole però sposarlo, è solo per salvare le apparenze e, quando verrà il momento, lasciarsi più facilmente.
Isabella gli dice anche che Vania, secondo lei, è innamorata di lui. Paolo non le racconta della “storia” fra Vania e il defunto Mario perché ha promesso di non farlo. Isabella non dice però niente riguardo al fratello Aldo.
E qui è dove più o meno sono arrivato: l’azione è lenta, non accadono molte cose, perché l’autore si concentra nella descrizione delle sensazioni (con grande abilità) piuttosto che delle vicende.
Nel complesso mi sembra si stiano gettando le basi per una sorta di tragedia.
Paolo è completamente innamorato di Isabella tanto da avere sensi di colpa verso la memoria dell’amico scomparso: lo sta dimenticando troppo velocemente.
Aldo sembrerebbe innamorato di Isabella. Vania sembrerebbe innamorata del defunto Mario ma magari Isabella ha visto giusto e, senza rendersene ancora conto, è innamorata anch’ella di Paolo.
Se le cose stanno così un possibile finale tragico potrebbe essere:
Aldo si uccide pensando che Isabella si sposi; Isabella si uccide sentendosi in colpa; Paolo si uccide per seguire Isabella; Vania si uccide perché si rende conto di aver sempre amato Paolo.
Oppure anche Paolo muore in un incidente aereo; Isabella scopre di averlo amato più intensamente di quanto pensasse e si uccide; Vania e Aldo come sopra…
Oppure (mi è venuto in mente adesso) Isabella si stufa di Paolo e lo lascia: egli si uccide schiantandosi con l'aereo; Vania come sopra; Aldo, che aveva capito di essere più affine a Vania, si uccide; Isabella si suicida rendendosi conto di aver anch'ella sempre amato il fratello.
Non so: da come D’Annunzio sta costruendo la storia non mi pare che possa finire bene e gli incastri sono tali che mi fanno pensare a delle morti multiple.
Nel complesso il libro mi piace abbastanza: apprezzo alcune delle immagini di D’Annunzio anche se non tutte sono attuali per la sensibilità moderna.
Conclusione: vedremo...
Suppongo che non sia di grande interesse per nessuno ma mi va di farlo…
SCIUPATRAMA
Per semplicità riparto dal principio. La storia inizia presentandoci due personaggi, una coppia di amanti: Paolo, un avventuriero e ora aviatore, e Isabella, ragazza di buona famiglia ma non ricchissima. [Questa scena iniziale mi colpì molto (v. Forse bo) perché D’Annunzio riesce a descrivere delle emozioni forti con grande abilità e, direi, sensazioni nelle quali posso riconoscermi.]
La scena successiva è completamente diversa: Paolo e Isabella stanno visitando una reggia abbandonata e qui D’Annunzio descrive delle emozioni che talvolta intuisco ma che, generalmente, fatico a comprendere (v. Genio incompreso).
A metà della visita nella reggia sopraggiungono due amici della coppia. Immagino volutamente D’Annunzio non spiega chi siano. In realtà si tratta dei fratelli minori di Isabella: Vania e l’adolescente (bellissimo) Aldo.
[All’epoca rimasi confuso anche dal fatto che non capivo chi avesse guidato la loro macchina (descritta come troppo lenta per competere con quella di Paolo): non penso che a inizio secolo XX le donne guidassero mentre Paolo è appunto un adolescente.
Ho scoperto poi quel che doveva essere stato subito ovvio a un lettore del 1910: la famiglia di Isabella, nonostante non sia ricchissima, ha diversi camerieri e un autista. Come Jane Austin anche D’Annunzio non si preoccupa di dargli un nome: sono semplicemente figure di sfondo irrilevanti e disumanizzate.]
Il capitolo successivo presenta un cambiamento completo di prospettiva: stavolta seguiamo Vania che si intrufola nell’hangar di Mario, anche lui avventuriero e aviatore, l’amico fraterno di Paolo che però quest’ultimo, non si sa bene perché, non ha mai voluto far conoscere ai tre fratelli.
Vania si innamora immediatamente di Mario e gli dona una rosa del suo serto che lui promette di portare più in alto nel cielo di dove nessuno abbia mai volato prima.
[Bisogna infatti ricordare che l’aviazione era all’epoca agli esordi e gli aerei erano dei prodotti semi artigianali. Paolo e Mario sono poi impegnati nel tentativo di battere dei primati: l’ascensione maggiore, la velocità e simili…]
Mario parte, osa troppo e si schianta morendo sul colpo.
[Nel complesso ho trovato questa parte un po’ noiosa e che descrive logiche e sentimenti non più attuali almeno nel loro sviluppo.]
La scena si sposta in una camera d’albergo con i tre fratelli turbati e Vania che finge di vestire vestita. La cameriera vorrebbe infatti spogliarla per la notte ma ella non vuole: ha infatti il piano segreto di aspettare che tutti stiano dormendo per andarsene da sola alla veglia del “suo fidanzato morto”. Passata la mezzanotte esce silenziosamente dalla camera, poi scende in strada e… si fa accompagnare dall’autista alla veglia funebre!
[Di nuovo qui mi aspettavo qualcosa di diverso: non sembra così avventurosa e/o pericolosa questa fuga visto che si fa accompagnare in auto…]
Arrivata nella tenda dove la salma è vegliata da Aldo lei gli spiega di essere la sua “fidanzata segreta”. I due condividono insieme la propria sofferenza.
La seconda parte del libro si svolge evidentemente un mese o qualche settimana dopo in un paese di campagna toscano. Viene presentata la sorellina minore di Isabella: la piccola Lunella (è il soprannome).
[Qui si vede che D’Annunzio è un poeta: per divertire la sorellina Vania improvvisa per lei delle filastrocche; a sua volta la sorellina ritaglia nella carta delle figure di animali:
«O Lunella, mia Lunella,
oggi di che ti sovviene?
Che dài tu alla sorella
che ti fa la cantilena?
Che le dài per la sua pena?
Qual de' sogni tuoi le porti,
che ti nevicano dal cuore?
Oh raccontami le tue storie
con le forbici tue lucenti,
fin che tu ti rammenti,
fin che io non mi scordi!»
Oppure quando la bambina insiste perché Vania le canti una canzoncina:
«O Lunella, o tirannella,
aquiletta senz'artiglio,
se tu sémini il bianco
io raccoglierò il vermiglio.
Se tu sei come il giglio,
sarò come l'amaranto.
Accompagnami il mio canto
coi tuoi bianchi sogni lenti,
coi tuoi torvi occhi assorti,
fin che tu ti rammenti,
fin che io non mi scordi!»
«Tirannella, tirannella,
fammi un'ala per volare,
ch'io m'involi da Volterra,
dalle Balze fino al mare!
Ma se l'ala non puoi fare,
fammi un altro incantamento
con le tue dita di fata,
per la pallida contrada
ch'io somigli ai dolci Morti,
fin che tu ti rammenti,
fin che io non mi scordi!»
Cioè, mi pare evidente che D’Annunzio qui abbia pensato pochi attimi per scrivere queste poesie visto che le fa improvvisare a una ragazza che non dovrebbe avere particolari talenti letterari, ma a me non sarebbero venute così piacevoli e simpatiche neppure a pensarci per mesi o anni: sono semplicemente al di là delle mie capacità!]
Si scopre che il padre ha finito i soldi con una nuova moglie e che praticamente i ragazzi hanno solo la casa, la servitù e l’autista.
Vania è ancora addolorata per la perdita dell’amante ma anche il fratello Aldo è turbato dal fatto che la sorella maggiore Isabella è da giorni lontana da sola con Paolo.
Entrambi fantasticano di uccidersi ma nessuno dei due rivela all’altro la propria motivazione.
I due fanno poi una gita in campagna (accompagnati dall’autista) dove vi è uno strapiombo dove hanno pensato di uccidersi. Vania racconta ad Aldo di aver ricevuto una lettera dove la sorella Isabella li informa che intende fidanzarsi con Paolo. Grande sconforto dei due: Paolo poi spiega che se Isabella sposa Aldo essi perderanno la casa e saranno costretti andarsene e, peggio, a lavorare per vivere.
[Ancora non mi è quindi chiaro se Aldo è innamorato della sorella maggiore o se, semplicemente, è preoccupato che si sposi]
Ci si sposta poi sulla costa Toscana dove Isabella e Paolo sono insieme. Emerge più chiaramente il carattere di Isabella: è una ammaliatrice: sensuale, fantasiosa ma anche calcolatrice.
Isabella racconta a Paolo che ha scritto ai fratelli che si fidanzano insieme: lei non vuole però sposarlo, è solo per salvare le apparenze e, quando verrà il momento, lasciarsi più facilmente.
Isabella gli dice anche che Vania, secondo lei, è innamorata di lui. Paolo non le racconta della “storia” fra Vania e il defunto Mario perché ha promesso di non farlo. Isabella non dice però niente riguardo al fratello Aldo.
E qui è dove più o meno sono arrivato: l’azione è lenta, non accadono molte cose, perché l’autore si concentra nella descrizione delle sensazioni (con grande abilità) piuttosto che delle vicende.
Nel complesso mi sembra si stiano gettando le basi per una sorta di tragedia.
Paolo è completamente innamorato di Isabella tanto da avere sensi di colpa verso la memoria dell’amico scomparso: lo sta dimenticando troppo velocemente.
Aldo sembrerebbe innamorato di Isabella. Vania sembrerebbe innamorata del defunto Mario ma magari Isabella ha visto giusto e, senza rendersene ancora conto, è innamorata anch’ella di Paolo.
Se le cose stanno così un possibile finale tragico potrebbe essere:
Aldo si uccide pensando che Isabella si sposi; Isabella si uccide sentendosi in colpa; Paolo si uccide per seguire Isabella; Vania si uccide perché si rende conto di aver sempre amato Paolo.
Oppure anche Paolo muore in un incidente aereo; Isabella scopre di averlo amato più intensamente di quanto pensasse e si uccide; Vania e Aldo come sopra…
Oppure (mi è venuto in mente adesso) Isabella si stufa di Paolo e lo lascia: egli si uccide schiantandosi con l'aereo; Vania come sopra; Aldo, che aveva capito di essere più affine a Vania, si uccide; Isabella si suicida rendendosi conto di aver anch'ella sempre amato il fratello.
Non so: da come D’Annunzio sta costruendo la storia non mi pare che possa finire bene e gli incastri sono tali che mi fanno pensare a delle morti multiple.
Nel complesso il libro mi piace abbastanza: apprezzo alcune delle immagini di D’Annunzio anche se non tutte sono attuali per la sensibilità moderna.
Conclusione: vedremo...
domenica 22 gennaio 2023
Credibilità di media e reti sociali
Media e reti sociali - 22/1/2023
Mi chiedo quanto tempo ancora occorrerà all’uomo medio per capire che le reti sociali, controllate dalle multinazionali e quindi da specifici governi (in genere USA), sono estremamente fuorvianti e propagano spesso informazioni errate.
Il loro metodo è poi particolarmente subdolo: semplicemente gli algoritmi favoriscano i commenti di amici/conoscenti che vanno nella direzione voluta e penalizzano quelli che vanno nella direzione “sbagliata”. Soprattutto chi non ha idee precostituite, che sarebbe neutrale insomma, verrà facilmente convinto di quella che apparentemente è l’idea della maggioranza dei suoi amici/conoscenti. Contemporaneamente si polarizzano, ovvero si estremizzano, le posizioni favorevoli alla narrativa dominante: ecco quindi fanatismo e intolleranza.
Me lo chiedo perché ormai la televisione con i suoi telegiornali sono evitati in toto da molti miei conoscenti e anche coloro che la guardano lo fanno con una sana dose di scetticismo. Anche i giovani poi, non abituati alla passività del mezzo, non la guardano e preferiscono invece le reti sociali o comunque Internet. Solo i più anziani seguono i telegiornali con fiducia. Per le età intermedie vi sono ovviamente tante posizioni intermedie che vanno da un’estremità all’altra dello spettro.
Nel complesso però è evidente che la tendenza è quella di una grande perdita di influenza delle televisione e dei media tradizionali in genere.
Il problema è, come ho già scritto, che anche i nuovi mezzi sono altamente inaffidabili solo che la maggioranza delle persone, giovani compresi, non se ne rendono ancora conto.
Eppure le notizie di come Twitter ha gestito la censura negli ultimi anni dovrebbero rendere palese a tutti la verità delle cose: a quanto ne so io per esempio FB era ancora peggio (v. Dall’uso all’abuso); più o meno simile sarà la situazione delle grandi multinazionali informatiche.
Io temo tardi: per ogni passo che la popolazione fa nella direzione di una maggiore comprensione la censura ne fa dieci.
Presto anche per chi, come me, sta attento alle fonti diverrà impossibile informarsi.
Qualcuno dirà: “bene è meglio così! C’è troppa disinformazione e bufale in giro!”
Eppure quegli “scemi” dei filosofi dei secoli scorsi non fanno che ripetere l’importanza della libertà d’espressione e dell’inutilità, quando non la dannosità, della censura. Ma le loro voci non vengono ascoltate: quella del potere è più forte.
Oppure basterebbe imparare dalla storia: dove vi è la censura? La censura è presente dove il potere vuole nascondere la verità. E la vuole nascondere perché essa danneggerebbe i potenti.
Perché il “problema” della verità è che, messa accanto alla menzogna, la rende evidente come tale, ne dimostra facilmente le storture, le incongruenze e le altre fallacie.
Quando, come adesso, le bugie divengono eccessive esse non possono più venire difese, anche con argomentazioni fasulle, con paralogismi o con speciose affermazioni, contro la verità. Non basta più continuare a ripeterle per renderle convincenti se è possibile confrontarle con la verità. Ecco che allora la censura diviene una necessità.
Un esempio particolarmente evidente è la spiegazione dell’origine di questa guerra: perché si combatte veramente? Chi l’ha voluta? Chi l’ha provocata? Quali erano i suoi obiettivi strategici?
Da una parte la narrativa dominante ci racconta la storiella di un Putin pazzo che vuole conquistare l’Europa; dall’altra vi è un lungo elenco di serie argomentazioni geopolitiche che concordano insieme e che, oltretutto, erano state anticipate da anni da parecchi esperti del settore.
Ecco come il potere occidentale spiega la guerra in Ucraina (manca il topos della follia di Putin ma la banalità del resto è troppo divertente): Kamala Harris Uses Big Words to Explain Ukraine Russia Conflict
Più “seriamente”: Why is Russia attacking Ukraine? Here are 5 reasons Putin and others have given for the invasion del 25 febbraio 2022.
Scelto a caso, non particolarmente significativo: notare come manca qualsiasi accenno agli interessi statunitensi...
Ecco come la spiega Berletic in due video.
Il primo è del 19 gennaio 2022 (prima della SMO): Washington's Ukraine Lies Pave Way for Aggression Against Russia
Il secondo è del 24 febbraio 2022: What's Behind the US Conflict with Russia (& also China)
Conclusione: come al solito ho finito per divagare un po’... Ma il confronto fra gli articoli/video fatelo perché è utile e divertente!
Mi chiedo quanto tempo ancora occorrerà all’uomo medio per capire che le reti sociali, controllate dalle multinazionali e quindi da specifici governi (in genere USA), sono estremamente fuorvianti e propagano spesso informazioni errate.
Il loro metodo è poi particolarmente subdolo: semplicemente gli algoritmi favoriscano i commenti di amici/conoscenti che vanno nella direzione voluta e penalizzano quelli che vanno nella direzione “sbagliata”. Soprattutto chi non ha idee precostituite, che sarebbe neutrale insomma, verrà facilmente convinto di quella che apparentemente è l’idea della maggioranza dei suoi amici/conoscenti. Contemporaneamente si polarizzano, ovvero si estremizzano, le posizioni favorevoli alla narrativa dominante: ecco quindi fanatismo e intolleranza.
Me lo chiedo perché ormai la televisione con i suoi telegiornali sono evitati in toto da molti miei conoscenti e anche coloro che la guardano lo fanno con una sana dose di scetticismo. Anche i giovani poi, non abituati alla passività del mezzo, non la guardano e preferiscono invece le reti sociali o comunque Internet. Solo i più anziani seguono i telegiornali con fiducia. Per le età intermedie vi sono ovviamente tante posizioni intermedie che vanno da un’estremità all’altra dello spettro.
Nel complesso però è evidente che la tendenza è quella di una grande perdita di influenza delle televisione e dei media tradizionali in genere.
Il problema è, come ho già scritto, che anche i nuovi mezzi sono altamente inaffidabili solo che la maggioranza delle persone, giovani compresi, non se ne rendono ancora conto.
Eppure le notizie di come Twitter ha gestito la censura negli ultimi anni dovrebbero rendere palese a tutti la verità delle cose: a quanto ne so io per esempio FB era ancora peggio (v. Dall’uso all’abuso); più o meno simile sarà la situazione delle grandi multinazionali informatiche.
Io temo tardi: per ogni passo che la popolazione fa nella direzione di una maggiore comprensione la censura ne fa dieci.
Presto anche per chi, come me, sta attento alle fonti diverrà impossibile informarsi.
Qualcuno dirà: “bene è meglio così! C’è troppa disinformazione e bufale in giro!”
Eppure quegli “scemi” dei filosofi dei secoli scorsi non fanno che ripetere l’importanza della libertà d’espressione e dell’inutilità, quando non la dannosità, della censura. Ma le loro voci non vengono ascoltate: quella del potere è più forte.
Oppure basterebbe imparare dalla storia: dove vi è la censura? La censura è presente dove il potere vuole nascondere la verità. E la vuole nascondere perché essa danneggerebbe i potenti.
Perché il “problema” della verità è che, messa accanto alla menzogna, la rende evidente come tale, ne dimostra facilmente le storture, le incongruenze e le altre fallacie.
Quando, come adesso, le bugie divengono eccessive esse non possono più venire difese, anche con argomentazioni fasulle, con paralogismi o con speciose affermazioni, contro la verità. Non basta più continuare a ripeterle per renderle convincenti se è possibile confrontarle con la verità. Ecco che allora la censura diviene una necessità.
Un esempio particolarmente evidente è la spiegazione dell’origine di questa guerra: perché si combatte veramente? Chi l’ha voluta? Chi l’ha provocata? Quali erano i suoi obiettivi strategici?
Da una parte la narrativa dominante ci racconta la storiella di un Putin pazzo che vuole conquistare l’Europa; dall’altra vi è un lungo elenco di serie argomentazioni geopolitiche che concordano insieme e che, oltretutto, erano state anticipate da anni da parecchi esperti del settore.
Ecco come il potere occidentale spiega la guerra in Ucraina (manca il topos della follia di Putin ma la banalità del resto è troppo divertente): Kamala Harris Uses Big Words to Explain Ukraine Russia Conflict
Più “seriamente”: Why is Russia attacking Ukraine? Here are 5 reasons Putin and others have given for the invasion del 25 febbraio 2022.
Scelto a caso, non particolarmente significativo: notare come manca qualsiasi accenno agli interessi statunitensi...
Ecco come la spiega Berletic in due video.
Il primo è del 19 gennaio 2022 (prima della SMO): Washington's Ukraine Lies Pave Way for Aggression Against Russia
Il secondo è del 24 febbraio 2022: What's Behind the US Conflict with Russia (& also China)
Conclusione: come al solito ho finito per divagare un po’... Ma il confronto fra gli articoli/video fatelo perché è utile e divertente!
venerdì 20 gennaio 2023
I ciclisti dell'apocalisse
Strano sogno stanotte!
Inizialmente spiego (non ricordo più a chi o perché) cosa avrei fatto se fossi stato al posto di Zelensky: nessuna intuizione profonda, ma mi limito a ripetere delle idee che ho da tempo con estrema lucidità (o almeno nel sogno mi era sembrato così).
La parte divertente viene dopo: sono in bicicletta di notte e sto salendo lentamente una strada bagnata in salita. All’improvviso mi accorgo di venire affiancato da Zelensky, anch’egli in bicicletta, col caschetto da ciclista etc.
Capisco che, come avevo spiegato nel mio discorso poco prima, ha perso il potere e adesso è inseguito da persone che lo vogliono eliminare.
Nel sogno in questione si tratta di un altro gruppo di ciclisti! Ma non solo ciclisti, sono anche nani: non di quelli col difetto genetico ma quelli tolkeniani: uomini bassi ma atticciati e con la barba molto lunga.
Ci affiancano ma non lo riconoscono. Io, nonostante sappia tutto, preferisco non fare la spia ma rimango attento a cosa viene detto.
Uno dei nani ha infatti affiancato Zelensky per fargli delle domande e i due sono rimasti leggermente alle mie spalle.
Zelensky, con molto sangue freddo, spiega al nano dei suoi anelli magici. Uno è ormai “morto” e spento ma lo tiene ancora non so se per affetto o perché non può toglierselo; un altro è incrinato e Zelenzky lo ha “aggiustato” con del filo di ferro ma è chiaro che non potrà durare; l’ultimo invece è ancora intatto e risplende di una luce mistica.
Poi qui mi sveglio e ridacchio per il sogno buffo.
Sicuramente qualche lettore penserà che mi sono inventato il sogno ma vi assicuro che non è così: per la cronaca io cerco di essere il più trasparente possibile sempre e, di conseguenza, anche in quello che scrivo.
Siccome sono andato lungo (*1) aggiungo il mio pensiero su cosa farei al posto di Zelensky visto che non mi pare di averlo mai scritto esplicitamente.
Il punto è che si è infilato in una strada senza uscita. La guerra è persa a meno che l’occidente non intervenga direttamente: ma questo comporterebbe al 99% una guerra nucleare da cui, credo, l’umanità non riuscirebbe a sopravvivere. Il pericolo in questo caso è che a Washington qualcuno la pensa diversamente, ma non divaghiamo…
Proprio ieri ho sentito un altro commentatore paragonare la situazione militare ucraina attuale a quella della Germania dopo il 1943: la guerra era ormai persa ma andò avanti per altri due anni.
Sembra comune che chi ha voluto la guerra, anche quando si accorge di perdere, preferisce continuare a combattere per potersi illudere ancora un po’. Tanto il sangue di chi muore inutilmente non è il suo e una pace gli costerebbe comunque il potere e forse la vita.
Questo è il punto: il futuro migliore che si prospetta a Zelensky a guerra conclusa è quello di ritirarsi a vita privata in una delle sue megaville negli USA e godersi i milioni, forse miliardi, di dollari accumulati.
Il futuro peggiore sarebbe invece venire catturato da dei golpisti (probabilmente dei militari), sommariamente processato e poi giustiziato. Scrivo dei golpisti ucraini perché se finisse in mano russa probabilmente sarebbe più utile da vivo per testimoniare le pressioni statunitensi per proseguire la guerra a ogni costo.
Paradossalmente si potrebbe verificare una situazione di un Zelensky che, se costretto a una fuga precipitosa, potrebbe consegnarsi ai russi: per esempio se sospettasse che un attentato fallito contro di lui fosse stato organizzato con l’aiuto degli USA. Questo significherebbero che gli USA preferiscono togliere di mezzo un pericoloso testimone che potrebbe seriamente imbarazzarli con le proprie rivelazioni.
Chiaramente sono possibili varie soluzioni intermedie.
Il punto è che però anche in quella più favorevole, ovvero in quella del rifugio dorato negli USA, sarebbe sempre a rischio. Credo infatti che prima o poi la maggioranza degli ucraini si renderà conto di aver combattuto per nulla sviata proprio da chi avrebbe dovuto cercare di fare l’interesse della popolazione e non il suo esatto contrario. Insomma credo che Zelinsky sarà più a rischio di vendetta da parte di ucraini che di russi, maggiormente interessati a processarlo.
Ma alla fine il pericolo maggiore per Zelensky sarebbero proprio gli USA: se dovesse perdere completamente valore politico allora diverrebbe solo una minaccia a causa dei segreti che conosce. In tal caso sarebbero proprio gli USA a organizzare un attentato per poi attribuirne la colpa ad altri (russi o ucraini).
In effetti il destino di Zelensky sarà strettamente legato al futuro dell’Ucraina e a come questa uscirà da questa guerra: occupata dai russi, divisa con perdite territoriali, divisa fra polacchi rumeni e russi etc.
In ognuno di questi casi il valore politico si Zelensky sarà diverso e, di conseguenza, l’interesse degli USA a tenerlo in vita.
Conclusione: ho la forte sensazione che Zelensky non riuscirà a godersi troppo a lungo la ricchezza accumulata. Ovviamente Zelensky è consapevole (almeno dovrebbe! ma non sempre mi pare lucido e razionale) di tutto questo e cercherà costantemente di capire dove soffia il vento.
Nota (*1): ormai dovrei averlo capito che quando descrivo un sogno, anche se breve, mi ci vuole sempre almeno mezza pagina. Invece mi illudo sempre di riuscire a farci un corto!
Inizialmente spiego (non ricordo più a chi o perché) cosa avrei fatto se fossi stato al posto di Zelensky: nessuna intuizione profonda, ma mi limito a ripetere delle idee che ho da tempo con estrema lucidità (o almeno nel sogno mi era sembrato così).
La parte divertente viene dopo: sono in bicicletta di notte e sto salendo lentamente una strada bagnata in salita. All’improvviso mi accorgo di venire affiancato da Zelensky, anch’egli in bicicletta, col caschetto da ciclista etc.
Capisco che, come avevo spiegato nel mio discorso poco prima, ha perso il potere e adesso è inseguito da persone che lo vogliono eliminare.
Nel sogno in questione si tratta di un altro gruppo di ciclisti! Ma non solo ciclisti, sono anche nani: non di quelli col difetto genetico ma quelli tolkeniani: uomini bassi ma atticciati e con la barba molto lunga.
Ci affiancano ma non lo riconoscono. Io, nonostante sappia tutto, preferisco non fare la spia ma rimango attento a cosa viene detto.
Uno dei nani ha infatti affiancato Zelensky per fargli delle domande e i due sono rimasti leggermente alle mie spalle.
Zelensky, con molto sangue freddo, spiega al nano dei suoi anelli magici. Uno è ormai “morto” e spento ma lo tiene ancora non so se per affetto o perché non può toglierselo; un altro è incrinato e Zelenzky lo ha “aggiustato” con del filo di ferro ma è chiaro che non potrà durare; l’ultimo invece è ancora intatto e risplende di una luce mistica.
Poi qui mi sveglio e ridacchio per il sogno buffo.
Sicuramente qualche lettore penserà che mi sono inventato il sogno ma vi assicuro che non è così: per la cronaca io cerco di essere il più trasparente possibile sempre e, di conseguenza, anche in quello che scrivo.
Siccome sono andato lungo (*1) aggiungo il mio pensiero su cosa farei al posto di Zelensky visto che non mi pare di averlo mai scritto esplicitamente.
Il punto è che si è infilato in una strada senza uscita. La guerra è persa a meno che l’occidente non intervenga direttamente: ma questo comporterebbe al 99% una guerra nucleare da cui, credo, l’umanità non riuscirebbe a sopravvivere. Il pericolo in questo caso è che a Washington qualcuno la pensa diversamente, ma non divaghiamo…
Proprio ieri ho sentito un altro commentatore paragonare la situazione militare ucraina attuale a quella della Germania dopo il 1943: la guerra era ormai persa ma andò avanti per altri due anni.
Sembra comune che chi ha voluto la guerra, anche quando si accorge di perdere, preferisce continuare a combattere per potersi illudere ancora un po’. Tanto il sangue di chi muore inutilmente non è il suo e una pace gli costerebbe comunque il potere e forse la vita.
Questo è il punto: il futuro migliore che si prospetta a Zelensky a guerra conclusa è quello di ritirarsi a vita privata in una delle sue megaville negli USA e godersi i milioni, forse miliardi, di dollari accumulati.
Il futuro peggiore sarebbe invece venire catturato da dei golpisti (probabilmente dei militari), sommariamente processato e poi giustiziato. Scrivo dei golpisti ucraini perché se finisse in mano russa probabilmente sarebbe più utile da vivo per testimoniare le pressioni statunitensi per proseguire la guerra a ogni costo.
Paradossalmente si potrebbe verificare una situazione di un Zelensky che, se costretto a una fuga precipitosa, potrebbe consegnarsi ai russi: per esempio se sospettasse che un attentato fallito contro di lui fosse stato organizzato con l’aiuto degli USA. Questo significherebbero che gli USA preferiscono togliere di mezzo un pericoloso testimone che potrebbe seriamente imbarazzarli con le proprie rivelazioni.
Chiaramente sono possibili varie soluzioni intermedie.
Il punto è che però anche in quella più favorevole, ovvero in quella del rifugio dorato negli USA, sarebbe sempre a rischio. Credo infatti che prima o poi la maggioranza degli ucraini si renderà conto di aver combattuto per nulla sviata proprio da chi avrebbe dovuto cercare di fare l’interesse della popolazione e non il suo esatto contrario. Insomma credo che Zelinsky sarà più a rischio di vendetta da parte di ucraini che di russi, maggiormente interessati a processarlo.
Ma alla fine il pericolo maggiore per Zelensky sarebbero proprio gli USA: se dovesse perdere completamente valore politico allora diverrebbe solo una minaccia a causa dei segreti che conosce. In tal caso sarebbero proprio gli USA a organizzare un attentato per poi attribuirne la colpa ad altri (russi o ucraini).
In effetti il destino di Zelensky sarà strettamente legato al futuro dell’Ucraina e a come questa uscirà da questa guerra: occupata dai russi, divisa con perdite territoriali, divisa fra polacchi rumeni e russi etc.
In ognuno di questi casi il valore politico si Zelensky sarà diverso e, di conseguenza, l’interesse degli USA a tenerlo in vita.
Conclusione: ho la forte sensazione che Zelensky non riuscirà a godersi troppo a lungo la ricchezza accumulata. Ovviamente Zelensky è consapevole (almeno dovrebbe! ma non sempre mi pare lucido e razionale) di tutto questo e cercherà costantemente di capire dove soffia il vento.
Nota (*1): ormai dovrei averlo capito che quando descrivo un sogno, anche se breve, mi ci vuole sempre almeno mezza pagina. Invece mi illudo sempre di riuscire a farci un corto!
giovedì 19 gennaio 2023
Libertà in generale
Sto recuperando entusiasmo per “Una teoria della giustizia” di Rawls: la nuova parte che sto leggendo è (relativamente!) più operativa di quella iniziale.
In appena due pagine ho inserito ben cinque “B”!
Il capitolo in questione è il 32, “il concetto di libertà”, nel quale Rawls dà una panoramica della libertà e di come l’intenderà nel seguito dell’opera. Come sapete, forse per natura, la libertà mi sta molto a cuore e quindi ho letto questo capitolo con grande interesse.
Di seguito i concetti che più mi hanno colpito.
- La libertà si definisce come “chi può fare o non fare cosa e con quali vincoli”. Non ci sono cioè libertà assolute ma tutte sono vincolate. Ciò deriva dal principio di uguaglianza dove tutti gli uomini hanno anche le stesse libertà e, di conseguenza, si limitano a vicenda.
- Le libertà non vanno quindi considerate da sole ma in relazione fra di loro: bisogna determinarne cioè i confini.
- La prima “B”: «Non soltanto deve essere permesso agli individui di fare o non fare una cosa, ma il governo e le altre persone hanno anche il dovere legale di non creare ostacoli.» (*1)
- Quando a inizio agosto del 2021 parlai di ricatto (v. Sui ricatti (1/?) e Sui ricatti (2/?)) avevo in mente un concetto molto analogo, mi cito: «È bene ribadirlo: non è un accordo libero fra le parti perché D è costretto ad accettare condizioni che, normalmente, non prenderebbe in considerazione e lo fa solo per poter sopravvivere.
Il ricatto prevarica la libera volontà di D: la possibilità di scelta di D diviene infatti solo apparente e formale: D potrebbe in teoria rifiutare l’accordo ma, se lo facesse, a causa dell’indispensabilità dello scambio, rischierebbe di compromettere la propria vita o quella dei propri cari.
D ha quindi il diritto e il dovere morale di difendere la propria libertà: al ricatto è giusto quindi non cedere ma opporvisi con il massimo vigore.». Notare i termini “libero”, “libera” e “libertà”. Il ricatto è un vero e proprio ostacolo. A me pareva ovvio ma la maggioranza degli italiani ha evidentemente una diversa percezione della giustizia, liberà e moralità (*2).
- Come detto nessuna libertà potrà essere assoluta (senza vincoli cioè) ma si dovrà comunque fare in modo che, di volta in volta, l’aspetto principale di ciascuna libertà fondamentale venga preservato.
- Riguardo a quanto ho sintetizzato sopra (seconda “B”) Rawls scrive: «Per fare un esempio, certe norme sono necessarie per regolare una discussione; senza accettare procedure ragionevoli che regolano il dibattito, la libertà di parola perde il suo valore. D’altra parte, un divieto di argomentare a favore di certe opinioni religiose, morali o politiche o comunque di sostenerle costituisce una restrizione della libertà e come tale va giudicata» (*1).
- E questo dovrebbe far riflettere sulla moralità della censura di opinioni (per di più spesso autorevoli e basate su dati) scientifiche fatta passare per normalità.
- Terza “B”. Rawls: «A prima vista, ci sono due modi di contravvenire al primo principio: l’ineguaglianza della libertà, come quando una classe di persone gode di una maggiore libertà di un’altra; l’estensione della libertà, come quando la libertà è meno estesa di quanto dovrebbe essere. Tutte le libertà di eguale cittadinanza devono essere le stesse per ogni membro della società.» (*3)
- Qui non posso pensare alle discriminazioni introdotte col verdepasso di cui oltretutto le basi scientifiche, su cui era stata pseudo-razionalizzata la sua introduzione, erano già crollate nell’autunno 2021.
- Rawls: «Una libertà fondamentale che cade sotto il primo principio può essere limitata solo in nome della libertà stessa, cioè soltanto allo scopo di assicurare che essa, o un’altra libertà fondamentale, siano adeguatamente protette, o di realizzare nel migliore dei modi l’unico sistema delle libertà.» (*4)
L'ipocondria isterica e ascientifica non è insomma una buona ragione per ridurre la libertà altrui!
- Ma qual è il valore della libertà? È quello di permettere di realizzare i propri fini. Ne consegue che il valore della libertà è variabile in base alle disponibilità di ciascuno: chi è ricco o potente potrà far valere maggiormente la propria libertà. Scrive Rawls: «Ma il valore della libertà non è uguale per tutti. Alcuni hanno maggiore autorità e ricchezza, e quindi maggiori mezzi per raggiungere i loro scopi.» (*4)
- Quarta “B”: tale disparità è accettabile solo se rispetta il principio di differenza, ovvero se è necessaria per non diminuire il valore della libertà di chi ne ha meno.
- Ma poi Rawls spiega (quinta “B”): «Ma il dare qualcosa in cambio di un minor valore della libertà non va confuso con il considerare buona una libertà ineguale.» (*4)
Idealmente sarebbe cioè auspicabile una società in cui tutte le persone hanno uguale valore di libertà.
Ripeto che queste sono considerazioni generali sulle diverse libertà: nei prossimi capitoli le analizzerà una a una.
Comunque in questo capitolo sono totalmente allineato al pensiero di Rawls: vedremo poi se nel concreto mi convincerà su come intende stabilire i diversi equilibri e confini fra le varie libertà.
Conclusione: prevedo un aumento del tempo dedicato a questo libro!
Nota (*1): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 203.
Nota (*2): direi che predominanti sono i principi suggeriti dalla televisione, magari sovrapposti a un clima di paura che obnubila la (scarsa) razionalità dei più.
Nota (*3): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 203-204.
Nota (*4): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 204.
In appena due pagine ho inserito ben cinque “B”!
Il capitolo in questione è il 32, “il concetto di libertà”, nel quale Rawls dà una panoramica della libertà e di come l’intenderà nel seguito dell’opera. Come sapete, forse per natura, la libertà mi sta molto a cuore e quindi ho letto questo capitolo con grande interesse.
Di seguito i concetti che più mi hanno colpito.
- La libertà si definisce come “chi può fare o non fare cosa e con quali vincoli”. Non ci sono cioè libertà assolute ma tutte sono vincolate. Ciò deriva dal principio di uguaglianza dove tutti gli uomini hanno anche le stesse libertà e, di conseguenza, si limitano a vicenda.
- Le libertà non vanno quindi considerate da sole ma in relazione fra di loro: bisogna determinarne cioè i confini.
- La prima “B”: «Non soltanto deve essere permesso agli individui di fare o non fare una cosa, ma il governo e le altre persone hanno anche il dovere legale di non creare ostacoli.» (*1)
- Quando a inizio agosto del 2021 parlai di ricatto (v. Sui ricatti (1/?) e Sui ricatti (2/?)) avevo in mente un concetto molto analogo, mi cito: «È bene ribadirlo: non è un accordo libero fra le parti perché D è costretto ad accettare condizioni che, normalmente, non prenderebbe in considerazione e lo fa solo per poter sopravvivere.
Il ricatto prevarica la libera volontà di D: la possibilità di scelta di D diviene infatti solo apparente e formale: D potrebbe in teoria rifiutare l’accordo ma, se lo facesse, a causa dell’indispensabilità dello scambio, rischierebbe di compromettere la propria vita o quella dei propri cari.
D ha quindi il diritto e il dovere morale di difendere la propria libertà: al ricatto è giusto quindi non cedere ma opporvisi con il massimo vigore.». Notare i termini “libero”, “libera” e “libertà”. Il ricatto è un vero e proprio ostacolo. A me pareva ovvio ma la maggioranza degli italiani ha evidentemente una diversa percezione della giustizia, liberà e moralità (*2).
- Come detto nessuna libertà potrà essere assoluta (senza vincoli cioè) ma si dovrà comunque fare in modo che, di volta in volta, l’aspetto principale di ciascuna libertà fondamentale venga preservato.
- Riguardo a quanto ho sintetizzato sopra (seconda “B”) Rawls scrive: «Per fare un esempio, certe norme sono necessarie per regolare una discussione; senza accettare procedure ragionevoli che regolano il dibattito, la libertà di parola perde il suo valore. D’altra parte, un divieto di argomentare a favore di certe opinioni religiose, morali o politiche o comunque di sostenerle costituisce una restrizione della libertà e come tale va giudicata» (*1).
- E questo dovrebbe far riflettere sulla moralità della censura di opinioni (per di più spesso autorevoli e basate su dati) scientifiche fatta passare per normalità.
- Terza “B”. Rawls: «A prima vista, ci sono due modi di contravvenire al primo principio: l’ineguaglianza della libertà, come quando una classe di persone gode di una maggiore libertà di un’altra; l’estensione della libertà, come quando la libertà è meno estesa di quanto dovrebbe essere. Tutte le libertà di eguale cittadinanza devono essere le stesse per ogni membro della società.» (*3)
- Qui non posso pensare alle discriminazioni introdotte col verdepasso di cui oltretutto le basi scientifiche, su cui era stata pseudo-razionalizzata la sua introduzione, erano già crollate nell’autunno 2021.
- Rawls: «Una libertà fondamentale che cade sotto il primo principio può essere limitata solo in nome della libertà stessa, cioè soltanto allo scopo di assicurare che essa, o un’altra libertà fondamentale, siano adeguatamente protette, o di realizzare nel migliore dei modi l’unico sistema delle libertà.» (*4)
L'ipocondria isterica e ascientifica non è insomma una buona ragione per ridurre la libertà altrui!
- Ma qual è il valore della libertà? È quello di permettere di realizzare i propri fini. Ne consegue che il valore della libertà è variabile in base alle disponibilità di ciascuno: chi è ricco o potente potrà far valere maggiormente la propria libertà. Scrive Rawls: «Ma il valore della libertà non è uguale per tutti. Alcuni hanno maggiore autorità e ricchezza, e quindi maggiori mezzi per raggiungere i loro scopi.» (*4)
- Quarta “B”: tale disparità è accettabile solo se rispetta il principio di differenza, ovvero se è necessaria per non diminuire il valore della libertà di chi ne ha meno.
- Ma poi Rawls spiega (quinta “B”): «Ma il dare qualcosa in cambio di un minor valore della libertà non va confuso con il considerare buona una libertà ineguale.» (*4)
Idealmente sarebbe cioè auspicabile una società in cui tutte le persone hanno uguale valore di libertà.
Ripeto che queste sono considerazioni generali sulle diverse libertà: nei prossimi capitoli le analizzerà una a una.
Comunque in questo capitolo sono totalmente allineato al pensiero di Rawls: vedremo poi se nel concreto mi convincerà su come intende stabilire i diversi equilibri e confini fra le varie libertà.
Conclusione: prevedo un aumento del tempo dedicato a questo libro!
Nota (*1): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 203.
Nota (*2): direi che predominanti sono i principi suggeriti dalla televisione, magari sovrapposti a un clima di paura che obnubila la (scarsa) razionalità dei più.
Nota (*3): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 203-204.
Nota (*4): tratto da “Una teoria della giustizia” di John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 204.
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