«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

venerdì 30 aprile 2021

Salute e libertà

Ormai oltre un anno fa scrissi il pezzo Libertà e salute dove iniziai a pormi il problema di dove dovesse essere posto il confine fra salute e libertà. Oggi mi pare di aver fatto un deciso passo avanti: ma non voglio anticipare le mie argomentazioni.

La nostra visione soggettiva della realtà è condizionata da come viviamo, dal nostro lavoro, ovvero dal nostro posto nella società e dai relativi valori che questo porta con sé.
Per un medico il valore più alto, il principio primo con cui valutare il bene e il male, è la salute del suo paziente. Per un macellaio è la carne. Per un insegnante è l’istruzione. Per un artista è la (propria) arte. Per un intellettuale è la cultura. Per un politico il potere. Per un imprenditore il denaro. Per un sarto la stoffa. Per un burocrate le regole. Per un giudice la legge. E… penso che abbiate capito il concetto!
Tutti gli uomini poi hanno delle basilari necessità per sopravvivere: una famiglia, un lavoro e, di conseguenza, la protezione di questi ha il valore più alto.

Aggiungo inoltre che chi rischia la vita per un certo ideale (vero o illusorio che sia) come il soldato in guerra, darà poi grande valore a quello stesso principio. L’abitudine che impatta sul nostro stile di vita plasma la morale: se questa abitudine è condivisa dall’intera società, e non peculiare di un singolo o di pochi, è allora la stessa morale della popolazione che evolve. Qualsiasi evento in grado di cambiare le abitudini dell’intera società ottiene quindi lo stesso risultato: ne modifica i valori e, in ultima analisi, la morale.

Ma tornando al nostro dottore iniziale, se interpellato su una decisione da prendere, su cosa baserà la propria risposta? L’abbiamo già detto: sulla salute. Chi dedica la vita a qualcosa considera questo stesso oggetto come il più alto valore. È una forma di dissonanza cognitiva: convincersi che ci sia qualcosa di più importante equivalerebbe a pensare di aver sprecato la propria vita.

Un medico quindi antepone la salute davanti a tutto: questo non significa che abbia sempre ragione a farlo ma è semplicemente la sua forma mentale che lo spinge a valutare il mondo da questa prospettiva: una prospettiva la cui unità di misura è la salute e con essa si calcola il bene.

Non è quindi un caso che i medici, e in generale tutti coloro che lavorano nell’ambiente sanitario, antepongano la salute alla libertà. Sarebbe però giusto e sensato che il resto della popolazione si domandasse se è questo ciò che vuole, ciò che ritiene essere il bene per se stessi e per la propria comunità.
Ma come ho premesso l’uomo comune, e in realtà tutti gli uomini, alla fine si preoccupano dell’incolumità e della sopravvivenza della propria famiglia più di ogni altra cosa: è facile quindi convincerlo che la salute sia più importante della libertà se i media lo subissano ribadendo questo concetto.

Il cambiamento di abitudini generalizzato imposto dalla quarantena e dalle altre restrizioni sta poi modificando la morale della popolazione: la libertà diviene un valore subordinato alla salute. Tutti iniziano a pensare così perché il loro comportamento, non importa quanto obbligato, lo conferma.

Inutile ricordare, pensiamo all’ultima guerra, che per la libertà molte persone abbiano dato la vita e che quindi, almeno per esse, la libertà fosse di gran lunga più importante della salute.

In realtà, da un punto di vista puramente morale, non esiste alcuna verità assoluta: l’etica cambia da epoca e società. Non vi sono valori assoluti. Neppure il “non uccidere” è un principio universale: non vale in guerra verso il soldato nemico, in alcuni sistemi giuridici vige la pena di morte e in alcune religioni si sacrificavano uomini alle divinità oppure, semplicemente, è ritenuto lecito uccidere per salvare la propria vita.

Da un punto di vista utilitaristico le cose sono però diverse.
La salute sarebbe più utile della libertà solo se la salute fosse il fine della vita. Ma per qualsiasi altro obiettivo la libertà è spesso lo strumento fondamentale per raggiungerlo: anche a costo di qualche occasionale giorno di malattia.
È fuorviante l’argomentazione di chi afferma che la salute è tutto perché senza di essa non si può fare niente. La malattia che costringe perennemente a letto è solo un caso estremo, sebbene naturale, di negazione della libertà: non certamente la dimostrazione che la salute sia più importante della libertà.
Per assurdo il malato gravissimo affetto da una malattia mortale che però non ha sintomi di sorta se assume una certa medicina ogni giorno (come un malato di HIV tenuto sotto controllo) è probabilmente più felice di chi ha una malattia lieve ma è costretto a letto per settimane (come il giovane con una gamba rotta).
In altre parole l’importanza della salute non è tanto in se stessa ma nel suo impatto sulla nostra libertà, ovvero per quello che ci permette o ci impedisce di fare.
Chi afferma che la salute è tutto in verità dice che la libertà data da una buona salute è tutto: semplicemente gli sfugge che la salute senza libertà è di ben poca utilità e che difficilmente porta alla felicità. Non si dovrebbe confondere il mezzo con il fine.

Conclusione: per questo resto convinto che la libertà sia più importante della salute. Peccato che anche in questo caso finirò in minoranza ammesso di non esserlo già.

mercoledì 28 aprile 2021

Considerazioni sparse

Un po’ di idee alla rinfusa che non saprei legare in maniera organica in un unico pezzo:

1. La quarantena funziona: solo che dovrebbe essere una misura estrema ed emergenziale.
In Italia è invece rimasto lo strumento principale per contenere la pandemia. Le alternative c’erano ma sono state “schifate” dalla politica.
2. Alternative alla quarantena: mascherine FFP2 prodotte da Stato e distribuite gratuitamente, esami rapidi per verificare non il contagio ma la contagiosità del singolo, distribuzione gratuita di vitamina D soprattutto in inverno quando c’è carenza cronica di essa, potenziamento delle strutture sanitari, protocolli di cura e prevenzioni efficaci e non inutili quando non deleteri. Adesso anche i vaccini.
3. Rimango dell’idea che i vaccini andrebbero dati solo agli anziani, alle persone vulnerabili e, quando disponibili, a tutti coloro che liberamente vogliono correre il rischio (per quanto piccolo) di vaccinarsi.
4. La mia (“mia” perché non ho trovato riscontri definitivi nelle fonti affidabili che seguo) paura è che il piano di vaccinazione attuale favorisca la spinta evolutiva del SARS-COV2 in varianti capaci di aggirare la protezione dei vaccini divenendo così in grado di colpire le persone vulnerabile che si sarebbero dovute proteggere.
5. I vaccini probabilmente debellerebbero il virus se si potesse vaccinare contemporaneamente tutta la popolazione mondiale ma ovviamente ciò è impossibile.
6. Il rischio immediato dei vaccini è bassissimo: questo ormai è noto. Il problema è scoprire cosa accadrà nel medio e nel lungo termine. La teoria di come funzionano è bellissima: elegante nella sua intelligenza. Però la storia della scienza è piena di imprevisti imprevedibili.
Oltretutto in questo caso non me la sento moralmente di fare il tifo per aver ragione dato che questo significherebbe problemi di salute per centinaia di milioni di persone se non miliardi.
7. Spero quindi di avere torto: ma il mio errore sarebbe nella particolare risoluzione degli eventi, non nella logica più ampia della cautela da adottare quando il rapporto rischi/benefici non è certo.
8. Nei paesi dove la copertura vaccinale è ormai ampia mi aspetto inizialmente un forte calo del virus. Importante è vedere cosa succederà nei prossimi mesi (autunno cioè, vedi il punto 13): ovvero se si svilupperanno delle varianti resistenti ai vaccini.
9. Lo scrivo in un’altra forma: l’obiettivo della lotta al covid-19 dovrebbe essere quello di salvare vite umane e non quello di debellare completamente la malattia (cose che ormai mi sembra impossibile). Non ci dovrebbe importare cioè se una persona contrae il virus e nemmeno se ne accorge o ha sintomi lievissimi: al contrario bisognerebbe proteggere i più deboli che rischiano di essere ricoverati in ospedale o peggio.
10. Stiamo, mi pare, andando quindi nella direzione sbagliata che però, guarda caso, è la più favorevole per la case farmaceutiche (occidentali!) che producono i vaccini.
11. Nei paesi poveri, e soprattutto in Africa, il numero dei morti è comunque basso perché la popolazione è mediamente molto più giovane e, quindi, resistente a questo virus.
12. Per questo mi preoccupa la variante indiana: sarebbe interessante sapere l’età media dei ricoverati in ospedale (e delle vittime) ma la sanità del paese è nel caos e tutte le statistiche inattendibili.
13. In Italia il virus “sparirà” appena torneranno le giornate di sole e il livello della vitamina D, che favorisce l’efficacia del sistema immunitario, sarà altissimo. Se nel fine settimana ci sarà bel tempo, indipendentemente dalle vaccinazioni, non ci saranno problemi fino al prossimo autunno.
14. Gli interessi economici in gioco stanno falsando le logiche politiche e quindi sanitarie: questo è drammatico.
15. Sembra addirittura che, almeno in Italia, si cerchi di mantenere la popolazione nella paura e arrivando a sacrificare indirettamente vite umane con protocolli incomprensibili. Io, per esempio, è dal febbraio 2020, quando lo spiegò chiaramente il Dr. Campbell, che so che la tachipirina non dovrebbe essere presa a meno che la febbre non diventi troppo alta: il motivo è che la febbre è una reazione di difesa del corpo umano: l’aumento di temperatura rallenta la diffusione del virus (qualunque esso sia) e attiva il sistema immunitario. Abbassandola artificialmente si permette al virus di replicarsi incontrastato!
16. L’unico aspetto positivo è che sempre più persone se ne stanno rendendo conto nonostante censura e disinformazione ufficiale. Sempre una minoranza ma anche sempre più consistente e consapevole. Credo che alla fine, quando i nodi verranno inevitabilmente al pettina, i colpevoli non riusciranno a farla totalmente franca come invece è avvenuto in passato.
17. E non solo in Italia ma anche all’estero!
18. Ah! Le mascherine all’aperto, secondo l’OMS, sono inutili. Una recente ricerca ha stimato che i contagi che si verificano all’aperto sono un millesimo del totale. In altre parole se il virus si diffondesse SOLO all’aperto in Italia oggi invece di 10.300 contagi ce ne sarebbero 10 con 1 morto ogni tre giorni. Chiaro che al CHIUSO sono molto utili.
19. Ovvio anche che le mascherine andrebbero usate bene: se ci sono “spifferi” FFP2 o FFP3 sono inutili, quindi la mascherina deve aderire bene al volto. Dovrebbero essere cambiate regolarmente e manipolate con attenzione per non contaminarle accidentalmente con le mani. Inutile dire che quasi nessuno presta attenzione a questi dettagli: di nuovo la sensazione è che si voglia mantenere la popolazione in uno stato di perenne allarme e paura.

Aggiornamento 30/4/2021
20. Il fatto che nessun scienziato abbia espresso i miei stessi dubbi sull’uso dei vaccini cosa significa?
A. La mia teoria potrebbe essere banalmente errata: magari mi sfugge un concetto, anche basilare, che vanifica tutte le mie argomentazioni.
B. Gli scienziati devono parlare con i dati soprattutto se vogliono andare contro corrente (e gli interessi delle case farmaceutiche): esprimere i miei stessi dubbi senza poterli supportare con ricerche solide metterebbe a rischio le loro carriere.
Per questo motivo, il fatto che nessun scienziato dica che andrebbero vaccinati solo i più deboli e anziani, non mi condiziona troppo: oltretutto sono abituato ad aver ragione anche quando sono una voce fuori dal coro.

Conclusione: situazione che da drammatica sta divenendo folle.

lunedì 26 aprile 2021

Pochi ma grossi

Oggi ho catalogato TV-B4 dove (in realtà insieme a TV-B5) sono allogati manuali e dizionari vari.
L’idea è di sgombrare ulteriormente il pavimento della mia camera da manuali (uso il termine con molta libertà) che ho filtrato da altri scaffali.
I libri stavolta sono pochi ma molto grossi e non c’è in realtà moltissimo spazio disponibile…

TitoloAutoreGenereStanzaPosizione
Dizionario di storiaVariManualeTVB4
Dizionario inglese e italianoRagazzini, BiagiManualeTVB4
Enciclopedia pratica Bompiani IVariManualeTVB4
Enciclopedia pratica Bompiani IIVariManualeTVB4
Dizionario GarzantiVariManualeTVB4
Dizionario degli insultiGianfranco LottiManualeTVB4
Dizionario dei modi di direCarlo LapucciManualeTVB4
Enciclopedia Universale Garzanti ‘96VariManualeTVB4
La mente di ScharIain M. BanksFantscienzaTVB3
Gravità zeroLois McMaster BujoldFantscienzaTVB3
Il talismanoStephen KingFantasiaTVB3
Enciclopedia illustrata degli animaliHans-Wilhelm SmolikManualeTVB4
Enciclopedia Garzanti della medicinaRobert E. RothenbergManualeTVB4
Test psicologici e di intelligenza per conoscere se stessi e gli altriLorenza ArmanoManualeTVB4
Le parole stranierePaolo ZolliManualeTVB4
Nuovissimo dizionario ragionato dei sinonimi e dei contrariGianni CesanaManualeTVB4
Pronto lingueVariManualeTVB4
Atlante storico GarzantiVariManualeTVB4
Il grande assassinoAndrea BoldiGialloTVB4
Il Mereghetti: Dizionario dei film 2000Paolo MereghettiManualeTVB4

Vi sono anche dei libri infiltrati che ricollocherò in TV-B4: non c’è più posto lì ma mettendoli di traverso…

Pezzo difficile - 26/4/2021
Allora, siccome questo pezzo è troppo difficile da scrivere, ho deciso che scriverò solo le premesse del mio ragionamento e lascerò al lettore il compito di trarre le proprie conclusioni una volta letto/visionato il materiale che presenterò.

Due giorni fa lessi questa notizia: Speranza e il Consiglio di Stato bloccano le cure domiciliari: l’ennesima follia

Rilanciai l’articolo su FB col commento “Decisione incomprensibile”. Semplicemente non capivo perché imporre cure (che altrove non sono usate) quando paziente e medici, non stregoni, vogliono provare alternative usate con successo in altri paesi.

Oggi ho guardato il video di ieri del Dr. Campbell (che come sapete seguo dallo scorso febbraio) che è diviso in due parti: Dr Pierre Kory, Part 1, Steroids and anticoagulants e Dr Pierre Kory, Part 2, Ivermectin.

Soprattutto la seconda intervista è interessante: a oggi il farmaco Ivermectin è fortemente sconsigliato da AIFA: EMA raccomanda di non utilizzare ivermectina per la prevenzione o il trattamento di COVID-19 al di fuori degli studi clinici da AIFA.gov.it

Traetene le vostre conclusioni.

Mi viene in mente - 26/4/2021
Ieri ho ricontrollato “Pensieri” di Russell alla ricerca di epigrafi per l’Epitome. Ora mi è tornata in mente la seguente:
«La persecuzione di individui le cui opinioni non sono popolari provoca dei danni; uno di questi è che ogni progresso, sia esso morale o intellettuale, è considerato a tutta prima sconcertante. Per questa ragione, una società che non tollera punti di vista non convenzionali diventa necessariamente stereotipata e reazionaria.»

Tratto da “Pensieri” di Bertrand Russell, (E.) Newton, 1997, trad. Alfonsa Petruzzella, pag. 129

Considerazione su FB - 27-4-2021
Al volo copio e incollo un commento che ho scritto su FB a un amico che si lamentava degli anglicismi:
«Io credo che l’usare termini inglesi al posto di facili e comodi equivalenti italiani sia una strategia propagandistica voluta e calcolata.
Il termine straniero nasconde il significato reale: in particolare, permette ai media di alludere a significati illusori e la persona comune così vi associa (ottimisticamente) i significati più ragionevoli che gli vengono in mente. Alla fine il telespettatore si inganna da solo dando un significato arbitrario, generalmente più positivo del reale, al significante (la parola straniera).

Il termine “ticket sanitario” suona molto più accettabile e giustificato che “gabella sanitaria”. Oppure “Jobs act” sembra più moderno e inevitabile (bisogna mettersi al passo con i tempi!) che “riforma del lavoro” (che invece nessuno vorrebbe cambiare, specialmente in peggio). Analogamente “hub vaccini” suona addirittura futuristico ma, alla fine, è solo un “centro vaccini” (che però sa di burocrazia e ospedali)...
».

Legittimarsi nella società legittima la società - 9/5/2021
Breve considerazione nata mentre ricontrollavo il capitolo 7.1 dell’Epitome: ovvero come la società legittima se stessa.

1. Il gruppo che vuole giustificare la propria posizione all’interno della società è costretto a farlo utilizzando i protomiti comuni alla stessa.
2. L’usare specifici protomiti per legittimarsi automaticamente legittima anche questi. Lo strumento usato per legittimarsi è legittimato dall’uso.

Banalmente se la nostra posizione nella società è legittimata dal protomito X allora saremo portati a difendere tale protomito da qualsiasi attacco che ne comprometta il valore che ha per noi (per la nostra legittimazione).

La società quindi legittima se stessa semplicemente osservando se stessa e usando i propri principi, ideali e concetti per valutarsi e spiegarsi.

Chiunque voglia inserirsi in una società dovrà accettarne le idiosincrasie, la morale, le ingiustizie e tutti i principi che la governano e che sono strettamente interconnessi fra loro.

sabato 24 aprile 2021

Coesione e forza di gruppo

[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.7.1 "Sherlochulhu").

Stamani stavo correggendo il terzo capitolo dell’Epitome quando ho avuto un’intuizione interessante. Voglio mettere nero su bianco queste idee in maniera da poterci ragionarci meglio e, in seguito, aggiornare la mia opera.

Nel capitolo 3.1 introduco le strutture e ruoli e li comparo spiegandone le sostanziali similitudini; in 3.2 passo poi a elencarne le caratteristiche principali: il grado di apertura e di autonomia.
Mi sono però reso conto che in questo processo manca un dettaglio importante, forse anche fondamentale.

Descrivo i gruppi come gli insiemi di persone che hanno lo stesso ruolo ma questo fa sorgere una domanda solo apparentemente banale: che cosa fa sì che le persone che condividono lo stesso ruolo si uniscano in un gruppo?

Chiaramente l’origine di questo comportamento è psicologica: l’uomo primitivo collabora con i suoi simili per difendersi dalla natura; in una cultura più avanzata la natura non è più un pericolo diretto ma lo diviene la società stessa.

Immaginiamoci il gruppo dei custodi di un grande museo all’arrivo di una nuova legge sui dipendenti pubblici: che effetti avrà sui custodi? Che opportunità rappresenta? E quali rischi o difficoltà aggiuntive comporta?
Attraverso il passa parola i custodi condivideranno fra loro le notizie più utili che hanno raccolto: questo equivale a una forma di protezione comune.
Inoltre, condividendo le stesse vicissitudini, fra i custodi si crea un legame di reciproco supporto emotivo che aiuta a sopportare e superare le difficoltà.

Più in generale le persone che svolgono lo stesso ruolo (a parità di altre possibili interferenze esogene) tendono a pensarla alla stessa maniera perché la loro prospettiva e le loro esperienze dirette saranno le medesime (v. anche [E] 3.4; si può applicare la teoria dell’evoluzione degli epomiti globali anche localmente, ai gruppi che condividono le stesse esperienze significative, ovvero che impattano sulla loro vita quotidiana). Questo corrisponde a condividere gli stessi protomiti magari anche solo peculiari di tale gruppo.
Inoltre avranno la stessa visione del proprio lavoro, ovvero i tautomiti interni del loro ruolo.
Allo stesso tempo eventuali divergenze di pensiero tendono a ridursi a causa del limite dell’imitazione, della pressione di gruppo e simili: aumenta quindi l’omogeneità relativa interna.

In definitiva coloro che hanno un medesimo ruolo tendono a condividere obiettivi, ideali, visione del mondo e del proprio ruolo. Questo facilità la creazione di un legame emotivo che li spinge a collaborare insieme per difendersi “dall’esterno”: nel caso dei custodi, dal dirigente del museo, dalle leggi e burocrazia a cui sono soggetti e dai visitatori.
L’effetto complessivo è quello di una solidarietà che porta alla formazione del gruppo.

Chiaro che i legami più forti si stringono fra persone che hanno la possibilità di frequentarsi direttamente e possono così stabilire relazioni emotive fra loro: per questo considero il grado di apertura di un gruppo determinante per stabilirne la forza.
Ma già la condivisioni di numerosi protomiti porta automaticamente all’abbattimento di molte barriere: avete mai notato quando, magari in vacanza, si incontrano due persone che hanno lo stesso lavoro? Subito si scambiano informazioni e aneddoti relativi al loro ruolo e, in maniera immediata, si forma una sorta di cameratismo. Tutto molto umano perché completamente istintivo.

La regola che si può trarre da questa considerazione è l’importanza della coesione dei membri di un gruppo fra loro: più tale coesione è forte e maggiore è la forza del gruppo stesso.
Questo perché una grande coesione porta a una maggiore collaborazione e, quindi, a raggiungere più facilmente gli obiettivi del gruppo. Inoltre, la maggior solidarietà fra i membri porta anche alla maggior disponibilità di sacrificio dei singoli membri per gli altri (ovvero per il relativo bene comune): questo sacrificio può andare dalla semplice partecipazione a una colletta fino alla decisione di rischiare la propria incolumità fisica.

Come ho già scritto è chiaro che il grado di apertura di un gruppo ne condiziona la coesione ma questo non è l’unico fattore. La condivisione degli ideali, della visione del mondo e dei tautomiti è ugualmente importante. Ancora più importante sarebbe il legame emotivo ma questo è possibile solo fra un numero limitato di persone perché, in genere, richiede un contatto diretto.

Un’altra conseguenza importante è che si può alterare la forza di un gruppo modificandone la coesione. Mi viene in mente adesso l’esempio della Superlega: appena il gruppo si è sfaldato la loro forza complessiva è venuta meno e, in poche ore, il progetto è crollato.

Un gruppo diviene quindi più forte (e la legge della crescita, [E] 5.2, ci dice che questo sarà un suo obiettivo) aumentando la propria coesione. Ma soprattutto sarà indebolito (e questo è l’obiettivo dei gruppi/poteri rivali) diminuendola: ovvero modificandone il grado di apertura (aumentando cioè il numero dei membri) e colpendone i protomiti locali e i tautomiti.
Non per niente il famoso studio di Putnam sull’immigrazione conclude che questa impatta, diminuendola, sulla solidarietà della società: cioè è coerente con la mia teoria. In questo caso infatti il diverso sfondo culturale, e magari religioso, comporta una visione totalmente diversa del mondo e quindi, a livello di democratastenia, si frammenta la condivisione degli epomiti. Una parziale riprova la si ha negli ambienti di lavoro con pochi membri: qui l’immigrato ha modo, oltre che di costruire legami emotivi (utilissimi per superare eventuali pregiudizi), di assimilare i tautomiti del ruolo e i relativi protomiti (sempre relativi al lavoro) condivisi dai colleghi: in altre parole l’immigrato potrà integrarsi con relativa facilità nell’ambiente di lavoro. Le divergenze potranno poi riemergere, magari inaspettatamente per i colleghi, quando si confronteranno i protomiti relativi alla visione del mondo.

Esito però a considerare il livello di coesione come una caratteristica base di un gruppo (insieme a livello di apertura e autonomia) essenzialmente perché non è misurabile a priori (e quindi meno utile) se non in quanto legato al livello di apertura. Sicuramente andrà considerato quando si vorrà analizzare concretamente la forza di uno specifico gruppo/potere: ma non è possibile generalizzare facilmente quali siano a priori i gruppi coesi e quelli che non lo sono.

Conclusione: non siamo a livello di un nuovo sottocapitolo ma sicuramente questo nuovo concetto avrà grosse ripercussioni sul capitolo terzo dell’Epitome e, a cascata, su tutti gli altri.

venerdì 23 aprile 2021

Agnellino e Marcuse

[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.7.1 "Sherlochulhu").

Inizio a scrivere e vedo cosa viene fuori.

Prima di tutto volevo spezzare un paio di lance a favore dell’Agnellino.
In Aprilità varie l’avevo preso un po’ in giro paragonandolo ad Alessandro Magno (nonché accennando a delle inquietanti somiglianze espressive con Speranza) in contrasto col fallimento, in pratica immediato, del suo progetto per la Superlega.
Ma in realtà c’è da notare che non era stato l’unico ad aver sbagliato i calcoli: ben altri 11 presidenti erano stati convinti della bontà del progetto.
Che significa? Possibile che Agnellino sia molto più preparato di come me lo immagino?
Certamente è possibile: ma in verità credo che siano gli altri presidenti a essere delle persone con capacità completamente nella norma (o poco più) e il cui successo è dipeso per gran parte dalla buona sorte o dalla buona nascita (che in fondo è un tipo di fortuna anch’essa).
In genere quando queste persone ideano un piano finanziario per guadagnare soldi nessuno gli si oppone: di certo non la politica né i media. Anzi, probabilmente, tutti vogliono salire sul loro carro: soldi guadagnati facilmente a spese, più o meno indirettamente, della gente comune.
In questo caso però l’operazione non ha potuto godere del silenzio compiacente dei media: le reazioni contrarie, non dall’Italia (ma di questo scriverò poi, credo), si sono fatte sentire e il magico piano per guadagnare facile è subito fallito. Ci sarà da vedere se l’Agnellino conserverà i suoi fagioli magici per provare a piantarli fra qualche tempo oppure no.
La seconda lancia è che se “tutti” ti fanno sentire un genio alla fine ti illudi di esserlo e sopravvaluti la correttezza dei tuoi progetti: e i giornalisti, ma sono sicuro tutta la gente “comune” con cui quotidianamente entra in contatto, pendono dalle sue labbra e considerano numinose verità qualsiasi sua parola…
Ma anche questa interpretazione psicologica è superficiale: all’Agnellino di essere osannato e ammirato dalla gente comune gliene importa il giusto: ormai vi è abituato e lo considera normale. Penso che invece le rivalità e invidie all’interno della famiglia, anche solo inconsce, siano più significative: probabilmente non vorrebbe essere considerato meno capace dell’Elkann maggiore (non Lapo, l’altro) e questa poteva essere l’occasione per mostrare la sua abilità e astuzia: è possibile che queste emozioni abbiano contribuito a offuscarne il giudizio.
Ma in realtà non me ne importa troppo: di sicuro l’Agnellino cascherà in piedi e fra pochi mesi i giornalisti dimenticheranno questa storia per non metterlo involontariamente in imbarazzo…

Potrei adesso scrivere della reazione degli italiani alla proposta della Superlega completamente diversa da quella degli inglesi ma preferisco cambiare argomento.

Voglio commentare invece una frase di Marcuse: «La storia dell'ontologia rispecchia il principio della realtà che governa il mondo con esclusività sempre maggiore» (*1).
Suona complicata ma non lo è: “ontologia” qui sta in senso generico per filosofia mentre il “principio della realtà” è una definizione di Marcuse (credo mutuata da Freud) che indica la società in tutti i suoi aspetti, gli obblighi e, soprattutto, le logiche a cui il singolo deve sottomettersi per rendere possibile la civiltà.
Il senso diventa quindi, in parole povere, qualcosa di questo genere: “Nel corso della storia la filosofia rispecchia/si sovrappone/giustifica la società/la logica del tempo lasciando sempre meno possibilità di eccezioni”.
Questa riflessione è completamente compatibile con la mia visione ([E] 6.5) della morale e della relazione di questa con la società (e volendo la religione) o, se preferite, con quella di Nietzsche. Insomma è il comportamento della società che detta la morale e non il viceversa.
Fin qui niente di nuovo ma oggi vi ho aggiunto un mio commento a margine che mi sembra degno di menzione. Lo ricopio e poi vedo di spiegarlo meglio: «La filosofia studia la realtà e cerca di interpretarla e spiegarla → la semplice esistenza di una situazione “rischia” di essere dimostrata necessaria e inevitabile anche se non è così.»
Ovvero la filosofia osserva e cerca di spiegare la realtà: questo comporta che un qualsiasi fenomeno, meramente per il solo fatto di esistere, tenderà a essere dimostrato inevitabile e necessario. Non è quindi per sola piaggeria verso il potere che i filosofi tendano a spiegare il proprio tempo con la logica coeva: è piuttosto, in generale, una conseguenza del considerare ciò che è più probabile di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.
La filosofia spiega la realtà del tempo ma non si preoccupa di essere in grado, con la propria logica interna, di interpretare ugualmente ciò che avrebbe potuto essere.
Io vi vedo anche la conseguenza della cappa ideologica provocata dal paradosso dell’epoca ([E] 6): il considerare cioè il presente come il risultato finale dell’evoluzione e della cultura umana, un qualcosa da cui è difficile staccarsi per guardare oltre o considerare alternative.
Immodestamente credo che la teoria della mia Epitome da questo punto di vista sia estremamente valida: non l’ho ideata limitandomi a cercare di dare una buona interpretazione del nostro tempo ma mi sono basato sull’intera storia umana. Essendo valida per il passato e il presente mi fa ben sperare che sia altrettanto utile per il futuro.

Conclusione: smetto qui perché voglio andare a leggere in giardino: dopo giornate schifose oggi si sta benissimo! (e non c'è alcun nesso nascosto fra l'Agnellino e la frase di Marcuse!)

Nota (*1): tratto da “Eros e civiltà” di Herbert Marcuse, (E.) Einaudi, 1968, trad. Lorenzo Bassi, pag. 155.

giovedì 22 aprile 2021

Esempio di tecnica mnemonica

Stamani per aiutare un’amica le ho scritto il seguente lungo esempio di applicazione di una tecnica mnemonica. Nei giorni scorsi le avevo mandato le mie nove pagine di appunti che presi anni fa al corso “Learn to learning” che poi le ho commentato passo passo al telefono. L’idea è quella di farle prendere abbastanza dimestichezza con varie strategie di apprendimento in maniera che poi possa trasmetterle alla figlia.

Nel complesso non sono però molto ottimista: il suo atteggiamento mi pare troppo passivo e non mi pare abbia piena fiducia in queste tecniche (basate invece su solide basi neurologiche). Alla fine pescherà a caso qualche idea, l’applicherà male e/o non abbastanza a lungo, convincendosi che, come aveva (erroneamente) intuito, non fanno per lei.
In particolare tende a seguire la strada del minimo sforzo, quella cioè dove le difficoltà oppongono la minore resistenza: invece è proprio dove si hanno i maggiori problemi che si dovrebbe lavorare di più. Ho la sensazione che mentre io tratto con leggerezza problemi seri lei li tratti con serietà ma li affronti con leggerezza. Si convince dell’esito negativo dei propri sforzi prima ancora di tentare e così sabota se stessa non impegnandosi come potrebbe.

Vabbè: il succo di questi discorsi è che temo che il mio sforzo sarà vano e allora voglio cercare di valorizzarlo un minimo riproponendo l’esempio che le ho mandato oggi qui sul ghiribizzo. Credo possa essere utile ad altri e, comunque, è divertente e interessante da leggere.
Ovviamente è scritto un po’ alla buona e di fretta: ma credo che l’immediatezza sia più utile di una correzione a posteriori (che comunque mi fa fatica fare!).


Premessa: queste tecniche, sfruttando caratteristiche della mente semi inconsce, tendono a essere molto personali soprattutto nelle associazioni che creiamo per aiutarci a ricordare qualcosa. Questo significa che i seguenti esempi, perfetti per me, potrebbero non essere completamente adatti a te: il problema non è che la tecnica non funziona con te ma che semplicemente dovresti trovarti da sola le associazioni di idee che più ti stimolano.
Volevo poi fare degli esempi reali ma in questo caso il problema è condividere il materiale. Facendo uno sforzo immane provo comunque a farlo.

Per partire qualcosa di semplice: la dedica di John Stuart Mill alla moglie in “Saggio sulla libertà”.
(L’ho scelta perché mi piace molto). Se ti interessa puoi scaricare qui l’intero volume: https://storiadellafilosofia.jimdofree.com/moderna/john-stuart-mill/saggio-sulla-libert%C3%A0-pdf/

«All'amata e compianta memoria di colei che fu l'ispiratrice, e in parte l'autrice, di tutto il meglio della mia opera – all'amica e moglie il cui altissimo senso della verità e della giustizia era il mio stimolo più grande, e la cui approvazione era la massima ricompensa – dedico questo volume. Come tutto ciò che ho scritto per molti anni, appartiene a lei quanto a me; ma il lavoro, così com'è, ha ricevuto in misura molto insufficiente l'inestimabile beneficio della sua revisione; alcune delle parti più importanti avrebbero dovuto essere sottoposte a un riesame più accurato, che ora non riceveranno mai più. Se solamente fossi capace di trasmettere al mondo la metà dei grandi pensieri e dei nobili sentimenti che sono sepolti con lei, sarei il tramite di benefici maggiori di quanti potranno mai derivare da qualunque cosa io scriva, privo dello stimolo e del conforto della sua impareggiabile saggezza. »

1. Per prima cosa leggila.
2. Prova a ripeterla. Dirai qualcosa del tipo: “Lui amava molto la moglie e lei era coautrice di tutto ciò che ha scritto… e allora, questo è facile e corto!”
3. Hai ragione, ma supponiamo per assurdo che tu debba impararne a memoria i vari concetti e che tu debba essere in grado di ripeterli nello stesso ordine in cui appaiono. (In genere questo potrebbe avvenire per un qualcosa di più articolato come un capitolo o un intero libro: ma cambierebbe solo la dimensione non la tecnica).

Individuiamo (fase 1) quindi tutti i concetti e riassumiamoli con parole nostre (fase 2). (Nota: ho messo insieme due fasi che sarebbero distinte ma che è comodo eseguire contemporaneamente).

A. All'amata e compianta memoria di colei che fu l'ispiratrice, e in parte l'autrice, di tutto il meglio della mia opera → Ispiritrice + autrice del meglio della sua opera.
B. – all'amica e moglie il cui altissimo senso della verità e della giustizia era il mio stimolo più grande, e la cui approvazione era la massima ricompensa → compiacere senso giustizia e verità della moglie era lo stimolo, l’approvazione la sua ricompensa.
C. dedico questo volume. Come tutto ciò che ho scritto per molti anni, appartiene a lei quanto a me → Questo saggio appartiene a lei quanto a lui.
D. ma il lavoro, così com'è, ha ricevuto in misura molto insufficiente l'inestimabile beneficio della sua revisione; → lei però non ha potuto aiutarlo fino in fondo (è morta prima).
E. alcune delle parti più importanti avrebbero dovuto essere sottoposte a un riesame più accurato, che ora non riceveranno mai più. → alcune parti importanti non ricontrollate da moglie.
F. Se solamente fossi capace di trasmettere al mondo la metà dei grandi pensieri e dei nobili sentimenti che sono sepolti con lei, sarei il tramite di benefici maggiori di quanti potranno mai derivare da qualunque cosa io scriva, privo dello stimolo e del conforto della sua impareggiabile saggezza. → SE Mill potesse scrivere ½ delle idee della moglie ALLORA avrebbe recato benefici maggiori all’umanità di quanto potrai mai fare da solo.

Abbiamo quindi sei passaggi.
Per ricordarli in ordine l’ideale è associarli a un percorso (fase 3). Ma tu potresti anche usare la tua casa, una ricetta o qualsiasi altra routine che ti è familiare e di cui non cambi mai l’ordine delle azioni.
Io userò il tragitto che compio per andare a fare la spesa.
Inoltre, come ricorderai, è utile usare immagini che stimolino tutti i nostri sensi e che magari ci diano delle emozioni. Principalmente però dovrai cercare di visualizzare queste idee.

I. Parto da casa e al mio cancello vedo un signore con la tuba in testa (Mill) che scribacchia qualcosa accanto a una donna elegante ma diafana e pallida (la moglie malata) che segue il suo lavoro attentamente indicandogli dei passaggi (coautrice) e che talvolta gli sussurra delle parole all’orecchio (ispiratrice). Mi accorgo che Mill sta scrivendo su una tavoletta d’oro: è infatti “il meglio” della sua opera. (l’immagine non ha bisogno di essere realistica: anzi se è fantastica e più probabile ricordarla facilmente).

II. Lungo il rio di XXX rimango bloccato dalle pecore che stanno tornando dal pascolo alle stalle. Di nuovo vedo la coppia di prima. Stavolta la donna sta parlando alle pecore che la guardano attente: la donna ha le braccia in aria e tiene in mano una bilancia (giustizia) e nell’altra una spada (verità). Il marito è in ginocchio a mani congiunte come a pregare e guarda alla moglie (cerca la sua approvazione). Quando finalmente la moglie lo guarda e annuisce solennemente: lui salta in piedi e saltella sul posto felice alzando le braccia al cielo.

III. Sono sulla strada principale e sulla sinistra c’è l’asilo: di nuovo vedo la coppia che però non accompagna a scuola un bambino ma tengono, ciascuno per un lato, un libro: è il saggio che appartiene a entrambi.

IV. Arrivo alla rotonda grande: c’è stato un incidente la moglie è ferita/morta in un veicolo incidentato mentre Mill è fuori che guarda stringendosi al petto il Saggio e piangendo.

V. Passo davanti all’autostrada: stavolta Mill è da solo, sempre affranto, e parla a una coppia di carabinieri del posto di blocco. È di spalle rispetto a me ma vedo chiaramente che mostra loro delle pagine scritte in stampatello con caratteri giganteschi con una calligrafia tutta storta e incerta: sono le parti che la moglie non ha potuto ricontrollare. Un carabiniere annuisce comprensivo mentre l’altro si gratta la testa cercando di trattenere le lacrime.

VI. Sono al supermercato: c’è l’offerta del 50%, all’interno trovo Mill che da solo ha riempito il carrello unicamente di confezioni di spaghetti. Capisco che avrebbe avuto bisogno della moglie per fare una spesa migliore.

Ovviamente questo viaggio è ordinato e sequenziale per me: tu devi usare qualcosa che ti è familiare. Per motivi di spazio mi sono concentrato sulle immagini visive ma tu dovresti cercare di usare anche gli altri sensi. Alcune immagini sono buffe, altre tristi, altre ancora assurde: va bene così: si ricordano meglio!

Riepilogando:
Cancello: coautrice + ispiratrice + meglio dell’opera di Mill
Pecore: Mill vorrebbe compiacere alto senso giustizia e libertà della moglie e la sua approvazione è la massima ricompensa.
Asilo: Il Saggio appartiene tanto a Mill quanto alla moglie.
Rotonda: Lei, morendo, non ha potuto aiutarlo fino in fondo.
Autostrada: molte parti importanti dell’opera non sono state controllate da lei.
Supermercato: Se Mill avesse potuto scrivere appena il 50% delle idee della moglie avrebbe recato all’umanità un beneficio molto maggiore di quanto potrà mai fare da solo.

Ho scritto tutti i punti precedenti senza minimamente ricontrollare quanto scritto prima ma sono assolutamente certo di aver ricordato tutti gli elementi salienti che volevo memorizzare.
Per te ovviamente non sarà così perché queste non erano immagini tue: devi ripetere il lavoro da sola. Inizialmente può non essere facile ma, via via che si prende pratica col metodo, bastano pochissimi dettagli: io ho cercato di dipingere dei quadri ma in realtà bastano pochi scarabocchi!

Ok, per adesso ho scritto abbastanza!
Io ho fatto la mia parte: ora prova anche tu a fare la tua e ripeti questo esercizio partendo da zero: scegliti i concetti che vuoi memorizzare (fase 1 e 2) e costruisciti la tua storia magari, invece che basandola su un viaggio, ambientando le varie scene nella tua casa (l’ordine potrebbe essere quello, partendo dall’ingresso, di spostarsi sempre nel primo ambiente a destra: quindi ingresso, cucina, sgabuzzino, terrazzo etc.). Io mi sono immaginato la coppia ma non c’è bisogno: le immagini possono anche essere più astratte. Puoi magari immaginarti anche solo il tomo del Saggio (che in realtà è un libriccino).
Insomma un po’ la teoria dovresti conoscerla: fammi sapere come te la cavi!

Sal.
KGB

mercoledì 21 aprile 2021

Aprilità varie

Oggi voglio scrivere un po’ a ruota libera…

Gli argomenti sarebbero molteplici e, probabilmente, di molti me ne dimenticherò…

Il primo è di filosofia politica: non ricordo dove, mi pare su YouTube, ho trovato il concetto che destra e sinistra tendono verso il centro soprattutto in quei paesi dove maggiore è l’intolleranza verso chi la pensa diversamente: dove se vince la sinistra è la fine del mondo e viceversa. Questo accade nei paesi dove c’è stato un reale conflitto sociale, cioè una guerra civile.
È chiaro che l’ideatore di questa teoria aveva in mente l’Italia e l’uscita dalla seconda guerra mondiale dove il conflitto sociale post Resistenza non si è mai pienamente ricomposto.
Non so: ho trovato l’idea interessante ma, istintivamente, non mi convince del tutto. Voi lettori cosa ne pensate?
La mia sensazione è che si tratti di un processo inevitabile quando si preferisca massimizzare i voti a discapito dell’ideologia.
Diciamo che io sia l’arcagete della destra: potrei decidere di spostare verso il centro il mio programma politico basandomi sull’idea che l’elettore di destra comunque continuerà a votarmi anche se il programma gli piace meno perché lo trova comunque meglio di quello di sinistra e, magari, riesco a strappare un elettore di centro alla sinistra. Il ragionamento è completamente simmetrico per l’arcagete della sinistra.
Ecco, semmai, a mio avviso diviene determinante la consistenza dell’elettorato di centro: se questa è alta allora il relativo “bottino” di voti farà gola a destra e sinistra che faranno a gara per strapparselo.
Se invece fosse poco consistente allora probabilmente è più sensato per destra e sinistra mantenere le proprie distinte ideologie in maniera da non rischiare di perdere nell’astensione gli elettori più estremizzati.
Magari, si potrebbe ipotizzare che l’elettorato di centro è più forte proprio là dove si è avuta una guerra civile: la massa di chi vuole una vita tranquilla al di là delle ideologie...
Comunque, per riprova, mi piacerebbe sapere qual è uno stato con due sole coalizioni di destra e sinistra che non tendano a sovrapporsi su posizioni intermedie.

“L’agnellino è buono anche dopo Pasqua” sarebbe stato il titolo del corto su quella che sembra essere la conclusione della Superlega. “Agnellino” è infatti il simpatico soprannome che ho da tempo attribuito ad Andrea Agnelli: ci faccio caso adesso ma qualcosa nell’espressione vacua del suo volto mi ricorda Speranza. L’Agnellino però ha potuto usufruire di un’istruzione di prim’ordine e alla fine il risultato mi pare accettabile. Se ben ricordo avevo ipotizzato che, in condizioni “normali”, prescindendo cioè dai suoi nobili natali, sarebbe potuto essere un buon garzone di panetteria, mentre invece è divenuto presidente della Juventus. A causa del suo ruolo i giornalisti italiani, che hanno introiettato nella loro ragion d’essere un’eccezionale piaggeria e servilismo verso i ricchi e potenti, lo hanno sempre dipinto come un genio ed erano soliti pendere dalle sue labbra come se ogni sua parola fosse una massima da scolpire nella pietra. Ancora adesso non si capacitano che il progetto del loro beniamino sia naufragato ancor prima di partire: se l’Agnellino dicesse loro che la Superlega è ancora viva e vegeta questi lo ripeterebbero ai propri telespettatori/lettori come fosse una verità assoluta, magari immaginandosi qualche fantomatico, quanto inesistente, asso nella manica o anche senza immaginarsi nulla ma per solo spirito di ubbidienza.
Invece l’istruzione è sì importante ma non è tutto: se l’Agnellino fosse stato il figlio di Filippo di Macedonia e se, come Alessandro, avesse avuto come precettore Aristotele comunque non sarebbe divenuto l’Agnellino Magno (l’Agnellone cioè) ma probabilmente sarebbe stata la Persia a “magnarsi” la Macedonia: la storia sarebbe stata completamente diversa e magari oggi in Italia parleremo una lingua neo-persiana…
Ci sarebbe poi da scrivere sull’atteggiamento dei tifosi (e degli allenatori) inglesi rispetto a quelli italiani ma preferisco cambiare argomento.

Sto continuando a leggere Hobbes: da noioso e diventato assurdamente noiosissimo.
Si è messo infatti a commentare la Bibbia e, oltretutto, neppure in maniera interessante. Da qualche capitolo Hobbes sta spalmando le sue definizioni sull’argomento e oggi si è scatenato su cosa sia un “miracolo”. Vi risparmio le sue arbitrarie elucubrazioni e passo direttamente all’osservazione interessante.
Sui miracoli, spiega Hobbes, bisogna essere scettici perché potrebbero essere trucchi ideati da persone in malafede: basta già un falso taumaturgo aiutato da un complice (che per esempio finge di venire guarito) che molte persone vi crederebbero subito. E se oltre al falso taumaturgo e il suo complice vi fossero anche molti falsi testimoni, pronti a giurare sul miracolo, allora vi crederebbero ancor più persone.
Tutto vero, banalmente vero direi…
Eppure in questo meccanismo vi ho visto l’essenza di un fenomeno moderno: la propaganda dei media.
Cosa cambia? Alla fine ogni media propone, su certe tematiche, una visione della realtà sostanzialmente falsata: ma se ogni media mostra lo stesso scenario come fa il telespettatore/lettore a capire di essere ingannato? Se mancano voci discordi l’utente medio crederà facilmente alla ricostruzione dei media visto che, dopotutto, sarà sempre più plausibile di un miracolo.

Marcuse fortunatamente sta divenendo invece più interessante: almeno il 4° capitolo lo è stato molto. Il 5° è di riepilogo e, l’ho capito oggi, ripercorre il rapporto fra felicità/libertà/società alla luce della teoria di Freud e di vari filosofi. Già con Aristotele ho avuto problemi perché si rifaceva a un concetto che non ho incontrato ma è stato con Hegel che ho perso il filo: almeno un paio di pagine sono incomprensibili. Nelle pagine seguenti ho visto nominato Nietzsche quindi spero di ricominciare a carburare.
Comunque qualcosa (mi pare!) ho capito. Provo a spiegarlo con le mie parole: l’uomo per realizzarsi ed essere felice/completo deve confrontarsi, nel senso anche di scontrarsi, con i suoi simili. Il confronto deve essere totale: ecco quindi che l’uomo deve essere libero di rischiare la propria vita per poter realizzare la propria essenza ed essere felice.
Ma forse è meglio se cito Marcuse: «La libertà implica il rischio della vita, non perché essa implichi la liberazione dalla servitù, ma perché il contenuto stesso della libertà umana è limitato dalla mutua “relazione negativa” con l’altro. E poiché questa relazione negativa incide sulla totalità della vita, la libertà può venire “provata” soltanto rischiando la vita stessa. Morte e angoscia – non come “paura dell’uno o dell’altro elemento, né dell’uno o dell’altro momento del tempo”, ma come paura per il proprio “essere integro” - sono i termini essenziali della libertà e della soddisfazione umana.» (*1)
Più chiaro? Beh, il resto del capitolo è ancora più criptico!

La variante indiana l’avete sentita nominare? Io sì, ieri, in un video di lunedì: Risk from India double mutation del Dr. Campbell.
In breve il Dr. Campbell è molto allarmato perché in India è stata trovata una nuova variante che si sta diffondendo a ritmi altissimi.
Per me però l’interesse del video è un altro: è la dimostrazione/conferma di una mia osservazione pubblicata in Immunità varie: l’immunologo intervistato spiegava che una buona ragione per cui tutti ci dovremmo vaccinare è quella di ridurre le possibilità (proporzionale al numero di infetti, asintomatici o no) che il virus muti in nuove varianti potenzialmente più pericolose. In una nota io affermavo però: «Sarebbe vero se tutte le persone della Terra si vaccinassero più o meno contemporaneamente: in Africa e in altre regioni povere il virus continuerà a proliferare ed evolvere indipendentemente dalle vaccinazioni fatte negli USA e in Europa.». CVD.

Conclusione: dovrei anche scrivere della mia lavatrice ma non ho più voglia…

Nota (*1): tratto da “Eros e civiltà” di Herbert Marcuse, (E.) Einaudi, 1968, trad. Lorenzo Bassi, pag. 146.

martedì 20 aprile 2021

Superlega e media

La notizia sportiva del giorno è la nascita della “Superlega” una competizione dove alcune squadre parteciperebbero di diritto e non per meriti acquisiti sul campo.
In altre parole si tratterebbe di una competizione che darebbe grandi vantaggi economici (nuovi profitti cospicui e garantiti) solo a specifiche squadre con l’ovvio risultato di falsare i rispettivi campionati.

Per quel che mi riguarda alla base delle competizioni sportive dovrebbe esserci la garanzia che tutte le squadre partano allo stesso livello per quanto possibile (per esempio sarei a favore della divisione in parti uguali dei diritti sportivi televisivi). Di gara truccata la vita basta e avanza: per lo meno nello svago vorrei qualcosa di più equo.

La mia posizione magari sarà discutibile ma sono sicuro che comunque sia condivisa da molte persone: mi aspetterei quindi che sui media si apra un dibattito al riguardo dove si confrontino i pro e contro delle varie posizioni.

Ma oggi su un sito di informazione sportiva locale ho trovato questo articolo: Superlega, prime pagine di fuoco all’estero: “Atto criminale contro i tifosi” da ViolaNews.org

Mi ha colpito il tono della stampa estera, molto vicino alla mia stessa indignazione e, per questo, ho voluto controllare la stampa italiana. Ebbene, effettivamente, i toni sono molto più pacati e neutri: di sicuro manca l’esecrazione presente all’estero.

Personalmente lo trovo illuminante. La mia teoria la conoscete: la morale sta degenerando. L’uomo non ne è più il suo centro ma è il denaro che lo sta divenendo. Il bene non è più rappresentato da quei principi e ideali che elevano l’uomo ma dalla logica del profitto. È bene ciò che fa guadagnare: "se alle persone non sono d'accordo allora devono adeguarsi perché così va e deve andare il mondo (e non si può fare altrimenti)". Questa è la morale dominante nella politica e nella società.
Di solito lo sport è un argomento di distrazione che esula da queste logiche, dove quindi i giornalisti hanno ancora il permesso di esprimere liberamente le proprie opinioni. Evidentemente però questa mentalità che vede il profitto come misura del bene si è talmente radicata nella cultura italiana (grazie al continuo martellamento dei media degli ultimi decenni) che anche i giornalisti sportivi l’hanno introiettata nella loro forma mentale, cioè nella logica del loro pensare.

Per i giornalisti italiani (sicuramente qua e là ci saranno delle eccezioni), o almeno per i media, è giusto, moralmente corretto cioè, che le squadre più importanti escogitino qualsiasi trovata per guadagnare più denaro. Anche la reazione di FIFA e UEFA è vista in quest’ottica: non vogliono perdere profitto e quindi si oppongono al progetto come possono. Sfugge completamente la dimensione etica della vicenda.

Se la problematica fosse solo italiana scommetterei che la politica, nella veste del burocrate Draghi, a parole si manterrebbe neutrale ("è il mercato, cioè i tifosi, che deciderà") ma dietro le quinte strizzerebbe l’occhio alle squadre ribelli favorendole in qualche modo ed evitandogli possibili paletti burocratici.
Però la questione è europea e quindi il burocrate Draghi aspetterà, prima di schierarsi, di vedere come reagisce la politica in Francia e Germania e solo poi si accoderà ubbidiente alla strategia politica stabilita dai suoi padroni. Può darsi quindi che se all’estero la pressione pubblica contro questa iniziativa diventasse predominante, grazie a dei media sportivi più liberi che non cercano di orientare i propri lettori in una specifica direzione, allora anche l’Italia si adeguerà.

“Ma che c’entra la libertà con i media: i grandi media raccontano solo i fatti in maniera oggettiva! È nel loro interesse dire il vero altrimenti perderebbero credibilità e lettori!” pensa sicuramente l’anticomplottista italiano furbo che non si fa fregare dalle bufale “perché lui legge Repubblica o il Corriere della Sera”…
Ma a chi appartengono i grandi media in Italia?
Mediaset a Berlusconi, così come il Milan.
Il Corriere della Sera è in orbita FIAT così come la Juventus, o mi sbaglio?
E Sky? Ancora non ho guardato il suo telegiornale ma visto che ha perso i diritti per il campionato di calcio avrebbe senso che cercasse di puntare su un’alternativa: la logica del profitto, che diventa la morale al di là di qualsiasi meritocrazia sportiva, suppongo che renderà i suoi giornalisti molto possibilisti e interessati a questa idea, magari perfino entusiasti…
Sono molto curioso al riguardo!

Aggiornamento 20/4/2021: Ieri (19/4) ho seguito solo l’edizione del mattino di SkySportTG. La notizia aveva risalto nei titoli ma poi non veniva quasi mai affrontata: informazioni date in maniera piuttosto neutra. Secondo me erano ancora in attesa di ordini su quale linea editoriale seguire.
Per la gran parte del tempo sono così stato sintonizzato su Radio Sportiva: qui l’atmosfera era completamente diversa con vari ospiti che sputavano fuoco e fiamme sulla Superlega…
Un giornalista ha anche fatto notare che Sky ha investito molto nei diritti per la Champion’s e non sarebbe stata contenta se questa avesse perso valore. È un’osservazione giusta: sicuramente all’epoca la Superlega era solo una remota ipotesi: credo però che Sky non abbia comprato i diritti del campionato perché aveva avuto sentore di cosa stava per accadere.
A sera ho riseguito di nuovo Sky24 e stavolta c’era, come opinionisti e informati sui fatti, il direttore e l’inviato per la Juventus. All’inviato è scappato detto che non è che sapesse ma aveva avuto almeno dei forti sentori: questo mi fa pensare che se il giornalista sapeva qualcosa allora, a maggior ragione, i vertici di Sky ne fossero informati ancora meglio.
Stamani o ieri sera, non so, anche Draghi, evidentemente istruito sulla linea da prendere, si è schierato debolmente contro la Superlega: probabilmente sente infatti anche la pressione del gruppo FIAT. Quindi non particolarmente duro ma un po’ accomodante. Ho notato che l’interpretazione delle sue parole varia molto in base a chi le riporta.
Stamani ho riascoltato brevemente SkyTG: toni molto pacati, hanno spiegato la logica economica dell’operazione che, come ho scritto, diviene anche morale. Non ho sentito invece nessun accenno alle controindicazioni per la Serie A e tutte le altre squadre. Rimango dell’idea che Sky fosse informata e probabilmente interessata all’acquisto dei diritti della nuova Superlega a scapito del campionato (che diventerebbe un “pacco” per DAZN).
Mi ha colpito un giornalista (SKY ovviamente) che, riferendosi alla Superlega, ha usato un condizionale, un “dovrebbe avere”, per poi immediatamente correggersi con un futuro, “avrà”.
L’ho interpretato come un’indicazione della linea editoriale: dare la Superlega per cosa certa e fatta in maniera che i telespettatori si abituino all’idea e, anzi, la pensino come inevitabile. Propaganda 101.
Ma ovviamente è solo una mia sensazione...
Ah, mi hanno fatto notare che il Corriere della Sera non è più del gruppo FIAT ma di Urbano Cairo: chiedo venia!

Conclusione: volevo scrivere un corto ma sono andato “lungo”. Voglio comunque pubblicare oggi questo articolo perché la vicenda è calda. Domani aggiornerò la data (grazie Blogger.com per non permettermi più di pubblicare con data futura...).

lunedì 19 aprile 2021

Иван Васильевич меняет профессию

Non ho idea di cosa significhi il titolo di questo pezzo: è il nome di una pellicola consigliatami dal mio amico matematico russo Oleg che, apparentemente, è anche un appassionato di film.
A dire il vero ho iniziato io facendogli vedere “Il secondo tragico Fantozzi” a causa della famosa scena della “Corrazzata Potëmkin” (che ho poi scoperto essere un falso girato appositamente per il film di Villaggio) e per questo mi sono sentito in dovere di ricambiare guardando la pellicola da lui suggeritami.

Ho deciso di farmi tradurre il titolo da Google perché sono curioso: … ah… “Ivan Vasilievich cambia professione”… beh, ha senso anche se mi aspettavo qualcosa di più accattivante…

Non so da dove iniziare a commentare: sono ancora traumatizzato…
Vabbè, parto dalla trama.

Un professore un po’ matto sposato a un’attrice cerca di costruire nel proprio appartamento una macchina del tempo. Durante una prova qualcosa va storto e un’esplosione/scarica elettrica stordisce lo scienziato.
La pellicola che prima era in bianco e nero diventa a colori.
La scena si sposta su un set cinematografico: la moglie dello scienziato (l’attrice) si invaghisce del regista.
La scena ritorna al condominio dello scienziato: qui un nuovo personaggio, un ladro, si introduce nell’appartamento accanto che procede a svaligiare.
La moglie/attrice torna dal marito scienziato e gli dice che lo lascia per il regista: lo scienziato ci rimane un po’ male ma la congeda senza fare scenate e, anzi, si rigetta a capofitto nel lavoro mentre lei, fatta la valigia, se ne va.
Più o meno contemporaneamente un altro nuovo personaggio, l’Ivan Vasilievich del titolo, una specie di capo-condominio, è a protestare con lo scienziato nel suo appartamento: l’ultimo esperimento infatti aveva fatto saltare la corrente elettrica nell’intero condominio.
Lo scienziato però non l’ascolta e, a sua volta, gli spiega di aver inventato una macchina del tempo: fa un primo collaudo che dissolve temporaneamente il muro con la casa del vicino. Il ladro stupito entra nella camera dello scienziato.
Viene fatto un secondo tentativo e questa volta si apre un portale per la Mosca (o è San Pietroburgo?) del XVI: un salone con lo zar Ivan il Terribile e il suo segretario.
E qui c’è il primo passaggio importante: apparentemente il nome completo dello zar Ivan era Ivan Vasilievich ovvero lo stesso del capo-condomino: i due non hanno solo lo stesso nome ma anche un aspetto vagamente simile caratterizzato da una barbetta caprina sul mento.
Nella confusione lo zar passa nel futuro mentre il ladro e il capo-condominio vanno nel passato: contemporaneamente una guardia rompe la macchina del tempo con un colpo di lancia.
Il ladro e il capo-condominio vengono inseguiti in lungo e in largo per tutta la reggia dalle guardie dello zar: finalmente il ladro, molto sveglio, ha l’ispirazione di far travestire il capo-condominio (un po’ tonto) da zar. Nonostante la somiglianza non perfetta tutti i membri della corte cascano nell’inganno.
Il vero zar fa amicizia con lo scienziato: i due mangiano e bevono insieme. Lo zar vorrebbe tornare indietro nel tempo ma lo scienziato deve prima aggiustare la macchina del tempo per la quale servono dei nuovi transistor. Lo zar rimane quindi solo in casa dove fa la conoscenza di alcune invenzioni moderne: una lampada elettrica, un registratore, un ascensore e il bagno da dove, non capisco perché, fugge via impaurito dopo aver usato lo sciacquone.
La moglie/attrice rientra in casa: si è infatti già lasciata col regista che l’ha sostituita con un’altra attrice. Lo zar si è nascosto dietro una tenda. La donna inizia a disfare la propria valigia ma si accorge di averla scambiata per sbaglio con quella del regista il quale a sua volta, accortosi dello scambio, la raggiunge nell’appartamento dello scienziato per riprendersi la propria.
A questo punto lo zar, a cui lo scienziato aveva raccontato che la moglie l’aveva abbandonato, esce fuori dal suo nascondiglio irritato per la licenziosità del regista (non con la moglie dello scienziato in quanto da esso già perdonata). Il regista crede inizialmente che lo zar sia un attore poi (penso!) si convince che sia veramente lo zar il quale, alla fine, convince i due a fuggire insieme perché fatti l’uno per l’altra. Il regista si rimette quindi insieme con la moglie/attrice e lascia l’altra attrice con cui si era messo e che l’aveva accompagnato in macchina (era intenta a telefonare alle sue amiche per vantarsi della propria conquista).
Intanto nel passato il finto zar e l’astuto ladro hanno qualche avventura fra cui spicca l’incontro con l’ambasciatore svedese. L’esercito viene poi mandato a sud contro un qualche nemico. Infine viene preparato un grande banchetto pieno di ricchi piatti: fra questi spiccano una bel vassoio di caviale nero, uno di caviale rosso, e una schifezzina detta “caviale estero”…
Tutto bene fino a quando il falso zar non si ubriaca: arriva la zarina col suo seguito di accompagnatrici: il falso zar ne è ammaliato e la corteggia: c’è un balletto e delle canzoni.
Alla fine qualcuno si accorge che il falso zar è, appunto, un impostore.
Nel presente intanto appaiono due nuovi personaggi: la moglie del capo-condominio che confonde lo zar per il proprio marito e il vicino derubato dal ladro. La moglie del capo-condominio crede che il marito (che la chiama “vecchia strega”) sia impazzito così chiama il pronto soccorso mentre il vicino derubato telefona alla polizia.
La polizia arresta lo zar credendo che sia il ladro mentre la moglie vuole farlo ricoverare perché impazzito.
Le cose nel passato si mettono male: anche l’esercito che era in marcia verso sud capisce che lo zar è un impostore (?) e torna indietro verso il palazzo reale.
Fortunatamente, proprio quando le cose stavano per mettersi al peggio, lo scienziato riattiva la macchina del tempo e il capo-condominio/falso zar con il ladro possono tornare nel presente.
Il capo-condominio viene quindi immediatamente arrestato dalla polizia mentre il ladro fugge via travestito da infermiere.
I due Ivan Vasilievich vengono messi a confronto ma alla fine si decide di ricoverarli in manicomio entrambi: con un colpo di scena anche la moglie del capo-condominio svela la propria pazzia togliendosi la parrucca e facendosi ricoverare a sua volta.
Il vero zar però, nel parapiglia che si scatena quando la polizia capisce che fra gli infermieri si nasconde il ladro, riesce a fuggire e torna nell’appartamento dello scienziato. La macchina del tempo viene riattivata e lo zar torna nel proprio tempo mentre lo scienziato viene tramortito da un colpo in testa.
Quando si risveglia la pellicola è tornata a essere in bianco e nero: apparentemente è stato tutto un sogno. La moglie non l’ha mai lasciato mentre il capo-condominio e sua moglie sono insieme e si lamentano con lo scienziato.
Il gatto, un gatto nero vero e proprio leggermente maltrattato all’inizio del film (!), saluta il pubblico miagolando un “ciao” in italiano.

Questa è la trama. Sicuramente niente di eccezionale e con più di qualche buco. Appare anche evidente che alcune scene sono state tagliate col risultato che i personaggi compaiono all’improvviso e non sempre è chiaro come e perché.
La trama mi è sembrata scritta frettolosamente e del resto anche il film deve essere stato girato in breve tempo: ipotizzo che la moglie/attrice fosse una cantante famosa dato che in una scena iniziale canta a lungo. Soprattutto la sua storia col regista è quasi completamente avulsa dalla trama principale e introdotta molto forzatamente nella storia. Sì, ho la netta sensazione è che si sia modificato a posteriori la sceneggiatura per aggiungervi anche questa attrice, suppongo con l'idea che attirasse spettatori al cinema.
Gli attori più bravi e divertenti sono il vero zar, il falso zar e il regista; bravo ma non divertente il ladro. Gli altri attori sono delle macchiette anonime.
Nel complesso ho avuto per tutto il tempo la sensazione di “già visto”: non che la trama sia copiata ma i suoi singoli elementi sono visti e rivisti.
Non mancano delle scenette che mi hanno fatto ridere: la migliore è probabilmente quella dove il regista pensa che il vero zar sia un attore, oppure il vero zar che dopo essersi segnato riesce a uscire dall’ascensore e dice guardando la telecamera “questo è il potere della croce!”, oppure i cavalli che mentre l’esercito si avvia cantando verso il fronte sembrano a loro volta cantare invece che nitrire, o il ladro che al telefono fa la voce da donna (in realtà è proprio una donna che evidentemente parla al suo posto ma l’idea è molto divertente), i vari caviali di cui ho già scritto e sicuramente qualche altra scena che al momento mi sfugge.
Nel complesso però l’ho trovato più noioso che divertente.
Interessanti alcuni elementi della società russa di inizio anni ‘70 (il film è del 1973; ma per qualche motivo, forse per i colori e le parti cantate, mi sembrava degli anni ‘60) che emergono qua e là. Per esempio la casa dello scienziato, che dovrebbe essere più ricca della media, appare molto spoglia e povera. Ugualmente in alcune brevi scene dove lo scienziato è alla ricerca dei famosi transistor si intravedono dei negozi piuttosto spogli con le vetrine semi vuote. Alla fine lo scienziato compra i transistor da uno “spacciatore” che li tiene nascosti nel cappotto e che li cela appena una guardia si avvicina: si capisce che la battuta consiste nel fatto che venda transistor ma, ovviamente, si ironizza sulla realtà dove evidentemente si vendevano così beni di prima necessità. Oppure quando, alla fine del film, la moglie/attrice torna a casa dopo aver fatto la “spesa”: una pagnotta non incartata, una scatoletta, un litro di latte e un altro prodotto che non ricordo.
Comunque, in generale, tutta la scenografia era piuttosto povera probabilmente a causa del basso budget della pellicola.

Chi si è incuriosito può vedere il film su YouTube: Иван Васильевич меняет профессию (комедия, реж. Леонид Гайдай, 1973 г.) con sottotitoli in inglese.

Conclusione: Ma… secondo me “Il secondo tragico Fantozzi” è più divertente! Sono curioso però di scoprire come sia considerato “Ivan Vasilievich cambia professione” in Russia: cioè un classico oppure una pellicola normale e ormai completamente superata?

domenica 18 aprile 2021

La speranza è l'ultima a dimettersi

Non ho fatto in tempo a spiegare quale sia la funzione di Speranza nel governo (v. il corto L’utile Speranza) che pochi giorni dopo, probabilmente una conseguenze delle proteste di piazza, tutti hanno iniziato a sparargli (politicamente) contro!

Probabilmente la ragione per cui Draghi ancora non l’ha sostituito è che non è facile trovare un rimpiazzo ed è comunque meglio sfruttare Speranza fino in fondo, cioè fino a quando non sia completamente bruciato: più colpe gli vengono addossate prima di disfarsene e meglio sarà per il suo successore.

Il problema è che pochi vorranno il suo posto: magari Draghi pescherà ancora fra i generali? Mi sembra che nell’ambiente non manchino i “geni” vogliosi di apparire in tivvù e rilasciare dichiarazioni a tutto spiano. O magari si opterà per una figura politica di peso più che di acume come la Bellanova? Ho la sensazione che Renzi non butti via niente, specialmente di poltrone…

Prosciuttini! - 18/4/2021
Ho messo la fototrappola in una posizione più interessante:

Qualche ora dopo... - 18/4/2021
Anni fa comunque i caprioli erano molto più numerosi…

Trovato! - 22/4/2021
Oggi ho catalogato lo scaffale TV-A4: l’idea è quella di spostare i “Romanzi” in TV-D4 e fare così posto per quelli di “Narrativa” che ho ancora sul pavimento di camera…
Poi, come al solito, dal dire al fare c’è di mezzo il mare: in questo scaffale ho infatti trovato molti dizionari/manuali che hanno quindi preso il posto dei libri sul pavimento.
Inoltre lo scaffale era particolarmente pieno e quindi, nonostante i libri trasferiti in TV-D3 e D4, non ho recuperato molto spazio…

Comunque ho trovato uno dei due libri che cercavo da tempo e che mi hanno spinto a impegnarmi in quest’opera di catalogazione: “Il Principe” di Machiavelli (l’altro è “Avere o essere” di Fromm).
Ne dovrei avere almeno tre copie e forse più ma, ovviamente, non riuscivo a trovarne neppure una: sono sicuro che vi troverò delle buone epigrafi per la mia Epitome!

La lista dei libri è la seguente (molti li ho già catalogati nella nuova posizione):
TitoloAutoreGenereStanzaPosizione
Codice civileVariLeggeTVA4
Mille soliDominique LapierreRomanzoTVD4
Calendario Atlante De Agostini 2004VariGeografiaTVA4
Paradiso perdutoJohn MiltonPoesiaKGBC1
Le affinità elettiveGoetheNarrativaTVA4
Fedeli al vinileAlessandro CasaliniRomanzoTVD4
Tutti i romanziAistenRomanzoTVD4
I capolavoriHenrik IbsenTeatroTVA4
La scimmia nudaDesmond MorrisAntropologiaKGBB3
Cinque settimane in palloneJules VerneRagazziTVA4
Camera con vista + Casa Howard + MonterianoForsterNarrativaTVA4
Fiabe toscaneCarlo LapucciFiabeTVA4
I promessi sposiAlessandro ManzoniScuolaTVD3
I grandi romanziKiplingRaccoltaTVA4
Tutti i romanziAustenRaccoltaTVA4
Le commedieShakespeareRaccoltaTVA4
Dizionario grammaticalePiero ForestaleScuolaTVD3
Pietre dure e pietre PrezioseCesare ConciManualeTVA4
Una vena d’odioWilbur SmithRomanzoTVD4
Le mille e una notte Vol. 1VariFiabeTVA4
Le mille e una notte Vol. 2VariFiabeTVA4
FavoleJean de la FontaneFiabeTVA4
Resti umaniReichsRomanzoTVD4
Il canto dell’elefanteWilbur SmithRomanzoTVD4
Il silenzio del mareVercorsRomanzoTVD4
SaraRestif de la BretonneStoriaKGBA4
L’albero dei giannizzeriJason GoodwinRomanzoTVD4
Il gemello di DioMassimo PicassoReligioneTVA4
Il buon americanoLederer, BurdickNarrativaTVA4
La frase giusta per ogni circostanzaMaria Cristina GiongoManualeTVA4
Dizionario degli errori e dei dubbi della lingua italianaBarbara ColonnaManualeTVA4
Porci con le aliRadice, RaveraNarrativaTVA4
Presagio tristeBanana YoshimotoRomanzoTVA4
La piccola ombraBanana YoshimotoRomanzoTVA4
Un giorno al colosseoFik MeijerStoriaKGBA4
Tutte le avventure di SandokanSalgariRaccoltaTVA4
Tutte le avventure dei corsariSalgariRaccoltaTVA4
I grandi romanziDickensRaccoltaTVA4
MonsoneWilbur SmithRomanzoTVA4
Uccelli da predaWilbur SmithRomanzoTVA4
Il conte di MontecristoDumasRaccoltaTVA4
Le grandi tragedieShakespeareRaccoltaTVA4
Dell’amore e di altri demoniGabriel Garcia MárquezNarrativaTVA4
Presunto innocenteScott TurowRomanzoTVD4
Dizionario di economiaFrederic TeulonManualeTVA4
Dizionario di informaticaLuciana ZouManualeTVA4
Animali e caccia nei proverbiCarlo LapucciMassimeTVA4
Il PrincipeNiccolò MachiavelliPoliticaTVA4
Le avventure di Oliver TwistCharles DickensNarrativaTVA4
Dizionario degli attoriPino FarinottiManualeTVA4


Oltre un anno dopo - 26/4/2021
Il 5 aprile dello scorso anno feci una riflessione molto avanti sui tempi e che, solo negli ultimi mesi, sta divenendo di pressante attualità: quale deve essere il confine fra salute e libertà?
Oltre un anno fa scrissi: Libertà e salute.

In estate poi, riprendendo lo stesso concetto, devo aver accennato esplicitamente alla Resistenza celebrata ieri…

Finalmente anche intellettuali illustri iniziano a notare il paradosso. Di seguito cito Diego Fusaro ma ho ritrovato lo stesso concetto anche riproposto altrove:
«"La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva".
(Sergio Mattarella, 25 aprile 2019).
Parole sacrosante. In nome delle quali occorre opporsi anche al regime terapeutico.»
(dalla pagina FB di Diego Fusaro)

Conclusione: notare l’omaggio a questo mio ghiribizzo di Fusaro che NON casualmente ha scritto: “Parole sacrosante”…
Scherzo! ;-)

Immunità varie

È da un po’ che non seguo più il canale del Dr Seheult su Youtube: un po’ anche perché postando sempre più raramente non dà più quella copertura continua sulle novità del virus.
Recentemente ho notato che ci sono video tematici e in particolare ne ho seguito uno molto interessante: COVID Variants vs. Coronavirus Vaccines (AstraZeneca, Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson) + Immunity.

Si tratta dell’intervista a un immunologo statunitense, Shane Crotty (che, a mio parere, vale quanto una dozzina di Burioni), sui vari vaccini (anche se manca all’appello lo Sputnik russo) e su altri aspetti relativi all’immunità prevista. In particolare ho trovato molto istruttivo la differenza fra immunità naturale (cioè acquisita tramite una precedente infezione da covid-19) e quella data dai vaccini. Inoltre risponde a una questione che, da non esperto, mi ero posto da tempo…

Ma andiamo con ordine:
- Chi ha avuto il covid-19 è immune (mediamente) per almeno 6 mesi.
- La capacità del sistema immunitario di ricordare il covid-19 è buona (il sistema immunitario non ricorda ugualmente bene tutti i virus). Studi in vitro ma anche su popolazione. Si parla di una protezione di circa l’85% che cala con l’aumentare dell’età.
- I sistemi immunitari di due persone possono anche essere molto diversi fra loro (capacità di difesa che divergono anche di due ordini di grandezza) e questo rende gli studi basati sulle medie potenzialmente fuorvianti.
- Comunque tutte queste analisi sono ancora in divenire: non è ancora chiaro per esempio quali siano i meccanismi del sistema immunitario realmente necessari per proteggere dal covid-19 e quindi non sappiamo come stimare esattamente le capacità protettive di sistemi immunitari diversi. Mancano dati.
- Comunque il numero di persone che alla seconda infezione da covid-19 finiscono in ospedale è così basso da non essere statisticamente significativo. La maggior parte dei reinfettati sono asintomatici ma una minoranza può comunque avere sintomi seri e debilitanti. Chiaramente la persona infetta per la seconda volta può trasmettere il virus ad altri (ma non ci sono studi che hanno misurato quanto sia probabile).
- L’immunità teorica dei vaccini è generalmente più alta di quella fornita da una precedente infezione da covid-19. In generale dipende dal virus: per esempio l’immunità naturale al papilloma virus è bassissima mentre quella dei vaccinati quasi assoluta.
- L’immunità data dai vaccini è più uniforme di quella naturale: probabilmente perché la dose di vaccino è uguale per tutti.
- [KGB] in un altro video era spiegato che la memoria del sistema immunitario è proporzionale alla gravità dell’infezione: più l’infezione è stata grave e migliore la memoria. È quindi plausibile che le persone che hanno avuto solo un’infezione leggera da covid-19 abbiano anche una memoria immunitaria più debole (e viceversa ovviamente!).
- In teoria sarebbe sensato vaccinare prima che non ha mai avuto il covid-19. In pratica è difficile stabilire chi lo ha già avuto.
- Curiosità: chi ha già avuto il covid-19 e viene vaccinato ha una risposta immunitaria eccezionale (circa 50 volte più alta della media e con anticorpi che funzionano bene anche contro le varianti).
- I vaccini sono meno efficaci contro la variante sudafricana (*1): nel senso che comunque proteggono ma non abbastanza da evitare i sintomi.
- Per la maggior parte delle varianti non ci sono problemi: i vaccini funzionano bene come per il virus originale.
- Il vaccino AstraZeneca non sembra efficace contro la variante sudafricana anche se, forse, evita che gli infetti necessitino di ospedalizzazione. Si pensa che gli altri vaccini siano più efficaci verso la variante sudafricana ma non ci sono dati concreti al riguardo. Per questo motivo anche chi è stato vaccinato per prudenza è meglio che mantenga gli accorgimenti di sicurezza.
- Il vaccino Johnson & Johnson protegge anche dalla variante sudafricana ma perdendo un po’ di efficacia (67% contro 75% per SARS-COV-2 base). Non si sa però se ne blocca anche la diffusione.
- Osservazione interessante: il numero di nuove varianti è proporzionale al numero di infetti (*2). L’immunologo usa questa premessa per consigliare l’uso dei vaccini anche alle persone non a rischio in maniera tale da limitare la nascita di nuove varianti (*3).
- Interessante: molto schematicamente possiamo semplificare l’infezione da Sars-Cov-2 in due fasi: nella prima colpisce il naso e inizia a riprodursi molto velocemente infettando altre persone quando ancora si è asintomatici; nella seconda il virus arriva ai polmoni e la malattia può divenire sintomatica e quindi grave. Se si hanno molti anticorpi si può bloccare il virus alla fase 1 evitando quindi anche il diffondersi della malattia; se si hanno invece solo cellule T (magari per una precedente vecchia infezione) la reazione non è così immediata e quindi si evita la fase 2 (o comunque evitando che diventi grave) ma non la 1.
- Anche l’immunità naturale (ottenuta cioè mediante una precedente infezione da SARS-COV-2) non sembra proteggere dalla variante sudafricana.
- In futuro il SARS-COV-2 potrebbe divenire come l’influenza (che appartiene a una famiglia di virus completamente diversa), nel senso di mutare di anno in anno? Nell’ipotesi che tutti o quasi fossero vaccinati no (v. anche *3) ma sull’argomento fra i virologi ci sono opinioni anche molto discordanti. C’è chi pensa che ci saranno nuove varianti ogni anno o due e chi, come lo stesso professor Crotty, crede che le possibili mutazioni del virus siano relativamente poche e che quindi, magari avrà un altro “asso nella manica”, ma che poi rimarrà sotto controllo.

Conclusione: non ho molto da aggiungere: ho semplicemente riportato quanto spiegato nel video con l’aggiunta di qualche mio commento. Semmai direi che sarà da tenere d’occhio la situazione in Israele, dove gran parte della popolazione è già stata vaccinata, e vedere cosa succede là: in particolare se emergeranno varianti resistenti ai vaccini. C’è da dire che Israele è un paese molto chiuso rispetto all’Europa e quindi non è forse l’ideale per questo tipo di valutazioni.

Nota (*1): una mia ipotesi è che la variante sudafricana sia nata proprio in Sud Africa a causa dell’alto numero di malati di AIDS. È risaputo infatti che in chi ha un sistema immunitario fortemente indebolito il virus può sopravvivere a lungo senza venire eliminato del tutto e, anzi, continuando a evolvere. Qualcosa di analogo era stato ipotizzato per la variante inglese causata dalle terapie (attenzione non sono sicuro di ricordare bene la terapia!) basate sulla somministrazione di plasma.
Il punto è che la pressione evolutiva è un fenomeno reale e non una paura astratta e puramente ipotetica.
Nota (*2): considerazione che, in realtà, feci autonomamente un anno fa quando ipotizzai che se il virus aveva già così tante varianti (era l’epoca in cui seguivo il sito NextStrain.org) con un numero di contagiati dell’ordine delle centinaia di migliaia allora, se questi fossero divenuti decine di milioni, le varianti sarebbero aumentate di cento volte.
Nota (*3): Sarebbe vero se tutte le persone della Terra si vaccinassero più o meno contemporaneamente: in Africa e in altre regioni povere il virus continuerà a proliferare ed evolvere indipendentemente dalle vaccinazioni fatte negli USA e in Europa.