«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

venerdì 31 ottobre 2014

Tragedia nella tragedia

Nei tragici (!) giorni in cui sono rimasto senza telefono (e connessione!) il calcolatore ha perso molta attrattiva col risultato che mi sono dedicato maggiormente ad altre attività.
Fra le tante cose che ho fatto mi sono divertito a scrivere il primo atto, diviso su quattro scene, di una tragedia!
Probabilmente lo stimolo mi è stato dato dalla lettura di Nascita della tragedia di Nietzsche ma il mio obiettivo era modestamente ludico e non artistico. Anche la lunghezza del primo atto e delle varie scene è ridicolmente breve ma, come spiegato, non me ne sono curato...
Si è trattato insomma di un esperimento nel quale mi sono divertito moltissimo a scrivere dialoghi (che mi riescono bene!) in uno stile a metà fra la prosa e il lirico. Ma il divertimento è stato anche nell'esercizio intellettuale di ridurre le vicende di un mio vecchio racconto, Il giaguaro ghignante (1/3) e successivi, ai miti equivalenti che ne stavano alla base. Considerando poi che tale racconto si basa a sua volta su un sogno si ha allora una buffa filiera della creatività!

Nello specifico ho trasportato l'intera storia nell'antica Grecia; poi ne ho identificato i vari elementi convertendoli a uno a uno: ad esempio la fuga del protagonista all'ultimo piano di una casa e poi sul tetto di essa si è trasformato nell'ascesa di una montagna fino alla sua vetta...

A breve pensavo di pubblicare (magari proprio alle date dello scorso WE) su più pezzi quanto ho scritto: in totale quattro pezzi di lunghezza media (forse il primo un po' più lungo degli altri). Ancora non lo faccio perché ogni volta che rileggo quanto scritto trovo sempre molte cose da cambiare...

Ah! anche per i nomi dei personaggi mi sono divertito molto però non aggiungo altro!

giovedì 30 ottobre 2014

I novelli pretoriani

La storia si ripete o, meglio, si ripetono delle analogie che vanno sapute cogliere e inquadrare correttamente.
L'uomo di adesso e quello di duemila anni fa sono biologicamente uguali: metteteli nella stessa situazione e si comporteranno in maniera simile. E se gli uomini sono uguali allora anche come interagiscono fra loro e in specifiche situazioni non può cambiare troppo: ecco che abbiamo le analogie storiche.

Negli scorsi mesi ero molto stupito per il comportamento di Renzi: in particolare mi aveva colpito come si fosse messo contro le forze dell'ordine quasi sfottendole.
Mi sembrava paradossale che si prendesse gioco della principale protezione fra il suo metaforico culo e una metaforica pedata.

Nell'antichità infatti, gli imperatori per consolidare il proprio potere e mettersi al riparo da sommosse popolari crearono i pretoriani: un corpo militare alle dirette dipendenze dell'imperatore e che aveva il privilegio di risiedere a Roma. Durante la repubblica infatti si era pensato bene di vietare alle legioni di avvicinarsi alla capitale: si era consci infatti che il comandante di tale forza avrebbe potuto rovesciare l'ordine “democratico” del tempo.
Col tempo l'influenza dei pretoriani crebbe sempre di più e gli imperatori dovettero pagarsi a prezzo sempre più caro, con regalie e privilegi vari, la loro fedeltà. Addirittura in certi periodi i pretoriani misero in vendita la carica di imperatore al miglior offerente...
In seguito ci fu un'ulteriore evoluzione e l'imperatore venne proclamato dalle potenti legioni di stanza sul Reno: soldati addestrati alla guerra e non alle mollezze della capitale. L'unico problema era che il Reno non era Roma; finché il comandante delle legioni non scendeva in forze in Italia era chiamato ribelle e solo quando, scortato dai suoi soldati, entrava in Senato veniva acclamato imperatore!

Di tutta questa superficiale digressione storica la parte importante è che il potere, perfino nelle cosiddette democrazie moderne, per mantenere l'ordine e il consenso si regge anche sulla forza bruta rappresentata dalle varie polizie. Era quindi paradossale che un primo ministro, che col suo operato si appresta a far divampare il malcontento, snobbasse la polizia forse credendo di potersi affidare soltanto alla sua grande specialità: gli ammiccamenti, le battute e le vaghe dichiarazioni sui media al suo servizio.

Qualcuno più saggio di Renzi devi avergli fatto notare il pericolo: se i soldi per tutti non ci sono tieniti buoni almeno i poliziotti (*1)!

E così è stato: gli unici dipendenti pubblici ai quali è stato rinnovato lo stipendio sono state le forze dell'ordine! Dividi e impera ma non solo...
Ovviamente non si tratta di un caso: semplicemente il governo si prepara a riporre la carota e a usare il bastone; per questo si premunisce contro il prevedibile dissenso.

Da notare ancora una volta l'assenza nelle piazze dell'unica “vera” opposizione, ovvero del M5S: come ho già accennato in passato non è un caso e presto conto di tornarci per spiegare la mia interpretazione poltitica di tale comportamento.

Nota (*1): e state sicuri che i più violenti e meno rispettosi della democrazia verranno promossi e trasferiti a Roma a difesa del potere!

martedì 28 ottobre 2014

Atropo e la Telecom

Di tanto in tanto la vita fa sì che ci si ricordi di quanto tutto sia caduco ed effimero. Basta un niente, magari un camion distratto, e tutto viene sconvolto.
E questo è proprio quello che è successo lo scorso venerdì pomeriggio: come la moira Atropo recideva il filo della vita così un camion ha troncato il cavo del telefono che mi tiene connesso al mondo!

Quanto volte ho scritto preoccupandomi che il vento o una tempesta potesse isolarmi? Ebbene alla fine è successo: ancora non è chiaro se sia stato un camion oppure se abbia ceduto il terreno sotto un pilone del telefono (in quel punto infatti l'argine del rio è completamente scavato dalle nutrie...) ma il risultato non cambia.
Grazie ai tagli, alle sinergie e alle economie di scala la Telecom non è in grado di rimettere al suo posto un piloncino di 3-4 metri ma deve rivolgersi a un'azienda esterna. Il risultato è che al momento il mio allaccio (siamo a martedì, quindi dopo esattamente 4 giorni, fine settimana compreso...) è temporaneo: se tutto funzionerà non mi importerebbe molto ma se alla prima pioggia le interferenze rendessero inutilizzabile Internet...

Vedremo: comunque è assurdo che Telecom non abbia più la possibilità di fare un minimo di manutenzione delle infrastrutture!

Ah! C'è anche da aggiungere che il palo crollato era stato piantato solo un sei-dodici mesi fa: confrontarlo con quello vecchio di legno, perfettamente dritto, per apprezzare l'alta qualità del lavoro effettuato...

Qualche foto per ricordare l'evento:

Il palo piegato (in realtà è la base che ha ceduto...)

Il cavo reciso adagiato su un lato della strada

Dettaglio dei cavi strappati (fra cui il mio!)

L'altra estremità del cavo attaccato al vecchio palo intatto e perfettamente dritto (è la mia foto a essere un po' storta!)


giovedì 23 ottobre 2014

Il grullo non parlante

Un'intuizione psicologica fresca fresca di ieri.
Lo spunto mi è stato dato dall'ennesima constatazione che faccio schifo a parlare. Nel senso che non riesco a esprimere i miei pensieri chiaramente e soprattutto, se c'è un interlocutore che minimamente mi contraddice, finisco per perdermi completamente.

L'ennesima riprova l'ho avuta poche sera fa quando cercavo di convincere il gruppo di attivisti con i quali collaboro della bontà della mia idea. È stato un fallimento totale: nonostante la solidità delle mie ragioni non sono riuscito a convincere nessuno!
Le possibilità sono due: o volutamente non si voleva capirmi oppure non sono stato in grado io di spiegarmi. Probabilmente una piccola componente di scarsa volontà ad ascoltarmi era effettivamente presente in alcune persone ma, almeno all'80%, la colpa è mia.

I motivi sono molteplici:
  1. l'orario: dopo le 21:00 il cervello inizia a funzionarmi al rallentatore, soprattutto non è reattivo se deve affrontare un nuovo problema... e la discussione a cui mi riferisco è iniziata alle 23:15...
  2. Psicologicamente non sono mai stato interessato a convincere le altre persone delle mie idee: non ho pratica e non cerco di presentare le mie argomentazioni in maniera furba, nascondendone i limiti ed esaltandone i pregi
  3. La semplice azione di parlare e richiamare le parole corrette mi è molto impegnativa

Ma oltre a questi motivi ce n'è un altro ed è qui che sta l'intuizione odierna. Prima di arrivarci è necessaria però una premessa.
Già “molto” tempo fa scrissi (v. KGB le Origine: l'asociale) che fondamentalmente non sono timido ma asociale: è importante capire cosa questo significhi.

Ormai ho capito come gestire i contatti umani frequenti e normali: uso un'educata cordialità e riesco a stabilire un ottimo rapporto superficiale. Conosco la teoria, l'ho studiata bene e sono in grado di applicarla grazie alla lunga pratica. Ad esempio andare a far benzina e scherzare con un benzinaio mai visto prima mi riesce facile: è un rapporto cliente venditore e so come muovermi. Tipi di rapporti diversi, come ad esempio un confronto acceso, mi sono estranei, non mi viene naturale gestirli e, anzi, sono molto impacciato: in parte questo aspetto ricade nel punto 2 ma c'è dell'altro.
Il tipo di rapporto più vicino a questo che so affrontare è un sereno confronto fra amici: si elencano obiettivamente tutti i pro e contro e si confrontano uno per uno.
Invece quando in una discussione accesa qualcuno mi fa un'obiezione, magari provocatoria e non strettamente attinente al discorso, io non sono in grado di percepirla immediatamente come tale e inizio a valutarla oggettivamente, distraendomi e sprecandoci energie, mentre il mio interlocutore ne ha “sparate” nel frattempo un altro paio...

E ora vengo al punto. Quando il confronto avviene per epistole non ho problemi: sono in grado di identificare e di smantellare ogni debolezza logica. Magari, grazie anche all'esercizio quasi quotidiano fatto su questo viario, sono in grado di argomentare piuttosto bene e di controbattere efficacemente punto per punto.

Il problema quindi non è il linguaggio ma il contesto umano. Quando parlo con più persone dal vivo subisco un sovraccarico sensoriale che mi impedisce di concentrarmi su ciò che dico: mi perdo nelle espressioni del volto, nei gesti, magari negli sguardi che si scambiano i presenti, etc. Il risultato finale è che solo dopo la riunione, mentre me ne sto tornando a casa, tutti gli elementi vanno al loro posto e mi diventano evidenti le debolezze o i vuoti nelle argomentazioni altrui...

Conclusione: cosa posso fare al riguardo? Io temo niente (sono fatto così...) ma se qualcuno ha suggerimenti mi faccia sapere!

martedì 21 ottobre 2014

L'ultimo tabù

Come si capisce avendo la pazienza di leggere il pezzo Una cronistoria, i miei dubbi sui “vertici” del M5S sono andati, in particolare a partire dalla primavera 2013, sempre crescendo.
Inizialmente pensavo che il voler mantenere il controllo del movimento separato dalla base fosse una precisa scelta strategica fatta in buona fede; adesso sono invece dell'opinione che tale scelta sia stata fatta ma non in buona fede ma solo per stupidità o, peggio, interesse.
Pensavo che lo “Staff” volesse mantenere il controllo del movimento per dargli un indirizzo politico ben preciso invece no: l'unico “indirizzo politico” è l'immobilismo, il limitarsi alle inutili proteste in parlamento e agli “schiamazzi” in rete.

In questa brutta situazione, in cui si fa il contrario di ciò che sarebbe utile, avevo sempre sospeso il giudizio su Grillo: lo ritenevo informato e consigliato male, senza contatti con gli attivisti e i loro problemi e, nel complesso, un visionario con grandi idee ma non attento ai particolari concreti.

Ora però non la penso più così: oramai anche i sassi si rendono conto della situazione e che non sia possibile continuare in questa maniera. Quindi anche Grillo sa.

Alla luce di questa nuova consapevolezza ho ripensato al suo comportamento passato e molte cose adesso mi sembrano più chiare.

Tutto inizia con la manifestazione improvvisata a Roma per l'elezione di Napolitano: nonostante non fosse stata minimamente pianificata c'era stata un'improvvisa e spontanea sollevazione popolare. All'epoca ero preoccupatissimo (v. Situazione Roma) per possibili disordini, magari causati da provocatori, ma nel complesso fu una dimostrazione di forza impressionante.
Da allora più niente: non un corteo, non un protesta di piazza... eppure di opportunità ce ne sarebbero state tante...

Si arrivò alla manifestazione di Genova di dicembre (v. Il mio V-Day) che ebbe il grande pregio di riunire con video e interventi di persona un gran numero di intellettuali di molte nazioni. Addirittura era previsto un collegamento con Assange che però poi saltò... Comunque mi sembrò un piccolo passo avanti: un'aspirazione a internazionalizzarsi molto positiva.

Poi però ci fu il messaggio di fine anno (2013-2014) di Grillo: un discorso deludente e sottotono. Ciò che però mi colpì fu quella che allora mi sembrò stanchezza. Ora, col senno di poi, la vedo come tristezza: la consapevolezza di una persona onesta che sa di tradire ciò in cui credeva e la fiducia di milioni di italiani.

La mia conclusione è che qualcosa successe sia dopo la manifestazione di Roma che quella di Genova: non so chi e quale tipo di pressioni (non escludo regie internazionali) siano state fatte su Grillo ma gli deve essere stato esplicitamente proibito di “giocare per vincere” e per questo, come effetto collaterale, niente più manifestazioni di piazza che avrebbero fatto crescere troppo il consenso popolare.

Fatto sta che da allora è stato un continuo darsi zappate sui piedi a partire dalle espulsioni di marzo: non giustificate, intempestive, mal gestite e autolesionistiche. Campagna per le europee tutto sommato in sordina. Soprattutto è continuato l'isolamento del M5S dai reali problemi del paese: proteste tutte legittime sugli obbrobri del governo Renzi ma assolutamente circoscritte in aula e in rete. Mai fra le persone comuni in piazza. Pura follia per un movimento fatto di persone comuni.

Quest'anno non sono andato alla manifestazione a Roma ma ho ascoltato il discorso di chiusura di Grillo fino all'ultimo sperando in fondamentali quanto improbabili annunci di cambiamento: invece no, a parte gli accenni a Renzi, sembrava di ascoltare un comizio del gennaio 2013...
Ma alcune parole mi hanno colpito, anzi, non sono state le parole a colpirmi quanto il tono di voce con cui le ha pronunciate. Disse qualcosa come “Stavolta me lo sento dentro: è la volta buona e ci prenderemo l'Emilia Romagna e la Calabria!”. Ma non era il tono di chi ci credeva: mi sembrò una bugia detta di malavoglia. Mi suonò come uno “Scusatemi ma devo prendervi in giro...”

Queste cose le pensavo già da un paio di giorni. Ieri poi è giunta la notizia dell'espulsione dei quattro attivisti colpevoli di aver esposto uno striscione alla manifestazione di Roma.
Allora le ipotesi sono due: o alla guida del M5S c'è un demente (in questo caso il primo sospettato è sempre il figlio di papà) oppure si cerca volutamente, come lo scorso anno, di prepararsi al peggio alle prossime elezioni regionali.

Io inizio a temere che entrambi le ipotesi possano essere contemporaneamente vere...

lunedì 20 ottobre 2014

FNHM 8/?

“Tanto tempo fa” scrissi che probabilmente i pezzi di questa serie sarebbero stati 5, forse 6, mentre oggi siamo già all'ottava puntata. A cosa si deve questo errore di giudizio? Beh, in primo luogo la mia era una stima molto approssimativa in cui pensavo di limitarmi ad analizzare solo alcuni dei tanti aspetti che mi avevano colpito di Nascita della tragedia e, comunque, non mi sono mai sentito vincolato a rispettare tale mia previsione: scrivo se mi diverto altrimenti non lo faccio...
Alle due ragioni precedenti ne posso aggiungere una terza più tecnica: ho deciso di rileggere la parte iniziale che mi era rimasta poco chiara e, mentre procedevo, prendevo appunti per il pezzo che andavo scrivendo: in questa maniera però ho filtrato poco o niente le osservazioni più interessanti da quelle che lo erano poco...

Nella precedente puntata ero giunto a spiegare come Nietzsche identifichi nella tragedia greca antica la fusione perfetta fra elemento dionisiaco e apollineo.
Successivamente (tanto per la cronaca siamo al capitolo 8) l'autore entra nel dettaglio spiegando come, da un punto di vista quasi tecnico, funzioni questa simbiosi. Entra nel dettaglio della struttura della tragedia greca e spiega, ad esempio, l'importanza del coro con il quale il pubblico si identifica giungendo così a un profondo stato di spersonalizzazione dionisiaca che accentua la ricettività, la sensibilità verso le immagini dei miti proposte dagli attori.
L'interpretazione di Nietzsche è arbitraria ma comunque sostanzialmente verosimile.

Spulciando fra le mie note a margine (capitolo 9) ho notato un “parallelismo divergente” con San Paolo (del quale sto leggendo le varie lettere) sulla visione della “sapienza”. San Paolo la snobba spiegando che non è nulla davanti alla vera conoscenza che è Dio: parafrasando San Paolo si potrebbe dire che “la sapienza terrena è delle carne mentre la conoscenza del Vangelo è dello spirito: la prima è destinata a imputridire la seconda a sublimare l'uomo al cielo”.
Anche per Nietzsche la sapienza (dionisiaca! Quella apollinea invece nasconde...) è negativa, in quanto dà la comprensione dell'orrore della vita, però ha anche il grande pregio di permettere la creazione di opere eccelse che danno significato all'esistenza.

Qui Nietzsche fa un accenno significativo a dei miti e compie il suo primo vero errore: «La leggenda di Prometeo è proprietà originaria di tutta la comunità dei popoli ariani... … …[il mito di Prometeo ha] la stessa caratteristica importanza che il mito del peccato originale ha per la natura semitica». Dove sta l'errore? Preferisco lasciare questa domanda in sospeso: la ritroveremo anche in futuro e allora la risposta sarà più evidente...

A pagina 77 (capitolo 10) una mia glossa molto significativa: “Semi di idee future innestate a forza su questo libro/pianta”. Come anche lo stesso autore spiegava nella prefazione in Nascita della tragedia ci sono accenni a idee che poi non vengono pienamente sviluppate. In questo specifico caso il mio commento era dovuto a una lunga divagazione sulla religione che non starò a riportare...

Nel capitolo 11 Nietzsche passa ad analizzare i motivi che portarono alla prematura degenerazione della tragedia greca. Anche in questo caso le sue argomentazioni sono abbastanza arbitrarie sebbene coerenti con la logica su cui aveva illustrato i punti di forza della tragedia antica. Euripide, al contrario di Eschilio e Sofocle, toglie infatti spazio sia al coro (necessario per il coinvolgimento dionisiaco del pubblico) che al mito. I protagonisti delle sue opere non sono più grandi eroi ma personaggi stereotipati come lo schiavo furbo, dal mito si passa alla rappresentazione della realtà: la tragedia non è più catarsi ma intrattenimento.
La domanda che mi ponevo leggendo questi passaggi era: ma se la tragedia “antica” (Sofocle ed Eschilio) era così migliore di quella “moderna” (Euripide) come mai i greci sono passati alla seconda?

Questa domanda è fondamentale e le risposte molteplici: da una parte non c'era una comprensione conscia del valore della tragedia “antica”; un altro motivo è legato alla decadenza stessa del popolo greco (anche se non è chiaro se, secondo Nietzsche, la tragedia è declinata per colpa del declino del popolo greco o se è vero il vice versa!). Ma c'è anche un'altra ragione che mi dà l'opportunità di fare una divagazione...

Pensavo di averlo citato in FNHM 1 ma non l'ho fatto... non importa, lo faccio adesso!
Nel “lontano” 2010 scrissi il pezzo Los tres tenores: da una domanda scherzosa, da una specie di gioco, mi ero sforzato di individuare i tre personaggi più significativi della storia (con l'eccezione di figure religiose). Ovviamente i criteri di scelta sono molteplici e non esiste una risposta giusta in assoluto.
Io comunque, fra i tre personaggi, misi Socrate: «Certo poi non possiamo dimenticare la filosofia greca che è una delle gambe, insieme alla religione cristiana, sulle quali il pensiero del nostro continente si è sviluppato.
Di getto direi Aristotele a causa dell'ipse dixit medioevale e non. Ripensandoci credo però che più fondamentale sia stato Socrate che, con la sua filosofia, ha dato dignità al "pensare con la propria testa" e di conseguenza ha favorito la fioritura filosofica successiva. Insomma: senza Aristotele ci sarebbe stato comunque Platone, ma senza Socrate...
»
In altre parole vedevo in Socrate la pietra fondamentale sopra la quale si è basata e costruita tutta la filosofia successiva.
Anche Nietzsche la pensa in maniera analoga: anche per lui il pensiero di Socrate è fondamentale e sta alla base della cultura moderna. Solo che, per Nietzsche, la filosofia di Socrate è “negativa” nel senso che vi vede dell'ottimismo infondato, una fiducia nelle capacità dell'uomo di capire e risolvere ogni problema, che nasconde la realtà della sventura della vita. Non solo, anche l'ottimismo scientifico tipico della civiltà moderna, la fiducia nelle capacità della scienza di rendere l'uomo felice deriva, sempre per Nietzsche, da quell'originale scintilla socratica.
Ecco, proprio l'ottimismo che caratterizza il pensiero di Socrate è la ragione “filosofica” che porta al declino della tragedia: non c'è infatti più bisogno della catarsi del mito per considerare l'esistenza sopportabile; basta infatti l'ottimismo e la fiducia nell'uomo di Socrate...

Questo è in effetti un grande errore di Nietzsche. Il mio sillogismo è: se il valore della tragedia antica stava nella sua capacità di rendere sopportabile la vita e se si raggiunge lo stesso risultato con l'ottimismo socratico allora tragedia antica e ottimismo socratico hanno lo stesso valore!
Evidentemente però per Nietzsche conta non solo il fine ma anche il mezzo. Riferendosi alla tragedia “moderna” usa parole del tipo “trionfo della mediocrità”, “serenità senile data dalla mancanza di responsabilità” o “saggezza dionisiaca che degenera in furbizia”.

L'aver forzato tutta la sua filosofia nella tropologia della tragedia greca crea questi paradossi. Tutto sommato, lasciando perdere la tragedia e passando all'essenza del reale, sono però propenso a dare ragione a Nietzsche: l'illusione, la bugia, talvolta possono essere delle scorciatoie per raggiungere un risultato (*1); sono però scorciatoie che non portano a un reale progresso: per progredire, come insegna il Maestro Yuri (*2), è necessaria la comprensione della verità anche se il prezzo da pagare è il dolore.

Conclusione: siamo arrivati al capitolo 12!

Nota (*1): come può essere il fine limitato di rendere la vita tollerabile.
Nota (*2): vedi PSS...

sabato 18 ottobre 2014

Una cronistoria...

Nel pezzo odierno mi sono “divertito” a ripercorrere l'evoluzione dei miei dubbi sul M5S.
Qualche conoscente, che evidentemente non mi conosce bene, ha infatti fra il serio e il faceto ipotizzato che Grillo & C. mi abbiano fatto il lavaggio del cervello. Sfortunatamente però il mio cervellino è sempre acceso e, a mio modesto parere, le mie critiche sono molto più profonde e circostanziate della spazzatura che compare su bidoni, pardon, su siti come Repubblica.it o Corriere.it...
Ovviamente ho scritto anche altri pezzi sul M5S (basta usare il marcatore “M5S” per elencarli tutti) ma oggi mi sono concentrato, tranne qualche eccezione che mi sembrava significativa, sulle critiche.

Allora il primo pezzo, sebbene superato nei contenuti, è:
Incongruenza nel M5S
Si tratta di un articolo pubblicato il primo marzo del 2013 a poche settimane quindi dalle elezioni nazionali. L'argomento è il ruolo di Grillo che, invece di defilarsi, come più volto ripetuto in campagna elettorale, prende l'iniziativa. Lo giustifico dicendo che i parlamentari sono tutti nuovi e hanno bisogno di un minimo di tempo per organizzarsi fra loro...

Sconfitta e delusione politica
Sempre del marzo 2013, si riferisce a una delle prime schermaglie che, a mio avviso, vedono perdente il M5S a causa di troppa ingenuità politica. Importante è solo un passaggio dove intuisco la scarsa comunicazione fra parlamentari e “staff” (inteso qui e nel seguito come il duo Grillo-Casaleggio e le persone a loro più vicine che scrivono i pezzi sul blog di Grillo). Su questa scarsa comunicazione tornerò in futuro...

Situazione Roma
Un grosso errore che, se al governo ci fosse stato un Andreotti, sarebbe stato subito sfruttato per causare un incidente e mettere nei guai il M5S, forse addirittura segnando la sua fine prematura...

Riflessione post elettorale
Analizzo il perché della sconfitta alle comunali di fine maggio 2013. Fondamentalmente: voto alle politiche gonfiato dalla protesta, media contro invece che indifferenti come prima delle politiche, scelte politiche dubbie del M5S che avevano alienato parte dei suoi sostenitori sia di tendenza di sinistra che di destra.

Destino del M5S
Ecco, questo pezzo del giugno del 2013, è il primo che consiglio di leggere. In particolare importante il punto 3 (sugli errori politici) e la conclusione "Da ora in poi occorrerà maggior acume politico: non basterà fare la scelta giusta ma bisognerà fare in modo che tutti, compresi gli ingenui, la capiscano". Ovviamente questo acume politico non c'è stato...

Riflessione politica
Articolo ad ampio raggio sulla politica italiana dell'agosto 2013. Sul M5S è importante solo la parte finale dove evidenzio un nuovo errore: alle politiche uno degli slogan era stato "né di destra né di sinistra" ma i vari parlamentari avevano sparato a zero su Berlusconi perdendo consensi a destra.

L'errore della buona politica
Questo articolo (settembre 2013) è interessante perché inizio a maturare la consapevolezza che il M5S dovrebbe essere più cinico: meno buona politica (proposte, idee, serietà) che tanto non arrivano ai cittadini e più populismo su questioni semplici e comprensibili anche dalla gente comune tipo una manifestazione contro gli F-35...

Successi del M5S
Novembre 2013: una nota positiva. Prendo atto che alcuni principi e idee del M5S, nonostante questo continui a essere boicottato dai media, iniziano a essere accettati come condivisibili e giusti.

Il mio V-Day
Questo pezzo non dovrebbe essere elencato in questa raccolta: non è infatti di critica ma evidenzia invece la novità che sfugge ai più, compresi gli attivisti del M5S e forse anche a Grillo e Casaleggio, ovvero la rilevanza storica e mondiale di quella che io definisco una nuova ideologia. Ovviamente sto parlando di semi che germoglieranno fra una trentina d'anni quindi le mie affermazioni possono sembrare fantascienza!

Grillo alla nazione
Gennaio 2014: critico il discorso di Grillo giudicandolo nel complesso modesto, più orientato al passato che al futuro. Ritorno sulla novità mondiale del M5S su cui, secondo me, si sarebbe dovuto puntare.

Grillo vs Renzi
Febbraio 2014: l'incontro fra Renzi e Grillo è lo spunto per evidenziare i limiti di cosa sia definibile con la democrazia diretta: in particolare l'impossibilità di definire tramite semplici sì/no una strategia politica.

Grillo vs Renzi 3
Sempre a febbraio il terzo articolo sul confronto Renzi-Grillo. Qui evidenzio quelli che secondo me sono stati gli errori fatti da Grillo (nella puntata intermedia, non presente nell'elenco, invece ne sottolineavo i pregi...).

Grana Pentastellata
Marzo 2014. In quei giorni ero stato a una riunione con dei parlamentari del M5S che, parlando senza peli sulla lingua, mi avevano fornito informazioni che mi mancavano. La vera e propria "epifania" avverrà comunque qualche settimana dopo. In questo pezzo evidenzio tre grossi problemi delle votazioni in linea del M5S.

Grana Pentastellata 2
Questo è un altro pezzo fondamentale da leggere. Evidenzio i limiti della struttura attuale del M5S e i problemi che porta...

Cartellini rossi
Sempre marzo 2014. Forte critica all'espulsione dei parlamentari del M5S: non tanto nella sostanza quanto nella forma che sembra essere volutamente autolesionistica per farci bersagliare dai media...

Puzzle a 5 stelle
Ancora marzo 2014. Si tratta della rivelazione a cui accennavo prima: più che una critica vera e propria è la spiegazione di varie anomalie che finalmente riesco a inquadrare in una loro logica. In particolare spiego che, in questa fase, è Grillo stesso a non volere la democrazia diretta!

Cavalleria e carrarmati
Pezzo scritto a inizio maggio. Riassumo i limiti del M5S e sono pessimista per le europee.

Da Brescia
Pezzo del 12 maggio. Ancora pessimistico sul risultato delle europee. Interessante analisi sul cambio di "cavallo" Letta/Renzi.

Da Torino
Nel corto "Da Torino" metto in evidenza una "equazione" politica che abbiamo pagata cara dopo le elezioni e che io mi sarei ben guardato dal suggerire! Si tratta di «trovo rischioso affermare l'equazione “vittoria M5S = richiesta nuove elezioni” perché varrebbe anche la sua duale, ovvero “sconfitta M5S = governo Renzi legittimato”...»

Altro dubbio
Nel corto "Altro dubbio" del 18 maggio sono ancora pessimista sul risultato delle elezioni...

Quantità e qualità
Pezzo del 22 maggio improvvisamente ottimista! La "colpa" è di un sondaggio "segreto" (fatto da un istituto che di solito "ci prende") che ci aveva passato un parlamentare. In tale sondaggio il M5S era a ridosso del PD e questo mi aveva portato a rivedere tutte le mie stime sotto una luce nuova. A questo aggiungerei il forte desiderio inconscio di illudermi...

Riflessioni sparse a caldo e a casaccio
Riflessioni a caldo sulla sconfitta alle europee.

Lo zoccolo ignavo
Altra riflessione abbastanza a caldo sulla sconfitta.

Riflessioni a tiepido
Inizio giugno 2014. Riflessione a freddo sulla sconfitta. Da leggere: riassumo gli aspetti già elencati nei due precedenti articoli.

Chi rema contro
Giungo 2014. Evidenzio il problema dei "vertici" del movimento che a volte, per stupidità o invidia, finiscono per danneggiare tutto il movimento.

Il consigliere viene al pettine
Giugno 2014. Partendo da un caso locale evidenzio un'altra incongruenza del M5S che, se non risolta, potrà in seguito avere effetti deleteri...

La fine della democrazia
Fine giugno. Nella parte intermedia un lungo inciso sulla necessità del M5S di ristrutturarsi.

L'amara attesa
Fine luglio: la svolta. Inizio ad avere dubbi sulla buona fede dello “Staff”. Mi cito: «Io inizio a prendere in considerazione l'idea che anche il M5S non sia dalla parte dei cittadini ma sia solo funzionale a incanalare il loro dissenso.»

Ma il M5S dov'è?
A metà agosto i dubbi diventano più specifici: in particolare nutro dubbi sulla “Casaleggio Unlimited”...

Spigolando le notizie
A fine agosto conio la locuzione “opposizione virtuale” per indicare l'opposizione del M5S. Ci si limita ad articoli sul viario di Grillo, a meme su FB e a inutili proteste in parlamento. A quando manifestazioni di piazza?

L'opposizione virtuale
Inizio settembre. Approfondisco i limiti dell'opposizione virtuale e di nuovo rilancio i miei dubbi sui reali scopi e motivazioni dei “vertici”.

Politica ondivaga
Forte critica alla scelta schizofrenica del M5S di partecipare alle CM ma non alle Province...

Speranza e attesa
Inizio ottobre: cosa spero e cosa mi attendo dalla manifestazione di Roma.

Delusione annunciata
12 ottobre. Nel corto “Delusione annunciata”, scritto dopo aver ascoltato in diretta il discorso di Grillo, spiego che mi sembra di aver fatto un tuffo nel passato allo tsunami tour....

Oggi ho poi maturato delle nuove conclusioni che pubblicherò nei prossimi giorni...

Riassumendo, a chi vuole leggere solo pochi pezzi, consiglio:
Destino del M5S
Grana Pentastellata
Grana Pentastellata 2
Riflessioni a tiepido
Ma il M5S dov'è
L'opposizione virtuale

O sbagliato!

Io o sbagliato ma chi è senza peccato scagli la prima h...

Su e giù - 20/10/2014
Dal precedente aggiornamento (v. il corto Tri corsa) ho fatto le scale almeno altre tre volte: oggi sono arrivato a 40 minuti ed ero abbastanza (=non morto) fresco. Non provo nemmeno a pesarmi perché tutti congiurano contro i miei sforzi. Un esempio: qualche giorno fa mio padre mi ha regalato un barattolo di Nutella...
Positivo comunque che almeno, nonostante la pancia che mi ballonzola, stia acquistando un po' di fiato e resistenza.

Democrazia interna - 20/10/2014
Non è vero che nel M5S non c'è democrazia interna!
Chi lo afferma è fuori!

Scale vecchie e corde nuove - 7/11/2014
Ho cambiato le corde della chitarra: ho provato le Super slinky marca Ernie Ball, vedremo...
Non ho poi avuto voglia di fare l'esercitazione completa ma ho voluto comunque fare una prova di registrazione: le scale C, Dm, Em, F, G, Am, Bdim e Cmaj7, Dmin7, Emin7, Fmaj7, G7, Amin7, Bdim7.
L'idea è anche quella di fare un confronto fra qualche mese per vedere di apprezzare l'usura delle corde: al momento non riesco a ricordare come suonavano mesi prima!

PS: la registrazione è qui...

“Rivincita” di scacchi - 8/11/2014
Inizia oggi la “rivincita” per il titolo di Campione del Mondo di Scacchi fra Carlsen (attuale detentore) e Anand (sfidante ed ex campione). Ho scritto “rivincita” fra virgolette perché Anand ha dovuto vincere un torneo per ottenere il diritto a competere contro Carlsen: non è cioè una rivincita automatica come avveniva in passato (prima del 2000).
Come al solito lo scontro è troppo breve (solo 12 partite) e basta un passo falso per compromettere tutto l'incontro. Il risultato sarà una grossa propensione alle patte nelle prime partite fino al primo risultato decisivo: da quel momento in poi la parte in svantaggio rischierà il tutto per tutto per recuperare ottenendo, probabilmente, l'effetto di perdere altre partite...
Prima o poi se ne accorgeranno anche i mentecatti di organizzatori e anche la minoranza del pubblico che apprezza l'attuale formula.

venerdì 17 ottobre 2014

La guerra dei mondi

Ieri sera ho finito di leggere The war of the worlds, di H. G. Wells, 1898, scaricato dal sito Project Gutenberg.

Si tratta di un classico della fantascienza ma io ancora non l'avevo letto: probabilmente avevo visto qualche vecchio adattamento cinematografico perché la storia non mi era del tutto nuova.
I marziani invadono la terra e sbaragliano gli eserciti terrestri: quando sembra che ormai niente potrà fermarli muoiono uccisi da un batterio (o un virus?) terrestre. Ah! L'altro elemento caratterizzante del romanzo sono le macchine da guerra dei marziani: i famosi “tripodi” giganteschi, alti cento metri e armati di un potente “raggio di calore”, che comunicano fra loro tramite inquietanti sirene...

Vari elementi hanno colpito la mia attenzione. Non ho annotato tutto quindi riporterò solo ciò che ricordo sul momento...

Prima una descrizione che non starò a tradurre dall'inglese: «I do not know how far my experience is common. At times I suffer from the strangest sense of detachment from myself and the world about me; I seem to watch it all from the outside, from somewhere inconceivably remote, out of time, out of space, out of the stress and tragedy of it all.»
Serendipità: per i dettagli rimando alla mia serie FNHM; notare anche la coincidenza dell'uso del termine “tragedy”...

Sul finale del libro un personaggio ipotizza che i sopravvissuti per sopravvivere al dominio dei marziani dovranno tornare a uno stato primitivo dove non ci sarà spazio per “any weak or silly”. Mi ha colpito il “silly”: mi ha ricordato una teoria enunciata da Harari (v. W Harari e simili) in cui affermava che, con l'agricoltura, l'intelligenza media degli uomini ha cominciato a diminuire: i nostri antenati raccoglitori non erano solo agili e forti ma anche molto intelligenti. Al momento tale teoria non mi aveva molto convinto ma paradossalmente, "ritrovata" in questo libro di fantascienza, mi sembra avere molto più senso.

L'autore punta molto sul realismo, ad esempio sul panico che colpisce la città di Londra, ma non c'è nessun accenno al governo o alla famiglia reale inglese. Ipotizzo si tratti di una forma di rispetto da parte dell'autore: buffo però!

Il “raggio di calore” sembra un raggio laser invisibile di grande potenza: ma si tratta di un'idea innovativa dell'autore. I raggi laser infatti furono teorizzati solo nel 1915 e realizzati solo dopo la seconda guerra mondiale!

Molto approfondita e non banale la psicologia di due personaggi secondari: soprattutto il progressivo crollo psicologico del curato è realizzato magistralmente.

Durante la fuga da Londra la gente scappa utilizzando principalmente carrozze e carretti, numerose anche le biciclette, sono menzionate un paio di macchine a motore mentre fa sorridere l'immagine di un fuggiasco in sella a un triciclo! Mi era venuto il dubbio di sbagliarmi, perciò ho ricercato la descrizione originale: «Some way behind these came a man in workday clothes, riding one of those old-fashioned tricycles with a small front wheel.»

Non ci sono aerei (solo palloni aerostatici): quando i marziani fanno decollare un mezzo volante gli uomini si demoralizzano completamente. L'aereo dei fratelli Wright è del 1903...
Ovviamente anche l'idea di astronave è perciò assente: i marziani arrivano sulla terra sparati da un potente cannone in delle specie di gigantesche cartucce!

Infine colpisce la lentezza con cui le notizie si diffondono. Oggigiorno grazie a Internet è possibile scambiarsi informazioni da una parte all'altra del mondo in tempo reale. Già con televisione e radio erano comunque possibili da svariati anni, sebbene non alla portata di tutti, le dirette. Ancora prima, grazie al telefono, era comunque possibile a un giornalista dettare un articolo per farlo poi pubblicare da un giornale...
Invece nel 1898 l'avanguardia delle telecomunicazioni erano l'eliografo e il telegrafo...

Il Regno Unito è lo stato più potente del mondo e Londra la città più grande. Gli USA sono un ex colonia dall'altra parte dell'Atlantico. In Cina coltivano il riso.

Conclusione: mio nonno all'epoca aveva tre anni; il mio bisnonno 44.

giovedì 16 ottobre 2014

Padri (idioti) e figlie

Da mesi HuffingtonPost.it, Repubblica.it e Corriere.it sono nella mia lista nera e non perdo tempo a leggere la loro disinformazione. Inevitabilmente però, magari grazie a un collegamento su FB, di tanto in tanto mi capita comunque di dare uno sguardo a qualche articolo segnalato da amici e conoscenti. E da cosa nasce cosa...

Oggi sono andato a leggere un articolo sul M5S sull'HuffingtonPost (ovviamente completamente fuorviante...) quando sulla barra in alto mi è caduto l'occhio su un articolo leggero: “15 cose che ogni papà con delle figlie dovrebbe sapere” (il collegamento lo do poi...).
Il rapporto padre-figlia mi ha sempre incuriosito, forse perché faccio fatica a immaginarmelo, e così sono andato a leggerlo attentamente.

Dopo una breve introduzione, in cui l'autore afferma di essere un esperto avendo quattro figlie (e un figlio), c'è l'elenco vero e proprio. Numerato e con un breve titolo in neretto che riassume in poche parole l'essenza del punto.

Ho iniziato a leggere con curiosità e attenzione. Dopo aver letto i primi punti ho iniziato a essere sempre più perplesso. Da qualcuno che, da “esperto”, scrive un articolo per un giornale sul rapporto padre-figlia mi aspettavo di rimanere sorpreso da chissà quali curiose e profonde intuizioni. Invece no: ogni paragrafo era infarcito di miele dove, essenzialmente, predominava l'ostentazione dell'amore dell'autore per le proprie figlie. Sembrava che il giornalista si fosse scritto un panegirico che esaltasse le sue virtù paterne spacciando il proprio comportamento per un paradigma educativo studiato a tavolino...

Insomma ero molto scettico sull'affidabilità delle affermazioni dell'autore dell'articolo. Poi però mi dicevo “Beh... se ha quattro figlie saprà quello che dice...” e così proseguivo nella lettura...
Senza rendermene conto, nella mia confusione, devo aver dato una prima lettura rapida ai vari titoli dei 15 punti, leggendo qualche frase qua e là: me ne rendo conto adesso quando, cercando dove fossi arrivato alla prima lettura, mi sono accorto di “riconoscere” tutti i vari punti...

Comunque al punto 5 ho trovato la vera sorpresa: «...la nostra figlia più grande ha quasi undici anni...»!!

Cioè questo tizio ha la presunzione e la faccia tosta di voler insegnare al resto del mondo come educare le proprie figlie accennando anche all'adolescenza e a come lui sarà bravo a parlare di mestruazioni, rasature delle ascelle, di push-up e non ricordo che altro, quando la maggiore non ha ancora undici anni??
Ma come fa a non avere l'intelligenza per rendersi conto di non essere nemmeno a un quarto del “lavoro” (è lui che chiama così l'educazione delle figlie...)? È come se, andando per la prima volta da Milano a Napoli, si iniziasse a voler insegnare agli altri i segreti dell'autostrada perché si è arrivati sani e salvi a Bologna!
Modificato 17/10/2014: altro esempio forse più calzante perché vi predomina l'elemento temporale: è come se una persona di trent'anni scrivesse la propria autobiografia illustrando nel dettaglio cosa farà negli anni futuri (dai 30 in su!) vantandosi pure di essere bravo e dicendo agli altri di fare come lui!

Aspettiamo che la minore compia vent'anni e vediamo com'è andata: potremo riparlarne se nessuna figlia è diventata una tossicodipendente, vive in un camper con tre marmocchi avuti da altrettanti uomini diversi, non è in trattamento psichiatrico per aver tentato il suicidio e non è finita in carcere.

Solo allora, valutando la “riuscita” delle figlie, si potrà tirare le somme del “lavoro” svolto, magari facendo della sana autocritica sugli inevitabili errori. Solo allora questo giornalista avrà qualcosa da scrivere con cognizione di causa.

La conclusione di oggi è quindi una domanda: perché pubblicano gli articoli di idioti?

Ah, il collegamento all'articolo è questo: 15 cose che ogni papà con delle figlie dovrebbe sapere...

mercoledì 15 ottobre 2014

OM: epilogo

Come spiegai in OM 1 una delle ragioni che mi hanno spinto a scrivere questa serie di pezzi fu l'articolo Operette morali scritto dal mio amico Josef Pohm. L'idea che mi ha sostenuto per tutta l'estenuante redazione di questa serie era proprio quella di confrontare le mie opinioni con quelle di Pohm. Non ricordavo i dettagli ma mi sembrava che il suo articolo mi fosse piaciuto molto. Mi sembrava anche che lodasse il libro definendolo imperdibile o quasi...

E invece no!
Finalmente ieri sera ho riletto l'articolo di Pohm rimanendoci pure un po' male: come al solito era formalmente ineccepibile ma non certo uno dei suoi migliori pezzi. Soprattutto il suo giudizio sulle Operette Morali non era “imperdibile” ma “moderatamente consigliato”!
Come mai questa inusuale e macroscopica confusione? Ieri notte ci ho pensato a lungo...
Da una parte lessi tale articolo ben sei anni fa, e non fu certo uno di quelli che mi colpirono di più, ma determinante fu un evento accaduto due o tre anni fa: durante un'escursione in una libreria a metà prezzo notai un'edizione delle Operette morali a 1,99€. A lungo rimasi indeciso se comprarla o meno e alla fine desistetti. Ecco, ricordo adesso, che ne parlai con Pohm che mi disse che, per 1,99€, sarebbe stata un buon acquisto. Questo breve dialogo, magari telefonico, deve essersi sovrapposto al ricordo della sua recensione (mai riletta) sostituendosi poi al giudizio finale di essa...

Ma veniamo alla recensione vera e propria di Pohm.
Invece di perdersi nei dettagli, come invece ho fatto io, si limita a darne un giudizio complessivo.
Per prima cosa ne descrive la struttura (una raccolta di dialoghi/monologhi mischiando personaggi mitologici/fantastici e storici) e poi ne coglie l'essenza: tutto il libro del Leopardi è incentrato sulla sua concezione filosofica della vita: non è possibile raggiungere uno stato di duratura e piena felicità ma, anzi, l'uomo è condannato alla sofferenza e all'infelicità: per questo motivo la morte sarebbe preferibile alla vita.
Questo concetto viene sviscerato e analizzato da una miriade di diversi punti di vista attraverso i vari dialoghi.

Sicuramente l'essenza è questa però le pennellate, le idee secondarie che accompagnano e caratterizzano i vari episodi, non mi appaiano insignificanti. Come dimostrano i miei pezzi su questa serie, vi ho trovato numerosi spunti di riflessione, non necessariamente tutti incentrati sul tema felicità/infelicità.

Pohm spiega poi che, se non si concorda con la visione filosofica del Leopardi, il libro può sembrare difficile da digerire fino a quando non ci si rende conto della “perfezione” della sua prosa.
Insomma un'opera godibile più per la sua forma che per il contenuto.

Per natura io non guardo alla forma e onestamente non era stata la prosa del Leopardi a impressionarmi: è vero che alcuni paragrafi sono molto eleganti e riescono a esprimere in maniera sintetica concetti profondi ma di certo non ho letto questo libro per il suo stile!
Concordo invece con Pohm sulla straordinaria cultura dell'autore. L'ho anche scritto: una volta arrivato ai ¾ del libro sono rimasto a bocca aperta scoprendo che da lì in poi c'erano solo le note ai numerosissimi riferimenti mitici e non.

Pohm accusa il Leopardi di calare dall'alto le proprie idee, di disprezzare il lettore considerandolo un “coglione”, di non saper nascondere un'innata arroganza.
Forse è vero, qualcosa del genere l'ho notato anch'io anche se non ricordo più in quale capitolo. Però non mi ha dato fastidio: è consequenziale alle sue idee. C'è un intero capitolo (se non di più) tutto dedicato agli scrittori che aspirano a ottenere la fama con le proprie opere: per prima cosa il Leopardi chiarisce che tale fama è estremamente vana ed è inutile quindi ricercarla, ma poi spiega che la gran parte dei lettori non è in grado di capire la piena bellezza di un libro; i pochi che hanno le conoscenze per farlo spesso, per invidia, ne diventano invece i primi e più feroci detrattori. Da queste premesse perché avrebbe dovuto “strizzare l'occhio al lettore”? Per vendere più copie e far diventare le Operette morali un best seller?

Mi ha colpito invece la mancanza a qualsiasi accenno all'umorismo del Leopardi. Certo non è un umorismo adatto a ogni palato ma ciò non di meno l'umorismo pervade quasi ogni dialogo. Forse è un'ironia amara e cinica, specialmente verso le capacità dell'uomo, ma comunque contribuisce a rendere scorrevole la lettura.

Nel complesso a me l'opera è piaciuta in toto. Anzi, considerando i numerosi arcaismi che inizialmente, fin quando non ci si abitua, ostacolano la comprensione del testo, è soprattutto la sostanza, le idee e le intuizioni che mi sono realmente piaciute. Poi, a posteriori, anche la forma è notevole ma, per il lettore moderno, non sempre è immediatamente apprezzabile.

Conclusione: a differenza di Pohm io consiglio vivamente a tutti la lettura delle Operette morali soprattutto al prezzo di 1.99€!! E di Pohm consiglio invece la lettura delle seguenti recensioni: Il cacciatore di verdoni e La casa degli spiriti...

martedì 14 ottobre 2014

OM 8: fine!

Ormai dovrebbe essere inutile ricordarlo ma, come spiegato in OM 7 e OM 6, non ricordo più esattamente i commenti che avevo in mente o cosa mi aveva colpito per tutte le note che mi ero appuntato: semplicemente farò del mio meglio...
Siccome voglio concludere questa serie, l'episodio odierno sarà un po' più lungo del solito...

Salto tre note che non capisco più: evidentemente in prima lettura mi avevano sollecitato delle idee che ormai però ho perso. Probabilmente rileggendo l'intero capitolo le ricorderei ma non credo che ne valga la pena...

Passaggio interessante: «...tengo pure per fermo che il ridere dei nostri mali sia l'unico profitto che se ne possa cavare, e l'unico rimedio che vi si trovi.»
Una frase semplice e sintetica che racchiude due concetti estremamente importanti: da soli fanno già una filosofia di vita. Io condivido quasi al 100%: credo che nei mali ci sia un poco più profitto di quanto l'autore metta in bocca al suo personaggio...

Sempre il “solito” pessimismo del Leopardi: «Dunque s'ingannano grandemente quelli che dicono e predicano che la perfezione dell'uomo consiste nella conoscenza del vero...». E poi continua a spiegare che, maggiore conoscenza porta solo maggior dolore perché dà una comprensione più precisa della sventura umana.
Probabilmente dovrò scrivere un PSS per spiegare il punto di vista del “Maestro Yuri” sulla relazione fra conoscenza e felicità...

Nel successivo capitolo ho trovato un passaggio che mi è sembrato divertente (*2). Si tratta del dialogo fra il Sole e le Ore. In particolare il Sole sta battibeccando con un'Ora notturna dicendole che durante la notte vuole riposare e che gli uomini dovranno arrangiarsi a stare al buio o a usare dei lumi. L'Ora risponde che gli uomini poverini non possono permettersi la luce notturna perché costerebbe troppo e l'autore le mette in bocca la seguente previsione: «Che se fosse già ritrovato di fare quella certa aria da servire per ardere, e per illuminare le strade, le camere, le botteghe, le cantine e ogni cosa, e il tutto con poco dispendio; allora direi che il caso fosse manco male. Ma il fatto è che ci avranno a passare ancora trecento anni, poco più o meno, prima che gli uomini ritrovino quel rimedio...»

Nello stesso capitolo c'è un'altra intuizione del Leopardi molto profonda. Il Sole dialoga adesso con Copernico al quale è affidato il compito di convincere la Terra a girare intorno al Sole. Copernico fa notare come tale cambiamento non cambierebbe solo la fisica ma lo stesso modo di pensare degli uomini non più al centro dell'universo.
Si tratta di un discorso più ampio e che di tanto in tanto si ripropone. Immagino che qualcosa del genere, un ripensamento della natura stessa dell'uomo, lo si avrà quando i progressi dell'ingegneria genetica si trasformeranno in eugenetica...

Concetto morale interessante: «E in vero, se molto pochi ribaldi, per timore di quel tuo spaventoso Tartaro si astengono da alcuna mala azione; mi ardisco io di affermare che mai nessun buono, in un suo menomo atto, si mosse a bene operare per desiderio di quel tuo Eliso.»
Non so nemmeno a quale capitolo si riferisca questo passaggio ma non è importante: stavolta so esattamente quale fosse la mia opinione che volevo condividere!
È dai tempi del liceo che, più o meno, ci penso: mi pare una grave debolezza della filosofia cristiana che si esorti al bene per una ricompensa nell'aldilà e, vice versa, si dissuada dal male per evitare l'inferno. Secondo me il bene è da preferire in quanto tale anche se non ci fosse nessun paradiso. Ridurre la ricerca del Bene a un mero scambio fra le buone azioni compiute e la ricompensa futura mi pare svilisca il concetto stesso di morale. Anche in questo caso dovrei ritornarci con un PSS...

Si arriva finalmente alla logica domanda che deriva dalla filosofia pessimistica del Leopardi: se la vita è così dolorosa perché allora non suicidarsi?
Nel capitolo infatti c'è un dialogo fra un tale Porfirio (immagino famosissimo ma io non lo conosco) che sostiene le ragioni del suicidio e una controparte che tenta di dissuaderlo.
In particolare la controparte ricorda a Porfirio che la Natura stessa vieta a tutti gli esseri viventi, uomo compreso, di suicidarsi. Porfirio ribatte: «Tu dubiti se ci sia lecito di morire senza necessità: io ti domando se ci è lecito di essere infelici. La natura vieta l'uccidersi. Strano mi riuscirebbe che non avendo ella o volontà o potere di farmi né felice né libero da miseria, avesse facoltà di obbligarmi a vivere. … Ora se è lecito all'uomo incivilito, e vivere contro natura, e contro natura essere così misero; perché non gli sarà lecito morire contro natura?»
La risposta della controparte è anche quella che, ricordo, a scuola insegnano fosse l'opinione del Leopardi: «[Il suicidio è male perché] Non far niuna stima di addolorare colla uccisione propria gli amici e i domestici; e di non curante d'altrui, e di troppo curante di se medesimo. E in vero, colui che si uccide da se stesso, non ha cura né pensiero alcuno degli altri; non cerca se non la utilità propria;»
Una difesa piuttosto debole: lo si potrebbe dimostrare sfruttando l'equilibrio di Nash: basterebbe cioè che tutti si suicidassero contemporaneamente e il guadagno totale (*1) sarebbe massimo!
Un'argomentazione molto migliore potrò darla in un futuro PSS: vedi l'accenno nel corto La comprensione viene dal cuore...

Altro capitolo altra intuizione. È un dialogo fra un passeggero e un venditore a una stazione del treno (mi pare! ma forse all'epoca c'erano solo le carrozze coi cavalli?). Il passeggero prima chiede al venditore se gli piacerebbe tornare indietro di 20 anni (e il venditore dice che ne sarebbe più che felice) ma poi gli chiede: «Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passato?». E il venditore risponde: «Cotesto non vorrei.»
Chiaramente l'idea del Leopardi è che i dispiaceri siano maggiori dei piaceri. Io suggerisco ai miei lettori un'altra variante di questa domanda: e rivivere la stessa identica vita altre dieci volte? O cento? O un milione di volte sempre uguale?

Infine c'è un'altra intuizione sull'animo umano: spesso, piuttosto che affrontare i problemi della realtà, preferisce illudersi. Prima con una battuta: «I mariti, se vogliono vivere tranquilli, è necessario che credano le mogli fedeli...». Poi più seriamente: «Perché in sostanza il genere umano crede sempre, non il vero, ma quello che è, o pare che sia, più a proposito suo. Il genere umano, che ha creduto o crederà tante scempiaggini, non crederà mai né di non saper nulla, né di non essere nulla, né di non aver nulla a sperare.».
Per questo le speranze e le illusioni di Renzi hanno molta più presa sugli italiani che le dure verità del M5S...

Sempre nel dialogo fra Tristano e un amico c'è un forte accenno all'importanza dell'educazione fisica: un corpo sano necessario per una mente forte. Mi chiedo quanto ci sia di autobiografico in questa riflessione...

Altra riflessione interessante sul sapere: non è la stessa cosa avere una sapienza bassa ma diffusa e avere pochi dotti muniti di ampissime conoscenze. Il progresso infatti dipende dai secondi non dai primi. Ogni epoca crede di essere più saggia della precedente ma la vera sapienza non si può né misurare né distribuire. Tanto per riflettere: il Leopardi critica fortemente i giornali in quanto, ai suoi tempi, si sostituivano impropriamente ai libri come mezzo di diffusione della cultura: «[ironicamente!] Credo e abbraccio la profonda filosofia de' giornali, i quali uccidendo ogni altra letteratura e ogni altro studio, massimamente grave e spiacevole, sono maestri e luce dell'età presente.». E che dovremmo allora dire noi della televisione?

Concludo, senza commentare, con l'ultimo paragrafo delle Operette morali prima delle note: «Se mi fosse posta da un lato la fortuna e la fama di Cesare o di Alessandro netta da ogni macchia, dall'altro di morir oggi, e che dovessi scegliere, io direi, morir oggi, e non vorrei tempo a risolvermi.»

Nota (*1): Ho seguito anche la prima lezione di un corso in linea di teoria dei giochi: il corso mi è sembrato impostato male e ho subito deciso di abbandonarlo ma non prima di aver assimilato qualcosa. Informalmente l'equilibrio di Nash è infatti la situazione in cui tutti i partecipanti a un gioco hanno il massimo guadagno indifferentemente dalle azioni degli altri...
È buffo però come mi riesca facile assimilare nuove conoscenze e riadattarle ai miei scopi senza sforzo: bravo KGB!
Nota (*2): beh... poi si ha un dialogo con Copernico (XVI secolo) quindi non mi è chiaro in che epoca si svolga il racconto e, di conseguenza, i 300 anni. Insomma, magari non c'è niente di buffo!

lunedì 13 ottobre 2014

FNHM 7/?

Come spiegato nel corto Aborto tragedia avevo già iniziato a scrivere questo pezzo ma persi tutto...
Siccome sono pigro e odio ricominciare da capo sarò estremamente breve nel riassumere quanto avevo scritto.

Avevo ripetuto le definizioni/associazioni di apollineo e dionisiaco, aggiungendone di nuove in neretto, per evidenziare quanto siano concetti proteiformi. Ecco qui:
Apollineo= sogno, solare, fantasia, facoltà figurative, calma, moderazione, principium individuationis dell'uomo, gioia, saggezza, bellezza, musica lieve e appena accennata (cetra), illusione, sereni miraggi, ingenuità artistica, immedesimazione bellezza con apparenza, misura/moderazione;
Dionisiaco= ebbrezza, deindividuazione, ritorno alla natura, caduta barriere e inibizioni, armonia universale, musica potente che scuote l'anima, eccitazione, esaltazione, titanico, barbarico, dismisura/eccesso, canzone popolare.

Nel concreto uno dei concetti base di Nietzsche è che la vita è un tormento, una lunga passione che la Natura deve in qualche modo convincere l'uomo a sopportare.
L'apollineo fornisce una maniera: la vita serena degli dèi è come un paravento che nasconde le brutture della realtà. È un'apparenza che inganna l'uomo illudendolo che il buono e il bello prevalgano e che la vita sia sommamente degna d'essere vissuta.
Il dionisiaco raggiunge lo stesso scopo in maniera diversa: nell'ebrezza l'individualità si perde nell'uno originario. Ogni preoccupazione, ogni dolore evapora e viene scordato.

Fondendo insieme questi due elementi l'effetto finale è massimizzato. Nietzsche prende l'esempio del poeta greco Archiloco: egli annullando se stesso entra in contatto con la natura e con l'essenza delle cose, ma è però grazie all'elemento apollineo che riesce a esprimere in poesia questi concetti.

Altro elemento fondamentale è la relazione che esiste fra musica e parola. La musica è un altro linguaggio col quale è possibile esprimere la realtà: è quindi uno strumento potentissimo che può spalancare porte su paesaggi altrimenti invisibili. La parola a sua volta può limitarsi all'ingenua descrizione, all'apparenza, al superficialmente bello (poesia epica) oppure può scavare nel fondo buio dell'animo collettivo estraendone immagini profonde e universali (poesia lirica).
Quando poesia e musica si accompagnano i loro effetti si rafforzano vicendevolmente specialmente se si inseguono fra loro: ovvero se la poesia cerca di raggiungere l'immagine musicale e la musica l'espressività della parola.

A questo riguardo Nietzsche fa l'esempio della musica sinfonica di Beethoven: tutti sono in grado, ascoltando la sua musica, di intravedere immagini fantasmagoriche ma queste visioni sono spesso in contrasto fra loro. Ogni ascoltatore infatti, non essendo guidato dalla poesia lirica, le interpreta soggettivamente. Contemporaneamente anche la poesia, con le sue sole forze, non è in grado di raggiungere l'effetto prodotto dalla musica né di arricchirne il contenuto.
Nietzsche scrive «Tutta questa dissertazione ha un punto fermo, che cioè la lirica è strettamente legata allo spirito della musica, mentre la musica stessa, nella sua totale illimitatezza, non abbisogna dell'immagine e del concetto, ma li tollera soltanto accanto a sé. La poesia del lirico non può esprimere nulla che non fosse già implicito nella musica.»

Uhmm... sto procedendo troppo lentamente: non ricordo esattamente quali e quanti altri passaggi intermedi ci siano ma la conclusione di Nietzsche è che la fusione perfetta fra musica e poesia, fra elemento dionisiaco e apollineo, la si ha nell'antica tragedia greca.
Nietzsche analizza poi nel dettaglio (e a mio avviso abbastanza arbitrariamente) come e perché la tragedia realizzi, da un punto di vista tecnico, il suo scopo. Ad esempio lo spettatore è portato ad annullarsi nel coro dei satiri (elemento dionisiaco) e quindi scende (o sale) a un livello di consapevolezza più profondo che lo rende più sensibile alle immagini dei miti (gli attori che recitano) che vede.
La tragedia è infatti in grado di fornire il massimo conforto metafisico (su come la vita nel fondo delle cose sia potente e lieta) proprio grazie all'opera di spersonalizzazione del coro che permette allo spettatore di percepire questa rassicurazione con “corporea evidenza”.

Ecco qui interrompo il mio commento a La nascita della tragedia per fare un passo indietro a FNHM 2 e FNHM 1. In questi due pezzi raccontai, senza spiegare cosa c'entrasse, un fenomeno che mi coglie con relativa facilità: camminando fra la gente, specialmente ascoltando della musica col mio lettore MP3, tendo a osservare le persone in maniera distaccata, come se mi allontanassi sempre di più da me stesso.

Alla luce di quanto ho scritto dovrebbe essere chiara la relazione che vedo fra questo fenomeno e quanto descritto da Nietzsche. È la musica che mi porta a estraniarmi, anzi è il catalizzatore che facilita enormemente questo processo: da una parte togliendo una dimensione di realtà a quanto vedo intorno a me e dall'altra, come spiegato benissimo da Nietzsche, distraendo la mia individualità nel vortice dei suoni.
E le immagini che mi colpiscono, nell'esempio di FNHM 2, la coppietta di innamorati e il padre con i bambini cosa sono se non semplici miti?
Certo a queste mie visioni di attori involontari accompagnati dalla musica degli auricolari manca l'elemento della parola lirica: in questo caso faccio da solo e accompagno immagini e suoni con il monologo della mia coscienza.
Probabilmente è per questo che la sensazione che più spesso né ricavo è di malinconia piuttosto che di sollievo: è l'effetto dei miei pensieri che mi trasporta su questi lidi solitari piuttosto che su assolate spiagge.

Conclusione: e con questo pezzo arriviamo alla spiegazione dell'HM del titolo: HM sta per Heavy Metal certamente la mia musica preferita. Sono sicuro che la forza dei suoi ritmi sia puramente dionisiaca ma che nelle melodie e negli assoli non manchi l'elemento apollineo. Sicuramente anche Friedrich Nietzsche sarebbe stato un appassionato di heavy metal!