Lo spunto mi è stato dato dall'ennesima constatazione che faccio schifo a parlare. Nel senso che non riesco a esprimere i miei pensieri chiaramente e soprattutto, se c'è un interlocutore che minimamente mi contraddice, finisco per perdermi completamente.
L'ennesima riprova l'ho avuta poche sera fa quando cercavo di convincere il gruppo di attivisti con i quali collaboro della bontà della mia idea. È stato un fallimento totale: nonostante la solidità delle mie ragioni non sono riuscito a convincere nessuno!
Le possibilità sono due: o volutamente non si voleva capirmi oppure non sono stato in grado io di spiegarmi. Probabilmente una piccola componente di scarsa volontà ad ascoltarmi era effettivamente presente in alcune persone ma, almeno all'80%, la colpa è mia.
I motivi sono molteplici:
- l'orario: dopo le 21:00 il cervello inizia a funzionarmi al rallentatore, soprattutto non è reattivo se deve affrontare un nuovo problema... e la discussione a cui mi riferisco è iniziata alle 23:15...
- Psicologicamente non sono mai stato interessato a convincere le altre persone delle mie idee: non ho pratica e non cerco di presentare le mie argomentazioni in maniera furba, nascondendone i limiti ed esaltandone i pregi
- La semplice azione di parlare e richiamare le parole corrette mi è molto impegnativa
Ma oltre a questi motivi ce n'è un altro ed è qui che sta l'intuizione odierna. Prima di arrivarci è necessaria però una premessa.
Già “molto” tempo fa scrissi (v. KGB le Origine: l'asociale) che fondamentalmente non sono timido ma asociale: è importante capire cosa questo significhi.
Ormai ho capito come gestire i contatti umani frequenti e normali: uso un'educata cordialità e riesco a stabilire un ottimo rapporto superficiale. Conosco la teoria, l'ho studiata bene e sono in grado di applicarla grazie alla lunga pratica. Ad esempio andare a far benzina e scherzare con un benzinaio mai visto prima mi riesce facile: è un rapporto cliente venditore e so come muovermi. Tipi di rapporti diversi, come ad esempio un confronto acceso, mi sono estranei, non mi viene naturale gestirli e, anzi, sono molto impacciato: in parte questo aspetto ricade nel punto 2 ma c'è dell'altro.
Il tipo di rapporto più vicino a questo che so affrontare è un sereno confronto fra amici: si elencano obiettivamente tutti i pro e contro e si confrontano uno per uno.
Invece quando in una discussione accesa qualcuno mi fa un'obiezione, magari provocatoria e non strettamente attinente al discorso, io non sono in grado di percepirla immediatamente come tale e inizio a valutarla oggettivamente, distraendomi e sprecandoci energie, mentre il mio interlocutore ne ha “sparate” nel frattempo un altro paio...
E ora vengo al punto. Quando il confronto avviene per epistole non ho problemi: sono in grado di identificare e di smantellare ogni debolezza logica. Magari, grazie anche all'esercizio quasi quotidiano fatto su questo viario, sono in grado di argomentare piuttosto bene e di controbattere efficacemente punto per punto.
Il problema quindi non è il linguaggio ma il contesto umano. Quando parlo con più persone dal vivo subisco un sovraccarico sensoriale che mi impedisce di concentrarmi su ciò che dico: mi perdo nelle espressioni del volto, nei gesti, magari negli sguardi che si scambiano i presenti, etc. Il risultato finale è che solo dopo la riunione, mentre me ne sto tornando a casa, tutti gli elementi vanno al loro posto e mi diventano evidenti le debolezze o i vuoti nelle argomentazioni altrui...
Conclusione: cosa posso fare al riguardo? Io temo niente (sono fatto così...) ma se qualcuno ha suggerimenti mi faccia sapere!
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