«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

mercoledì 15 maggio 2024

Superorganizzazione 2

Sarò bravo visto che mi sono tolto il peso di aver completato la nuova versione “Gnomica” dell’Epitome adesso ne approfitto per scrivere un po’ di “Ritorno al mondo nuovo” di Huxley: veramente anche troppo ricco di spunti!

Devo finire di commentare il capitolo sulla Superorganizzazione (v. l’omonimo Superorganizzazione).

Oramai ho perso un po’ il filo delle argomentazioni di Huxley quindi mi limiterò a commentare le mie note: vengono pezzi frammentari ma non necessariamente brutti…

A pochi mesi dall’inizio della pandemia, nella primavera del 2020, cominciai a riflettere sulle disposizioni di quarantena: in sintesi le trovavo eccessive nel senso che sembravano considerare la popolazione come composta da bambini irresponsabili e che quindi, per prevenire il comportamento sconsiderato di pochi, si ordinavano regole draconiane che colpivano tutti.
All’epoca non ero contrario alla quarantena (le ricerche che dimostrarono la sua sostanziale inutilità arrivarono molto dopo così come la confutazione di quelle basate su “modelli” (*1)) ma piuttosto alla sua rigidità che non lasciava spazio al buon senso individuale.
Arrivai alla conclusione che la popolazione non avrebbe dovuto essere obbligata ma resa più responsabile.

Il mio punto di partenza era: “Mettere insieme questi tre elementi (la libertà individuale, il valore intrinseco della libertà e l’esigenza di non diffondere la malattia) non è facile. La mia sensazione è che adesso, almeno in Italia, si stia eccedendo nella limitazione della libertà individuale: in parte per ragioni politiche, ovvero per nascondere lo scarso successo della quarantena criminalizzando i cittadini, e in parte, suppongo, in buona fede non sapendo che altro fare.”

La mia ricetta sarebbe stata dare più responsabilità alla popolazione: “Probabilmente io sarei per concedere più libertà, e quindi responsabilità, ai cittadini.”

E poi facevo un esempio: “Vuoi andare a trovare la fidanzata o i genitori che vivono altrove? Va bene: purché si sia pienamente consapevoli, da ambo le parti, dei rischi: ovvero se tu o loro avete avuto sintomi influenzali anche lievi nelle ultime due settimane potreste essere infetti e mettere quindi a rischio la salute dei rispettivi nuclei familiari. Ma se tu, la fidanzata e i genitori (e i rispettivi nuclei familiari) ne siete consapevoli allora ci dovrebbe essere la libertà di incontrarsi.
È evidente che, per leggerezza o errori di valutazioni, avremmo dei contagi e anche morti in più ma personalmente lo riterrei un prezzo equo per il valore della libertà.”

Il pezzo in questione è Libertà e salute ma ho la forte sensazione di essere poi ritornato più specificamente sulla relazione fra libertà e responsabilità.

Tornando a Huxley, che lo ripeto scrive nel 1958, la tendenza che avverte nella società occidentale è invece diversa: meno libertà individuale e più uniformità. Scrive «Ma la vita nelle grandi città non dà luogo alla salute mentale (ecco infatti la più alta incidenza della schizofrenia si ha proprio nei formicai dei quartieri urbani poveri); né sollecita quel tipo di libertà responsabile entro un gruppo capace di autogovernarsi, che è la condizione prima della democrazia effettiva.» (*2)

Ormai più lucidamente ho capito, e la gestione della pandemia mi è stata particolarmente istruttiva, che la tendenza è quella di ridurre la libertà e, di conseguenza, la responsabilità individuale.
Togliere la facoltà di scegliere equivale infatti a eliminare la necessità di essere responsabili: nessuna decisione significativa ci viene lasciata, dobbiamo limitarci a ubbidire. Contemporaneamente ci vengono date libertà illusorie e irrilevanti come scegliere il proprio pronome.
La pandemia ha solo esasperato ed evidenziato questo fenomeno.

Secondo Huxley (1958) si va formando una nuova etica le cui parole chiave sono: «adeguamento, adattamento, condotta socialmente orientata, appartenenza, acquisizione di capacità sociali, lavoro di squadra, vita di gruppo, lealtà di gruppo, dinamica di gruppo, pensiero di gruppo, creatività di gruppo.» (*3)
E poco dopo spiega: «il complesso sociale ha maggiore importanza e significato delle parti individuali; le differenze biologiche innate debbono sacrificarsi all’uniformità culturale» (*3).
E aggiungo che adesso siamo giunti perfino al paradosso di negare la realtà delle differenze biologiche individuali: ovvero la negazione della razionalità, il ritorno a un fideismo antiscientifico.

Perfetta questa sintesi: «Evidentemente l’odierna etica sociale altro non è se non una giustificazione a posteriori di alcuni effetti indesiderabili della superorganizzazione. È un pietoso tentativo di fare di necessità virtù, di trarre un valore positivo da un dato di fatto quanto mai negativo. È un sistema etico assai poco realistico, e quindi assai pericoloso.» (*4)

La ciliegina sulla torta è una considerazione filosofica che chiaramente ricalca il pensiero di Kant: «Mettere l’organizzazione davanti alla persona significa subordinare il fine al mezzo.» (*4)

Kant scrive nel XVIII secolo: questa è l’essenza dell’illuminismo, l’uomo è il fine non il mezzo, che ci ha portato alle libertà individuali. Ma ora, nella nostra gretta mentalità utilitaristica, nell’era del profittismo ([E] 14.4), il fine è divenuto il denaro e l’uomo il mezzo.

Così Huxley spiega il futuro distopico della propria visione: un potere apparentemente benevolo che non usa la violenza ma una persuasione occulta, subliminale e pervasiva: «Sotto le ben più efficienti dittature di domani ci sarà probabilmente meno violenza che sotto Hitler o Stalin. I soggetti di queste dittature saranno irregimentati, senza dolore, da squadre di addestratissimi ingegneri sociali.» (*5)

Ma, si potrebbe obiettare, gli intellettuali non tradiranno i propri principi etici, denunceranno eventuali abusi della scienza se questa è impiegata contro la popolazione. Più in generale chi informa la popolazione quando la scienza viene abusata?
Sfortunatamente abbiamo visto, sebbene in campo medico e non sociale/psicologico, che i principi degli scienziati si sciolgono come neve al sole quando avrebbero il dovere di combattere contro gli abusi da parte del potere della loro scienza.
Ma Huxley non è un idealista ingenuo quanto me: «Alla domanda “Quis custodiet custodes?”, cioè chi farà la guardia ai guardiani, chi regolerà l’ingegno agli ingegneri?, si risponde, con un blando sorriso, che non occorrono supervisori. Commovente la convinzione che pare diffusa fra i professori di sociologia: cioè che i professori di sociologia non si lasceranno mai corrompere dal potere.» (*5)

Conclusione: vorrei divorare rapidamente questo saggio ma la necessità di memorizzarne le idee mi fa procedere come una lumaca...

Nota (*1): nella mia modesta esperienza di simulazioni sono arrivato a concludere che le possiamo considerare equivalenti alle statistiche nel senso che è facile fargli dire tutto e il suo contrario. Dipende tutto dalla volontà di chi decide le impostazioni del modello…
Sembra che in media 9 su 10 di quelli usati durante la pandemia (spesso usati per giustificare la quarantena) fossero sballati.
Nota (*2): tratto da "Il mondo nuovo – Ritorno al mondo nuovo" di Aldous Huxley, (E.) Mondadori, 2023, trad. Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi, pag. 270.
Nota (*3): ibidem, pag. 271.
Nota (*4): ibidem, pag. 273.
Nota (*5): ibidem, pag. 274.

martedì 14 maggio 2024

Gnomica

Didascalica, sentenziosa, gnomica… comunque la si voglia chiamare è pronta!

Finalmente ho aggiornato tutte le epigrafi dell’Epitome aggiungendone anche per i sottocapitoli.
L’associazione fra capitoli/sottocapitoli ed epigrafi l’ho fatta col mio programmino Java e, mi pare, il risultato sia stato discreto: probabilmente ancora sarei riuscito a sceglierle da solo ottenendo un risultato uguale se non migliore a quello del programma, ma siamo un po’ al limite perché il materiale fra cui scegliere è decisamente aumentato. Diciamo che avrei avutro il grande vantaggio di essere perfettamente in accordo col mio proprio gusto (!) mentre il calcolatore deve usare le valutazioni che gli ho inserito e agire di conseguenza.

Comunque siamo passati a 534 pagine dalle 522 precedenti: e questo anche se ho usato un carattere decisamente più piccolo per le epigrafi.

Di altre modifiche non ne ho fatte (praticamente): ho leggermente modificato il titolo di un sottocapitolo e una definizione del glossario su cui mi era cascato l’occhio.
Per questo la nuova versione diviene la 1.12.1…

Comunque è stata un’impresa: tutto quello che poteva andare storto l’ha fatto. Ho corretto strani bachi, ho cancellato per sbaglio (ben due volte) l’associazione migliore trovata. Ho cambiato il codice, ho introdotto nuovi errori, li ho corretti, ho dovuto modificare manualmente degli archivi JSON…
Ma ci sono stato un sacco di tempo!

Per il futuro ho deciso di introdurre nuove epigrafi via via: tutte insieme come stavolta è troppo laborioso e complesso.

Ah! Ogni capitolo ha tre epigrafi, sottocapitoli e appendici solo una. Gli autori più “abusati” sono Aristotele e Hobsbawm con sei epigrafi ciascuno e Rawls e Machiavelli con cinque.

I sottocapitoli senza epigrafi sono appena cinque: in realtà per uno di questi un’epigrafe ci sarebbe ma viene usata per un altro sottocapitolo…
Comunque col tempo ne aggiungerò altre e il punteggio relativo (attualmente 774,8252) salirà sempre di più. Proprio ieri sera ne ho trovata una buona di Gandhi!

Non so perché le epigrafi mi piacciano così tanto: sospetto che dipenda dal fatto che, sebbene indirettamente, autori importanti confermino quanto ho scritto. Talvolta la somiglianza è notevolissima sebbene il 99% delle volte ho trovato/letto l’epigrafe dopo aver scritto il mio pensiero. Alcune le ho inserite invece perché buffe. Ma la maggior parte tendono a sottolineare quanto ho scritto. Volendo poi queste epigrafi rappresentano una sorta di piccola (e incompleta) bibliografia dell’Epitome. Non completa perché solo negli ultimi anni ho iniziato a tener traccia e copiarmi a parte le varie epigrafi: quelle più vecchie le ho recuperate da questo ghiribizzo ma sono poca roba...

Conclusione: ah! per il nome in codice ho scelto “gnomica”...

domenica 12 maggio 2024

Origine della guerra in Ucraina

In genere mi trovo d’accordo con quanto scrive e pensa UUiC con però una significativa eccezione: la lettura della situazione in Ucraina e, a rimorchio, della Russia.

In genere io, per carattere, non ho problemi con le opinioni diverse dalle mie: valuto se posso prenderne “pezzi” per migliorare la mia interpretazione del fatto/cosa e, semplicemente, ne prendo atto. Non sento cioè il bisogno di cercare di imporre la mia particolare visione: del resto, in genere, ho già spiegato quello che penso altrove ed è inutile che mi ripeta. Chi vuole convincersi di qualcosa lo farà mentre chi non vuole non lo farà: io posso condividere le mie argomentazioni ma è totalmente inutile insistere.

In questo caso però ho il dubbio di aver espresso il mio pensiero in maniera troppo frammentaria, magari su più pezzi e/o in risposta a qualche commento.
Mi sembra quindi possa valer la pena riassumere qui le mie argomentazioni sulla faccenda.

Ma quali sono i dettagli di questa “faccenda”?
Prendiamo il suo ultimo commento al pezzo Pericolo crescente: “Le nuvole all’orizzonte [...]
Elenco le sue affermazioni:
1. Russi non immacolati né completamente dalla parte della ragione.
2. Ucraini hanno il diritto all’autodeterminazione.
3. Ucraini hanno subito gravi torti dai sovietici ed è naturale che non vogliano avere a che fare con i russi.
4. Che Putin voglia il bene dei russi non impedisce che faccia il male altrove.
5. I russi considerano l’Ucraina la Piccola Russia ma gli ucraini non si sentono parte della Russia.
(4 e 5) sono in combinazione fra loro: siccome 4 e 5 allora si è verificata la guerra in Ucraina.
6. Gli USA hanno approfittato della situazione usando gli ucraini contro la Russia.

Da questa lista emerge una convinzione di fondo che è alla base di molte, anche se non tutte, divergenze col mio punto di vista.

Chi ha voluto la guerra in Ucraina?
Secondo UUiC è stata l’ambizione imperialista di Putin, il voler ricreare una grande Russia, il motivo di fondo che ha causato la guerra: gli USA ne hanno solo semplicemente, e cinicamente, approfittato per far sì che il tentativo di conquista fallisse e che danneggiasse la Russia e, magari, portasse alla rimozione di Putin.

Secondo me invece la guerra è stata principalmente provocata dagli USA con l’ausilio dei suoi lacchè occidentali. Putin non è folle ma estremamente razionale: era chiaro che rompere con l’Occidente avrebbe rafforzato la Cina che tradizionalmente e strategicamente è rivale con la Russia. Di malavoglia la Russia è stata spinta fra le braccia di Pechino che, probabilmente, è la nazione che più sta guadagnando da questa guerra.
Strategicamente Putin voleva avvicinarsi sempre di più alla UE e insieme a essa, in prospettiva di lungo termine, avrebbe potuto creare un blocco di potere coeso indipendente dagli USA e capace di resistere alla Cina: questo non con Putin ma con i suoi successori; mi sembrava infatti una tendenza generazionale (25 anni). La Russia, pesce piccolo in Asia, avrebbe potuto essere la potenza egemone in Europa: questo era il piano a lungo termine di Putin.
Insomma dal punto di vista di Putin, che a differenza dei nostri guidoni, vuole il bene per il proprio paese e per la propria gente non aveva motivo di inimicarsi l’Europa e, anzi, nel tentativo di conservarne l’amicizia era giunto (a suo dire) a compromessi (gli accordi di Minsk) che adesso rimpiange.
Fin qui le mie teorie valide come qualsiasi altra opinione: vediamo quindi di supportarle non con prove (in genere arbitrarie) ma con la logica.

A. La guerra in Ucraina NON è iniziata nel 2022 ma nel 2014: l’esercito russo avrebbe avuto allora la possibilità di sconfiggere le forze di Kiev che all’epoca erano male equipaggiate. Allora intervenne l’Europa e, in particolare, Francia e Germania. Si giunse così agli accordi di Minsk che prevedevano:
1. Kiev indipendente ma non nella NATO.
2. Donbass (che all’epoca cercava la secessione) sotto il controllo di Kiev.
3. Protezione e tutela delle minoranze russe in Ucraina.
4. Disarmo delle truppe irregolari di ispirazione ideologica nazista.

Se lo scopo della Russia/Putin fosse stato quello di espandere il proprio territorio perché non farlo allora e aspettare invece otto anni durante i quali Kiev è stata finanziata e pesantemente armata dall’Occidente? Al contrario la Russia accettò quegli accordi, con Francia e Germania garanti, proprio perché voleva mantenere buone relazioni con l’Europa.
Ma l’Occidente era in malafede: gli stessi Merkel e Holland l’hanno confermato. A suo tempo ho condiviso i collegamenti ai relativi articoli. L’Occidente voleva la guerra ma aveva bisogno di tempo per armare l’Ucraina.

B. Già a marzo (o forse aprile?) del 2022 si era praticamente già raggiunto un accordo di pace, sulla falsariga del trattato di Minsk, fra Russia e Ucraina (vicenda confermata da mediatori ucraini). Accordo fatto saltare dall’Occidente, grazie alla “mediazione” diretta di Mastrociliegia, che voleva la guerra.
Perché la Russia avrebbe dovuto fare la pace con Kiev se voleva conquistare l’Ucraina?
Perché Boris, Mastrociliegia, Johnson dovette far saltare l’accordo se non perché l’Occidente voleva la guerra?

C. Alla domanda diretta di Carlson “se la Russia voleva conquistare l’Europa” Putin rispose sorridendo: “di terra ne abbiamo già abbastanza, che ce ne facciamo di altra?”.
Ovvio che ciò che afferma Putin non può essere considerata una prova ma bisogna ammettere che ha comunque molto senso: la Russia ha già terre e risorse in abbondanza e semmai, come ho spiegato, voleva l’amicizia con l’UE in funzione, sul lungo periodo, anti USA e Cina. Non è una prova ma di sicuro è un buon indizio!

Comunque in [E] 16.8, “Guerra fra Ucraina e Russia”, ho così riepilogato le ragioni del conflitto:
«Gli obiettivi della guerra:
La guerra è stata provocata dalla NATO: se la si fosse voluta evitare sarebbe stato sufficiente obbligare l’Ucraina a rispettare gli accordi di Minsk: in particolare lo scioglimento delle milizie neonaziste, protezione e parità di diritti per i cittadini russofoni, assicurare formalmente alla Russia che l’Ucraina non sarebbe mai entrata nella NATO e garantire una certa forma di autonomia alle autoproclamatesi repubbliche del Donbass. Sarebbe stato tutto facilmente fattibile se ve ne fosse stata la volontà ma così non è stato. Vediamo quindi quali erano gli obiettivi geopolitici di USA e
Russia.

Obiettivi USA:
- Se la Russia non avesse reagito portare l’Ucraina nella NATO; in caso contrario:
- Scavare un solco politico-economico fra Russia e UE anche a costo di impoverire l’UE.
- Giustificare l’aumento della spesa militare in funzione anti russa.
- Mantenere in Ucraina un fedele governo filo-occidentale.
- Una volta iniziata la guerra, prolungarla il più possibile in maniera da far pagare alla Russia il prezzo massimo in termini sia economici che di vite umane per arrivare alla sostituzione di Putin con un sostituto filo occidentale.

Obiettivi Russia:
- Evitare che l’Ucraina entri nella NATO.
- Proteggere e magari annettere le regioni a maggioranza russa.
- Una volta iniziata la guerra probabilmente occupare anche la zona costiera di Odessa prima di aprire le trattative di pace con l’Ucraina.
Come si vede da questo breve riepilogo solo gli USA avevano dei buoni motivi per volere la guerra: la Russia ne avrebbe volentieri fatto a meno ma vi è stata costretta dall’intransigenza occidentale e ucraina. Sembra che effettivamente, ad aprile 2022, l’Ucraina fosse disposta a percorrere la via diplomatica accettando la mediazione turca ma che tutto sia saltato a causa delle pressioni politiche occidentali, favorevoli al prolungamento della guerra, sul presidente ucraino. Probabilmente Putin pensava poi che i legami economici fra UE e Russia fossero abbastanza forti da prevenire sanzioni troppo pesanti: non aveva calcolato che l’obbedienza a Washington avrebbe portato agli eccessi autolesionistici di questi ultimi mesi da parte europea.

I risultati ottenuti:
Apparentemente gli USA hanno sbagliato completamente i propri calcoli. Vediamone di seguito il perché.

Risultati USA:
- Crisi del debito e inflazione negli USA.
- Profonda crisi economica nella UE.
- Indebolimento, forse fatale, degli alleati europei e rafforzamento dell’alleanza fra Russia e Cina.
- Spinta decisiva alla costituzione di un’alleanza in funzione anti occidentale costruita intorno ai paesi del BRICs ma non limitata a essi; spinta alla dedollarizzazione.
- L’Ucraina sta venendo completamente distrutta; conseguente crisi umanitaria.
- Molte delle armi inviate all’Ucraina sono finite sul mercato nero e, inevitabilmente, saranno acquistate anche da terroristi con conseguenze drammatiche.

Risultati Russia :
- La vittoria sull’Ucraina, nonostante gli aiuti occidentali, sembra essere vicina.
- L’idea di richiedere il pagamento in rubli per gas e petrolio si sta rivelando vincente: soprattutto in funzione anti dollaro. L’economia russa regge benissimo le sanzioni: l’eccesso di produzione sta venendo assorbito da Cina e India.
- Enorme crescita del prestigio sia Putin che della Russia che si tradurrà in maggiore influenza internazionale.
- Non solo il livello di approvazione di Putin all’interno del paese non è mai stato più alto ma anche all’estero è guardato con ammirazione.»

Quindi, tornando alle affermazioni di UUiC (che ripropongo qui di seguito):
1. Russi non immacolati né completamente dalla parte della ragione.
2. Ucraini hanno il diritto all’autodeterminazione.
3. Ucraini hanno subito gravi torti dai sovietici ed è naturale che non vogliano avere a che fare con i russi.
4. Che Putin voglia il bene dei russi non impedisce che faccia il male altrove.
5. I russi considerano l’Ucraina la Piccola Russia ma gli ucraini non si sentono parte della Russia.
(4 e 5) sono in combinazione fra loro: siccome 4 e 5 allora si è verificata la guerra in Ucraina.
6. Gli USA hanno approfittato della situazione usando gli ucraini contro la Russia.

- 1 è molto generica e quindi è quasi impossibile non essere d’accordo.
- 2 è vera: ma davvero pensiamo che l’Ucraina di oggi sia uno Stato sovrano e indipendente?
- 3 è un altro degli argomenti su cui insiste sempre UUiC: per me Russia e URSS sono due paesi totalmente diversi. L’URSS era effettivamente imperialista e vi era il comunismo; la Russia non è imperialista e vi è il capitalismo. Le differenze sarebbero molte di più ma fermiamoci alle ovvie e inequivocabili. Questo per dire che l’odio degli ucraini per i russi è stato nutrito negli ultimi decenni, probabilmente dall’indipendenza e soprattutto dopo il colpo di stato del 2014 che porta al potere un governo filo occidentale e anti russo.
Quindi sì, l’odio attuale degli ucraini per i russi è reali (e sicuramente è stato esacerbato dalla guerra) ma la sua origine non risale a fatti di 70-80 anni fa ma è molto più recente: per decenni, fino alla fine dell’URSS, russi e ucraini hanno convissuto insieme senza problemi.
- 4 è un'affermazione lapalissiana valida per qualsiasi politico: sono d’accordo per definizione.
- Anche 5 è vero ma il sentimento, almeno da parte ucraina, è stato volutamente esacerbato dal nazionalismo.
- Sul 6 potrei essere d’accordo sulla forma ma non nella sostanza: gli USA hanno sì approfittato della guerra ma, soprattutto, l’hanno progettata e provocata a partire dal colpo di stato del 2014 col “bollino” CIA…

Conclusione: pezzo inutilmente lungo, mi spiace...

sabato 11 maggio 2024

18. 6½/10

Bene oggi, in questo giorno assolutamente non speciale, avevo proprio voglia di scrivere un commento alla nuova puntata di Strabuccinator T799+: e questa è una puntata molto importante perché entra in scena Strabuccino e si capiscono un po’ di cose.
Poi, onestamente, se un lettore avesse cercato di intuire la trama probabilmente vi sarebbe riuscito: ma questo non è un giallo, non c’è da scoprire l’assassino, e solo un racconto di intrattenimento che, spero, abbia dei momenti divertenti…
Che dire: Strabuccino è il personaggio più amato da grandi e piccini. Qui ci viene presentato nella sua casa all’interno dell’albero magico che spippola al calcolatore. Non sciupo niente anticipando che sta scrivendo una recensione: per questo motivo, seguendo le norme grafiche che mi sono auto imposto, tutto il testo è racchiuso da doppie parentesi quadre: [[ Questo è un testo scritto... ]]
La sua personalità è ben nota: qui comunque si aggiungono nuovi particolari. Per esempio Strabuccino è un po’ tirchio ma poi non esita a spendere anche cifre significative in maniera non troppo logica e coerente. È pasticcione e goffo, ha un umorismo grezzo e banale: insomma è Strabuccino e sicuramente si metterà nei guai!
Non so: rileggendo la puntata forse ho rivelato anche troppo… magari era meglio se lasciavo qualcosa da svelare per il prosieguo… bo… giudicate voi!
Il coefficiente EF è basso basso, quasi nullo direi: dato la tematica comunque gli assegno 1/10...

mercoledì 8 maggio 2024

Tante epigrafi

In questi giorni mi sono dedicato alla raccolta di epigrafi per l’Epitome.
In realtà le epigrafi le prendo solo (*1) dai libri che leggo: durante la lettura mi marco i passaggi che mi sembrano adatti.
La parte noiosa e lunga è ricopiare il testo per inserirlo nel mio apposito archivio; leggermente meglio ma comunque impegnativa è la fase successiva dove devo decidere a quale capitolo/sottocapitolo associare la nuova epigrafe (anche più di uno) e assegnarli una relativa valutazione di valore alla combinazione. Contemporaneamente a questa fase inserisco i nuovi dati nella mia banca dati su archivi JSON che verranno poi usati dal mio programmino Java per creare le associazioni effettive.
Se poi ho aggiunto nuovi sottocapitoli che vanno a mutare la struttura dell’Epitome devo aggiornare allora tutti i dati della mia banca dati. Questo è un processo semiautomatico in cui devo inserire i cambiamenti fatti in uno speciale formato seguendo la cui guida poi il mio programma aggiorna i dati veri e propri.

Questa volta avevo parecchio materiale da inserire e quando mi sono reso conto che avevo un solo autore con 6 epigrafi e pochissimi con 5 ho deciso di aggiungere tutto quello che avevo trovato: di solito, con alcune eccezioni (tipo per Rawls data la lentezza della mia lettura), aspetto infatti di terminare la lettura prima di copiarne le epigrafi…

A un certo punto mi è venuto in mente di verificare come calcolavo il punteggio delle singole associazioni (intendo insieme di combinazioni epigrafe↔capitolo) e ho scoperto che non era come pensavo! Evidentemente è qualcosa che avevo pensato di fare ma che poi mi ero dimenticato di implementare…

Ogni autore ha un numero ideale di epigrafi e io calcolavo la distanza quadratica da tale valore e poi la mediavo. Usavo poi questa specie di “varianza” per dividere il punteggio.
Il problema è che qui l’autore che idealmente avrebbe dovuto avere 3 epigrafi ma ne aveva solo 1 veniva penalizzato come se ne avesse avute 5!
In realtà pensavo già di aver risolto questo problema considerando la componente di questa speciale “varianza” zero per gli autori con un numero di epigrafi minore o uguale all’ideale.

Una volta effettivamente implementata questa logica ho iniziato a vedere associazioni come avevo sempre desiderato: grande varietà ma col giusto peso (senza esagerare) agli autori più importanti!

Avevo quindi deciso che era giunto il momento per aggiornare le epigrafi dell’Epitome secondo le indicazioni del mio programma quando mi sono accorto di un problema: il sottocapitolo 20.3 non aveva epigrafe.

In realtà ben 9 sottocapitoli (8 se riesco a inserire una nuova epigrafe che ho in mente) sono senza epigrafe: alcuni sono recentissimi (e quindi non ho avuto tempo di trovare niente di adeguato) e altri sono “difficili”.
Il problema è che in questo caso un’epigrafe per il capitolo 20.3 esisterebbe, e il programma indipendentemente dal punteggio, comunque dà la precedenza ad aggiungere tutte le combinazioni possibili…
Il problema è che tale epigrafe era associabile anche al capitolo 20, che viene prima, e dove le altre epigrafi appartengono a quegli autori che già ne hanno troppe (Aristotele, Hobsbawm, Rawls, Hobbes, Machiavelli etc.).
Succede quindi che le associazioni SENZA l’epigrafe per il capitolo 20.3 (dato che l’unica possibilità è stata invece assegnata al 20) hanno un punteggio più alto di quelle che assegnerebbero ai soliti noti un’epigrafe aggiuntiva (dato che poi questa “varianza” va a modificare l’intero punteggio dell’associazione). Avevo provato infatti a disabilitare nel relativo archivio JSON l’associazione per tale epigrafe al capitolo 20 ma non è servito a niente per quanto spiegato precedentemente.

Sì, potrei brutalmente eliminare tale combinazione dell’associazione che la usa ma mi sembrerebbe un po’ di barare: voglio che il mio programma sia in grado di risolvere questi problemini automaticamente senza bisogno che io vada a fare modifiche profonde…

Quello che voglio provare a fare prima di arrendermi: aggiungere la nuova epigrafe per uno degli altri sottocapitoli che ne sono privi (non dovrebbe cambiare niente); Aggiornare il numero di epigrafi ideale per alcuni autori portandolo da 1 a 0 (ci sono pochi casi di questo tipo); rimuovere nuovamente la possibilità che per le nuove associazioni la famigerata epigrafe sia associata al capitolo 20 invece che unicamente al 20.3

Poi, una volta ottenuta la mia lista di associazioni, devo trovare una maniera efficiente per inserirle nell’Epitome… uhm… ma temo che non ci sia…

Conclusione: se tutto va bene fra qualche giorno pubblicherò la versione 1.12.1 col nome in codice “Sentenziosa”…

Nota (*1): qualche eccezione risale ai primi tempi quando aggiunsi varie epigrafi prese da un libro di aforismi (che avevo letto). Col tempo le ho eliminate quasi tutte ma qualcosa rimane là dove non ho ancora trovato alternative valide...

martedì 7 maggio 2024

17. Tripla gaffe

Premetto che questa è una delle puntate che trovo più divertenti in assoluto.
Le disavventure della Saltenberger sono tante e tali che è impossibile non provare tenerezza per questo personaggio.
L’ho già scritto in passato ma furono proprio tutte queste scene che la vedevano coinvolta a convincermi che avrei dovuto dedicarle più spazio e che mi portarono ad allungare significativamente l’intera storia rendendola un piccolo romanzo di cui Lily von Krausslofter sarebbe stata uno dei personaggi principali…

Delle imbarazzanti avventure non anticipo niente. Diciamo che contribuiscono a fare emergere aspetti machiavellici del suo carattere e a evidenziare ulteriormente il contrasto col colonnello.

L’idea alla base della scena è la disparità di trattamento riservata dal direttore Kack a lei e all’Ingegnere: mentre il secondo viene congratulato (vedi finale puntata precedente) la dottoressa viene invece considerata una “poco di buono”.

Rimane, volutamente, il dubbio sui reali sentimenti del capitano taciturno nei confronti della dottoressa Ruth von Krausslofter.

Emergono poi delle mie personali perplessità sul “lavoro di squadra” e sulla mancanza di comprensione da parte di chi dovrebbe dirigerla…

Per il voto EF voglio esagerare: 8 / 10 !

Pericolo crescente

La guerra in Ucraina va male e l'Occidente non sa più che fare per salvare almeno la faccia. Macron ha avuto la bella trovata di mandare soldati a combattere: soldati che però non sono proprio francesi dato che si tratta della legione straniera però... alla Russia questa ambiguità non sta bene. Non so cosa giri sui media italiani ma secondo le “mie” fonti i rapporti fra Russia e occidente stanno ulteriormente peggiorando.
In pratica Mosca ha convocato gli ambasciatori di vari paesi che hanno ipotizzato di mandare le proprie truppe in Ucraina e gli ha fatto sapere che, in tal caso, li considererà aggressori e di conseguenza colpirà obiettivi anche fuori dall’Ucraina per proteggersi.
Che significa “fuori dall’Ucraina”? Significa anche i centri di comando in Romania o Polonia; forse anche in Francia o UK se tali paesi manderanno truppe o daranno a Kiev armi capaci di colpire anche a grande distanza nel territorio russo. Non si escludono le nucleari tattiche…

Cosa significa l’uso di armi nucleari? In breve sarà la fine del mondo o, nel caso migliore, dell’Europa.

Ma i nostri politici non sono preoccupati e pensano che Putin stia bleffando.
Si dice che Burns (il capo della CIA) stia facendo di tutto per convincere la Casa Bianca che la minaccia è reale e che, forse, è un confine che sarebbe meglio non oltrepassare. Ma Blinken e Sullivan, badanti di Biden, hanno paura di perdere la faccia e così non è chiaro quale sarà la decisione del Presidente che, in condizioni normali, sarebbe stata scontata.

Non c’è pericolo reale? Bo, io non sarei così tranquillo: la prima guerra mondiale è cominciata per molto meno. Durante la guerra fredda più volte si è sfiorato il conflitto nucleare per semplici errori e incomprensioni: qui le possibilità per incomprensioni le stiamo volutamente moltiplicando.

E non è che abbiamo una strategia complessa che miri a chissà quali obiettivi: il problema è che siamo guidati da dei cretini irresponsabili che non sanno quello che fanno. Bambini che giocano col fuoco perché tanto, credono, a bruciarsi non saranno loro.

Personalmente non so cosa pensare: come ho scritto in passato la prudenza di Putin è stata scambiata dai nostri politici e dai media come debolezza. E i bulli non interrompono le loro angherie con chi si dimostra debole, anzi.
Contemporaneamente però Putin ha dimostrato di essere uno dei pochi adulti nella stanza: essendo interessato al bene del proprio paese (non, sfortunatamente, come i nostri politici) sicuramente non vuole la guerra. Ma, a differenza di altri, mantiene ciò che dice…

Io credo quindi che una possibile risposta di Mosca potrebbe essere colpire un centro di comando al di fuori dell’Ucraina ma non con nucleari tattiche ma con un paio di missili ipersonici.
Sarebbe una risposta sufficiente per far tornare l’Occidente sui propri passi?
Se avessimo dei politici normali sì. Ma se avessimo dei politici normali non ci saremmo ritrovati in questa situazione. In realtà i nostri guidoni si sono rivelati essere stupidi, incompetenti e impegnati a favorire gli interessi non della popolazione ma dell’apparato militare industriale.

La situazione è insomma molto grave e onestamente mi chiedo se i nostri media, ormai abituati a mentire sistematicamente, abbiano la capacità di spiegare adesso come stanno le cose.
Il loro problema è che da anni hanno portato avanti la narrativa di una Russia stremata economicamente e con soldati reclutati nelle steppe “sdentati” e armati solo di pale: ammettere che la Russia non subisce e basta ma mette dei punti fermi sarebbe corrisponderebbe a darsi dei bugiardi. Non so, magari potrebbero mascherare la richiesta sotto la maschera della "follia" di Putin. Il cane rabbioso minaccia di colpire l'Occidente non "se" ma a prescindere. Ed ecco fatta l'informazione...

Intanto BlackRock, uno degli investitori in Ucraina, è a battere cassa con Zelensky: si dice che sperasse nella conclusione della guerra l’anno scorso e che adesso si accontenterebbe invece di limitare le perdite.

Qui potrebbe subentrare un meccanismo interessante: gli ucraini credono di combattere per la propria terra e, hanno dimostrato, sono disposti a battersi con coraggio per difenderla. Sono piuttosto sicuro che non abbiano capito che le ricchezze della loro terra siano state vendute alle multinazionali occidentali. E l’obiettivo di queste ultime è quello di salvaguardare le loro proprietà: non se ne fanno di niente se queste vengono distrutte…
Ecco che dice Brecht:
«FAVRE La Guardia Nazionale, ecco la sfortuna del paese. Per patriottismo abbiamo compiuto il sacrificio di armare la teppa contro i prussiani. Ora hanno le armi… contro di noi. Lei ha ragione, però è anche vero… si potrebbe anche dire… che quella gente difende Parigi, insomma che si combatte!
THIERS Mio caro Favre, che cos’è Parigi? Tra quella gente se ne parla come d’un santuario che sarebbe meglio bruciare, piuttosto che cederlo al nemico! Ci si dimentica, però, che è composto di tante cose che hanno un valore; e chi è che lo dimentica? Chi non ha nulla! La teppaglia è pronta a far saltare tutto: tanto, non è roba loro! Urlano chiedendo petrolio: ma per le autorità, per noi, Parigi non è un simbolo: è una proprietà. Bruciarla non significa difenderla.» (*1)

Per la cronaca Thiers e Favre sono personaggi storici: il primo era il presidente francese dell’epoca mentre il secondo un importante politico. Ci sono analogie e differenze con la situazione attuale: ma… ci ho ripensato, non voglio essere pedante, giudicate voi le varie similitudini…

Insomma potrebbero essere i poteri economici a chiedere che la guerra finisca; sarebbe poi “divertente” se i soldati ucraini esigessero, una volta terminata la guerra, di non patire la fame e di avere parte delle ricchezze del paese che hanno difeso. Da noi si parlerebbe di “eccesso di democrazia” o, magari, di “interferenze russe”: ma io lo troverei molto divertente…

Conclusione: situazione pericolosissima che personalmente mi preoccupa il giusto ma che non dovrebbe far dormire sonni tranquilli a chi, a differenza di me, ha figli e si augura per loro un futuro migliore… o almeno un futuro...

Nota (*1): tratto da “I Giorni della Comune” di Bertolt Brecht, (E.) Einaudi, 1982, trad. Giulio Gatti, pag. 22.

domenica 5 maggio 2024

Un messaggio dalla Comune di Parigi

Non ricordo se ne ho scritto ma settimane fa ho iniziato e finito “I giorni della comune” di Bertolt Brecht: un libriccino di un centinaio di pagine.

Per chi non lo sapesse nel 1871 si ha la guerra fra Francia e Prussia: la Prussia a sorpresa vince e arriva con l’esercito alle porte di Parigi. Il popolo viene armato e decide di istituire la “Comune”, una vera e propria società comunista. Dopo vari mesi di assedio, e dopo che la Comune ha sprecato varie opportunità politiche per rafforzare il proprio potere, i prussiani supportati dai francesi della provincia e dai soldati, sempre francesi, precedentemente catturati danno l’assalto alla città e la conquistano. Fine della Comune.

Il messaggio centrale di Brecht è che per raggiungere certi obiettivi è necessario “sporcarsi le mani”, commettere ingiustizie e mettersi allo stesso livello dei propri nemici: ci si può permettere di essere nobili e giusti solo quando il nuovo sistema sociale ha preso a funzionare.

Ma mi limiterò a una sola citazione che mi sembra però attuale:
«Perché coloro che hanno provocato questa guerra delittuosa possono farne pagare il prezzo a chi ha sparso il suo sangue combattendo! Per poter trasformare i buoni affari di guerra in buoni affari di pace! Cittadini della Guardia! La Comune esigerà che deputati, senatori, generali, industriali e possidenti – senza dimenticarsi della Chiesa – cioè tutti i responsabili di questa guerra, adesso paghino i cinque miliardi ai prussiani, e che a questo scopo siano venduti i loro beni!» (*1)

Il punto è che la guerra non la vuole chi poi dovrà combatterla ma chi ha da guadagnarci, sia durante che dopo di essa. Non starò a ripetere qui le analogie con l’Ucraina e la guerra voluta dagli USA per finanziare il proprio apparato militare/industriale, la follia dei politici europei, il cinismo e l’ipocrisia di una guerra particolarmente insensata e che avrebbe potuto benissimo essere evitata se ce ne fosse stata la volontà. Sfortunatamente per gli ucraini (e i russi) la volontà di Washington era avere la guerra (che, probabilmente, si pensava effettivamente di poter vincere in pochi mesi).

L’altro elemento interessante è che chi ha voluto la guerra e da essa si è arricchito continuerà a guadagnarci anche dopo mentre il popolo della parte sconfitta si impoverirà.
Questo è lo scopo dell’idea di rubare i beni russi depositati in occidente e degli inutili finanziamenti a un’Ucraina già sconfitta e dall’esercito decimato: sì, da una parte si spera (forse sbagliando anche qui i calcoli) che Kiev riesca a resistere almeno fino alle elezioni americane di novembre ma, soprattutto, si vuole anche continuare a guadagnare sul “fantasma” di questa guerra.
E chi dovrà poi ripagare gli eventuali miliardi rubati alla Russia? La popolazione europea con nuove tasse e meno servizi.
E chi si è impoverito per l’inflazione dovuta all’aumento del costo dell’energia? La popolazione europea e americana…

Brecht ci insegna che ciò che avviene oggi non è l’eccezione ma la norma della guerra. Giornali e media ovviamente ci raccontano il contrario: stiamo pagando per una guerra giusta e, se non l’avessimo fatto, ora saremmo tutti più poveri o lo saremo ancora di più. La totale deformazione della realtà.

Come non ripensare a “Il mondo nuovo” di Huxley? Alla sua distopia dove il potere riesce a far credere quello che vuole alla propria popolazione in maniera che obbedisca felice di obbedire.
E lo stesso Schwab del WEF ha avuto la faccia tosta di affermare apertamente questo obiettivo: “Non possederete nulla ma sarete felici di non avere niente”. Ovviamente non sarà una felicità reale ma un’apparenza di felicità, un prodotto plastico e pubblicitario: ci verrà ripetuto costantemente che siamo felici e che siamo sciocchi e/o ingrati a pensarla diversamente.
Il giochino è già iniziato: un’altra “cima” europea (Borrell), mesi fa, ci ha raccontato che l’Europa è un giardino e che il resto del mondo è una giungla.

Incidentalmente aggiungo che nel mio sopralluogo al circolo di scacchi qui in città ho visto alla libreria sociale situata nello stesso stabile (un bellissimo ex convento) un libro potenzialmente interessante: “I neo dem” del 1982.
Il fatto che il libro sia così vecchio è sì una debolezza ma è anche una forza: credo possa essere interessante e utile capire come si vedevano i neo democratici quando all’epoca erano solo da una parte politica e il loro potere, già significativo, non era ancora completamente pervasivo. Il confronto fra l’adesso reale e l’allora teorico penso mi sarebbe utile.
Per esempio scorrendo faticosamente la quarta di copertina (ero senza occhiali) ho letto un accenno “all’eccesso di democrazia”. Suona familiare no?

L’eccesso di democrazia si ha in tutte le situazioni in cui il potere “democratico” non riesce a convincere con le buone la propria popolazione di qualcosa (che in genere sarà vantaggiosa per pochi). Il popolo vuole qualcosa ma la democrazia, “il potere del popolo”, vuole altro. Ecco che allora qui si dice che c’è troppa democrazia: quando si desidera qualcosa che il potere non vuole.

Gli esempi nell’attualità italiana, europea e statunitensi sono lampanti e non starò a ripeterli qui…

Conclusione: anni fa, quando mi lamentavo perché si iniziò a violare i principi di libertà e diritti, ammetto che mi sentivo un po’ uno stupido: amici, parenti e conoscenti mi guardavano col sorrisetto che diceva "Poverino! guarda cosa va a pensare per quella piccolezza!". Ma la logica mi diceva che violare un diritto/libertà nei suoi principi, non importa quanto sul momento per poco, era la premessa per violarlo poi nella sua sostanza. E sfortunatamente avevo ragione: se la razionalità dice nero e la speranza dice bianco allora, bene che vada, sarà grigio molto ma molto scuro.

Nota (*1): tratto da “I Giorni della Comune” di Bertolt Brecht, (E.) Einaudi, 1982, trad. Giulio Gatti, pag. 37.

venerdì 3 maggio 2024

16. Un buon esempio per tutti

Questa è una buona puntata: questa (e soprattutto la prossima!) mi convinsero a dedicare un notevole spazio aggiuntivo alla dottoressa von Krausslofter cosa che, a sua volta, portò a sconvolgere la vaga idea che avevo per la conclusione del racconto. Insomma proprio per questo si trasformò da raccontino scemo basato su pochi episodi in romanzo, sempre scemo, ma di più ampio respiro…

L’azione è di nuovo nella sala riunioni dello SHITS dove la povera dottoressa è stavolta vittima di un doppio imprevisto: da questo spunto l’autore, sempre attento al sociale, evidenzia e denuncia l’ingiusta disparità di trattamento sul luogo di lavoro per uomini e donne.

La psicologia di Ruth Lily si approfondisce con nuovi dettagli: tenta di manipolare, senza grande successo, il colonnello ma, soprattutto, si inizia a capire da sottili accenni che ha avuto un’infanzia difficile e che, proprio per questo, è particolarmente determinata ad avere successo e a crearsi una propria famiglia.

Ah! Inizia a definirsi anche la figura dell’Ingegnere appena nominato nelle precedenti puntate…

Il fattore EF (che non mi ricordo più per cosa sta esattamente…) è secondo me piuttosto alto. Diciamo 6 ½ su 10…

Superorganizzazione

L’altro pezzo che avevo da giorni da scrivere e che considero “bloccante” era su Huxley e il suo “Ritorno al mondo nuovo”: un saggio del 1958 dove commenta apertamente e fuor di metafora le proprie previsioni di 25 anni prima (beh, 26 se vogliamo essere precisi e pedanti) e ne fa di nuove.

Le previsioni tecnologiche sono sballate ma del resto se non si è esperti dei relativi campi come si fa a farle con cognizione di causa? Però quelle sociali e politiche, che sono tendenze che possiamo osservare quotidianamente se riuscissimo a rimanere oggettivi, sono decisamente interessanti e vanno a indovinare delle dinamiche che si stanno pienamente realizzando in questi anni.

In Sovrappopolazione e dittatura già scrissi della sua teoria secondo la quale sovrappopolazione e democrazia sono incompatibili perché la prima causa povertà e anarchia mentre la seconda necessità di stabilità e ricchezza per poter funzionare.

Nel capitolo “Superorganizzazione” Huxley si diverte a prevedere cosa succederà alle democrazie esistenti con la sovrappopolazione: come cioè evolveranno?

Qui giustamente individua il fattore tecnologico come l’elemento che rende possibile il sempre maggior accentramento di potere politico e ricchezza economica. Per esempio, le multinazionali gigantesche di oggi non sarebbero possibili senza i calcolatori e i progressi nei trasporti.

Huxley intuisce anche che proprio la classe media sarà la vittima principale della tecnologia perché non avrà le risorse per avvantaggiarsene a differenza dei più ricchi.
Ecco come l’autore riassume perfettamente il mondo attuale: «Questa élite impiega direttamente la forza lavorativa di milioni di cittadini nelle sue fabbriche, nei suoi uffici, nei suoi negozi, altri milioni controlla, prestando loro i soldi perché comprino i suoi prodotti; ed essendo proprietaria dei mezzi di comunicazione di massa, influenza i pensieri, sentimenti e azioni di tutti, in pratica.» (*1).

Qualche paragrafo dopo: «Noi vediamo dunque che la tecnologia moderna ha portato alla concentrazione del potere economico e politico, e alla formazione di una società controllata (spietatamente negli Stati totalitari, in modo pulito e nascosto nelle democrazie) dalla grande impresa e dal gran governo.» (*2)

Qui, a voler cercare il pelo nell’uovo, si potrebbe obiettare che nel mondo attuale la separazione fra potere politico ed economico è tale solo in apparenza ma il primo si sta dimostrando dipendente dal secondo. Inoltre il controllo “morbido” della popolazione funziona solo quando la realtà non va a contraddire direttamente la narrativa del potere: quando via via più persone si rendono conto della pressoché totale inaffidabilità dei media ecco che allora la “persuasione” gentile diventa sempre più “coercizione” anche nelle nostre “belle” democrazie occidentali. Lo vediamo oggi con la repressione nelle università americane o, in Europa, nelle norme contro il diritto d’espressione mirate a zittire tutto ciò che vada contro la narrativa dominante.

Vi è poi una bella citazione di Erich Fromm…
Non so se ricordate una mia critica a Tolle (v. Tolle... et ambula) e in misura minore a Rogers…. anzi copio e incollo che faccio prima dal mio pezzo appena citato:
«L’accenno all’illusione di felicità non è casuale ma è un effetto della mia critica principale e che ricalca il pensiero di Marcuse sulla psicologia alternativa.
Per Freud è la società moderna che causa con la sua ingiustizia inerente gli stress che, alla lunga, rendono infelici la maggioranza degli uomini.
Marcuse riconosce che effettivamente la civiltà moderna è la fonte principale dell’infelicità umana ma crede anche che sarebbe possibile rifondare una nuova società, più giusta ed egalitaria, che abbia i vantaggi del mondo attuale senza i suoi difetti.
Per operare questo cambiamento è però necessario riconoscere quali siano i problemi, le grandi ingiustizie del mondo moderno, e adoperarsi per risolverli.
Insomma per Marcuse il problema alle nevrosi dell’uomo moderno lo si risolve non curando il singolo, convincendolo che il mondo è giusto così com’è e che ci dovremmo accontentare di come stiamo: piuttosto va eliminata la fonte concreta e reale della nevrosi, ovvero le ingiustizie della società.

La spiritualità di Tolle rientra, mi pare, in questo filone di psicologia alternativa secondo la quale, essenzialmente, l’uomo deve accettare il proprio stato di infelicità, le ingiustizie che quotidianamente deve subire, e anzi convincersi che tutto ciò non è veramente importante, che non conta veramente, e accettare quindi serenamente ogni sopruso.»

La citazione di Fromm è un po’ troppo lunga fa ricopiare interamente, mi limito quindi a qualche passaggio chiave: «La nostra società occidentale […] tende a trasformarlo [l’uomo comune] in un automa che paga il suo insuccesso di uomo con una sempre più grave infermità mentale, con la disperazione che si cela sotto la frenetica corsa al lavoro e al piacere.» (*2)
E, ancore più precisamente «Attenti […] a non ridurre l’igene mentale alla semplice prevenzione dei sintomi. I sintomi, in quanto tali, sono per noi non nemici, ma amici; dov’è un sintomo, là è un conflitto, e conflitto significa sempre che forze vitali lottano ancora per l’integrazione e la felicità.» (*2)

Ottima poi la sintesi di Huxley sugli uomini cosiddetti “normali”: «Non sono normali, diciamo così, nel senso assoluto della parola; sono normali solamente in rapporto a una società profondamente anormale. Il loro perfetto adattamento a quella società anormale è la misura della loro infermità mentale.» (*3)

Prosegue poi: «[…] se fossero pienamente uomini, non dovrebbero adattarsi, ancora carezzano “l’illusione della individualità” ma di fatto sono stati in larga misura disindividualizzati. Il loro conformismo dà luogo a qualcosa che somiglia all’uniformità. Ma “uniformità e libertà” sono incompatibili.» (*4)
E qui non posso non pensare alla mia teoria (v. Sonno della ragione; grazie anche a Marco Poli citato in tale pezzo!) sull’ipnobatismo (ideologia “woke”) di cui uno degli scopi è quello si scambiare libertà illusorie con diritti reali e preziosi e di zittire chi “osa” pensarla diversamente (tendenza a uniformità).

Altro concetto interessante su cui voglio però riflettere maggiormente: «Qualsiasi cultura che, che nell’interesse dell’efficienza o in nome di un dogma religioso o politico, cerca di standardizzare l’individuo umano, commette un’offesa contro la natura biologica dell’uomo.» (*4)

Forse sarebbero da citare anche un paio di belle frasi sul pericolo per la libertà portato dalla volontà di “ordine” per superare la “confusione”. Pensate per esempio alla giustificazione speciosa della lotta alle bufale per giustificare la censura…

Conclusione: spero che le prossime pagine si rivelino MENOa interessanti altrimenti sarà difficile finire la lettura di questo saggio!

Nota (*1): tratto da "Il mondo nuovo – Ritorno al mondo nuovo" di Aldous Huxley, (E.) Mondadori, 2023, trad. Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi, pag. 266.
Nota (*2): ibidem, pag. 267.
Nota (*3): ibidem, pag. 267-268.
Nota (*4): ibidem, pag. 268.

giovedì 2 maggio 2024

La borghesia (1/2)

Sono tornato in città ma sto tardando a riadattarmi. Almeno è tornata la pioggia e non fa troppo caldo.
Comunque ho ignorato il mio ghiribizzo (e quelli altrui) perché ho rivolto il mio tempo libero allo studio degli scacchi. L’esito è ancora difficile da giudicare oggettivamente: se riesco stasera farò un salto a un circolo con persone in carne e ossa per farmene un’idea…

Ma oggi voglio scrivere il pezzo sul capitolo sulla borghesia di Hobsbawm che ormai è in attesa da giorni e che mi impedisce di proseguirne la lettura. Vabbè, sono io che non voglio riprendere a leggerlo prima di aver scritto questo pezzo! Come ho già spiegato, scriverci sopra un pezzo mi aiuta a memorizzare i diversi concetti e, contemporaneamente, io non leggo tanto per girare le pagine ma per assimilare nuove idee.

Chiaramente così a memoria non ricordo i vari dettagli che mi avevano colpito ma mi basterà ripercorrere le mie note a margine: procediamo quindi con ordine!

Il capitolo in questione è il VII, “Le incertezze della borghesia”, ed è diviso in sei sottocapitoli.

1. Il primo sottocapitolo fa una panoramica di cosa era la borghesia a cavallo fra XIX e XX secolo fino alla prima guerra mondiale. In realtà questa è l’essenza del capitolo e nei successivi sottocapitoli semplicemente si approfondiranno questi vari aspetti.
Il punto è che le “incertezze” da cui parte Hobsbawm sono di natura esistenziale: la borghesia proprio negli anni del suo successo maggiore perde la propria identità e non sa più riconoscersi.
Ipotizzo si tratti di un effetto simile a quello della legge dell’implosione ([E] 5.12): quando un potere cresce troppo la sua coesione interna si spezza e, nella pratica, si divide in nuovi potere.
Va poi ricordato che la borghesia, non basata su un gruppo omogeneo e uniforme, equivale a quelli che ho definito “gruppo aggregato” ([E] 3.8; novità della versione “Bohciaociao”). Sempre secondo la mia teoria i gruppi aggregati hanno quattro principali debolezze: 1. minor coesione; 2. difficoltà di comunicazione interna; 3. minor capacità decisionale; 4. difficoltà a gestire informazione condivisa (che in realtà si sovrappone ai punti 2 e 3).
Nello specifico i ricchissimi, nella sostanza se non nel nome, uscirono fuori da questa classe mentre i borghesi più poveri cercavano di differenziarsi dalla classe media. Questo lo si vede nelle abitazioni e nello stile di vita in genere (mia nota “vita privata non separata da esibizione status e affermazione sociale”). La tendenza era però a una separazione fra vita privata e pubblica per 4 motivi: la democratizzazione (con perdita di influenza politica diretta a scapito dei movimenti di massa); il maggior tempo libero; evoluzione famiglia (e ruolo donna); espansione del gruppo con aggiunte “dal basso”.
Sì, credo proprio che la trasformazione della borghesia descritta da Hobsbawm equivalga in effetti al fenomeno dell’implosione: non è un caso che l’opera precedente dell’autore fosse intitolata “Il trionfo della borghesia”. L’aver accumulato troppo potere in un gruppo non omogeneo e relativamente numeroso porta alla sua sostanziale dissoluzione.
Credo che (mia opinione non di Hobsbawm) fu in questo periodo che le classi più alte, i super ricchi, si resero conto che non era più conveniente per loro collaborare su un piano di parità con i semplicemente ricchi e, per questo, iniziarono a differenziarsi trasformandosi in un gruppo di influenza non più diretta ma indiretta. Da questo punto di vista fondamentale è il processo di democratizzazione citato da Hobsbawm: se i partiti liberali non erano più in grado di governare direttamente allora conveniva passare a tipi di influenza indiretta, dietro le quinte cioè.
Ovviamente si tratta di un processo plurigenerazionale che iniziò e procedette a velocità diverse nei vari paesi occidentali e i cui riverberi si fanno tuttora sentire (con la degenerazione totale della democrazia non si ha più una semplice influenza sul potere politico ma la sua totale manipolazione dietro al paravento dell’apparente legittimità democratica).

2. Parto con una citazione da cui mi sento tirare in ballo: «La sociologia […] è afflitta tuttora da interminabili e inconcludenti discussioni sulla classe e sullo status sociali, dovute all’inclinazione dei suoi cultori a riclassificare la popolazione nel modo più conveniente alle loro convinzioni ideologiche.» (*1)
Il merito della mia divisione in gruppi (e poteri) è che è basata su due parametri oggettivi: il grado di apertura e di autonomia a cui si sovrappone il grado di coesione meno facile da valutare. È un po’ quello che scrivo in [E] C.1: la mia scomposizione della società è valida per ogni società di ogni epoca e a diversi livelli di dettaglio mentre, per esempio, quella di Marx funziona per il XIX e XX secolo ma non per i precedenti e il XXI.
Come si intuisce dalla citazione sopraddetta il sottocapitolo è tutto incentrato sui labili confini della borghesia con vari fattori e tendenze che si sovrappongono: il declino dell’aristocrazia tradizionale ma l’emergere di un’aristocrazia del denaro ma analoga incertezza anche fra borghesia e classe media. Nella borghesia tradizionale si ha l’immagine tradizionale dell’imprenditore che fonda la propria industria ma che dire dell’alto dirigente stipendiato? È un impiegato come gli altri stipendiati o un borghese? E chi lavorava nel settore terziario? Qui il lavoro non era manuale ed era richiesto un titolo di studio superiore ma la paga era poco superiore a quella di un operaio…

3. A causa della generale ambiguità e aspetto polimorfo della borghesia andarono sviluppandosi dei criteri ufficiosi di appartenenza: 1. stile di vita; 2. tempo libero e (nuova invenzione dell’epoca) sport; 3. grado di istruzione.
Secondo Hobsbawm il più importante di questi criteri è il terzo, il grado di istruzione, e anzi secondo l’autore è “tuttora” il principale. Ho virgolettato il “tuttora” perché Hobsbawm scrive questo libro negli anni ‘80 mentre oggi non mi pare più così: la tendenza è l’eliminazione della borghesia e della classe media mentre il criterio fondamentale è (conseguenza del profittismo, [E] 14.4) il conto in banca. Del resto anche la “cultura” (compresa la scienza) oggi sta venendo “sterilizzata” e subordinata alla narrativa dominante: sempre più nozionismo e meno formazione individuo.
Interessante è anche la sottolineatura dell’importanza sociale di condividere particolari scuole esclusive per i legami che si formano fra gli studenti e che, anche negli anni della maturità, vengono sfruttate per aiutarsi reciprocamente (Hobsbawm presenta delle statistiche molto interessanti). Io vi vedo una parte di creazione di epomiti locali ([E] 6.3) e in parte di creazione di una sorta di microsocietà ([E] 22.1).
Da notare che all’epoca l’istruzione superiore era molto utile, soprattutto per trovare lavoro nella crescente burocrazia, ma soprattutto l’istruzione universitaria era veicolo di avanzamento sociale garantito. Capisco così i miei nonni paterni (nati a fine XIX e inizio XX secolo) che fecero studiare e laureare i tre figli anche se all’epoca, ormai anni ‘50, la laurea aveva assunto il peso di un diploma di mezzo secolo precedente…
Per non parlare di adesso in cui spesso, specialmente alcune lauree, sono sinonimo di disoccupazione, altro che avanzamento sociale! Ma come detto siamo nell’epoca del profittismo…

Pensavo/speravo di riuscire a concludere il capitolo con un unico pezzo ma ormai ho scritto abbastanza: vorrà dire che ci tornerò fra qualche giorno…

Conclusione: col senno di poi mi sembra che l’elemento più saliente (dal mio punto di vista “epitocentrico”!) di questo capitolo sia la comprensione che la borghesia è un esempio di gruppo aggregato e dell’effetto della legge dell’implosione….

Nota (*1): tratto da “L’età degli imperi” di Hobsbawm, (E.) Laterza, 2005, tradotto da Franco Salvatorelli, pag. 197.