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mercoledì 15 maggio 2024

Superorganizzazione 2

Sarò bravo visto che mi sono tolto il peso di aver completato la nuova versione “Gnomica” dell’Epitome adesso ne approfitto per scrivere un po’ di “Ritorno al mondo nuovo” di Huxley: veramente anche troppo ricco di spunti!

Devo finire di commentare il capitolo sulla Superorganizzazione (v. l’omonimo Superorganizzazione).

Oramai ho perso un po’ il filo delle argomentazioni di Huxley quindi mi limiterò a commentare le mie note: vengono pezzi frammentari ma non necessariamente brutti…

A pochi mesi dall’inizio della pandemia, nella primavera del 2020, cominciai a riflettere sulle disposizioni di quarantena: in sintesi le trovavo eccessive nel senso che sembravano considerare la popolazione come composta da bambini irresponsabili e che quindi, per prevenire il comportamento sconsiderato di pochi, si ordinavano regole draconiane che colpivano tutti.
All’epoca non ero contrario alla quarantena (le ricerche che dimostrarono la sua sostanziale inutilità arrivarono molto dopo così come la confutazione di quelle basate su “modelli” (*1)) ma piuttosto alla sua rigidità che non lasciava spazio al buon senso individuale.
Arrivai alla conclusione che la popolazione non avrebbe dovuto essere obbligata ma resa più responsabile.

Il mio punto di partenza era: “Mettere insieme questi tre elementi (la libertà individuale, il valore intrinseco della libertà e l’esigenza di non diffondere la malattia) non è facile. La mia sensazione è che adesso, almeno in Italia, si stia eccedendo nella limitazione della libertà individuale: in parte per ragioni politiche, ovvero per nascondere lo scarso successo della quarantena criminalizzando i cittadini, e in parte, suppongo, in buona fede non sapendo che altro fare.”

La mia ricetta sarebbe stata dare più responsabilità alla popolazione: “Probabilmente io sarei per concedere più libertà, e quindi responsabilità, ai cittadini.”

E poi facevo un esempio: “Vuoi andare a trovare la fidanzata o i genitori che vivono altrove? Va bene: purché si sia pienamente consapevoli, da ambo le parti, dei rischi: ovvero se tu o loro avete avuto sintomi influenzali anche lievi nelle ultime due settimane potreste essere infetti e mettere quindi a rischio la salute dei rispettivi nuclei familiari. Ma se tu, la fidanzata e i genitori (e i rispettivi nuclei familiari) ne siete consapevoli allora ci dovrebbe essere la libertà di incontrarsi.
È evidente che, per leggerezza o errori di valutazioni, avremmo dei contagi e anche morti in più ma personalmente lo riterrei un prezzo equo per il valore della libertà.”

Il pezzo in questione è Libertà e salute ma ho la forte sensazione di essere poi ritornato più specificamente sulla relazione fra libertà e responsabilità.

Tornando a Huxley, che lo ripeto scrive nel 1958, la tendenza che avverte nella società occidentale è invece diversa: meno libertà individuale e più uniformità. Scrive «Ma la vita nelle grandi città non dà luogo alla salute mentale (ecco infatti la più alta incidenza della schizofrenia si ha proprio nei formicai dei quartieri urbani poveri); né sollecita quel tipo di libertà responsabile entro un gruppo capace di autogovernarsi, che è la condizione prima della democrazia effettiva.» (*2)

Ormai più lucidamente ho capito, e la gestione della pandemia mi è stata particolarmente istruttiva, che la tendenza è quella di ridurre la libertà e, di conseguenza, la responsabilità individuale.
Togliere la facoltà di scegliere equivale infatti a eliminare la necessità di essere responsabili: nessuna decisione significativa ci viene lasciata, dobbiamo limitarci a ubbidire. Contemporaneamente ci vengono date libertà illusorie e irrilevanti come scegliere il proprio pronome.
La pandemia ha solo esasperato ed evidenziato questo fenomeno.

Secondo Huxley (1958) si va formando una nuova etica le cui parole chiave sono: «adeguamento, adattamento, condotta socialmente orientata, appartenenza, acquisizione di capacità sociali, lavoro di squadra, vita di gruppo, lealtà di gruppo, dinamica di gruppo, pensiero di gruppo, creatività di gruppo.» (*3)
E poco dopo spiega: «il complesso sociale ha maggiore importanza e significato delle parti individuali; le differenze biologiche innate debbono sacrificarsi all’uniformità culturale» (*3).
E aggiungo che adesso siamo giunti perfino al paradosso di negare la realtà delle differenze biologiche individuali: ovvero la negazione della razionalità, il ritorno a un fideismo antiscientifico.

Perfetta questa sintesi: «Evidentemente l’odierna etica sociale altro non è se non una giustificazione a posteriori di alcuni effetti indesiderabili della superorganizzazione. È un pietoso tentativo di fare di necessità virtù, di trarre un valore positivo da un dato di fatto quanto mai negativo. È un sistema etico assai poco realistico, e quindi assai pericoloso.» (*4)

La ciliegina sulla torta è una considerazione filosofica che chiaramente ricalca il pensiero di Kant: «Mettere l’organizzazione davanti alla persona significa subordinare il fine al mezzo.» (*4)

Kant scrive nel XVIII secolo: questa è l’essenza dell’illuminismo, l’uomo è il fine non il mezzo, che ci ha portato alle libertà individuali. Ma ora, nella nostra gretta mentalità utilitaristica, nell’era del profittismo ([E] 14.4), il fine è divenuto il denaro e l’uomo il mezzo.

Così Huxley spiega il futuro distopico della propria visione: un potere apparentemente benevolo che non usa la violenza ma una persuasione occulta, subliminale e pervasiva: «Sotto le ben più efficienti dittature di domani ci sarà probabilmente meno violenza che sotto Hitler o Stalin. I soggetti di queste dittature saranno irregimentati, senza dolore, da squadre di addestratissimi ingegneri sociali.» (*5)

Ma, si potrebbe obiettare, gli intellettuali non tradiranno i propri principi etici, denunceranno eventuali abusi della scienza se questa è impiegata contro la popolazione. Più in generale chi informa la popolazione quando la scienza viene abusata?
Sfortunatamente abbiamo visto, sebbene in campo medico e non sociale/psicologico, che i principi degli scienziati si sciolgono come neve al sole quando avrebbero il dovere di combattere contro gli abusi da parte del potere della loro scienza.
Ma Huxley non è un idealista ingenuo quanto me: «Alla domanda “Quis custodiet custodes?”, cioè chi farà la guardia ai guardiani, chi regolerà l’ingegno agli ingegneri?, si risponde, con un blando sorriso, che non occorrono supervisori. Commovente la convinzione che pare diffusa fra i professori di sociologia: cioè che i professori di sociologia non si lasceranno mai corrompere dal potere.» (*5)

Conclusione: vorrei divorare rapidamente questo saggio ma la necessità di memorizzarne le idee mi fa procedere come una lumaca...

Nota (*1): nella mia modesta esperienza di simulazioni sono arrivato a concludere che le possiamo considerare equivalenti alle statistiche nel senso che è facile fargli dire tutto e il suo contrario. Dipende tutto dalla volontà di chi decide le impostazioni del modello…
Sembra che in media 9 su 10 di quelli usati durante la pandemia (spesso usati per giustificare la quarantena) fossero sballati.
Nota (*2): tratto da "Il mondo nuovo – Ritorno al mondo nuovo" di Aldous Huxley, (E.) Mondadori, 2023, trad. Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi, pag. 270.
Nota (*3): ibidem, pag. 271.
Nota (*4): ibidem, pag. 273.
Nota (*5): ibidem, pag. 274.

2 commenti:

  1. > la vita nelle grandi città non dà luogo alla salute mentale

    Dunque vengo a sapere che il pensiero di Huxley è molto vicino al mio: l'artificializzazione subita dalla maggior parte degli inurbati nuoce loro in termini di salute, corporea, mentale, spirituale, cognitiva.

    Per me, para-rutale, provinciale, reazionario al peggio, è chiaro da molto tempo.

    Addirittura da quando vivevo in Lombardia, facendo parte ed osservando le moltitudini umane che ad ogni fine settimana fuggono, cisti quel che costi, dalle orribili conurbazioni distopiche che contribuiscono a creare, peggiorare, estendere.
    Ecco, un tumore da cui fuggire e di cui sei parte.
    UUiC

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    1. Beh, non è solo il pensiero di Huxley: già per Freud la società moderna è inevitabile fonte di stress, quando non vere e proprie malattie mentali, per la grande maggioranza delle persone...

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