L’altro pezzo che avevo da giorni da scrivere e che considero “bloccante” era su Huxley e il suo “Ritorno al mondo nuovo”: un saggio del 1958 dove commenta apertamente e fuor di metafora le proprie previsioni di 25 anni prima (beh, 26 se vogliamo essere precisi e pedanti) e ne fa di nuove.
Le previsioni tecnologiche sono sballate ma del resto se non si è esperti dei relativi campi come si fa a farle con cognizione di causa? Però quelle sociali e politiche, che sono tendenze che possiamo osservare quotidianamente se riuscissimo a rimanere oggettivi, sono decisamente interessanti e vanno a indovinare delle dinamiche che si stanno pienamente realizzando in questi anni.
In Sovrappopolazione e dittatura già scrissi della sua teoria secondo la quale sovrappopolazione e democrazia sono incompatibili perché la prima causa povertà e anarchia mentre la seconda necessità di stabilità e ricchezza per poter funzionare.
Nel capitolo “Superorganizzazione” Huxley si diverte a prevedere cosa succederà alle democrazie esistenti con la sovrappopolazione: come cioè evolveranno?
Qui giustamente individua il fattore tecnologico come l’elemento che rende possibile il sempre maggior accentramento di potere politico e ricchezza economica. Per esempio, le multinazionali gigantesche di oggi non sarebbero possibili senza i calcolatori e i progressi nei trasporti.
Huxley intuisce anche che proprio la classe media sarà la vittima principale della tecnologia perché non avrà le risorse per avvantaggiarsene a differenza dei più ricchi.
Ecco come l’autore riassume perfettamente il mondo attuale: «Questa élite impiega direttamente la forza lavorativa di milioni di cittadini nelle sue fabbriche, nei suoi uffici, nei suoi negozi, altri milioni controlla, prestando loro i soldi perché comprino i suoi prodotti; ed essendo proprietaria dei mezzi di comunicazione di massa, influenza i pensieri, sentimenti e azioni di tutti, in pratica.» (*1).
Qualche paragrafo dopo: «Noi vediamo dunque che la tecnologia moderna ha portato alla concentrazione del potere economico e politico, e alla formazione di una società controllata (spietatamente negli Stati totalitari, in modo pulito e nascosto nelle democrazie) dalla grande impresa e dal gran governo.» (*2)
Qui, a voler cercare il pelo nell’uovo, si potrebbe obiettare che nel mondo attuale la separazione fra potere politico ed economico è tale solo in apparenza ma il primo si sta dimostrando dipendente dal secondo. Inoltre il controllo “morbido” della popolazione funziona solo quando la realtà non va a contraddire direttamente la narrativa del potere: quando via via più persone si rendono conto della pressoché totale inaffidabilità dei media ecco che allora la “persuasione” gentile diventa sempre più “coercizione” anche nelle nostre “belle” democrazie occidentali. Lo vediamo oggi con la repressione nelle università americane o, in Europa, nelle norme contro il diritto d’espressione mirate a zittire tutto ciò che vada contro la narrativa dominante.
Vi è poi una bella citazione di Erich Fromm…
Non so se ricordate una mia critica a Tolle (v. Tolle... et ambula) e in misura minore a Rogers…. anzi copio e incollo che faccio prima dal mio pezzo appena citato:
«L’accenno all’illusione di felicità non è casuale ma è un effetto della mia critica principale e che ricalca il pensiero di Marcuse sulla psicologia alternativa.
Per Freud è la società moderna che causa con la sua ingiustizia inerente gli stress che, alla lunga, rendono infelici la maggioranza degli uomini.
Marcuse riconosce che effettivamente la civiltà moderna è la fonte principale dell’infelicità umana ma crede anche che sarebbe possibile rifondare una nuova società, più giusta ed egalitaria, che abbia i vantaggi del mondo attuale senza i suoi difetti.
Per operare questo cambiamento è però necessario riconoscere quali siano i problemi, le grandi ingiustizie del mondo moderno, e adoperarsi per risolverli.
Insomma per Marcuse il problema alle nevrosi dell’uomo moderno lo si risolve non curando il singolo, convincendolo che il mondo è giusto così com’è e che ci dovremmo accontentare di come stiamo: piuttosto va eliminata la fonte concreta e reale della nevrosi, ovvero le ingiustizie della società.
La spiritualità di Tolle rientra, mi pare, in questo filone di psicologia alternativa secondo la quale, essenzialmente, l’uomo deve accettare il proprio stato di infelicità, le ingiustizie che quotidianamente deve subire, e anzi convincersi che tutto ciò non è veramente importante, che non conta veramente, e accettare quindi serenamente ogni sopruso.»
La citazione di Fromm è un po’ troppo lunga fa ricopiare interamente, mi limito quindi a qualche passaggio chiave: «La nostra società occidentale […] tende a trasformarlo [l’uomo comune] in un automa che paga il suo insuccesso di uomo con una sempre più grave infermità mentale, con la disperazione che si cela sotto la frenetica corsa al lavoro e al piacere.» (*2)
E, ancore più precisamente «Attenti […] a non ridurre l’igene mentale alla semplice prevenzione dei sintomi. I sintomi, in quanto tali, sono per noi non nemici, ma amici; dov’è un sintomo, là è un conflitto, e conflitto significa sempre che forze vitali lottano ancora per l’integrazione e la felicità.» (*2)
Ottima poi la sintesi di Huxley sugli uomini cosiddetti “normali”: «Non sono normali, diciamo così, nel senso assoluto della parola; sono normali solamente in rapporto a una società profondamente anormale. Il loro perfetto adattamento a quella società anormale è la misura della loro infermità mentale.» (*3)
Prosegue poi: «[…] se fossero pienamente uomini, non dovrebbero adattarsi, ancora carezzano “l’illusione della individualità” ma di fatto sono stati in larga misura disindividualizzati. Il loro conformismo dà luogo a qualcosa che somiglia all’uniformità. Ma “uniformità e libertà” sono incompatibili.» (*4)
E qui non posso non pensare alla mia teoria (v. Sonno della ragione; grazie anche a Marco Poli citato in tale pezzo!) sull’ipnobatismo (ideologia “woke”) di cui uno degli scopi è quello si scambiare libertà illusorie con diritti reali e preziosi e di zittire chi “osa” pensarla diversamente (tendenza a uniformità).
Altro concetto interessante su cui voglio però riflettere maggiormente: «Qualsiasi cultura che, che nell’interesse dell’efficienza o in nome di un dogma religioso o politico, cerca di standardizzare l’individuo umano, commette un’offesa contro la natura biologica dell’uomo.» (*4)
Forse sarebbero da citare anche un paio di belle frasi sul pericolo per la libertà portato dalla volontà di “ordine” per superare la “confusione”. Pensate per esempio alla giustificazione speciosa della lotta alle bufale per giustificare la censura…
Conclusione: spero che le prossime pagine si rivelino MENOa interessanti altrimenti sarà difficile finire la lettura di questo saggio!
Nota (*1): tratto da "Il mondo nuovo – Ritorno al mondo nuovo" di Aldous Huxley, (E.) Mondadori, 2023, trad. Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi, pag. 266.
Nota (*2): ibidem, pag. 267.
Nota (*3): ibidem, pag. 267-268.
Nota (*4): ibidem, pag. 268.
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