Anche oggi un pezzo di "dovere" con però un pizzico di piacevole autoreferenzialità...
Ormai da un mesetto o forse più sono in debito di un aggiornamento su "Tipi psicologici" di Jung.
In realtà dopo un capitolo piacevole e comprensibile sono alle prese con uno alquanto difficile e, diciamocelo, fuffoso. Probabilmente è a me che pare fuffa perché mi mancano le conoscenze per capire a fondo il pensiero di Jung ma è anche un limite del libro che, per tutti i motivi che ho più volte elencato in passato, fatica a farsi capire da chi già non conosce discretamente la teoria dell'autore.
Diciamo quindi che leggo e capisco/intuisco un 50% delle idee di Jung: non molto ma meglio di niente.
Un elemento interessante è la teoria della libido che, come al solito, non è spiegata passo passo ma l'ho intuita (magari fraintendendola) indirettamente.
La libido io l'ho capita come una specie di energia nervosa, suppongo sovrapponibile agli impulsi sessuali ma non limitata a essi, che è una componente essenziale della nostra psiche. La sua "posizione" nella nostra mente è fra l'inconscio e il conscio in base al nostro tipo psicologico: l'estroverso la proietta all'esterno, sull'oggetto, l'introverso all'interno su se stesso.
Però la libido è anche un'energia, una motivazione, una voglia che permette di fare. Interessanti le analogie con l'atto riproduttivo che porta alla creazione per eccellenza: una nuova vita.
A seconda della sua "posizione" nella nostra psiche la libido può essere sublimata, cioè reindirizzata, verso altri scopi creativi che richiedono energia.
Jung spiega con numerosi esempi vari tipi di trasformazione di questa energia ma non sarei sincero dicendo che sono chiari e comprensibili! Io, nel mio piccolo, li capisco come trasferimenti di energia (in senso lato: voglia di fare, volontà, fantasia, creatività etc.) nella nostra mente.
Quando capii (o pensai di farlo!) questa teoria di Jung non potei fare a meno di pensare alla genesi del mio racconto di Strabuccinator che sto pubblicando sul ghiribizzo Strabuccino Noccioloduro. Come nel più trito degli stereotipi, nell'estate del 2022, presi una cotta paurosa per una ragazza con, a occhio, la metà dei miei anni. Fortunatamente non riuscivo neppure a immaginarmi uno scenario realistico, per quanto improbabile, che vedesse intrecciarsi le nostre vite. E io ho una buona fantasia: molto buona quando voglio!
Che fare quindi: come superare la lacerazione interiore, questa sì reale, che mi tormentava e frustrava?
Ebbene ebbi la felice intuizione, che Jung sicuramente avrebbe approvato (*1), di crearmi una storia di fantasia, palesemente di fantasia, in cui il mio brutto e sfortunato alter ego, Strabuccino, vivesse una felice e lieta storia d'amore con l'alter ego di tale ragazza: la bellissima Zozzapanna, la protagonista della seconda parte del mio racconto!
Ecco che sostenuto dalle ali della mia libido, più o meno inconscia, sono riuscito a creare un'opera che, anche se sicuramente non sarà apprezzata come merita a causa del suo argomento troppo esplicito, è a mio avviso estremamente brillante e meritevole.
E l'esperimento funzionò: riuscii a trasferire tutta questa mia energia che non avevo la possibilità di esprimere costruttivamente nel mondo reale in questa mia opera di fantasia: in questa maniera riuscii a superare quello che era un vero e proprio patimento interiore. In realtà ogni tanto il pensiero/ricordo di Zozzapanna riemerge più o meno intensamente ma ora ho capito che fare e, quando il desiderio si fa più struggente, penso a un seguito per Strabuccinator.
Anzi se la motivazione fosse sufficiente, ma non lo è neppure lontanamente, avrei già abbastanza materiale e idee per iniziare a scrivere un seguito!
E Hobsbawm che c'entra?
Beh, con Strabuccino/Strabuccinator niente! Il collegamento è con Jung...
Di Hobsbawm ho letto un nuovo capitolo sulla "donna" di fine XIX e inizio XX secolo, di cui forse scriverò a parte, e ho iniziato oggi un capitolo sull'arte dello stesso periodo.
Le mie obiezioni sono le stesse che feci a suo tempo per il capitolo equivalente ne "Il secolo breve": cosa c'entra l'arte con la storia?
Un'arte che poi, oltretutto, si distacca sempre più, a partire proprio dall'inizio del XX secolo, dal comune sentire.
Ebbene Jung mi dà la risposta che forse era sfuggita anche allo stesso Hobsbawm. Ho scritto "forse" perché lo storico non spiega esplicitamente il valore e la funzione di questo capitolo sull'arte nel suo percorso di interpretazione storica di un'epoca; ma è però possibile che lo abbia fatto altrove e che qui lo dia semplicemente per scontato. Magari sono io così lontano dall'arte da non essere stato in grado di comprenderne autonomamente il significato storico...
Ebbene secondo Jung l'artista attinge le proprie immagini, quelle che poi vengono trasformate in opere d'arte, dal proprio inconscio: ma si tratta di immagini (in senso lato, quindi idee o intuizioni) non prettamente sue ma che sono comuni alla psiche collettiva. La psiche collettiva è una specie di mente comune dove pensieri e opinioni sono condivise dalla popolazione: sono, in altre parole, l'anima del tempo di una certa società. Nella mia terminologia si tratta di epomiti.
In altre parole l'arte permette di accedere all'inconscio della popolazione coeva all'artista: di capirne, o almeno di intuirne, non i pensieri consci (che vengono espressi esplicitamente nei testi del tempo) ma quelli inconsci: come le paure, le speranze recondite o i fatti che più ci turbano...
Questo è il valore dell'arte per lo storico: lo studio delle opere d'arte gli permette di intuire (perché l'inconscio non si può capire con la ragione ma solo intuire col cuore) l'anima del tempo.
Se questa mia interpretazione è corretta allora quando l'arte viene compresa solo parzialmente dalla popolazione significa che essa non attinge più dall'inconscio collettivo. Ciò è sicuramente avvenuto per alcune forme d'arte moderna, come la pittura o la scultura, ma il XX secolo ci ha portato il cinema e sono proprio le pellicole cinematografiche, più di altri tipi di opere d'arte classiche, le creazioni che si rivolgono al grande pubblico e che, proprio per questo, maggiormente risuonano degli aneliti e dei sospiri dell'anima dell'uomo moderno.
Certo, anche della cinematografia ne esistono tante declinazione: c'è l'opera rivolta a un pubblico globale e che, proprio per questo, attingerà ai desideri più superficiali e diffusi dell'uomo moderno: il successo in tutte le sue forme, in genere economico e di potere per gli uomini, romantico per le donne. Ma poi ci sono le opere più di nicchia che comunque anche se apprezate da un pubblico più ristretto riflettono comunque il sentire di una fascia significativa di popolazione.
Insomma la relazione fra arte e storia esiste ma, diciamo nell'ultimo secolo, il legame è divenuto più sottile: spesso l'opera pensata per la massa, come alcuni film o serie televisive, non vuole esprimerne i sentimenti ma spingerla a un conformismo degli ideali proponendo ed esaltando quelli accettabili all'uomo moderno. Insomma l'arte diviene uno strumento di propaganda...
Conclusione: sono a casa e sto dormendo tanto: mi sembra che questa maggiore tranquillità si possa leggere anche in ciò che scrivo, vero? Eventuali errori ortografici dipendono invece dal fatto che scrivo su Notepad di Windows e che vedo male lo schermo!
Nota (*1): in realtà scherzo! Suppongo però che Jung avrebbe trovato il mio "caso" interessante...
Il figlio della Concetta
8 ore fa
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