«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

martedì 31 dicembre 2019

Battletech

Qualche giorno fa, per “colpa” dei saldi di Steam, ho comprato Battletech, essenzialmente un gioco di battaglie tattiche fra “mech”, ovvero robottoni di svariate tonnellate.
In realtà Steam me lo consigliava da parecchio tempo ma io ero piuttosto scettico: invece mi sono dovuto ricredere. Ho scoperto che le regole sono basate su un gioco da tavolo di circa 35 anni fa e io avevo giocato a lungo su una versione per calcolatore gratuita di tale gioco durante gli anni dell’università con un mio amico (ricordavo anche il “Locust” un piccolo mech molto comune).
Chiaramente all’epoca il gioco era bidimensionale mentre adesso, sebbene a turni, è tridimensionale e animato: chiaramente l’emozione e le risate fatte tanti anni fa non si ripetono ma il nuovo gioco è fatto molto bene…

L’episodio più divertente? In una missione dovevo distruggere uno specifico mech: dopo una grande battaglia aveva deciso di scappare via ed era più veloce dei miei; allora nel tentativo disperato di fermarlo gli sono saltato addosso (si può fare!) con un piccolo “Spider”. Risultato: il mio Spider si è fracassato le gambe e poi si è distrutto rimbalzando sull’avversario molto più grosso (un “Wolverine”)!
Mi ha fatto ridere: fosse successo giocandoci col mio amico ci avremmo riso per settimane!

Manifesta utopia - 31/12/2019
Ieri (ho meglio stanotte) ho finito di leggere Il manifesto del partito comunista: buona lettura che mette perfettamente in evidenza i limiti di un’ideologia ritenuta credibile solo per l’apparente successo dell’URSS.
Ci scriverò un pezzo sopra immagino ma onestamente non c’è molto altro da aggiungere se non le coincidenze della storia che di tanto in tanto sembrano venire studiate a tavolino: episodi normalmente minori si gonfiano di importanza e i loro effetti si riverberano nel tempo.

Resta poi vivissima l’istanza reale e concreta di una larga parte dell’umanità sfruttata con immenso guadagno da pochissimi: il problema di questi decenni è che il tracollo dell’URSS ha trascinato con sé anche questi ideali e, contemporaneamente, ha contribuito a esaltare l’ideologia liberista e iper-liberista…
Il comunismo identificava benissimo i sintomi e le cause del problema ma la sua soluzione a esso era completamente sballata.

2020 - 1/1/2020
Uhm…
Non mi fido di questo 2020: il numero doppio non mi piace: mi ricorda le persone col doppio cognome: tutte “de sinistra”, “antifasciste” con l’erre moscia, caviale e champagne

Attenti quindi al 19/1, 18/2, 17/3 etc...

Nazismo, fascismo, comunismo e Barbero - 2/1/2020
Breve video che condivido al 100%:
Differenze significative tra Nazismo, Fascismo e Comunismo (Alessandro Barbero)

IZ back? - 2/1/2020
Solo per dire che la mia sensazione è che Ibrahimović farà un buco nell’acqua al Milan.
Come sapete sono molto scettico sui giocatori molto “anziani”: Ronaldo (l’anno scorso) e Ribery (almeno fino all’infortunio) se la sono cavata ma provenivano entrambi da campionati seri.
Ibrahimović torna invece dagli USA: me lo immagino fermo in campo con gli avversari che gli girano intorno. Certo il tiro gli sarà rimasto ma dubito che riesca a segnare su azione…
Comunque vedremo: in questo caso non mi dispiacerebbe essere smentito...

venerdì 27 dicembre 2019

Criptocrazie

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.4.0 "Versailles").

Su FB un amico ha pubblicato il seguente meme (*1):

Lo ha commentato scrivendo che, anche da noi, il concetto espresso sarebbe applicabile. La sua affermazione e il meme sono però stati giudicati da alcuni lettori come delle “banalizzazioni”.

Io penso invece che il meme sia proprio sbagliato: non perché semplifichi troppo ma perché nasconde il vero problema di fondo.

Volevo partire da un esempio di cui avevo già scritto qui sul ghiribizzo ma mi sono poi ricordato di averne accennato solo nell’Epitome, scrivendo delle democrazie minori e delle nuove colonie ([E] 14.4 e 14.5). Copio e incollo: «In passato, a una riflessione superficiale, le popolazioni delle democrazie minori dell'Africa o del Sud America con governi “democratici” di tipo occidentale potevano essere erroneamente considerate responsabili della scelta dei loro cattivi governi, sostanzialmente incapaci di garantire la crescita del benessere dei propri cittadini: certo, la scarsa cultura democratica e il basso livello medio di istruzione non aiutavano nella scelta al momento del voto, ma adesso dovrebbe essere chiaro a tutti che il problema di fondo era, ed è, la mancanza di alternative concrete: qualsiasi partito avesse vinto le elezioni sarebbe cambiato poco o nulla: le democrazie minori per loro natura sono infatti particolarmente suscettibili alle influenze esterne e adottano quindi politiche tendenzialmente contro l'interesse dei propri cittadini indipendentemente dal loro colore politico apparente.»

In realtà che gli africani “votassero male” e fossero quindi corresponsabili delle difficoltà delle loro nazioni è stato a lungo un mio pregiudizio: adesso credo che votare “bene” possa aiutare ma solo quando esiste un partito valido. Quando, come nelle democrazie minori, quello che cambia sono sostanzialmente solo le bandiere allora NON è possibile votare “bene”.
In una democrazia minore, qualsiasi partito vinca le elezioni, tenderà a fare gli interessi non degli elettori ma dei parapoteri economici o politici esteri.

Come spiego nell’Epitome l’attuale democrazia sta attraversando una fase di crisi ([E] 14) e tutte le democrazie occidentali stanno attraversando una vera e propria fase di degenerazione, più o meno accentuata in base ai relativi paesi, che sta trasformandole in criptocrazie ([E] 12.6) sostanzialmente analoghe alle democrazie minori.
In altre parole la tendenza è quella dell’omologazione dei vari partiti fra loro che, al di là delle parole e di piccole sfumature, si vanno a schiacciare sull’ideologia liberista della prima globalizzazione ([E] 12.3) e su quella iperliberista della seconda ([E] 12.4).

Ciò è parzialmente vero anche per gli USA, cioè perfino là dove la democrazia è più forte: a parte l’eccezione Trump, che considero più come un populista di tipo sovranista ([E] 13.3), fra repubblicani e democratici non c’è una differenza sostanziale.
Non si tratta quindi di scegliere i “bravi” politici: qualsiasi scelta fatta porterà a una politica a favore delle multinazionali spesso anche a scapito della democratastenia ([E] 4.4) locale.
L’Italia è invece, ormai dal 2010 (governo Monti) una vera e propria criptocrazia: qualsiasi partito tradizionale è uguale agli altri; il M5S è poi un populismo apparente ([E] 13.4; in pratica interscambiabile quindi con un partito sistemico) mentre solo per la Lega vi è una qualche speranza che sia un populismo reale ([E] 13.4).

Conclusione: e ora mi si profila l’arduo compito di riassumere tutte queste idee in un unico commento che NON faccia riferimento alla mie Epitome…
Ovviamente sarò costretto a semplificare troppo banalizzando a mia volta: dopo tutto questo è proprio uno dei motivi per cui ho scritto l’Epitome: avere un documento unico a cui fare riferimento...

Nota (*1): che spero non abbia copyright!

Che Baba soddisfazione!

La mattina esercito il cervello col gioco Baba is You (v. Baba is KGB): che soddisfazione quando riesco a risolvere un nuovo schema in un attimo quando magari, la volta precedente, l’avevo studiato a lungo senza capirci niente: dà una piacevolissima sensazione di progresso!

Analisi scatologica - 27/12/2019
Propongo il collegamento a un articolo di Veneziani su Conte che mi ha fatto morire dal ridere: suggerisco però ai sostenitori “dell’avvocato del popolo” di non leggerlo perché ci rimarrebbero male…
Conte, il personaggio dell’ano da MarcelloVeneziani.com

Dove stiamo andando - 27/12/2019
Per chi ha perso la bussola della storia ecco due collegamenti che danno la direzione a cui punta il vero fascismo moderno.

DIEGO FUSARO: Il manganello algoritmico. Chiusa la pagina Vox Italiae sulle reti sociali
dal canale YouTube Diego Fusaro

Facebook rimuove un’intervista di Affari Italiani per una frase su Mussolini. Il direttore: “Se c’è un fascismo è quello di chi censura” di Beatrice Manca da IlFattoQuotidiano.it

Per semplificare le indagini degli eventuali lettori fornisco direttamente la pagina Wikipedia relativo al vecchio “fascista” intervistato: Franco Loi

giovedì 26 dicembre 2019

Marx attacks!

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.4.0 "Versailles").

Ho letto appena una ventina di pagine del Manifesto del partito comunista (in totale sono una cinquantina) e ammetto di essere un po’ confuso. Mi chiedo se il problema è che fu scritto a quattro mani (Maex ed Engels): due persone, per quanto affiatate, la penseranno sempre in maniera leggermente diversa.
Probabilmente conta anche la giovane età dei due, 28 e 30 anni, quando gli ideali predominano sulla logica.

Intendiamoci: condivido moltissime idee a partire dalla lettura della situazione sociale dell’epoca e delle tendenze storiche. In particolare il globalismo (che in genere chiamano “cosmopolitismo”) guidato dalla volontà del capitale di avere nuovi mercati è attualissima: l’UE ne è un frutto evidente.
Non sono d’accordo nella semplificazione storica tutta incentrata sui mezzi di produzione: la mia teoria sui diversi tipi di gruppi è molto più generale, completa e corretta. L’interpretazione di Marx/Engels descrive benissimo la società del tempo ma si adatta male al passato e al futuro, il nostro presente.
Infine, e questo è l’aspetto più grave, condivido la lettura dei mali del tempo ma non la ricetta per curarli: l’abolizione della proprietà privata e la dittatura del proletariato.

I problemi derivanti dall’abolizione della proprietà privata sono innumerevoli e uno, forse il più critico, è pure presentato nel testo: senza la proprietà privata non ci sarebbe forse il pericolo che la pigrizia umana prenda il sopravvento? Perché infatti qualcuno dovrebbe impegnarsi al massimo se poi non ci guadagnerebbe niente al farlo?
La risposta di Marx ed Engels è una specie di sofisma: «Si è obiettato che con l’eliminazione della proprietà privata ogni attività cesserebbe e prenderebbe piede una pigrizia generale.
Se così fosse, la società borghese dovrebbe essere da tempo andata in rovina a causa della pigrizia; perché quelli che lavorano non guadagnano e quelli che qui guadagnano non lavorano.
» (*1)

È una risposta che aggira il vero nocciolo della questione, la pigrizia sociale (un limite umano ben reale: v. Proletariato e democratastenia), la ridicolizza ed evita di controbattere. Di nuovo credo dipenda dall’età degli autori: prima i principi e poi la logica.

I punti altrettanto nebulosi e incerti sono molti ma quello di gran lunga più grave è l’incertezza di cosa si intenda per “borghesia”: problema non da poco visto che la prima parte dell’opera è intitolata “Borghesi e proletari” e tutta l’esposizione si basa sul confronto fra queste due parti sociali.
Nelle note (di Engels) è spiegato che con borghesia si intende chi controlla i mezzi di produzione che io ho “tradotto” con “chi possiede le fabbriche: capitalisti se sono grandi, o imprenditori se sono piccoli”.
Benissimo: però qualche paragrafo dopo sono considerati capitalisti anche il padrone di casa, il bottegaio, l’uomo del "banco dei pegni” e così via. Poi di nuovo si parla di borghesi intendendo gli industriali subito dopo però di nuovo si intende anche il piccolissimo proprietario e così via per tutto il capitolo. Chiaro che partendo con un’ambiguità così grande tutto il resto rimane ancor più fumoso e incerto: di nuovo predominano gli ideali sulla chiarezza espositiva.

Credo che una delle cause alla base di questa incertezza ci sia l’errore di dividere la società in solo due uniche classi, la borghesia e il proletariato, quando invece i gruppi che la compongono (almeno secondo la mia teoria!) sono innumerevoli. Quello che succede è che ai parapoteri, all’alta borghesia, vengono assimilati quelli che io considero i poteri medi. Per Marx quindi abbiamo da una parte il proletariato, potere debole, e dall’altra la borghesia (parapoteri o poteri forti) “rimpolpata” dai poteri medi (dal piccolo commerciante al contadino con il proprio podere).
Secondo la mia teoria invece in opposizione ai parapoteri vi è la democratastenia la quale è composta dai poteri medi insieme ai poteri deboli.

Capisco benissimo che, culturalmente, specialmente nel XIX secolo gli appartenenti ai poteri medi si sentissero molto più vicini, anche ideologicamente, ai parapoteri dell’epoca (*2). Per questo l’obiettivo di Marx avrebbe dovuto essere quello di far comprendere ai poteri medi di essere in realtà più affini al proletariato che all’alta borghesia (*3).
Invece Marx schierandosi contro i poteri medi ha regalato ai parapoteri degli alleati utili e potenti, in grado di controbilanciare con relativa facilità il proletariato, e ha così condannato il comunismo all’insuccesso.

Perché poi il comunismo, ponendosi in opposizione ai poteri medi, volendoli schiacciare come fossero parapoteri, finisce per combattere un’ingiustizia palese con un’ingiustizia più sottile, palliata da giustizia.

Ah! dimenticavo la “dittatura del proletariato”: sicuramente un’etichetta molto affascinante ed evocativa ma come realizzarla in pratica? Il sistema suggerito da Gramsci (circa 70 anni dopo il Manifesto) è chiaramente ispirato all’esperienza sovietica: si basa su una piramide di delegati che, partendo dai “soviet” locali, eleggono rappresentanti che a loro volta eleggono i propri rappresentanti e così via fino ad arrivare al “Soviet Supremo”.
Può funzionare un simile sistema? La mia teoria dice chiaramente che non è possibile: la legge della rappresentatività con le relative condizioni di rappresentatività imperfetta ([E] 5.8 e 11.4) afferma che, più livelli di distanza ci sono fra potere delegato e potere rappresentato e maggiore sarà la differenza fra i relativi obiettivi e interessi.
Già con un solo livello di delega, per esempio i cittadini che eleggono direttamente i propri rappresentanti in Parlamento, il sistema tende a funzionare male: aggiungere ulteriori livelli intermedi fra democratastenia e potere politico equivale a condannarsi a un totale insuccesso.

Conclusione: sicuramente ci tornerò a lettura ultimata ma per il momento il comunismo, sebbene motivato da ideali altissimi (l’uguaglianza e la giustizia fra gli uomini) mi pare vittima di grandi contraddizioni e incertezze. Paradossalmente ho la sensazione che il fortuito successo della rivoluzione russa abbia estremamente nuociuto alla causa del comunismo facendo apparire possibile, sostenibile e vincente un’utopia basata invece su logiche fallaci.
Ora (e questa idea necessiterebbe di un pezzo a sé stante) siamo in una fase storica in cui la caduta dell’URSS ha trascinato con sé non solo il comunismo ma anche gli ideali da cui questo prendeva spunto; al contrario l’unica ideologia ritenuta giusta e vincente è quella del liberismo sfrenato dove i ricchi divengono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Ma è un’illusione storica! Gli ideali che il comunismo cercava maldestramente di difendere sono giusti mentre l’ideologia liberista, in cui si confonde effimero benessere con giustizia, è sbagliata.
Anche qui, per rendersene conto, non so quale abisso dovremmo toccare prima di iniziare a risalire: quanto palesi dovranno essere le ingiustizie prima di scuotere l’uomo comune dal suo torpore e indifferenza?

Nota (*1): tratto dal Manifesto del partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, (E.) Feltrinelli, 2017, trad. Enrico Donaggio e Peter Kammerer.
Nota (*2): c’era la naturale tendenza ad aspirare a entrare a farne parte, a imitarla e a farne propri gli ideali.
Nota (*3): sicuramente non facile: bisogna considerare le condizioni di vita del proletariato del tempo (1848) dove, almeno in Inghilterra, si festeggia l’aver conseguito da poco il limite delle 10 ore di lavoro giornaliere e dove il lavoro minorile è ancora la norma. È facile immaginare che il bottegaio si sentisse molto più vicino, come stile di vita, a un ricco industriale che a uomini sfruttati come bestie.

martedì 24 dicembre 2019

Verità a pagamento

Qualche giorno fa ho avuto un’intuizione piuttosto interessante: non ho idea se sia corretta o meno perché non ho i mezzi (informazioni) necessari per confermarla o smentirla ma, sicuramente, ha tutti i crismi della verosimiglianza. Per questo rimarrò vigile e attento nella speranza di imbattermi, presto o tardi, in qualche dato concreto…

Prima però voglio raccontare un mio vecchio aneddoto seguito da un’osservazione molto più recente. Ma partiamo dall’aneddoto.

All’epoca avevo circa 6 anni, massimo 7, ed era da poco arrivato in Italia l’Atari 2600. Io ne ero un’entusiasta e compravo fin dalla prima uscita la rivista “Videogiochi” dove venivano descritti i nuovi titoli in uscita. Era una rivista molto bella con la copertina colorata e lucida e ogni gioco che vi veniva recensito mi sembrava bellissimo…
Un giorno feci vedere queste mie riviste, che mi sembravano dei tesori, a mia zia che, per nulla impressionata, mi chiese “Ma come fai a sapere che queste recensioni sono affidabili e non pagate da chi produce i giochi?”. All’epoca rimasi per qualche secondo interdetto ma poi le replicai: “No! No! Le recensioni sono affidabili perché se non lo fossero nessuno comprerebbe più la rivista!”.
Inutile dire che mia zia aveva ragione: le recensioni di “Videogiochi” trasformavano qualsiasi porcheria in un capolavoro! All’epoca ero semplicemente troppo suggestionabile per rendermene conto…

Più recentemente, nel 2018, Dazn ha comprato parte dei diritti televisivi del campionato di calcio di Serie A col risultato di far inca###re molti appassionati che si sono ritrovati, per continuare a vedere tutte le partite, a dover fare un doppio abbonamento.
Ancora nelle prime settimane del campionato scorso un ascoltatore chiese l’opinione dell’ospite di Radiosportiva (il Cecchi) sull’argomento: questi rispose di essere molto contrariato e che, probabilmente, non avrebbe fatto l’abbonamento a Dazn.
Io, che seguivo per radio, ebbi la netta sensazione che alla franca risposta del Cecchi fosse calato per un attimo il gelo nello studio. L’argomento fu presto cambiato e da allora, in oltre un anno e mezzo, non mi è più capitato di ascoltare una sola voce contraria a questo aumento (almeno per chi voglia seguire tutte le partite) indiretto dei costi per i telespettatori.

Ed eccomi finalmente giunto al nocciolo di questo pezzo: su Sky abbonda la cosiddetta “Pubblicità Progresso”.
E che significa?
Per scoprirlo basta congiungere i puntini precedenti… e aggiungere qualche particolare taciuto!

La radio passava anche la pubblicità di Dazn. Ecco quindi la logica: non si parla male dei clienti che ci pagano. Di conseguenza nessuna critica a Dazn.

Per la pubblicità progresso è la stessa cosa: il governo paga la pubblicità quindi non si parla male del governo. È una maniera per barattare denaro per consenso.

Il vero messaggio delle pubblicità progresso non è la banalità o il luogo comune del suo contenuto (*1) quanto piuttosto le critiche che vengono taciute o, al contrario, le lodi insincere.

Ovviamente questa mia intuizione è solo un’ipotesi: poi magari scoprirò che Sky (ma lo stesso vale per tutte le televisioni, radio, quotidiani e riviste) offre gratuitamente questi spazi pubblicitari.

E il mio vecchio aneddoto cosa c’entra?
Beh, non moltissimo in effetti, se non che, adesso mi è ovvio, i giornali o meglio i media in genere, trattano l’informazione come una merce: la verità è secondaria. Essi vendono quello che vogliono i loro clienti. Mi occorsero anni (una quindicina direi) per impararlo ma adesso mi è ovvio e non mi faccio imbrogliare così facilmente: valuto sempre quale siano gli interessi di chi fornisce un giudizio...

Conclusione: vedremo: starò con occhi e orecchi aperti sull’argomento... resta il fatto che non è solo la pubblicità a essere a pagamento ma anche la "verità".

Nota (*1): tipo quella che i bambini, nella loro innocenza, sono spesso più saggi degli adulti...

lunedì 23 dicembre 2019

Memoria e intelligenza

Non ho mai considerato la memoria collegata all’intelligenza: mi sembrava una funzione passiva, statica, legata più al sapere che al comprendere e al ragionare.
Perché poi chi sa e ha studiato non significa, ovviamente, che sia anche particolarmente intelligente (*1). È una banalità ma lo scoprii relativamente tardi, più o meno all’epoca delle medie o poco dopo, e me lo fece notare indirettamente mio padre.
Incontrammo, dopo una decina d’anni, il figlio dei nostri vicini contadini di quando vivevamo in campagna (io avevo fra 2 e 5 anni): mio padre ne aveva un’ottima opinione e mi disse di considerarlo intelligentissimo nonostante non avesse mai studiato.

Recentemente sto però iniziando a riconsiderare l’importanza della memoria nell’intelligenza: mi chiedo infatti quali sarebbero i miei ragionamenti se non ricordassi tutti i dettagli letti, visti o sentiti nel corso degli anni: riuscirei comunque a ricostruire i miei rocamboleschi collegamenti?
Inizio a pensare che non ne sarei capace: sarei costretto a un orizzonte più limitato…

Non so se potrei arrivare, magari impiegando più tempo, alle medesime conclusioni: la logica direbbe che non sarebbe possibile: dati diversi, conclusioni diverse.
Ecco, forse la memoria non fa direttamente parte dell’intelligenza ma sicuramente ne facilita il lavoro: semplicemente perché ci mette a nostra disposizione più elementi; poi sta all’intelligenza trovare la maniera di se e come usarli… è come con il Lego, più mattoncini si hanno a propria disposizione e più facile diventa fare delle belle costruzioni!

Io, per adesso, sono messo abbastanza bene a memoria: un po’ sono fissato e da anni ormai mi esercito con Anki (e già dopo qualche mese si inizia a notare la differenza). Soprattutto ho un’ottima memoria visiva. Certo non è più perfetta come ho avuto fino a circa vent’anni: eppure, lo vedo confrontandomi con i miei amici di lunga data, ricordo moltissimi più dettagli di loro.

Un problema di una buona memoria è che il “presente” si dilata nel passato: soprattutto emotivamente è difficile andare avanti. I miei sentimenti restano più vivi nel tempo il che, la maggior parte delle volte, significa che si soffre più a lungo…

Conclusione: pezzo un po’ noioso temo… ma il convento oggi passa questo...

Nota (*1): nel mio piccolo ho scoperto che un mio compagno delle elementari, non particolarmente brillante (anzi!) ma dotato di ottima memoria, è diventato medico!

mercoledì 18 dicembre 2019

Sardine e tonni

Un collegamento trovato su FB: Le Sardine, ultimo prodotto dell’incultura di massa di Corrado Ocone su CentroMachiavelli.com

Che dire? Mi sembrano concetti abbastanza condivisibili…
Riguardo la buona fede delle sardine farei però un distinguo fra gli organizzatori e la massa: sulla buona fede della seconda non ho dubbi, su quella degli organizzatori invece sì. Ho la sensazione che già dall’inizio avessero l’intento di sfruttare politicamente a vantaggio del PD l’eventuale consenso (*1) ricevuto nelle piazze. Sul riferimento a Gramsci sono d’accordo.

Comunque la parola chiave è “incoltura di massa” ovvero la cultura formata dalla televisione e dalle reti sociali. Intendiamoci: caratteristica di gran parte della società italiana: a sinistra e a destra.

Nota (*1): consenso che credo andato oltre le loro aspettative: è una misura di quante persone, pur odiando a torto o a ragione Salvini, non si riconoscano nella sinistra tradizionale targata PD.

The Witcher - 21/12/2019
The Witcher è un gioco per il calcolatore (ce ne sono almeno tre diverse incarnazioni) che conosco ma che non mi appassiona (bella l’ambientazione ma troppo d’azione per i miei gusti e, soprattutto, riflessi)…
Invece in questi giorni mi sono letteralmente “bevuto” la serie televisiva su Netflix: davvero piacevole, begli effetti speciali e con personaggi ben definiti. Interessante e intelligente, anche la scelta di seguire due storie distanziate nel tempo che solo sul finale si congiungono. Così riescono a dare profondità ai personaggi ma senza annoiare.

Quantità - 21/12/2019
Buffo: lo scorso mese avevo un sacco di idee e ho scritto pezzi con una frequenza che da anni non avevo, adesso invece sono improvvisamente in una fase di stanca…
Ieri avevo scritto anche un pezzo su una vecchia idea sul denaro ma non ho avuto voglia di finirlo: mi sembra senza senso, troppo astratto…

In realtà, come in tutto ciò che faccio, sono molto umorale: lo scorso mese, forse perché stavo finendo la nuova versione dell’Epitome, ero pieno di energia ed entusiasmo. Adesso sono nella fase di rimbalzo: la mia fatica è stata accolta, se possibile, con maggior disinteresse del solito: non mi pare che abbia raccolto nemmeno un “mi piace” su FB dove, come sempre, l’avevo annunciata.

Ma ho deciso che, se non ho voglia di scrivere, non lo farò: semplicemente non avrebbe senso...

Troppa fiducia? - 22/12/2019
Riflessione breve che ho in mente da settimane ma che mi dimentico sempre di scrivere!

Mi chiedevo quanto abbia influito sull’evoluzione dell’UE la diversa mentalità con cui si sono approcciate a essa le popolazione del nord e del sud Europa.
Nel nord, e in particolare in Olanda e Germania, c’era la paura di venire sfruttate come bancomat; al sud invece c’era una fiducia ingenua e totale: sicuramente quello che sarebbe venuto dall’UE non avrebbe potuto essere peggio del presente.
Questo ha poi portato, in fase di gestione politica comune, a una maggiore attenzione alle proprie esigenze le nazioni del nord e a un catastrofico disinteresse quelle del sud.
Col tempo ci hanno preso gusto: del resto “l’UE sbilanciata” funzionava e parecchi stati del sud, l’Italia in primis, si facevano fregare sistematicamente a tutto vantaggio di quelle del nord. E così l’ingiustizia è divenuta prassi e normalità.
In altre parole i politici del nord Europa, al contrario di quelli del sud, hanno sempre anteposto gli interessi della propria nazione a quelli dell’UE: e il risultato si vede.
Ora che, almeno in Italia (ma anche altrove), vi è un partito che vorrebbe lavorare in Europa come da sempre hanno fatto Germania & C., ecco che viene tacciato di “sovranismo” (*1)...

Nota (*1): vabbè, anche di razzismo, nazismo, fascismo e altri -ismi con cui, in mancanza di elementi concreti, si cerca in Italia di combattere l’avversario politico.

Dimenticavo... - 22/12/2019
… ho finito “Scritti politici 1” di Gramsci: l’ho trovato molto interessante anche se il fanatismo che traspare fa paura…
Essendo poi diviso in articoli la sua qualità è variabile: soprattutto quelli che parlano della cronaca politica del tempo sono superati e difficili da seguire, altri invece restano validi e interessanti.
Forse leggerò anche gli altri due volumi ma non a breve: l’idea di Gramsci me la sono già fatta e credo sia giusto dare la priorità ad altri argomenti.

Stamani ho in realtà già iniziato il “Manifesto del partito comunista” di Marx ed Engels: ho letto la premessa all’edizione italiana (pubblicata, mi pare, circa 40 dopo l’originale). Niente di che: si citano le insurrezioni del 1848 e Dante...

martedì 17 dicembre 2019

La primissima globalizzazione

Insonnia, uffa. Probabilmente perché ho mangiato troppo salato ieri sera.

Varie idee per racconti: pensavo a uno “Strabuccino e Spinpetala” ma non ho troppa voglia di scriverlo…

Allora ne approfitto per citare Gramsci: la globalizzazione «è l’ideologia propria del capitalismo moderno, che vuole liberare l’individuo da ogni ceppo autoritario collettivo dipendente da strutture economiche precapitalistiche, per instaurare la cosmopoli borghese in funzione di una più sfrenata gara all’arricchimento individuale, possibile solo con la caduta dei monopoli nazionali dei mercati del mondo». (*2)

Ovviamente Gramsci non si riferiva alla globalizzazione ma alla Società delle Nazioni voluta dal presidente Wilson: però il concetto non l’ho travisato. Gramsci vede già in quegli anni (si tratta di un articolo appena successivo alla conclusione della prima guerra mondiale, quindi immagino scritto intorno al 1920) il germe di quella che sarà la tendenza più forte nella società occidentale, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra.
In pratica Gramsci vede in questa istituzione sovranazionale il grimaldello con cui il capitalismo/liberismo cerca di penetrare in tutto il mondo diventando ideologia dominante: non certo per il bene dell’umanità ma semplicemente per favorire il guadagno di pochi.

Mi chiedo cosa penserebbe Gramsci di questa UE tutta incentrata sull’economia e che vede la popolazione, i proletari di Gramsci o la mia democratastenia, essenzialmente come consumatori…

Non solo. Gramsci intravede anche come le grandi multinazionali possano andare a sovrapporsi a piccoli stati. Per chi ha letto l’epitome è ovvio (*1) ma per l’epoca si tratta di un’altra ottima intuizione.
Cito: «Lo Stato capitalista è la Società delle Nazioni, Stato di classe squisitamente cosmopolita com’è il capitalismo. Gli organi efficienti e storici della Società delle Nazioni sono gli aggruppamenti industriali, o Soviet dei capitalisti. In Italia è nato il primo Soviet dei capitalisti, la Fiat di Giovanni Agnelli, piccolo Stato locale con polizia propria, con un organo giudiziario preventivo proprio, con una legge «generale» propria...» (*2).

Ho la sensazione che Gramsci fosse leggermente ironico a paragonare la FIAT a un piccolo stato ma la tendenza che intuisce è in realtà corretta…

E, come detto, non si tratta di accenna sporadici: Gramsci ritorna più volte, in diversi articoli, su questi concetti. Vede chiaramente che il vento del liberismo più sfrenato soffia dagli USA e ne è giustamente sospettoso: non si fa abbagliare, come accadrà poi a gran parte della società italiana (e non solo), dal successo economico e non confonde la prosperità con la giustizia.

Di nuovo trovo stupefacente come Gramsci abbia una sensibilità acutissima nell’intuire tendenze invisibili ai più ma che, contemporaneamente, sia praticamente cieco riguardo ai limiti e alle ingiustizie del comunismo.
Probabilmente, a causa del suo altissimo spessore intellettuale, ha trascinato con sé nell’errore gran parte della sinistra italiana: immagino sia stato il trionfo del comunismo in Russia ad averlo “radicalizzato”, a togliergli ogni incertezza.

Conclusione: tranquilli ho quasi finito “Scritti Politici 1” (e quindi Gramsci) perché non credo che inizierò presto gli altri volumi!

Nota (*1): i parapoteri sono soprattutto tali e c’è poca distinzione fra parapoteri economici e politici (sono entrambi gruppi chiusi e autonomi) perché questi collaborano massimamente fra loro e si scambiano favori all’occorrenza.
Nota (*2): frammento di “Scritti politici 1” di Antonio Gramsci, tratto dall’omonimo e-book pubblicato su Liber Liber e curato da Paolo Spriano.

lunedì 16 dicembre 2019

Programmone

Quale dovrebbe essere la priorità dell’Italia? Oppure: se aveste una bacchetta magica quale problema risolvereste?

Ci sarebbe l’economia visto che se a livello macroeconomico spariscono decine di miliardi poi ne rimangono meno per tutto il resto.
Oppure ci sarebbe il lavoro: mal retribuito, scarso quando non assente per i giovani, e con sempre meno diritti per il lavoratore.
O magari la giustizia? Processi interminabili, sentenze che non corrispondono alla morale del paese, penitenziari pieni, delinquenti arrestati e subito rilasciati…
Anche la sanità pubblica, sempre più abbandonata a se stessa per favorire indirettamente quella privata, potrebbe meritare la nostra attenzione: quante vite si potrebbero salvare con una sanità migliore?
Oppure l’istruzione, da cui dipende la cultura e la formazione delle nuove generazioni ma sulla quale non si investe mai, con scuole fatiscenti (quando non pericolanti) e senza mezzi…
Oppure le infrastrutture, la messa in sicurezza del suolo, l’inquinamento, la protezione dell’ambiente (non rubate il futuro a Greta!), la lotta alla criminalità organizzata o la gestione dell’immigrazione (*1).

Insomma di problemi ce ne sarebbero anche troppi: ci sarebbe semmai il problema di decidere da dove partire, a quali dare la priorità, quali cioè cercare di risolvere per primi.
Data l’abbondanza non dovrebbe essere difficile inventarsi un programma, magari utopistico, che miri a risolvere uno o più dei problemi sopraelencati.
Invece no: le intelligenze crepuscolari delle sardine, dopo un mesetto di riflessione, hanno alla fine partorito un mini programma in 6 punti di cui i primi 5 sono delle forme più o meno dirette di censura mentre il sesto propone l’abrogazione del decreto sicurezza di Salvini (*2). Vedi Il programma delle Sardine, dopo la manifestazione a Roma: «Il nostro obiettivo è superiore al 25%» di Fabrizio Caccia da Corriere.it

Gli italiani quindi, secondo le Sardine, hanno solo bisogno di meno libertà. Per la precisione la loro logica è un po’ più “astuta”: sono evidentemente partiti dall’osservazione della comunicazione di Salvini e hanno deciso di proporre (anzi pretendere!) tutta una serie di vincoli per limitarla.
Nelle loro intelligenze crepuscolari il problema principale dell’Italia è che la Lega riscuote successo non perché approccia le problematiche in maniera diversa dagli altri e con proposte concrete ma solo grazie alle bufale.
Non c’è quindi necessità di proposte alternative, magari migliori di quelle di Salvini, ma semplicemente si devono eliminare le bufale: il resto va bene così, anzi, viva il MES, viva l’UE che ci ha donato 100 anni di pace e che ci ha resi tutti più ricchi facendoci pure lavorare di meno (*3)…

Del resto è conoscenze comune che dal niente non nasce niente. Nel paradosso di un movimento basato sull’antinomia di avere come principio ispiratore l’essere contro l’odio ma che poi riesce a coagulare in qualcosa di concreto la sua diafana essenza solo nell’odio contro Salvini, è ovvio che dietro al sorriso del suo giovane promotore, Mattia Santori, non potesse esserci altro: cioè il vuoto. Dietro cioè la corrusca chiostra dentale di Mattia non c’è un’intelligenza politica ma, evidentemente, egli è solo un utile burattino: una faccia allegra e simpatica che piace nonostante la totale assenza di contenuti.

Ci sarebbe poi da commentare l’uso del verbo “pretendere” al posto di “proporre” (o simili). Esso mostra chiaramente la protervia di chi è certo di possedere la verità, chi predica tolleranza, ma non ha alcun rispetto per le idee diverse dalle proprie. Chi dà del fascista a chi ha la colpa di pensarla diversamente ma poi è il primo a proporre più censura (ovvero meno libertà), a voler limitare l’attività politica dell’opposizione (“avete il diritto di parlare ma non di essere ascoltati”) e che non vuole democraticamente “proporre” ma che “pretende”. E i “fascisti” sarebbero gli altri, eh?

Conclusione: davvero non mi pare che ci sia bisogno di aggiungere altro… Sarei solo curioso di saperne di più sull’ambiente culturale e famigliare di Mattia: così, per completare il quadro psicologico che mi sono fatto di lui. Non mi stupirei se provenisse da una delle famiglie più ricche di Bologna...

Nota (*1): si può discutere se i porti debbano essere aperti o chiusi ma credo che tutti siano d’accordo che l'immigrazione andrebbe comunque essere gestita meglio, oltre l'emergenza, no?
Nota (*2): ma i decreti non sono a tempo con scadenza automatica se non convertiti in legge? Allora di che si preoccupano le Sardine? Sicuramente PD e M5S (il problema del resto è solo la Lega) modificheranno opportunamente o faranno decadere tale decreto…
Nota (*3): beh, in effetti l’UE è riuscita a farci lavorare meno: la disoccupazione, soprattutto giovanile, è alle stelle...

sabato 14 dicembre 2019

Gramsci sul calcio

No, scherzo! Per adesso basta pezzi su Gramsci!
Di seguito solo qualche mia osservazione calcistica in ordine sparso...

Gattuso a Napoli: a mio parere il problema non era tecnico ma nel rapporto venutosi a creare fra giocatori e presidente che, con le sue denunce, ha esacerbato il confronto con i suoi dipendenti. Secondo me i calciatori del Napoli danno il massimo in Champions perché questo è nel loro interesse e gli dà visibilità internazionale ma in campionato ormai sono demotivati. Immagino che la maggior parte di loro vede ormai il proprio futuro lontano da Napoli e, quindi, magari anche per ragioni inconsce, non riescono a dare il massimo.
Se la mia diagnosi è corretta allora Gattuso potrà fare ben poco per cambiare la situazione: dubito quindi in un recupero significativo del Napoli che, ormai, mi pare destinato a lottare per la zona UEFA.

Sulla Fiorentina 1: a inizio anno avevo pronosticato che la Fiorentina avrebbe lottato per la salvezza a causa di Montella. Mi ero poi reso conto di aver sottovalutato Ribery (giudicato troppo vecchio) e Castrovilli (semplicemente ignoto): mettendo insieme Ribery + Chiesa + Castrovilli avevo “calcolato” che con loro la Fiorentina avesse circa 1,5 uomini in più in campo e quindi compensasse l’uomo in meno dato da Montella: per questo avevo aggiustato il tiro mettendo la squadra viola a metà classifica. Subito dopo questa mia previsione Ribery è stato squalificato per tre giornate e, successivamente, si è seriamente infortunato; contemporaneamente a Chiesa è venuto il classico “mal di pancia”: risultato la Fiorentina è ripiombata nella parte bassa della classifica…

Sulla Fiorentina 2: sente nomi di possibili allenatori terribili. A me sarebbe piaciuto Gattuso ma ha preferito il Napoli; anche Spalletti non sarebbe male ma bisogna capire qual è la sua situazione con l’Inter. Fra i nomi “terribili” Di Biagio, Pochettino (in realtà questo non lo conosco ma mi fido del giudizio del giornalista Cecchi) ma soprattutto Prandelli (AKA Brandelli nei pezzi più vecchi di questo sito) che addirittura sembra essere quello più papabile.
Comunque se prendono Prandelli io smetto di guardare la Fiorentina: non mi voglio fare cattivo sangue. Magari registrerò le partite guardando poi solo quelle che si vincono (una giocata, l’altra squadra in dieci per più di un tempo…).

Mancini e l’Italia: chi mi segue da tempo forse ricorderà che non sono un’entusiasta di Mancini che, anzi, ritengo molto sopravvalutato. Però da quando allena la nazionale non l’ho criticato. Il motivo è che avevo apprezzato il suo valutare molti giocatori: secondo me è proprio quello che deve fare un selezionatore: scegliere i “pezzi” migliori per costruire una squadra.
In seguito sono arrivati anche i “risultati” sebbene contro avversari debolissimi.
In definitiva mi pare che Mancini stia facendo bene ma mi aspetto comunque un’Italia debole: per qualche motivo Immobile non segna come nella Lazio e senza attaccanti che fanno gol (vedi Fiorentina) non si va da nessuna parte.

Sulla Francia: riguardo le nazionali mi chiedevo come mai la Francia faccia così bene ai mondiali ma poi i suoi giocatori stentino nelle squadre di lega. Ho una teoria molto semplice: secondo me i giocatori con grandi mezzi fisici, come sono in generale quelli francesi, funzionano facilmente messi insieme in una nazionale senza bisogno di grandi schemi. Al contrario quelli più tecnici (penso all’Argentina di Messi) avrebbero bisogno di più tempo per amalgamarsi insieme.

Lazio e Atalanta: Come ho più volte scritto seguo poco la Lazio perché è una squadra che mi è del tutto indifferente (non antipatica ma semplicemente neutra) mentre invece provo grande simpatia per l’Atalanta. Il motivo credo risieda nel diverso atteggiamento nelle coppe europee: nelle partite di campionato difficilmente si parteggia per una squadra che non sia la propria perché, in misura più o meno maggiore, è sempre un’avversaria; invece nelle coppe non c’è questa limitazione e il tifo per una squadra che non sia la propria non ha “controindicazioni”: di conseguenza le squadre che vanno bene e si impegnano nelle coppe acquistano simpatia e (credo) tifosi.
Questo credo spieghi, almeno in parte, il motivo della mia simpatia/disinteresse.

Inter: Per adesso tiene il passo della Juventus (anzi la precede!) ma non credo che possa durare anche nel girone di ritorno: comunque Lautaro Martinez nella partita di Champions mi ha veramente impressionato! Non so se gioca sempre in quella maniera ma se così fosse sarebbe di un’altra categoria…

Conclusione: lo so, è un pezzo poco interessante: opinioni leggere su un argomento leggero...

venerdì 13 dicembre 2019

Gramsci vs Insonnia

Insonnia: è dalle “solite” 4:00-4:30 che sono sveglio. Ho provato a leggere un capitolo di “The house on the borderland” di William Hope Hodgson (quasi finito) ma niente…
Allora, sono le 5:15, e ne approfitto per una riflessione sul “solito” Gramsci.

Ieri sera, ma probabilmente era già dopo la mezzanotte quindi stamani, ho letto lo scritto numero 57, “Il dovere di essere forti”, e qui, ma la sensazione l’avevo già avute altre volte, viene candidamente ammesso che: «Numeri [si riferisce agli appena 30.000 iscritti del partito socialista] che sono il documento più clamoroso della nostra debolezza in confronto allo Stato borghese che vogliamo sostituire con la dittatura del proletariato.» (*1)

Ciò che mi ha colpito non sono i numeri ma l’intento dichiarato: partecipare alle elezioni democratiche ma col preciso intento, in caso di vittoria, di sovvertire l’ordine costituito e di instaurare una dittatura.

Nel democratico mondo attuale un’affermazione del genere da parte di una figura di riferimento di un partito, e chiaramente condivisa da tutti i vertici, porterebbe automaticamente alla sua esclusione dall’agone politico.
Immaginatevi Salvini dire che, in caso di vittoria della Lega, abolirebbe la democrazia e instaurerebbe una dittatura!

Che poi, l’ha già scritto altrove, la lotta di classe ha una sua morale che ha la precedenza su quella umana: lecito, anzi doveroso, quindi uccidere i borghesi che non la pensano come il proletariato (*2).

In verità adesso mi appare facilmente comprensibile come abbia fatto il fascismo a prendere il potere: meglio rischiare un’eventuale dittatura piuttosto che subire una dittatura sicura.

Davvero come poteva Gramsci illudersi di poter vincere delle elezioni? E anche se le avesse vinte di misura (diciamo con un 55%) come non poteva capire che procedere con la “dittatura del proletariato” avrebbe solo provocato una guerra civile? Decisivo sarebbe stato l’esercito ma probabilmente si sarebbe anch’esso spaccato…
E poi le altre nazioni europee sarebbero state a guardare? Avrebbero acconsentito all’avere uno Stato comunista nel cuore dell’Europa? Sicuramente no: avrebbero aiutato più o meno direttamente la fazione “borghese” che, quindi, al 99% avrebbe finito per vincere.
Mi pare talmente ovvio…

A cosa è quindi dovuta questa cecità di Gramsci?
Io credo a due fattori: il primo è il fanatismo politico, la fede nell’inevitabilità storica della dittatura del proletariato come evoluzione “normale” delle società industriale. Si tratta di un fanatismo strisciante, non dichiarato apertamente, nascosto sotto il pallio di una terminologia astratta e un’apparenza di razionalità, ma percepibile fin dalle prime pagine (*3).
Il secondo elemento è il successo totale della rivoluzione russa. Lo stesso Gramsci nella sua analisi spiega che una delle peculiarità della Russia era l’assenza di una classe borghese numericamente significativa. Aggiungo poi io che le nazioni occidentali non poterono soccorrere la fazione “borghese” a causa della guerra in corso con la Germania.
Insomma la rivoluzione russa aveva avuto successo solo per una peculiarità socioeconomica del paese e per la contingenza della prima guerra mondiale.

E con quanta pervicacia i socialisti/comunisti hanno mantenuto questo atteggiamento miope! Atteggiamento che in Italia ha poi contribuito significativamente all’ascesa del fascismo...
Ed è impressionante pensare che Cavour, nel 1848, pubblicato a Londra da pochi mesi “Il manifesto del partito comunista”, avesse già intuito come la paura di questa nuova ideologia avrebbe rafforzato i conservatori (v. Teorie cupe e limitate) (*4)...

Conclusione: ancora non mi è tornato il sonno ma questo pezzo lo ricontrollerò e pubblicherò domani con calma… Ultimamente sto facendo più errori ortografici/grammaticali del solito: è bene quindi che rilegga (almeno una volta!) un po’ meglio...

Nota (*1): frammento di “Scritti politici 1” di Antonio Gramsci, tratto dall’omonimo e-book pubblicato su Liber Liber e curato da Paolo Spriano.
Nota (*2): se ho voglia vedo di ritrovare questi passaggi: a memoria si tratta dell’articolo dove, con la rivoluzione russa in corso, giustifica il comportamento dei suoi “compagni” contro la borghesia del paese.
Nota (*3): già nel mio primo pezzo (I buoni libri) su “Gramsci” avevo scritto: «Curiosa, almeno per me, è anche la sua vera e propria fede nel socialismo: perché non è la fede equilibrata che vede pregi e difetti ma quella del fanatico che, di fronte a qualche incongruenza, chiude gli occhi e si convince di aver visto qualcosa di completamente diverso.
Lo trovo buffo: in una persona stupida lo troverei triste ma in una chiaramente così intelligente mi fa sorridere…
»
Nota (*4): a proposito dei “cupi cervelli” menzionati da Cavour, ho trovato in Gramsci un altro accostamento che mi è molto piaciuto: “intelligenze crepuscolari”. In questo caso credo che Gramsci lo intenda negativamente: si riferisce alle persone che capiscono per ultime, alla fine della giornata, e che quindi, quando queste comprendono qualcosa, allora il resto della popolazione c'è già arrivato da un pezzo.
Penso che al prossimo articolo sull’argomento scriverò delle “intelligenze crepuscolari delle Sardine”: l’accostamento qui suona particolarmente ridicolo e solletica quindi il mio umorismo.

giovedì 12 dicembre 2019

Aggiornamento su Gramsci

È da un po’ che non scrivo di Gramsci ma comunque sto andando avanti nella lettura: è che ultimamente gli articoli che leggo sono sulla cronaca politica del tempo e, in particolare, di una lotta interna nel partito socialista fra gli "integralisti" e, bo, i “riformisti” credo, ma potrei sbagliarmi.
Gramsci è per gli integralisti (che poi SCIUPATRAMA vincono al congresso di Roma) che, credo (perché Gramsci dà per scontato che tutti sappiano di cosa sta scrivendo!), non vogliono accordi con i partiti “borghesi”: il contrario per i “riformisti”…

Comunque ripensavo a Marx o, almeno, a quello che capisco di Marx tramite gli accenni di Gramsci.
Se ho ben compreso Marx basa la sua analisi politica sulla “storia” e, in particolare su chi detiene i mezzi di produzione e su come sono gestiti gli scambi: altro “termometro” è il livello di “coscienza di classe” dei lavoratori, ovvero quanto i lavoratori sono consapevoli di venire sfruttati e di quale sia la loro forza.

Ho scritto “storia” fra virgolette perché mi pare chiaro che il modello storico costruito da Marx è tutto incentrato sulla situazione sociale del XIX secolo. Probabilmente, limitatamente a quell’epoca, la teoria di Marx inquadra la situazione sociale/economica/politica meglio di quanto non possa fare la mia teoria basata su protomiti/parapoteri e leggi del potere.
C’è però un grosso “ma”: la teoria di Marx è troppo specifica di un’epoca e si adatta malamente sia alle epoche a lui precedenti che a quelle future.
Davvero oggi i piccoli borghesi (a qualunque cosa corrispondano nel mondo odierno) sono dalla parte delle multinazionali? E i mezzi di produzione che vengono delocalizzati? E i proletari dove sono ora che l’industria con le sue tute blu non è più il fulcro dell’economia?

La mia teoria è invece più universale: per ogni epoca e società si devono individuare quali siano i gruppi che la compongono, stabilire per ognuno di essi se è chiuso/aperto e autonomo/subordinato. I gruppi chiusi e autonomi sono i parapoteri e, comunque, tutti i gruppi seguono le leggi del potere.
Grazie a questi elementi è possibile leggere chiaramente, almeno a grandi linee, la situazione, anche dinamica (ovvero dove tende) di qualunque società. E non solo di una società: ma anche di un’azienda, di una squadra di calcio, di un singolo comune, etc…

Un’altra questione interessante che emerge in un articolo è la disputa fra Gramsci e un politico (o forse un giornalista) dell’epoca. Il politico infatti ironizza sul linguaggio tecnico di un articolo de L’Avanti! che, chiaramente, non è il linguaggio degli operai.
Gramsci risponde alla critica con due argomentazioni: la prima è che l’articolo citato era in risposta a una questione sollevata da un altro giornale con un linguaggio ugualmente tecnico: per rispondere compiutamente a essa era necessario usare lo stesso linguaggio. La seconda argomentazione è che l’operaio deve fare un percorso di crescita (la famosa coscienza di classe) che lo porti a imparare la terminologia socialista: non si può né si deve quindi usare sempre un linguaggio semplice altrimenti non vi sarebbe crescita culturale nell’operaio.
Sul primo punto sono d’accordo: sul secondo invece Gramsci bara un po’ o, almeno, CREDO che lo faccia: non ho infatti idea di come fossero gli articoli dell’Avanti! in quegli anni ma ipotizzo che fossero simili agli articoli comunisti degli anni ‘80 e ‘90 di cui ho una vaga memoria. Se così fosse stato l’Avanti! non sarebbe stato un giornale comprensibile da tutti i proletari ma solo da quella minoranza più edotta e in grado quindi di seguire le sottili disquisizioni filosofiche/politiche.
Ho impostato male il discorso. Quello che voglio dire è che l’Avanti!, o qualsiasi altro giornale comunista/socialista, avrebbe potuto contenere articoli con diversi livelli di conoscenza richiesti per comprenderli: in questa maniera tutti avrebbero trovato qualcosa da leggere alla propria portata e, lentamente, leggendo gli articoli del livello appena superiore al proprio, imparare concetti e terminologia e acquisire così “coscienza di classe”. La risposta di Gramsci mi fa pensare che la maggioranza degli articoli dell’Avanti! fossero tutti di grande complessità. Un po’ anche perché questa è la tendenza degli intellettuali italiani: non parlare semplice a tutti (come aveva suggerito Galilei e come hanno effettivamente fatto nei paesi anglosassoni) ma fare sfoggio della propria cultura usando uno stile il più aulico e il più oscuro possibile (questo quando vi è la paura di essere smentiti!)…

A proposito di coscienza di classe, che c’entra il giusto, la scorsa domenica chiacchieravo col mio kebabbaro (pakistano) di fiducia che mi parlava delle mance ricevute dai clienti. Poi la discussione è slittata sul fatto che negli USA i camerieri non hanno uno stipendio ma guadagnano sulle mance ricevute. Lui si diceva molto entusiasta di questa formula perché così “il cameriere è spronato a lavorare di più”: io ero un po’ scettico perché mi sembrava una specie di lavoro a cottimo dove il confine con lo sfruttamento è molto labile. Non ricordo se io o lui siamo poi passati a parlare dei fattorini in bicicletta e io gli ho fatto notare che questi, se unicamente pagati a consegna, sono spronati a prendersi dei rischi in maniera da poter visitare il maggior numero di clienti nel minor tempo possibile: è giusto gli ho chiesto? Non mi ha risposto, probabilmente non mi ha capito: il suo livello di italiano è abbastanza basso anche se sopra la media degli altri kebabbari che conosco…

Il punto è che lui, nonostante la sua cultura pakistana e musulmana, è comunque accecato dai protomiti americani (quelli che io chiamo della prima globalizzazione) del tipo “chi più lavora più guadagna”.
E che c’entra la coscienza di classe?
C’entra nel senso che è sparita la consapevolezza di come il lavoratore possa venire sfruttato da alcune forme di lavoro: è la logica del denaro che paga tutto (quello che io chiamo lo slittamento della morale dall’uomo al profitto), il fattorino che accetta il denaro per le consegne accetta anche il rischio di farsi seriamente male: ci si dimentica di cosa succeda se non può più lavorare o se si ammala. In definiva ci si dimentica che la necessità è nemica della libertà: in altre parole il fattorino è solo apparentemente libero di accettare il rischio di consegnare a tempo di primato il cibo perché evidentemente ha bisogno di denaro e non ha trovato altri lavori più sicuri o meglio remunerati.

In verità mi fa uno strano effetto leggere le teorie riportate da Gramsci: ne capisco il senso, talvolta ne approvo il fine, ma ne vedo anche i limiti. È la mia burbanza che mi inganna oppure la mia teoria è davvero più profonda?

Conclusione: ai non lettori della mia Epitome l’ardua sentenza...

mercoledì 11 dicembre 2019

Un'intervista interessante

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.4.0 "Versailles").

Oggi si vota sul MES: sappiamo già come andrà… Sfortunatamente i “poteri forti” non sono forti per modo di dire: schiacciano la democrazia come gli pare e piace, a partire da presidenti del consiglio malleabili, docili e fedeli ai loro ordini. Il Parlamento dà un mandato e il Presidente del Consiglio fa il contrario. Ma bene così: il pericolo sono i “fascisti”…
L’unica flebile speranza è che i parlamentari del M5S abbiano un sussulto d’orgoglio e che non si pieghino a logiche di poltrone e di indirizzo di partito: la posta in palio è troppo alta.
Però dubito: MES approvato e nuovo disastro per l’Italia paragonabile all’austerità del governo Monti…

Allora per “distrarmi” voglio commentare un’intervista a Calogero Mannino: politico democristiano in auge negli anni ‘80 il cui nome infatti non mi era nuovo. Ormai è fuori dalla politica dal 2012 e, nonostante i suoi 80 anni (che per un politico sono solo l’inizio della vecchiaia: i privilegi evidentemente allungano la vita) è stremamente lucido.
Mannino è intervistato a 360°, su numerosi temi politici, e il suo parere mi ha subito incuriosito: parla ormai senza peli sulla lingua non dovendo più partecipare a giochi di potere e, contemporaneamente, ha una lunga esperienza con la politica italiana, le sue apparenze e le sue realtà.

L’intervista è questa: DIETRO LE QUINTE/ Gli alleati insospettabili del nuovo Monti in arrivo di Federico Ferraù su IlSussidiario.net

Ovviamente, come al solito, consiglio a tutti di leggere l’intervista originale (che oltretutto è molto breve). Comunque, per semplicità, riassumerò (brevemente) e commenterò qui nel prosieguo le domande e le risposte: D per Domanda, R per Risposta e K per il mio commento.

1.
D: Durerà fino al 2023 questo governo Conti 2?
R: È possibile perché «… se guardiamo le linee di movimento dei partner di maggioranza, l’una annulla l’altra...». E poi spiega che nel PD Zingaretti vorrebbe le elezioni ma molti altri no.
K: Concordo. Il M5S è legato dal limite dei due mandati, Italia Viva ha un consenso troppo basso e per il PD stare al governo adesso è una pacchia a cui è impossibile rinunciare soprattutto col rischio di perdere tutto. E LeU? Ruota di scorta del PD: andrà a loro rimorchio.

2.
D: E Mattarella?
R: Finché c’è una maggioranza di governo non scioglierà le camere.
K: Detta così sembrerebbe un presidente semplicemente imparziale: a mio avviso, e l’ho sempre scritto, il Mattarella è di parte (quale sia la “sua parte” lo hanno dimostrato gli applausi ricevuti alla Scala: v. il corto: Chi applaude chi). Non so: magari fra Mannino e Mattarella c’è un qualche rapporto di amicizia? Non ne ho idea…
Resta il fatto che per me Mattarella non è imparziale e che quindi, farà attivamente di tutto per NON sciogliere le camere: altro che limitarsi a fare l’arbitro imparziale.

3.
D: E Renzi?
R: Diventare Presidente della Repubblica.
K: Figuriamoci! Non so nemmeno se Renzi avrebbe l’età minima per essere eletto…
Renzi, messo alla porta dal PD, vuole tornare in gioco alla grande: immagino diventare il leader di una nuova formazione di centro e tornare a fare il primo ministro: mi pare più probabile un accordo con Forza Italia (nel caso questa venisse mollata da Salvini).
Concordo invece sull’ego smisurato di Renzi: cosa che, ormai piuttosto spesso, gli fa sbagliare i calcoli politici, specialmente quelli sul consenso popolare che raccoglie…

4.
D: La legge elettorale?
R: Al momento è solo una scusa per perdere tempo.
K: Concordo. L’ideale sarebbe fare una legge che faccia perdere Salvini ma al momento la Lega ha troppi voti e, comunque si cerchi di imbrogliare le regole, vincerebbe comunque.

5.
D: La Lega?
R: La Lega rappresenta una parte del Paese e di problematiche a cui gli altri partiti non danno risposta. Il suo è un “fascismo apparente” e col rimandare le elezioni stanno paradossalmente dando fiato a un fascismo più reale: quello della Meloni.
K: Secondo me Mannino vuole dire che la Lega non la si sconfigge rimandando le elezioni ma rispondendo alle esigenza di (almeno) un 33% della popolazione e con proposte concrete a problemi reali. Interessante l’idea che rimandare le elezioni e dare del fascista a Salvini stia rafforzando la Meloni: bo, può darsi..
Comunque rimango dell’idea che Lega e fascismo non abbiano niente in comune: dare del fascista a Salvini è solo un “trucco” con cui riempire le piazze e cercare di raccogliere consenso (con in più il non piccolo difetto di abbassare a zero il livello del confronto di idee e spaccare la società) esattamente come aveva fatto Berlusconi ergendosi a unico palladio contro il “comunismo”.

6.
D: E il fascismo?
R: Non c’è alcun fascismo. Non c’è più un’ideologia ma solo etichette vuote e autoreferenziali.
K: Beh, qui la pensa esattamente come me (e come Pasolini): il fascismo non c’è più se non nella fantasia facilmente eccitabile delle Sardine. La fine delle ideologie la vedo come la conferma che i partiti tradizionali siano ormai sistemici: ognuno sventola il proprio vessillo con i suoi colori ma, alla fine, il gioco democratico è rotto e tutti i partiti tradizionali sono alle dipendenze dei parapoteri economici (e non).

7.
D: Possibile un alleanza Salvini-Renzi?
R: Sì, ma solo sul piano tattico: Salvini vuole vincere da solo.
K: Ovvio. Salvini è cinico e farebbe di tutto per andare a elezioni: poi è chiaro che Renzi sarebbe solo zavorra ingombrante per lui.
Ma come ho già scritto questo accordo difficilmente ci sarà: Renzi non può, almeno per adesso, andare alle elezioni e non vedo cosa potrebbe dargli Salvini in cambio per convincerlo a fare qualcosa di così controproducente per lui…

8.
D: E Forza Italia?
R: Il ruolo di Berlusconi si è esaurito.
K: Concordo: Mannino dice in maniera gentile (o politica) che Berlusconi ormai è bollito. Del resto ormai lo sanno tutti, compresi i parlamentari di Forza Italia che, come ratti, cercano di lasciare la nave prima che affondi…

9.
D: Il calo di consensi del M5S avrà effetti sul governo?
R: Di Maio è un tattico abilissimo e vuole temporeggiare con Conti in maniera che Grillo non lo nomini capo del movimento al suo posto; contemporaneamente Grillo si troverà a dover decidere se spaccare il movimento o affidarlo in toto a Casaleggio, Di Maio e Di Battista.
K: Uhm… Di Maio a mio avviso avrebbe già avuto la possibilità di spaccare il M5S a proprio vantaggio e non l’ha colta. A meno che Mannino non consideri questa una scelta strategica io tutta questa abilità tattica non la vedo.
Forse Di Maio aspetta realmente di essere “esonerato” da Grillo invece di essere lui ad andarsene? È il solito giochino per non farsi dare l’epiteto di “traditore”: se vengo scacciato dal movimento perché ne ho seguito gli “ideali” non sono io il traditore, anzi! Al contrario se rompo io il partito è più facile essere chiamato traditore in barba ai motivi.
Possibile… ma io ho ormai la sensazione che Di Maio sia stato ricondotto nell’ovile del M5S e che se ne resterà a testa bassa a fare il burattino di Grillo: magari ha ottenuto in cambio qualcosa ma non ho idea di cosa.
Per gli ingenui: sia io che Mannino diamo per scontata una spaccatura nel movimento: il motivo è il limite dei due mandati. Davvero qualcuno crede che Di Maio abbia intenzione di tornare a fare il cameriere in una pizzeria?

10.
D: E la crisi del PD?
R1: Il PD ha perso consenso perché è passato dall’essere dalla parte degli operai a quella dei potenti e il M5S si era inserito nello spazio rimasto vuoto.
K: Concordo totalmente. Aggiungo solo che il M5S aveva pescato non solo a sinistra ma anche a destra: dichiararsi apartitici premia…
R2: L’alleanza fra PD e M5S è solo strumentale: i “simili” si attraggono e si oppongono e, in caso di ritorno al voto, il M5S potrebbe di nuovo allearsi con la Lega.
K: Noo!! Qui Mannino, che del resto non conosce la mia teoria, non sa che il M5S è un populismo apparente ([E] 13.4) e che quindi è molto più simile al PD, partito sistemico. A meno che Mannino non consideri anche la Lega un populismo apparente ([E] 13.4): a me non pare così e, anzi, molti indizi fanno pensare che possa essere un populismo reale anche se, sfortunatamente, ancora non ne ho la certezza.
R3: Zingaretti, alla caduta del governo Conte 1, avrebbe dovuto andare al voto: avrebbe collocato il PD al centro e spostato il M5S a sinistra (annullandolo) e non è detto che Salvini avrebbe vinto.
K: Ma… non credo. Mi pare che Mannino non consideri Conti un uomo del PD (e del Mattarella): c’era un programma da portare avanti (vedi per esempio l’approvazione del MES) e, di nuovo, il M5S populismo apparente è molto più affine al PD che alla Lega.
Concordo invece che, subito dopo la caduta del Conte 1, la Lega fosse al minimo e, forse, battibile: è che PD, Forza Italia, M5S e Mattarella avevano troppo da perdere in caso di sconfitta...

11.
D: Voto in Romagna e Calabria?
R: “Pareggio” in Romagna (Lega primo partito ma vittoria del candidato della sinistra) e incertezza in Calabria.
K: Non ne ho idea: dovrei conoscere meglio la situazione in Emilia Romagna e in Calabria per fare delle valutazioni. Soprattutto non è chiaro quanto consenso le Sardine riusciranno a spostare sul candidato del PD: sono nate a questo scopo ma ancora forse è presto per convincere persone che non ne vogliono più sapere del PD a votare ancora per il PD…
Più avanti forse: quando la logica che la priorità per l’Italia non è l’economia (o il MES) ma non far vincere Salvini sarà divenuta parte integrante della mentalità di ogni Sardina allora la richiesta di voto per il PD, turandosi il naso, potrà apparire più ragionevole.

12.
D: E il MES?
R: Verrà approvato ma sarà una sconfitta per l’Italia perché verrà affidata a dei ragionieri. Sarà peggio che con Monti nel 2011…
K: Se leggete direttamente le parole di Mannino vi accorgerete che sono ancora più dure. Onere però a un uomo che a 80 anni ha ben chiaro in mente cosa sia il MES mentre tanti giovani, che eppure dovrebbero preoccuparsi maggiormente per il proprio futuro, pensano solo ad andare in piazza a cantare “Bella Ciao” mentre l’Italia viene svenduta all’invasore (che, beffardamente, canta anch’esso “Bella Ciao”) da complici (PD: sanno bene quel che fanno ma lo fanno comunque) e incapaci (M5S: credo infatti nella buona fede di molti dei suoi parlamentari)…

13.
D: La Lega ha responsabilità sul MES?
R: Sì, perché nel 2018 era al governo.
K: No, perché Conti ha fatto di testa propria, agendo contro le indicazioni sia del Parlamento che del Consiglio dei Ministri, con un comportamento al limite (e forse oltre) della legalità.

14.
D: Perché Bankitalia ha reagito così tardi?
R: Perché adesso c’è molta meno attenzione all’Europa che in passato, c’è più approssimazione a tutti i livelli.
K: Probabilmente ha ragione: va aggiunto anche che col MES tutto era stato tenuto volontariamente segreto nel tentativo, probabilmente riuscito, di far accettare un accordo già fatto senza passare dal Parlamento e sottraendosi così al giudizio degli italiani.

15.
D: Magari questo governo Conti 2 serviva proprio per portare in porto questo trattato?
R: Possibile.
K: In effetti non ci avevo pensato: ma gli interessi in gioco sono così alti che rendono questa ipotesi estremamente plausibile…

Conclusione: pensavo di scrivere un pezzo corto, invece… Però mi pare interessante! Aggiungo che mi dispiace mettere in cattiva luce le Sardine: sono assolutamente sicuro della buona fede della maggior parte dei suoi sostenitori: solo che per me la loro fiducia è talmente palesemente mal riposta che mi è difficile prenderle sul serio...

martedì 10 dicembre 2019

Netturbini vs docenti

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.4.0 "Versailles").

Articolo dal titolo forse un po’ fuorviante: Semianalfabeti diplomati, politici senza laurea, laureati netturbini: la pedagogia sociale italiana di Alvaro Belardinelli su TecnicaDellaScuola.it

Più che essere fuorviante tocca così tanti aspetti dell’istruzione (e non solo) che è molto difficile da inquadrare con un unico titolo. Probabilmente il semplice “La pedagogia sociale italiana” sarebbe stato il più corretto ma, ovviamente, l’autore ha capito che avrebbe attirato più curiosità e quindi lettori con la versione più lunga (e in particolare col laureato netturbino).

Infatti il laureato netturbino (storia comunque vera: Il netturbino laureato in ingegneria con 110 e lode si commuove in tv) serve solo da introduzione a una disamina più ampia dei problemi della scuola e della società italiana.

Quello che mi è piaciuto è che in molti passaggi conferma il mio pensiero sull’argomento così come l’ho tracciato nell’Epitome e, in più, vi aggiunge nuovi elementi.
Procedo con un elenco analitico:

1. Al concorso per netturbini sono stati assunti 13 candidati di cui 9 erano laureati e 4 diplomati.
Sembra l’ovvia riprova (se ce ne fosse bisogno) della fame di lavoro che c’è in Italia. Chi non può o non vuole andarsene all’estero accetta anche lavori per i quali è sovraqualificato ma che, magari, come in questo caso garantiscono un reddito sicuro.

2. Netturbino e insegnante scolastico a fine carriera hanno lo stesso stipendio.
C’è qui qualcosa che puzza e non è il netturbino (scusate la battuta fuori luogo): c’è poco da aggiungere al commento dell’autore dell’articolo: o i netturbini sono pagati troppo o i professori sono pagati poco. Secondo me sono i professori a essere pagati poco però, visto che adesso per diventare netturbini (senza raccomandazioni!) è necessaria la laurea…

3. Terminata l’introduzione di colore si passa a temi di più ampio respiro. La cultura neoliberista, che per me si sovrappone con la prima globalizzazione ([E] 12.3) (*1), ha colpito anche l’istruzione (tema che, a parte l’Epitome, ho trattato in I buoni libri e La falsa medaglia): il messaggio che passa agli studenti è che l’educazione non è poi così importante, più utile un generico “sapersi dare da fare”. È interessante notare che l’autore descrive questa cultura con delle distorsioni ([E] 2.2 e 2.3) dei relativi protomiti (come io stesso faccio nella mie Epitome): “Fine del posto fisso”, “No all’assistenzialismo dello Stato”, “Essere imprenditori di se stessi”…

4. Non manca una frecciatina agli anglicismi da me molto apprezzata: l’autore parla di neologismi cacofonici e “anglobalizzanti” (parola che trovo bellissima!).
Secondo me, lo scrissi anni fa e ora non ricordo né ho voglia di ricercare il relativo pezzo, c’è addirittura un po’ di più: nel ricercare e usare pervicacemente termini in inglese c’è talvolta la volontà di nasconderne il vero significato alla maggior parte della popolazione che, non conoscendo l’inglese, interpreta in maniera vaga il significato della nuova parola. Questa sorta di indeterminazione dà meno termini di riferimento a chi sente l'anglicismo per la prima volta e non gli permette di inserirlo subito nel giusto contesto: ecco perché da noi si parla di ticket e non di “balzello” sulla salute: “ticket” sembra avere più senso, essere cioè meno ingiusto e punitivo.

5. 128.583 giovani italiani emigrati nell’ultimo anno (che se poi sono dati ufficiali allora è probabile che quelli reali siano ancora più alti) di cui la maggior parte molto qualificata. I 2/3 dei laureati italiani all’estero trova subito lavoro ad alta specializzazione. E il livello medio della cultura italiana così si abbassa.
L’autore denuncia il fenomeno ma non fa ipotesi sulle cause che lo provocano: beh, ovviamente la crisi economica è implicita ma ero curioso di altre ipotesi. Per il momento rattengo le mie…

6. Secondo l’OCSE inoltre i nostri diplomati sono semi-analfabeti se “provenienti da contesti culturalmente deprivati” (*2).
Curiosamente io ho avuto questa sensazione proprio ieri quando ho visto la testimonianza di uno studente diciottenne su un presunto incidente che avrebbe coinvolto mio padre: sembrava scritta da un bambino delle medie. Indipendentemente dal contenuto ho pensato: “Ma come questo ha veramente finito o sta per finire le superiori???”

7. L’autore aggiunge che è così che la politica adesso vuole gli studenti: dei lavoratori senza ambizioni né alti ideali, bravi solo a svolgere il proprio lavoro senza pretendere di più. La riprova è nella politica scolastica dell’ultimo trentennio (cito di nuovo): “docenti alla fame”, “scuole che crollano”, “promozione assicurata per tutti”…
E questo lo condivido in pieno: del resto è un concetto vecchio e già Gramsci aveva capito che era nell'interesse del capitale avere lavoratori istruiti il minimo indispensabile.

8. E parlando di politica l’autore mostra come la maggior parte dei più importanti politici italiani attuali non abbiano la laurea: è un buon esempio per i nostri studenti?
E poi è più giusto e democratico così? Forse… o forse no, conclude.
Ha ragione perché la generale diminuzione di cultura nel paese non è democratica ma, anzi, classista: solo i più benestanti possono permettersi una buona cultura (per non parlare dei costosi master all’estero: pezzi di carta che però a volte fanno la differenza nella burocrazia travestita da apparente meritocrazia).

Decisamente il materiale è tanto e gli spunti più che abbondanti: devo aggiungere che i collegamenti ad altri articoli sono tantissimi e quindi, volendo, si potrebbe approfondire ulteriormente le idee più interessanti.

Conclusione: uno spaccato drammatico del mondo dell’istruzione: ma, considerato lo stato del paese, era forse possibile aspettarsi di meglio?

Nota (*1): beh, il mio concetto di prima globalizzazione è più ampio e la cultura neoliberista ne è solo un sottoprodotto.
Nota (*2): che significa quest’ultima frase, quali sono le sue implicazioni? Sarebbe interessante saperne di più...

Due Errori

Solo per segnalare due errori calcistici che ho fatto.
Il primo è fattuale: non ricordo in quale pezzo (me ne resi conto ripensandoci pochi giorni dopo averlo scritto ma fui troppo pigro per correggermi) scrissi che l’Inter non partecipava alle competizioni europee: non intendevo dire che sarebbe stata esclusa dalla Champions ma che, semplicemente, mi ero dimenticato che vi stava partecipando!

Il secondo è una previsione errata. Riguardava la Roma: essenzialmente i miei dubbi riguardavano il nuovo allenatore Fonseca: dopo aver visto una partita mi ero convinto che non fosse pronto per l’Italia e che la Roma avrebbe lottato solo per la UEFA.
Il motivo del mio errore è implicito nel periodo precedente: avevo visto una sola partita. Una sola partita (*1) è troppo poco per poter giudicare, specialmente un allenatore: nel fine settimana ho visto la partita fra Roma e Inter e devo dire che la squadra di Fonseca mi è sembrata molto ben messa in campo.
Non mi stupirei anzi se, con un po' di fortuna, Fonseca diventasse uno dei nuovi super-allenatori del futuro.

Nota (*1): diciamo che dopo la visione di una partita i miei giudizi sono “significativi”, dopo due “discreti” e dopo tre “buoni”. Sempre, ma soprattutto quindi dopo un’unica partita, vi è quindi spazio per un errore di valutazione...

Chi applaude chi - 10/12/2019
Nel corto A Versailles intanto... suggerivo che fosse stata la “nobiltà” italiana a tributare a re Mattarella ben quattro minuti di ovazioni.

Nel seguente articolo (peraltro pienamente condivisibile e sulla stessa linea del mio) ne ho trovato conferma: Alla prima della Scala 3mila € per un biglietto e nemmeno un operaio di Diego Fusaro su AffariItaliani.it

Ecco quindi che il cerchio si chiude: Mattarella è applaudito da chi si può permettere biglietti da 3.000€ e Mattarella fa gli interessi di chi si può permettere 3.000€ per un biglietto.
Ecco dimostrato da che parte sta Mattarella: cioè io l’avevo già capito ma visto che c’è sempre qualcuno che non vuole vedere l’ovvio…

Banche, soldi e Grecia - 10/12/2019
Articolo (del 2018): Altro che salvataggio. Gli aiuti alla Grecia sono finiti quasi tutti alle banche di Francesco Russo su Agi.it
Secondo uno studio della “European School of Management and Technology” di Berlino (cittadina tedesca e, quindi, si tratta di uno studio tedesco):
1. il 95% di 210 miliardi di € di aiuti alla “Grecia” sono andati invece a banche dell’eurozona, principalmente tedesche e francesi.
2. l’Italia a fronte di una esposizione di 10 miliardi ha contribuito per 40 (e questo era il primo MES, meglio di quello che viene proposto ora...).
3. Le obbligazioni erano di privati che, quindi, sono stati “salvati” grazie ai soldi pubblici dei cittadini europei.
4. Solo 9.7 miliardi sono stati messi a bilancio dallo Stato greco.
5. Sempre in Grecia, dal 2010 al 2015, raddoppiato il numero di persone che hanno dovuto rinunciare alle cure mediche, e aumentato il tasso di suicidi e depressioni.

Ci sarebbe da capire, per chi non lo vuole ancora capire, che questa UE è l’Europa delle banche e NON dei popoli...

+2 -0 - 15/12/2019
Ancora non ho finito né le ConfessioniScritti politici 1 (poche pagine rimaste in entrambi) ma in compenso qualche giorno fa mi sono comprato altri due libri: Il manifesto del partito comunista e La banalità del male.

L’unico libro che ho terminato è quello “leggero”: The house on the borderland che, quindi, posso sostituire con un altro libro dello stesso tipo (di facile lettura cioè).
Ieri ho iniziato infatti un altro romanzo di Machen che, a detta degli “esperti” del gruppo su Lovecraft che frequento su FB, è uno dei suoi migliori. Per adesso non l’ho inquadrato ma sono appena all’inizio...

Finalmente! - 17/12/2019
Stamani ho letto le ultime pagine che mi mancavano di Le confessioni di Sant’Agostino: è stata veramente una tortura la parte finale però non volevo comunque saltarla. È tutta un’allegoria arbitraria sull’interpretazione dei passi iniziali della Genesi: per me era come leggere una cabala sui numeri del lotto.
Comunque gradevoli i ¾ di vera e propria autobiografia (che si interrompe alla sua conversione) e leggibile la parte “filosofica” su tempo e memoria…

Ora pensavo di completare il libro del Bagnai: ormai è da quasi un anno che l’ho iniziato...