Insonnia: è dalle “solite” 4:00-4:30 che sono sveglio. Ho provato a leggere un capitolo di “The house on the borderland” di William Hope Hodgson (quasi finito) ma niente…
Allora, sono le 5:15, e ne approfitto per una riflessione sul “solito” Gramsci.
Ieri sera, ma probabilmente era già dopo la mezzanotte quindi stamani, ho letto lo scritto numero 57, “Il dovere di essere forti”, e qui, ma la sensazione l’avevo già avute altre volte, viene candidamente ammesso che: «Numeri [si riferisce agli appena 30.000 iscritti del partito socialista] che sono il documento più clamoroso della nostra debolezza in confronto allo Stato borghese che vogliamo sostituire con la dittatura del proletariato.» (*1)
Ciò che mi ha colpito non sono i numeri ma l’intento dichiarato: partecipare alle elezioni democratiche ma col preciso intento, in caso di vittoria, di sovvertire l’ordine costituito e di instaurare una dittatura.
Nel democratico mondo attuale un’affermazione del genere da parte di una figura di riferimento di un partito, e chiaramente condivisa da tutti i vertici, porterebbe automaticamente alla sua esclusione dall’agone politico.
Immaginatevi Salvini dire che, in caso di vittoria della Lega, abolirebbe la democrazia e instaurerebbe una dittatura!
Che poi, l’ha già scritto altrove, la lotta di classe ha una sua morale che ha la precedenza su quella umana: lecito, anzi doveroso, quindi uccidere i borghesi che non la pensano come il proletariato (*2).
In verità adesso mi appare facilmente comprensibile come abbia fatto il fascismo a prendere il potere: meglio rischiare un’eventuale dittatura piuttosto che subire una dittatura sicura.
Davvero come poteva Gramsci illudersi di poter vincere delle elezioni? E anche se le avesse vinte di misura (diciamo con un 55%) come non poteva capire che procedere con la “dittatura del proletariato” avrebbe solo provocato una guerra civile? Decisivo sarebbe stato l’esercito ma probabilmente si sarebbe anch’esso spaccato…
E poi le altre nazioni europee sarebbero state a guardare? Avrebbero acconsentito all’avere uno Stato comunista nel cuore dell’Europa? Sicuramente no: avrebbero aiutato più o meno direttamente la fazione “borghese” che, quindi, al 99% avrebbe finito per vincere.
Mi pare talmente ovvio…
A cosa è quindi dovuta questa cecità di Gramsci?
Io credo a due fattori: il primo è il fanatismo politico, la fede nell’inevitabilità storica della dittatura del proletariato come evoluzione “normale” delle società industriale. Si tratta di un fanatismo strisciante, non dichiarato apertamente, nascosto sotto il pallio di una terminologia astratta e un’apparenza di razionalità, ma percepibile fin dalle prime pagine (*3).
Il secondo elemento è il successo totale della rivoluzione russa. Lo stesso Gramsci nella sua analisi spiega che una delle peculiarità della Russia era l’assenza di una classe borghese numericamente significativa. Aggiungo poi io che le nazioni occidentali non poterono soccorrere la fazione “borghese” a causa della guerra in corso con la Germania.
Insomma la rivoluzione russa aveva avuto successo solo per una peculiarità socioeconomica del paese e per la contingenza della prima guerra mondiale.
E con quanta pervicacia i socialisti/comunisti hanno mantenuto questo atteggiamento miope! Atteggiamento che in Italia ha poi contribuito significativamente all’ascesa del fascismo...
Ed è impressionante pensare che Cavour, nel 1848, pubblicato a Londra da pochi mesi “Il manifesto del partito comunista”, avesse già intuito come la paura di questa nuova ideologia avrebbe rafforzato i conservatori (v. Teorie cupe e limitate) (*4)...
Conclusione: ancora non mi è tornato il sonno ma questo pezzo lo ricontrollerò e pubblicherò domani con calma… Ultimamente sto facendo più errori ortografici/grammaticali del solito: è bene quindi che rilegga (almeno una volta!) un po’ meglio...
Nota (*1): frammento di “Scritti politici 1” di Antonio Gramsci, tratto dall’omonimo e-book pubblicato su Liber Liber e curato da Paolo Spriano.
Nota (*2): se ho voglia vedo di ritrovare questi passaggi: a memoria si tratta dell’articolo dove, con la rivoluzione russa in corso, giustifica il comportamento dei suoi “compagni” contro la borghesia del paese.
Nota (*3): già nel mio primo pezzo (I buoni libri) su “Gramsci” avevo scritto: «Curiosa, almeno per me, è anche la sua vera e propria fede nel socialismo: perché non è la fede equilibrata che vede pregi e difetti ma quella del fanatico che, di fronte a qualche incongruenza, chiude gli occhi e si convince di aver visto qualcosa di completamente diverso.
Lo trovo buffo: in una persona stupida lo troverei triste ma in una chiaramente così intelligente mi fa sorridere…»
Nota (*4): a proposito dei “cupi cervelli” menzionati da Cavour, ho trovato in Gramsci un altro accostamento che mi è molto piaciuto: “intelligenze crepuscolari”. In questo caso credo che Gramsci lo intenda negativamente: si riferisce alle persone che capiscono per ultime, alla fine della giornata, e che quindi, quando queste comprendono qualcosa, allora il resto della popolazione c'è già arrivato da un pezzo.
Penso che al prossimo articolo sull’argomento scriverò delle “intelligenze crepuscolari delle Sardine”: l’accostamento qui suona particolarmente ridicolo e solletica quindi il mio umorismo.
L'esempio di Benjamin Franklin
7 ore fa
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