[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.4.0 "Versailles").
Articolo dal titolo forse un po’ fuorviante: Semianalfabeti diplomati, politici senza laurea, laureati netturbini: la pedagogia sociale italiana di Alvaro Belardinelli su TecnicaDellaScuola.it
Più che essere fuorviante tocca così tanti aspetti dell’istruzione (e non solo) che è molto difficile da inquadrare con un unico titolo. Probabilmente il semplice “La pedagogia sociale italiana” sarebbe stato il più corretto ma, ovviamente, l’autore ha capito che avrebbe attirato più curiosità e quindi lettori con la versione più lunga (e in particolare col laureato netturbino).
Infatti il laureato netturbino (storia comunque vera: Il netturbino laureato in ingegneria con 110 e lode si commuove in tv) serve solo da introduzione a una disamina più ampia dei problemi della scuola e della società italiana.
Quello che mi è piaciuto è che in molti passaggi conferma il mio pensiero sull’argomento così come l’ho tracciato nell’Epitome e, in più, vi aggiunge nuovi elementi.
Procedo con un elenco analitico:
1. Al concorso per netturbini sono stati assunti 13 candidati di cui 9 erano laureati e 4 diplomati.
Sembra l’ovvia riprova (se ce ne fosse bisogno) della fame di lavoro che c’è in Italia. Chi non può o non vuole andarsene all’estero accetta anche lavori per i quali è sovraqualificato ma che, magari, come in questo caso garantiscono un reddito sicuro.
2. Netturbino e insegnante scolastico a fine carriera hanno lo stesso stipendio.
C’è qui qualcosa che puzza e non è il netturbino (scusate la battuta fuori luogo): c’è poco da aggiungere al commento dell’autore dell’articolo: o i netturbini sono pagati troppo o i professori sono pagati poco. Secondo me sono i professori a essere pagati poco però, visto che adesso per diventare netturbini (senza raccomandazioni!) è necessaria la laurea…
3. Terminata l’introduzione di colore si passa a temi di più ampio respiro. La cultura neoliberista, che per me si sovrappone con la prima globalizzazione ([E] 12.3) (*1), ha colpito anche l’istruzione (tema che, a parte l’Epitome, ho trattato in I buoni libri e La falsa medaglia): il messaggio che passa agli studenti è che l’educazione non è poi così importante, più utile un generico “sapersi dare da fare”. È interessante notare che l’autore descrive questa cultura con delle distorsioni ([E] 2.2 e 2.3) dei relativi protomiti (come io stesso faccio nella mie Epitome): “Fine del posto fisso”, “No all’assistenzialismo dello Stato”, “Essere imprenditori di se stessi”…
4. Non manca una frecciatina agli anglicismi da me molto apprezzata: l’autore parla di neologismi cacofonici e “anglobalizzanti” (parola che trovo bellissima!).
Secondo me, lo scrissi anni fa e ora non ricordo né ho voglia di ricercare il relativo pezzo, c’è addirittura un po’ di più: nel ricercare e usare pervicacemente termini in inglese c’è talvolta la volontà di nasconderne il vero significato alla maggior parte della popolazione che, non conoscendo l’inglese, interpreta in maniera vaga il significato della nuova parola. Questa sorta di indeterminazione dà meno termini di riferimento a chi sente l'anglicismo per la prima volta e non gli permette di inserirlo subito nel giusto contesto: ecco perché da noi si parla di ticket e non di “balzello” sulla salute: “ticket” sembra avere più senso, essere cioè meno ingiusto e punitivo.
5. 128.583 giovani italiani emigrati nell’ultimo anno (che se poi sono dati ufficiali allora è probabile che quelli reali siano ancora più alti) di cui la maggior parte molto qualificata. I 2/3 dei laureati italiani all’estero trova subito lavoro ad alta specializzazione. E il livello medio della cultura italiana così si abbassa.
L’autore denuncia il fenomeno ma non fa ipotesi sulle cause che lo provocano: beh, ovviamente la crisi economica è implicita ma ero curioso di altre ipotesi. Per il momento rattengo le mie…
6. Secondo l’OCSE inoltre i nostri diplomati sono semi-analfabeti se “provenienti da contesti culturalmente deprivati” (*2).
Curiosamente io ho avuto questa sensazione proprio ieri quando ho visto la testimonianza di uno studente diciottenne su un presunto incidente che avrebbe coinvolto mio padre: sembrava scritta da un bambino delle medie. Indipendentemente dal contenuto ho pensato: “Ma come questo ha veramente finito o sta per finire le superiori???”
7. L’autore aggiunge che è così che la politica adesso vuole gli studenti: dei lavoratori senza ambizioni né alti ideali, bravi solo a svolgere il proprio lavoro senza pretendere di più. La riprova è nella politica scolastica dell’ultimo trentennio (cito di nuovo): “docenti alla fame”, “scuole che crollano”, “promozione assicurata per tutti”…
E questo lo condivido in pieno: del resto è un concetto vecchio e già Gramsci aveva capito che era nell'interesse del capitale avere lavoratori istruiti il minimo indispensabile.
8. E parlando di politica l’autore mostra come la maggior parte dei più importanti politici italiani attuali non abbiano la laurea: è un buon esempio per i nostri studenti?
E poi è più giusto e democratico così? Forse… o forse no, conclude.
Ha ragione perché la generale diminuzione di cultura nel paese non è democratica ma, anzi, classista: solo i più benestanti possono permettersi una buona cultura (per non parlare dei costosi master all’estero: pezzi di carta che però a volte fanno la differenza nella burocrazia travestita da apparente meritocrazia).
Decisamente il materiale è tanto e gli spunti più che abbondanti: devo aggiungere che i collegamenti ad altri articoli sono tantissimi e quindi, volendo, si potrebbe approfondire ulteriormente le idee più interessanti.
Conclusione: uno spaccato drammatico del mondo dell’istruzione: ma, considerato lo stato del paese, era forse possibile aspettarsi di meglio?
Nota (*1): beh, il mio concetto di prima globalizzazione è più ampio e la cultura neoliberista ne è solo un sottoprodotto.
Nota (*2): che significa quest’ultima frase, quali sono le sue implicazioni? Sarebbe interessante saperne di più...
L'esempio di Benjamin Franklin
7 ore fa
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