[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.4.0 "Versailles").
Su FB un amico ha pubblicato il seguente meme (*1):
Lo ha commentato scrivendo che, anche da noi, il concetto espresso sarebbe applicabile. La sua affermazione e il meme sono però stati giudicati da alcuni lettori come delle “banalizzazioni”.
Io penso invece che il meme sia proprio sbagliato: non perché semplifichi troppo ma perché nasconde il vero problema di fondo.
Volevo partire da un esempio di cui avevo già scritto qui sul ghiribizzo ma mi sono poi ricordato di averne accennato solo nell’Epitome, scrivendo delle democrazie minori e delle nuove colonie ([E] 14.4 e 14.5). Copio e incollo: «In passato, a una riflessione superficiale, le popolazioni delle democrazie minori dell'Africa o del Sud America con governi “democratici” di tipo occidentale potevano essere erroneamente considerate responsabili della scelta dei loro cattivi governi, sostanzialmente incapaci di garantire la crescita del benessere dei propri cittadini: certo, la scarsa cultura democratica e il basso livello medio di istruzione non aiutavano nella scelta al momento del voto, ma adesso dovrebbe essere chiaro a tutti che il problema di fondo era, ed è, la mancanza di alternative concrete: qualsiasi partito avesse vinto le elezioni sarebbe cambiato poco o nulla: le democrazie minori per loro natura sono infatti particolarmente suscettibili alle influenze esterne e adottano quindi politiche tendenzialmente contro l'interesse dei propri cittadini indipendentemente dal loro colore politico apparente.»
In realtà che gli africani “votassero male” e fossero quindi corresponsabili delle difficoltà delle loro nazioni è stato a lungo un mio pregiudizio: adesso credo che votare “bene” possa aiutare ma solo quando esiste un partito valido. Quando, come nelle democrazie minori, quello che cambia sono sostanzialmente solo le bandiere allora NON è possibile votare “bene”.
In una democrazia minore, qualsiasi partito vinca le elezioni, tenderà a fare gli interessi non degli elettori ma dei parapoteri economici o politici esteri.
Come spiego nell’Epitome l’attuale democrazia sta attraversando una fase di crisi ([E] 14) e tutte le democrazie occidentali stanno attraversando una vera e propria fase di degenerazione, più o meno accentuata in base ai relativi paesi, che sta trasformandole in criptocrazie ([E] 12.6) sostanzialmente analoghe alle democrazie minori.
In altre parole la tendenza è quella dell’omologazione dei vari partiti fra loro che, al di là delle parole e di piccole sfumature, si vanno a schiacciare sull’ideologia liberista della prima globalizzazione ([E] 12.3) e su quella iperliberista della seconda ([E] 12.4).
Ciò è parzialmente vero anche per gli USA, cioè perfino là dove la democrazia è più forte: a parte l’eccezione Trump, che considero più come un populista di tipo sovranista ([E] 13.3), fra repubblicani e democratici non c’è una differenza sostanziale.
Non si tratta quindi di scegliere i “bravi” politici: qualsiasi scelta fatta porterà a una politica a favore delle multinazionali spesso anche a scapito della democratastenia ([E] 4.4) locale.
L’Italia è invece, ormai dal 2010 (governo Monti) una vera e propria criptocrazia: qualsiasi partito tradizionale è uguale agli altri; il M5S è poi un populismo apparente ([E] 13.4; in pratica interscambiabile quindi con un partito sistemico) mentre solo per la Lega vi è una qualche speranza che sia un populismo reale ([E] 13.4).
Conclusione: e ora mi si profila l’arduo compito di riassumere tutte queste idee in un unico commento che NON faccia riferimento alla mie Epitome…
Ovviamente sarò costretto a semplificare troppo banalizzando a mia volta: dopo tutto questo è proprio uno dei motivi per cui ho scritto l’Epitome: avere un documento unico a cui fare riferimento...
Nota (*1): che spero non abbia copyright!
venerdì 27 dicembre 2019
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