Oggi voglio fare un rapido riepilogo di ciò che sto leggendo e poi concentrarmi un po’ di più su Trotsky…
Ho finito “Le vite di dodici Cesari” di Svetonio: lettura molto piacevole ma non vi ho trovato nessuna epigrafe per la mia Epitome: l’autore si rifiuta infatti di proporre delle proprie riflessioni e si limita a riportare le notizie sui diversi personaggi che descrive. Stranamente i capitoli sugli ultimi tre imperatori sono più brevi dei primi: il problema non è che non può parlarne male visto che COMUNQUE ne parla male… oltretutto erano stati suoi contemporanei… ecco forse il problema non erano gli imperatori ormai morti ma altri potenti che non avrebbero gradito essere tirati in ballo…
Su consiglio di mio padre ho iniziato il Satyricon di Petronio: ancora non mi pronuncio perché l’inizio originale è andato perduto e quindi ci si ritrova a metà di un dialogo di cui non si conoscono le premesse. Oltretutto ieri ero molto stanco e non riuscivo neppure a leggere bene, nonostante gli occhiali.
Nel libro di “Raja Yoga” “consigliatomi” da UUiC non sono andato avanti: un po’ mi sta antipatico ma anche perché ho capito che si tratta di un seguito a un altro libro dello stesso autore…
“Tipi psicologici” di Jung è al momento il mio preferito: però non è una lettura semplice e la posso portare avanti solo se non sono stanco. Ieri sera, per esempio, sono riuscito a leggere solo due pagine (non due fogli di carta ma uno solo!)… ma di questo ho già scritto abbastanza…
In “Cotton is king”, seppure lentamente, sto comunque andando avanti perché, dopotutto, è il mio libro da bagno quindi…
Ultimamente sta diventando più interessante e, forse, vi ho anche trovato potenziali epigrafi. Sta infatti emergendo che le pressioni ad abolire lo schiavismo negli USA erano, almeno ai piani alti, ipocrite e volute dalla potenza dell’epoca, il Regno Unito: ma anche di questo ho già scritto recentemente (v. Economia del cotone).
Ho letto proprio pochi giorni fa un nuovo capitolo de “Il maestro e Margherita” ma non mi piace: Barbero mi ha fregato! Succedono cose ma non mi incuriosiscono. E poi non ci capisco niente con i nomi dei vari personaggi (la mia “famigerata” dislessia che confonde insieme nomi simili) e questo mi fa perdere molti riferimenti. Dal prossimo libro (di narrativa) che leggerò voglio tenere una lista di nomi per ricordarmi chi è chi…
Anche su “On becoming a person” di Rogers sono fermo: come sempre infatti non mi piace mischiare libri sullo stesso argomento e adesso sono più concentrato su quello di Jung. Di sicuro però lo riprenderò presto perché non è mio e non lo voglio tenere troppo…
Come al solito poi “Una teoria della giustizia” mi piace ma lo leggo col contagocce dato che è il libro che in assoluto richiede la mia massima attenzione: dovrei essere “sveglio” e avrei bisogno di silenzio…
Forse l’ho già accennato ma mi sono comprato delle cuffie antirumore: aiutano ma non risolvono…
E finalmente siamo arrivati a “The revolution betrayed and other works” di Leon Trotsky!
Il libro era partito benissimo (basta vedere i pezzi che dedico a ogni libro per avere un’idea di quanto mi piacciono) ma…
...continua piuttosto bene! Diciamo che ultimamente non vi ho trovato quelle generalizzazioni che mi piacciono così tanto: sta descrivendo la società dell’URSS degli anni ‘30.
Il primo sottocapitolo è sul ruolo della donna che la costituzioni sovietica considera assolutamente pari all’uomo.
Spiega che passare dai principi alla pratica non è semplice, che soprattutto nelle campagne la situazione è più arretrata, che mancano fondi per finanziare iniziative utili… le solite cose che si sentono ancora oggi. Probabilmente ai tempi di Trotsky queste erano intuizioni profonde ma adesso sono così attuali da risultare banali!
Soprattutto evidenzia che solo le donne benestanti, ovvero soprattutto quelle appartenenti alla burocrazia (la “borghesia” sovietica), possono godersi tutti i nuovi diritti mentre le donne comuni sono costrette al doppio lavoro: in fabbrica/campo e poi a casa.
La prostituzione è ben viva e più della metà delle donne arrestate hanno comunque un lavoro in fabbrica o in ufficio.
Un grande problema femminile sono poi le gravidanze indesiderate: proprio per questo la rivoluzione aveva legalizzato l’aborto ma anche in questo caso la lista di attesa è così lunga che molte donne devono ricorrere a levatrici improvvisate con esiti talvolta disastrosi.
Comunque, aggiungo io, la percentuale di donne lavoratrici a occhio sembra molto più alta di quanto non fosse in Italia alla stessa epoca.
Infine, non sorprendentemente, la massima aspirazione delle donne sovietiche sembra essere quella di sposare un alto burocrate. La burocrazia, e i potenti in genere, riescono ad aggirare leggi e limitazioni e possono permettersi “schiavi” domestici, cioè della servitù. Cosa che fa inorridire Trotsky…
Curioso l’uso del termine “schiavi” che va a coincidere con lavoratori formalmente liberi ma senza la possibilità di ribellarsi al proprio sfruttamento per mancanza di alternative. Lo stesso concetto è ventilato in “Cotton is king”…
Il secondo sottocapitolo è sulla gioventù russa le cui speranze vengono frustrate dalla rigidezza della burocrazia. Nonostante questo Trotsky è ottimista che la forza e il numero dei giovani avranno la possibilità di cambiare in meglio la società sovietica a meno di eventi drammatici, come una guerra, che ne riduca il numero e ne reindirizzi la volontà. Ricordo che il libro è del 1936: gli esperti di storia forse ricorderanno che pochi anni dopo ci fu effettivamente una guerra, vinta dall’URSS, ma con grandissime perdite umane (si calcolano circa 30 milioni di morti).
Trotsky lamenta poi la scarsa autonomia data ai giovani e che quelli che si distinguono per spirito critico rischiano addirittura di essere fisicamente eliminati. E questo nonostante che tutta l’istruzione che ricevono si basi su “inganno, controllo e manipolazione”. Molto attuale direi: del resto le dittature devono più o meno ricorrere agli stessi mezzi per nascondere e rendere accettabile le ingiustizie e diseguaglianze su cui si basano.
Trotsky è anche amareggiato dal fatto che la maggioranza dei giovani non ragioni con la logica socialista ma cerchi semplicemente di fare carriera, adeguandosi alla società sovietica, aspirando ai lavori più retribuiti. Trotsky parla esplicitamente di “egoismo antisociale”: di nuovo molto attuale.
Ci riflettevo proprio ieri sera: secondo Jung la società moderna è contro l’individualismo ma oggi sappiamo che la società occidentale spinge all’individualismo estremo. Possibile che Jung nel 1921 avesse travisato le tendenze sociali?
In realtà, questa è la mia riflessione di ieri, con “individualismo” Jung ne intende gli aspetti positivi ovvero, essenzialmente, lo sviluppo di TUTTE le sue funzioni/capacità il cui frutto, aggiungo io, è lo spirito critico e la capacità di comprendere meglio tutto ciò che accade.
Al contrario l’individualismo verso cui spinge la società occidentale esalta tutte quelle qualità umane che si possono riassumere col termine “egoismo” e, assolutamente, cerca di eliminare il pensiero indipendente.
Ah, ecco, ho ritrovato il passaggio in cui Trotsky accenna al fatto che solo una guerra potrebbe bloccare, e solo temporaneamente, la voglia di cambiamento dei giovani russi: «Tutto sommato - rischi economici, lanci col paracadute, spedizioni polari, indifferenza dimostrativa, “teppisti romantici”, umore terroristico e atti individuali di terrorismo - stanno preparando un'esplosione della giovane generazione contro l'intollerabile tutela degli anziani. Una guerra potrebbe di sicuro servire come valvola di sfogo per i vapori di rivolta che si stanno accumulando – ma non per molto.» (*1) e poi prosegue spigando che la guerra temprerebbe anche i giovani rendendoli più capaci di scegliere il proprio destino: evidentemente Trotsky non aveva in mente la portata della guerra che effettivamente ci sarebbe stata pochi anni dopo…
Conclusione: dovrei terminare la sintesi di questo sottocapitolo e, soprattutto, del successivo su nazionalità e cultura, ma ho già scritto abbastanza e sono stanco...
Nota (*1): tradotto al volo da “The revolution betrayed and Other Works” di Leon Trotsky, (E.) Graphyco, 2021, trad. Max Eastman, pag. 127.
SIVIGLIA Y TAPAS
4 ore fa
Ho letto “il maestro e Margherita” credo una ventina di anni fa… e ricordo questo: mi era piaciuto leggerlo, ma ero rimasta molto delusa dal finale. Dovrei riaprirlo, per sapere che sensazioni mi darebbe oggi. Mi è capitato, infatti, di cambiare idea sui libri, rileggendoli anni dopo (un esempio su tutti “canne al vento”). Forse, però, ero semplicemente cambiata io.
RispondiEliminaMa… io onestamente temo di dare un’impressione sbagliata di me stesso come lettore “onnivoro”: in realtà è solo da un po’ che leggo con continuità libri impegnativi come i saggi. Questo per dire che di normale narrativa, inclusi i grandi classici, ho letto poco o nulla!
RispondiEliminaIn termini convenzionali sono decisamente ignorante…
“Il maestro e Margherita” mi ha incuriosito una lezione di Barbero su Bulgakov con il suo entusiasmo per autore e opera…
Adesso (temo) credo che l’essenza di questo libro sia l’equilibrio incerto fra realtà e fantastico ma speravo che poi ci fosse qualcosa di più: un messaggio, un senso nella storia… bo…
E invece mi dici pure che il finale è deludente… aiuto! ;-)
Per tornare al tuo commento anche a me è capitato di cambiare opinione su alcune opere ma non succede spesso. Per esempio il mio scrittore di fantascienza (di questa ne ho letta tantissima fin da ragazzino) preferito in assoluto è una donna (lo sottolineo perché invece, di solito, le autrici di fantascienza non mi piacciono), Julian May, che ha scritto 4 libri del ciclo della “Terra dai multi colori” (che è un crescendo di libro in libro a un climax mostruoso con personaggi MEMORABILI), 1 libro di cornice e 4 libri, chiamati mi pare il “ciclo del milieu”. Tutti collegati insieme nel senso che il primo ciclo potrebbe essere letto come premessa del secondo ma anche viceversa nonostante siano separati da 6 milioni di anni! Io, entusiasta del primo ciclo, lessi avidamente sia il libro di cornice (ottimo; si chiama “L’intervento”) che il nuovo ma ne rimasi un po’ deluso. Avrò letto il primo ciclo almeno una decina di volte (per esempio normalmente ho grande difficoltà a ricordarmi i nomi ma quelli di questa serie li conosco a memoria) mentre il secondo ciclo forse due o tre volte. L’ultima volta è stata pochi anni fa e devo dire che mi è piaciuto più di quanto ricordavo…
In genere credo che sia buon segno quando si cambiano gusti: significa che si è divenuti diversi, ovvero probabilmente siamo cresciuti...
> la massima aspirazione delle donne sovietiche sembra essere quella di sposare un alto burocrate
RispondiEliminaI noti "uguali più uguali degli altri" ben presenti in tutti i regimi comunistici.
Di recente, in inquota.tv, ho visto la storia di un gruppo di giovani polacchi che, ai tempi della dominazione sovietica, cercarono di coronare i loro desideri sportivi. Essi raccontano molto bene i privilegi concessi ai militanti comunisti e negati al resto della popolazione.
Allora, è la osservazione dell'acqua bagnata, dal punto di vista etologico ma, ancora una volta, la ipocrisia del comunismo, di ogni moralismo, è una formidabile, straordinaria moloch di ipocrisia.
Capisco la contrarietà di Trotsky ma il problema è nella ideologia farlocca, antifisica, antibiologica di cui egli era ideologo e attuatore.
Che il comunismo pensato da Marx e Lenin non potesse comunque funzionare per delle contraddizioni di fondo è possibilissimo. Del resto questa è la mia conclusione che presento nell’appendice D dell’Epitome alla luce della mia teoria…
RispondiEliminaC’è però da dire che Trotsky argomenta che il “comunismo” sviluppatosi nell’URSS non era quello che avevano in mente Lenin e Marx ma una brutta copia del capitalismo dove la burocrazia si sostituisce alla borghesia.
Oltretutto la spiegazione che Trotsky dà dell’origine di questo “pasticcio” è piuttosto convincente...
Il fatto che Trotsky venne eliminato non è affatto un dettaglio insignificante.
EliminaMassimo Fini ha rimarcato più volte che il comunismo è il capitalismo dei burocrati rispetto al capitalismo dei borghesi.
Come ecologista noto che entrambi hanno gareggiato nel fare disastri.
Poi vedo il compagno Gad Lerner col Rolex al polso pontificare di accoglienza, integrazione e razzismo da un terrazzo di Portofino e lo metto accanto agli imprenditori leghisti con i marocchini a sgobbare in fabbrica.
Sono proprio due facce della stessa medaglia.
Io credo che il problema di fondo è che la complessità della società umana si è evoluta molto più rapidamente della nostra natura genetica.
RispondiEliminaL'uomo funziona bene in gruppi di circa 300 persone, superato quella soglia inizia a esserci una sorta di "inefficienza di scala" che, secondo me, si può considerare con ingiustizia sociale.
Chiaramente diversi sistemi sociali possono essere più o meno efficienti producendo di conseguenza più o meno ingiustizia sociale.
La soluzione che propongo io (nell'epitome) è considerare i limiti umani e non sopravvalutare invece le qualità dell'uomo. Sistema perfetto? Assolutamente no, ma migliore degli attuali di sicuro...
Sì, la scala.
EliminaQuasi nessuno è consapevole che le comunità umane hanno una dimensione ideale (il piccolo villaggio secondo Gandhi) oltre la quale il degrado aumenta esponenzialmente.
Questo in comunità coese: se si considera gli orribili e nefasti miscuglioni proposti, imposti col non-plus-ultra della multiculturalismo, allora le cose peggiorano ancor più.
Mi permetto di far presente che la giustizia può contribuire ma non è garanzia di società pacifica e di qualità.
Molte società considerate ingiuste, sono probabilmente meglio per diversi aspetti (vediamo la Russia rispetto alle distopie multitutto degli SUA).
[a caldo]
EliminaSì, sono sostanzialmente d’accordo…
[/a caldo]
Io ho preso il numero delle 300 unita dalla teoria di Harari (non sua, lui si limita a riportarla: credo sia di origine neurocognitiva e basata sul numero massimo di persone distinte che possiamo conoscere ragionevolmente bene), quindi sì il piccolo villaggio è la dimensione “giusta”…
Poi, ovviamente, società diverse possono essere più o meno efficaci a minimizzare i problemi di convivenza, efficienza e giustizia.
Dal mio punto di vista la società USA è fra le meno giuste a causa dell’enorme diseguaglianza economica che permette (indice Gini). Anche qui per fare un discorso serio andrebbe data una definizione di cosa si intende per giustizia (la mia l’ho data in [E] 11.2, “Efficienza e giustizia”)...