Oggi scrivo con le cuffie!
Sono cuffie anti rumore, da usare con martelli pneumatici, tiro al bersaglio e simili: in pratica utilissime per il traffico cittadino il cui frastuono entra direttamente in casa di mio padre. Mi stringono le orecchie ma funzionano piuttosto bene…
L’idea del pezzo di oggi è di scrivere di psicologia: non si tratta però di Rogers o Jung ma di una mia intuizione che ho avuto stamani proprio pochi minuti fa.
Lo spunto probabilmente me lo hanno dato Jung e UUiC (!).
Secondo Jung le persone NON hanno tutte la stessa psicologia e, nelle pagine iniziali di “Tipi psicologici”, inizia a dividerle fra introverse ed estroverse. Queste differenze si riflettono poi sul pensiero e sulla visione del mondo tanto che le stesse culture del tempo possono propendere verso una direzione psicologica o un’altra.
UuiC mi ha però fatto notare in un suo commento che nessun tentativo di catalogazione è mai perfetto né, soprattutto, adatto a interpretare/comprendere ogni tipo di comportamento, inclusa quindi anche la partizione di Jung.
Ora una divisione psicologica ha un campo di applicazione piuttosto ampio perché, alla fine, gran parte del comportamento umano è dettato dalla psicologia. Stamani mi chiedevo quindi se e dove questa dicotomia iniziale di Jung fra introversi ed estroversi tralasciasse un qualche fattore importante che creasse un “cono d’ombra” in quanto si può ricavare partendo da essa.
Ecco, da qui in poi è tutta fantasia mia...
In breve mi è venuta in mente una nuova dicotomia: uomini e donne.
Non so se questa sia più basilare che introversione ed estroversione ma sicuramente non è meno importante nel definire il comportamento.
Non si deve dimenticare la psicologia evolutiva, ovvero tutti quei comportamenti istintivi volti alla sopravvivenza: per esempio fuggire da un pericolo.
La società con la sua cultura aggiunge poi tutta una serie di comportamenti accettabili che vanno a sovrapporsi agli istinti iniziali. Si forma così quello che Freud chiamava “super io”.
Ora, per tenere le cose semplici, limitiamoci a considerare una delle direttive principali (per esempio la prima regola dovrebbe essere sopravvivere o, in certi casi, proteggere la prole) di ogni essere umano: riprodursi.
Si tratta di un caso molto interessante perché le strategie, quelle dettate dalla psicologia evolutiva, fra uomini e donne sono diverse.
Fondamentalmente gli uomini ricercano il massimo potere nella propria società (niente di nuovo: esattamente come i babbuini e chissà quante altre specie di scimmie e primati) mentre le donne cercano di scegliere gli uomini più potenti perché questi danno maggiori garanzie di essere in grado di provvedere con adeguato cibo e sicurezza alla futura prole. Anzi si potrebbe anche dire che gli uomini cercano di divenire potenti/ricchi/famosi per attrarre più donne ma, forse, questo aspetto è talvolta sublimato.
Ah, e mentre le donne scelgono gli uomini in base al loro successo (potere, ricchezza, fama e altre declinazioni di esso) questi ultimi scelgono le donne in base alla potenzialità riproduttiva ovvero l’età e la bellezza in quanto misura di salute.
Attenzione! Non sono io maschilista a pensarla così: si tratta infatti di comportamenti appurati e studiati dalla psicosociologia (v. per esempio L’alieno 2).
E questo porta a un primo interessante problema: la società occidentale esalta il successo individuale e, almeno a parole, afferma l’uguaglianza di uomini e donne.
Gli uomini quindi possono seguire sia gli istinti dettati dalla psicologia evolutiva che quelli suggeriti dalla società perché, in pratica, si sovrappongono perfettamente.
I problemi (psicologici) sono per le donne: la società le insegna che il loro obiettivo principale dovrà essere avere successo ma la psicologia evolutiva invece le dice che non è così importante e che anzi dovrebbero concentrarsi su altro. Questo porta a un grosso conflitto interiore fra cultura sociale e, diciamo per semplificare, istinto.
Mettendo insieme il tutto questo significa che una “buona” psicologia dovrebbe studiare come i diversi tipi psicologici si fondano con le tendenze istintive e come si confrontino con le direttivi provenienti dalla società.
Questo studio dovrebbe essere la base di partenza teorica con cui poi valutare le singole psicologie individuali in maniera efficiente ed efficace. Altrimenti si rischia di dover reinventare sempre la ruota studiando come una certa persona si confronta con certe problematiche che, alla fine, sono sempre le stesse.
Insomma lo psicologo dovrebbe prima individuare il tipo psicologico della persona e poi saprebbe immediatamente, grazie alla teoria già studiata, dove sarebbero le difficoltà maggiori dell’individuo. Anche gli scostamenti dalla norma sarebbero più facilmente comprensibili.
Il problema è che, forse per la cultura individualistica del nostro tempo, si tende a concentrarsi sulla psicologia individuale sottovalutando invece le tendenze istintive e i dettami della società. Si dovrebbe quindi iniziare a individuare e catalogare i diversi comportamenti istintivi cosa, immagino, già più o meno nota ma, soprattutto, fare qualcosa di analogo sulle direttive psicologiche date dalla nostra cultura.
Questo ultimo punto è invece tabù: le ragioni sono almeno due. La prima è che, come visto, risulterebbe evidente che la società dà alle donne indicazioni conflittuali con i loro istinti ma questa è un’ammissione inammissibile perché in contraddizione col principio che uomini e donne siano uguali. La seconda è che analizzare psicologicamente la cultura sociale porterebbe a evidenziare l’inutilità sostanziale di tanti comportamenti che diamo per scontati: per esempio il consumismo si basa sull’impulso psicologico di compensare le frustrazioni quotidiane con l’ acquisto di un qualcosa che dà un sollievo molto effimero e che quindi favorisce l’instaurazione di un circolo vizioso: il lavoro produce stress → si acquista oggetti per diminuire lo stress → si lavora di più per avere più denaro per acquistare di più → si ha ancora più stress e così via…
Ma questo circolo vizioso è utile all’economia mentre il suo opposto (meno lavoro, meno stress, meno acquisti) non lo è...
In altre parole la società funziona, nel senso che si tiene in piedi, grazie ai limiti psicologici della popolazione che, sostanzialmente, ne tollerano le ingiustizie di cui si rendono conto solo parzialmente. Risolvere questi aspetti psicologici, dimostrare che sono comportamenti illogici, controproducenti per il singolo e di cui pochissimi beneficiano, porterebbe alla crisi della società.
Ripensandoci una riflessione simile l’aveva fatta anche Marcuse in “Eros e civiltà” ma la sua conclusione era più ottimistica della mia: secondo il filosofo la società non sarebbe caduta nell’anarchia una volta abbattuti i vincoli della società occidentale.
In realtà neppure io sono totalmente pessimista: come ho scritto nell’epitome si potrebbe in teoria arrivare a un tipo di società che “aggiri” le limitazioni psicologiche umane mantenendo giustizia ed efficienza. Il problema è arrivarci!
Tramite passaggi graduali temo che le resistenze sarebbero troppo forti mentre la rivoluzione è sì “la locomotiva della storia” (Marx) ma la direzione in cui si mette a correre non è controllabile...
Conclusione: beh, forse non è una grande intuizione o magari non ho centrato in questo pezzo l’elemento fondamentale del problema: analizzare psicologicamente le pressioni che la società impone a uomini e donne porterebbe alla crisi della stessa.
SIVIGLIA Y TAPAS
5 ore fa
A volte sorrido, messer Vapore Sodo.
RispondiEliminaÈ una prospettiva che non mi lascia sereno quella pensare che etologia e psicologia degli esseri umani siano sbagliate.
Era lo stesso pensiero di Pol Pot e altri personaggi sinistri su quegli zotici, storti, sbagliati di contadini/borghesi, etc. .
La sua è come al solito un'ottima osservazione.
RispondiEliminaAllora specifico che la psicologia umana non è sbagliata in assoluto: altrimenti l'umanità non avrebbe potuto crescere sulla Terra come la muffa su un'arancia marcia!
La psicologia umana è anzi molto utile e funziona bene in piccoli gruppi: il problema è che l'evoluzione della società ha di gran lunga superato la capacità e velocità di adattamento della psicologia umana. E nella società complessa di oggi, comportamenti utili e positivi in gruppi di un centinaio di persone hanno esiti nefasti quando si applicano a popolazioni di decine e decine di MILIONI di abitanti.
Ecco, è la psicologia umana che non scala bene dal piccolo gruppo alla nazione...