[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.5.0 "Coronavirus").
Più o meno da quando è iniziata questa quarantena nazionale mi sto chiedendo quale debba essere l’equilibrio fra libertà personale e salute pubblica.
Premetto che sono tuttora incerto di dove questo confine debba essere ma sono altresì sicuro che esso debba esistere. Inutile poi dire che su questo argomento ognuno avrà la propria opinione: considerate quindi anche la mia per quel che vale. Tenerne presenti i pro e i contro, anche se non condividerete le mie conclusioni, mi pare che sarebbe l’atteggiamento più costruttivo.
Vedrò quindi di scrivere questo pezzo seguendo i percorsi delle mie riflessioni ma con l’incertezza di non sapere quale sarà la destinazione né se, semplicemente, mi sperderò nei meandri dei miei stessi dubbi…
Il mio punto di partenza è una riflessione che feci ormai anni fa anche se non ricordo quanto e se la resi esplicita né di dove eventualmente ne scrissi.
Il concetto è questo: se la libertà, come ci insegna la storia, è stata conquistata al costo della vita essa è allora più importante della salute.
Contemporaneamente un altro concetto che mi è caro e che mi è stato confermato sviluppando l’Epitome è l’importanza della libertà personale (*1).
Ora è ovvio che la quarantena obbligatoria limita notevolmente la libertà individuale: è quindi importante chiedersi fino a quando sia giusto imporne la riduzione seppure per evitare un’epidemia.
La mia posizione iniziale è stata favorevole alla quarantena: a gennaio-febbraio l’avrei imposta a tutti coloro che rientravano dalla Cina; mi era poi parsa insufficiente quella imposta ai soli paesi di Codogno e dintorni; avevo approvato prima la quarantena lombarda e poi quella nazionale di pochi giorni successiva.
Ora però inizio ad avere dei dubbi. Soprattutto quando sento, specialmente da chi lavora in campo medico, ventilare proposte sempre più limitative della libertà personale in nome della salute.
La salute è sicuramente importantissima ma ciò non significa che al suo confronto la libertà valga zero e che, dunque, debba sempre e comunque essere sacrificata in nome della prima. È un po’ il punto di vista del medico che si affanna a proteggere la vita sempre e comunque anche quando questa, per lo stesso paziente, sarebbe sacrificabile: punto di vista che in questo caso viene proiettato sulla libertà vista solo come uno strumento, come un qualsiasi farmaco, da usare per ridurre il contagio.
Mi pare però ovvio che debba essere definito un limite oltre il quale la libertà non debba più essere compressa.
Forse è però prima utile che dia la “mia” giustificazione della quarantena. Perché può essere giusto limitare la libertà personale con la quarantena? A mio avviso l’elemento discriminante è che, specialmente per persone asintomatiche o paucisintomatiche, vi è un rischio alto e concreto che vengano infettate altri individui con esiti catastrofici. Il Coronavirus (a differenza di quanto disse una “brava” virologa a suo tempo) non è una semplice influenza: ancora non vi è una terapia contro di essa e, specialmente per gli anziani, ha una mortalità significativa.
In altre parole chi fa paracadutismo o il pilota di formula uno rischia essenzialmente solo la propria vita: e questo mi pare totalmente legittimo. Il contagiato da Coronavirus mette invece a repentaglio, magari involontariamente e inconsapevolmente (ma questo non è importante), la vita altrui.
È giusto limitare la libertà personale quando questa vada a ledere quella degli altri: specialmente quando, come in questo caso, si mette a potenziale repentaglio la vita stessa di altre persone (*2).
Mettere insieme questi tre elementi (la libertà individuale, il valore intrinseco della libertà e l’esigenza di non diffondere la malattia) non è facile.
La mia sensazione è che adesso, almeno in Italia, si stia eccedendo nella limitazione della libertà individuale: in parte per ragioni politiche, ovvero per nascondere lo scarso successo della quarantena criminalizzando i cittadini, e in parte, suppongo, in buona fede non sapendo che altro fare (*3).
Probabilmente io sarei per concedere più libertà, e quindi responsabilità, ai cittadini. Vuoi andare a trovare la fidanzata o i genitori che vivono altrove? Va bene: purché si sia pienamente consapevoli, da ambo le parti, dei rischi: ovvero se tu o loro avete avuto sintomi influenzali anche lievi nelle ultime due settimane potreste essere infetti e mettere quindi a rischio la salute dei rispettivi nuclei familiari. Ma se tu, la fidanzata e i genitori (e i rispettivi nuclei familiari) ne siete consapevoli allora ci dovrebbe essere la libertà di incontrarsi.
È evidente che, per leggerezza o errori di valutazioni, avremmo dei contagi e anche morti in più ma personalmente lo riterrei un prezzo equo per il valore della libertà.
Per poi non parlare della cappa di burocrazia tutta italiana opprimente e sostanzialmente inutile. Già la quarantena è dannosa di per sé: perché aggravarla col fardello di documenti fini a se stessi?
Vabbè, è una mania italiana: da una parte la burocrazia dà l’illusione di un apparente controllo della situazione da un’altra è un utile scaricabarile delle responsabilità. Il risultato è che i furbi se ne approfittano mentre gli onesti ne patiscono il peso…
Conclusione: come avevo anticipato non ho un’opinione definitiva su questo argomento: soprattutto la situazione di emergenza non permette di effettuare scelte ponderate e oculate. La mia sensazione comunque è che si stia comprimendo troppo la libertà individuale e questo sia inutilmente (nel senso che si va oltre l’esigenza di contenere la malattia) che inerentemente (la libertà ha un valore superiore alla salute e diminuire la prima per salvaguardare la seconda ha senso solo entro un certo limite).
Nota (*1): la democratastenia è forte solo se il singolo lo è, la libertà è una forma di autonomia ed è quindi uno dei pilastri fondamentali di ogni potere. Diminuire la libertà individuale equivale a diminuire l’autonomia della democratastenia con la conseguenza di aumentare la forza dei parapoteri.
Nota (*2): si potrebbe fare questo stesso ragionamento per tutti i vaccini? Nì. Generalizzare è complicato e bisognerebbe verificare caso per caso ma in genere: 1. chi non si vaccina rischia in prima persona; 2. il pericolo, esistendo terapie, è molto più limitato; 3. la diffusione tramite asintomatici e paucisintomatici del Coronavirus è molto più insidiosa.
Nota (*3): e non essendo in grado di fare più tamponi come invece è suggerito dall’OMS e dall’esperienza coreana.
alla prima stazione
1 ora fa
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