Carissimi lettori ecco un altro noiosissimo post. In tutta sincerità sconsiglio la lettura ai minori e ai maggiori di 18 anni. Se infatti tutto il blog lo scrivo per me stesso (vedi Inizio) allora, a maggior ragione, questa serie di post su quelle che, presumo, siano le origini del mio carattere è completamente priva di interesse per il lettore occasionale.
L'aneddoto di oggi non è un vero aneddoto ma, piuttosto, una serie di ricordi del mio periodo all'asilo: suppongo dai 3 ai 5 anni.
All'epoca vivevo in un paese di campagna e, l'asilo, era gestito dalle suore del posto. Lo ricordo ancora piuttosto chiaramente (vedi mappa allegata) nonostante siano passati oltre 30 anni da quando lo vidi l'ultima volta.
Ovviamente le proporzioni della mappa sono tutte sbagliate: primo perché non so disegnare e, secondo, perché, io stesso, non ricordo bene le dimensioni relative dei vari luoghi indicati. Inoltre c'erano sicuramente molte altre stanze e porte che però non ricordo.
La stanza indicata con A era la mia classe: c'erano molti banchini e vari giochi. La maestra era suor Mariangela: una donna piuttosto giovane ma, onestamente, adesso non saprei dire quanto.
B, invece, era un cortile chiuso al quale potevamo accedere attraverso una porta dal corridoio. Nel mezzo c'era una giostra (vedi poi) e forse un alberello. All'angolo in alto a destra c'erano degli scalini che portavano a un portone chiuso: era un luogo molto ambito dagli altri bambini. A sinistra, alla C, c'era invece un pollaio o un orticello, o entrambi: non bisognava andarci e io me ne tenevo lontano. Mi pare però che fosse un altro luogo di ritrovo dei bambini.
La sala indicata con D era molto grande ed era il refettorio (vedi poi). Il corridoio che porta al refettorio lo ho contrassegnato con numerosi punti interrogativi. In effetti ricordo solo che c'era un corridoio ma probabilmente non era così corto e dritto come lo ho disegnato.
Invece, E, era la stanza buona dove pranzavano le suore: ricordo dei mobili di legno scuri e massicci e un tavolo enorme che riempiva la stanza.
Infine, F, era semplicemente un'altra classe per i bambini: io ne ho disegnata una ma avrebbero potuto essere anche due, non so...
Non ricordo una giornata tipo ma, immagino, che quando era brutto tempo si stava in classe e, quando era bello, fuori. Ricordo però che io me ne stavo per i fatti miei e non interagivo con gli altri bambini. Non è che ne avessi paura, era più un problema di comunicazione: come se avessimo parlato lingue differenti. Anche gli interessi erano diversi: gli altri bambini sembravano solo voler correre e urlare, io invece no. Mi trovavo molto bene con suor Mariangela: però non ricordo niente di preciso, è solo una sensazione. A conferma di questo speciale feeling, quando io avevo sei o sette anni, arrivò la notizia che suor Mariangela lasciava il convento per sposarsi perché voleva un bambino suo "come me"!
Quindi, quando non ero coccolato da suor Mariangela, me ne stavo tutto solo?
In realtà no. C'era una bambina, S., che mi aveva preso in forte simpatia. Io la ignoravo e giocavo da solo (in silenzio) per conto mio, lei mi chiacchierava accanto e, immagino, faceva finta che io partecipassi ai suoi giochi. Forse le rispondevo qualcosa di tanto in tanto ma, fondamentalmente, la consideravo come rumore di fondo.
Un giorno però mi impressionò molto: era nata una disputa sulla precedenza all'accesso alla giostra fra lei e un bambino. Ovviamente non ricordo i dettagli ma, il bambino diceva che era lui ad avere la precedenza, perché suo padre era un vigile e poteva arrestare, mentre S. diceva che suo padre era l'operaio che l'aveva costruita e che, comunque, poteva costruirne un'altra. Io rimasi affascinato dalla dialettica dei due contendenti e non avrei saputo a chi dare ragione.
Comunque un episodio in particolare mette in luce la mia, già allora, scarsa socialità. Di solito passavo all'asilo solo la mattina poi, per pranzo, passava il nonno a prendermi per portarmi a mangiare a casa sua (vedi KGB le Origine: lo Sterminatore per la descrizione della casa) fino a quando, la sera, la mamma non mi riportava a casa.
Un giorno, ci fu un problema e io dovetti rimanere a mangiare all'asilo. Ricordo che ero tranquillissimo mentre, accompagnato da suor Mariangela, percorrevo il corridoio avvicinandomi al refettorio. Quando finalmente arrivai sulla soglia mi fermai di colpo paralizzato dallo spettacolo: un orda di bambini urlanti si agitava selvaggiamente per la sala; qualche suora girava fra i tavoli distribuendo il cibo e cercando di mantenere, senza successo, un minimo d'ordine. Non avevo mai visto niente di così caotico e mi bloccai completamente incapace anche solo di spiegarne il motivo. Suor Mariangela fortunatamente non mi abbandonò in quella bolgia infernale ma mi portò nella sala da pranzo delle suore con la madre superiore a capo tavola. Sulla mia sedia misero 2 o 3 cuscini per farmi arrivare al tavolo. Ricordo che all'inizio la madre superiora era scettica sul fatto che io potessi comportarmi bene, però, temendo di essere rispedito con gli altri bambini, feci del mio meglio e nessuna ebbe poi da ridire. L'unico problema fu il cibo: ricordo uno sformato verde, credo di spinaci, che mi guardai bene dal mangiare...
Comunque, da allora, le altre volte che rimasi a pranzo all'asilo, andai sempre a mangiare con le suore e non con gli altri bambini!
Forse vale la pena sottolineare che io non cercavo di giocare con gli altri bambini e che, anzi, mi trovavo perfettamente a mio agio da solo: in altre parole non ero timido (timido=che mi sarebbe piaciuto partecipare ai giochi con gli altri bambini senza però riuscirci) ma asociale.
Sonetti d’amore. Giacomo da Lentini
2 ore fa
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