Nei giorni scorsi, senza molta voglia e con poco entusiasmo, volevo scrivere un pezzo con delle correzioni alla mia teoria sul “wokeismo”: però non mi piace cosa mi è venuto fuori e riscriverò il tutto un’altra volta…
Nel frattempo sto leggendo poco ma, comunque, sto andando avanti nel libro di Trotsky “La rivoluzione tradita”. Proprio poche ore fa ho avuto una buona intuizione (mi pare!).
Trotsky sta spiegando i problemi economici e sociali che accompagnarono i primi anni dell’URSS a guida Lenin e, successivamente, di Stalin. In pratica è come rileggere il relativo capitolo de “Il secolo breve” di Hobsbawm che, evidentemente, deve aver fatto grande affidamento sul punto di vista di Trotsky.
Nei primi anni ‘20 la terra era stata affidata ai contadini che avrebbero dovuta coltivarla e consegnare parte del cibo per sostenere gli operai delle città dell’industria in pieno sviluppo in cambio dei loro manufatti. Il problema è che le industrie sovietiche erano concentrate sull’industria pesante e producevano poco di ciò che i contadini sarebbero stati interessati.
Questo portò a tensioni crescenti, soprattutto sui contadini che avevano più terra e che assoldavano braccianti i quali semplicemente non erano motivati a produrre abbastanza e a cui conveniva invece vendere direttamente il cibo prodotto.
Nel 1928 Stalin afferma che la proprietà privata della terra dei contadini non si tocca ma nel 1929 cambia idea e, praticamente di punto in bianco, si inizia a collettivizzare massicciamente. Negli anni precedenti il terreno coltivato era il 2% del totale ma nel giro di pochi anni arriva al 60%.
Tornando al 1929 i contadini sono parecchio arrabbiati e, oltretutto, si parla di confiscare anche gli animali domestici: questo porta a un vendi vendi che poi si traduce in un mangiarseli subito per, almeno, riempirsi la pancia e tenersi le pelli.
La collettivizzazione però procede e il primo anno il calo è appena del 10%: il problema è che quel 10% era il piccolo surplus necessario a sfamare le città. Per alcuni prodotti di qualità il calo è molto maggiore: per esempio lo zucchero cala del 50%. Soprattutto manca la biada e questo porta alla morta di un 50% degli animali delle fattorie.
Un altro problema è che adesso i contadini, organizzati per coltivare i propri piccoli appezzamenti, dovrebbero coltivare, privi di motivazione e incentivi, grandi estensioni senza avere i mezzi adatti (trattori moderni per esempio).
Secondo Trotsky la collettivizzazione non era sbagliata di per sé ma vi si era giunti in maniera improvvisata, realizzandola male e lasciando i contadini molto scontenti.
La conseguenza fu una grande carestia: Trotsky, che scrive nel 1936, non ha dati precisi ma ipotizza qualche milione di vittime.
Il punto fondamentale sul quale voglio soffermarmi è l’improvvisazione: come ho scritto ancora nel 1928 Stalin era per far mantenere ai contadini i propri appezzamenti di terreno ma, improvvisamente, l’anno dopo cambia idea. Non ci si preoccupa delle conseguenze e si collettivizza di punto in bianco col risultato di provocare una grave carestia e milioni di morti.
Ma perché si improvvisa? Perché non ci si preoccupa dei rischi che cambiamenti così importanti potrebbero causare? Non ci si preoccupa delle conseguenze perché l’élite che prende tali decisioni sa che non ne patirà le conseguenze.
L’improvvisazione non è accettabile per l’industriale che rischia di fallire se calcola grossolanamente male spese e ricavi: se la può permettere invece il politico che ha la sicurezza che la popolazione non potrà ribellarsi, che sa comunque di avere una sinecura che lo aspetta se dovesse perdere la propria poltrona in Parlamento.
E dove vediamo oggi questa avventatezza, questa improvvisazione? Nell’Occidente.
Dalla gestione della pandemia a quella della guerra in Ucraina si vede approssimazione: “proviamo a fare così e vediamo che succede…”. Non ci si preoccupa della crisi economica, dell’inflazione o del rischio di una guerra nucleare.
Il potere occidentale non se ne preoccupa perché sa di non correre rischi, sa che la popolazione occidentale è facilmente manipolabile dai media e che, comunque, coloro che si rendono conto di ciò che non va sono un’esigua minoranza…
In altre parole quando il potere prende decisioni alla leggera significa che è sicuro di avere il controllo della popolazione e, quindi, non si preoccupa più di tanto di potenziali “errori di calcolo”.
Incidentalmente mi è venuta un’altra idea.
Non ricordo se ne ho scritto o ne ho solo accennato a qualcuno privatamente ma da tempo sto notando segnali che mi fanno pensare che si voglia creare una crisi alimentare.
Non credo che si voglia arrivare a far morire di fame la popolazione ma non mi stupirei se invece fosse il cinico tentativo di promuovere il cibo basato sugli insetti: mi pare abbastanza chiaro che la popolazione occidentale non sia molto convinta di passare dalla bistecca di manzo alla cotoletta di scarafaggi: ma se ci fosse una crisi alimentari con il prezzo del cibo tradizionale molto più alto e gli insetti a un costo molto minore allora…
Altra intuizione.
Negli anni ‘50 e ‘60 la produzione industriale dell’URSS era in fortissimo aumento: ancora Chruščëv pensava che l’URSS e i suoi paesi satelliti sarebbero presto diventati più ricchi dell’occidente.
Poi, come sappiamo, le cose non sono andate così e anzi proprio la crisi economica, l’incapacità di sostenere la corsa alle armi con gli USA, provocarono la fine dell’URSS nel 1991.
Ma cosa accadde nell’URSS prima degli anni ‘50 e ‘60?
Beh, le purghe staliniane (20 milioni di morti) e la seconda guerra mondiale (quasi 30 milioni di morti), non ci sono dati certi, ma dovrebbero aver eliminato un 27% e passa della popolazione totale.
Cosa succede quando una parte significativa della popolazione è eliminata? Beh, per chi sopravvive rimangono più risorse e quindi più ricchezza.
Ipotizzo quindi che questo semplice fattore potrebbe aver contribuito significativamente alla crescita economica sovietica del secondo dopo guerra.
Conclusione: non mi stupirei se i matti alla guida dell’occidente avessero la brillante idea di scatenare una pandemia molto più mortale del covid-19 per risolvere facilmente il problema della scarsità di risorse. Il livello di abiezione è questo.
alla prima stazione
1 ora fa
Quando dico che i comunisti furono molto peggio dei nazi perché furono molto più intensi, sistematici nonché duraturi nella privazione delle libertà riassumo e cito ANCHE la privazione di libertà, immaginario (e ingordigia, il catalizzatore emotivo e psicologico) dell'iniziativa economica privata.
RispondiEliminaLa società nazionalsocialista era relativamente opulenta (lo era certamente per i tempi rispetto al resto d'Europa) e con una forza e adesione comune strabilianti.
Inoltre nei nazi NON esisteva il livore ideologico contro quegli zotici, reazionari, arcaici di contadini legati ai cicli della terra e non alla linea retta del progresso.
Nelle mie pagine citai il disprezzo che i sinistri italici avevano per il mondo contadino che dura tuttora (dalle mie parti i contadini sono fastidiosi ostacoli nella trasformazione del rurale in parchi waltdisneyani vegan-animalistici a disposizione dei compagni urbanizzati detti cittadini).
Non è affatto un caso la carneficina di contadini russi e ucraini (dovrei rivedere alcune fonti ma penso di non sbagliare dicendo che essa fu superiore, in gravità, alla Shoah) portò alla fame.
Cosa pensi di ottenere massacrando e annichilendo la parte di società che fornisce il cibo e ha la cultura e le competenze per farlo?!
Il colculdaltrifrocismo è tipico di quelle castalie progressiste che trattano con spocchia gli "zotici".
Qualche tempo fa inizia a vedere una pellicola cinese nella narrazione della quale i funzionari maoisti disprezzavano le secolari conoscenze mongole sulla coabitazione coi lupi ottenendo risultati catastrofici.
Solo una goccia nel vaso pieno.
Supponenza e arroganza ideologiche.
Inoltre la supponenza anche nel considerare culture, competenze e conoscenze fini, non-formalizzate, sottili, olistiche (come quelle dei contadini) come pressoché inesistenti.
Aggiungiamo anche il famoso risultato del filtro passame*da che è ottimamente funzionante nel generare caporioni cialtroni incompetenti tuttologi che passano dal ministero del turismo a quello dell'interno e poi a quello della ricerca in pochi mesi, in gran parte dei sistemi di potere e i risultati sono quelli elencati qui sopra.
UUiC
Su quale dittatura sia stata peggiore fra quella nazista e quella comunista non mi pronuncio: ci sono buoni argomenti per entrambe le teorie. Rispetto quindi qualsiasi opinione in proposito.
EliminaL’altro argomento, la sorta di autorazzismo fra potenti e “volgo” è valido.
Diciamo che non è esattamente di questo che scrivo: il potere improvvisa perché sa che il “volgo” non può ribellarsi, indipendentemente dal disprezzo verso esso (anche se questo elemento può portare a prendere le decisioni con ancora maggior leggerezza). Per capirci, se il “volgo” fosse armato (e quindi potesse ribellarsi) allora il potere, anche se il disprezzo fosse 10 volte maggiore, prenderebbe le proprie decisioni con molta più prudenza.
Da anni è in circolazione una serie tv (fin'ora in due stagioni, ma dubito che ce ne sarà una terza) nella quale si parla proprio dell'ipotesi che hai riportato in chiusura. Si intitola "Utopia". Ho avuto modo di vederne l'intera versione originale (quella inglese, non il rifacimento statunitense), roba per stomaci forti, appena sotto al limite del genere cosiddetto splatter. Eppure, ho percepito che la cosa più raccapricciante non era la violenza esplicita degli esecutori, bensì il cinismo sotterraneo dei mandanti.
RispondiEliminaSe lo stomato ti regge, qui.
Ho guardato appena i primi 5 minuti ma mi sembra interessante!
EliminaProverò a guardarne almeno un paio di puntate per capire se mi piace o no: grazie per il collegamento!
A me era piaciuto molto anche House of Cards ma anche questo è difficile da ritrovare. Per qualche motivo non lo fanno più vedere: forse aveva anticipato troppo i tempi. O forse il cinismo della realtà ha superato quello della fantasia.
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