Questo pezzo nasce inizialmente come risposta a un commento di MrKeySmasher («Osservazioni e conclusioni molto opportune. Mi permetto di suggerire di ampliarne la portata a tutto quello che è "consuetudine", perché la storia è piena di pratiche prima accettate (se non proprio promosse con entusiasmo), poi messe all'indice, poi nuovamente accolte nell'empireo delle Cose Buone. Noi "piccolini" non facciamo altro che deglutire l'acqua che ci viene cacciata in gola da infanti spacciandola per "la normalità", "la stranezza", "il giusto", "lo sbagliato", "il bene", "il male". E non mi dilungo in inutili esempi, che certo hai capito più che meglissimo.» in La ragione del “wokeismo”)
Di seguito mi rivolgo direttamente a MrKeySmasher…
Credo di aver capito cosa intendi ma non ne sono completamente sicuro…
Mi fai però venire in mente una delle mie (tante!) teorie di cui ho scritto in [E] 22.3 “Comunicazione e comprensione”: non è tanto importante comprendere esattamente il nostro interlocutore ma avere la volontà di farlo. In questa maniera anche quando non ci si capisce al 100% si arriverà comunque a riflessioni inedite e potenzialmente superiori all’idea originaria. Vabbè, ho divagato…
Comunque credo che tu ti riferisca a quello che io chiamo il “paradosso dell’epoca”. Ormai parecchi anni fa (i pezzi "storici" sono Epoca e Corollario all'epoca del 2010 e 2011) arrivai spontaneamente a rendermi conto che quello che consideriamo normale e comune della nostra epoca non lo era in passato né lo sarà in futuro. Invece la propria epoca ci dà una prospettiva distorta sul passato (e sul futuro) ci illudiamo di aver raggiunto il massimo, che non ci siano alternative. Contemporaneamente eventuali anomalie non ci appaiono tali perché le consideriamo normali…
Anni dopo trovai lo stesso identico concetto in Mill, ovviamente illustrato con parole più magniloquenti delle mie.
Te lo cito: «Nessun'epoca, e quasi nessun paese, lo [il problema di stabilire quale debba essere il limite al potere dello Stato di coartare la libertà dell'individuo: ma in verità la stessa riflessione è vera per qualsiasi problema morale o principio ideologico] hanno risolto nello stesso modo; e la soluzione di un paese o epoca è lo stupore degli altri: e tuttavia, gli uomini di qualsiasi singolo paese, o epoca, non ne sospettano mai le difficoltà, come se l'umanità fosse sempre stata unanime su questo argomento. Le regole secondo cui vivono sembrano loro ovvie e autogiustificantesi. Quest'illusione del tutto universale è un esempio della magica influenza della consuetudine, che non è solo, come afferma il proverbio, una seconda natura, ma viene continuamente scambiata per la prima.
L'efficacia della consuetudine nel prevenire ogni dubbio sulle norme di condotta che gli uomini si impongono a vicenda è tanto più completa perché l'argomento è uno di quelli su cui non viene generalmente considerato necessario fornire spiegazioni, né agli altri né a se stessi.»
Ingenuamente (e con una punta di arroganza) rimasi molto sorpreso scoprendo che un’altra persona era giunta alle mie stesse conclusioni un secolo e passa prima di me!
Poi col tempo ho scoperto che in realtà quasi tutti i pensatori degni di questo nome si sono resi conto dei pregiudizi del proprio tempo e, con accenti diversi, ne hanno scritto.
Qualche esempio:
«Tutto quanto oggi noi chiamiamo immorale, è stato, in un tempo qualsiasi e un luogo qualsiasi, morale.» Friedrich Nietzsche
«Le assurdità di ieri sono le verità di oggi e saranno le banalità di domani.» Alessandro Morandotti
«Né anche gl'intelletti acuti ed esercitati, sentono facilmente tutta l'efficacia delle ragioni che dimostrano simili verità inaudite, ed eccedenti di troppo spazio i termini delle cognizioni e dell'uso di essi intelletti; massime quando tali razioni e tali verità ripugnano alle credenze inveterate nei medesimi.» Leopardi – Operette Morali
«E oggigiorno, in questa parte del mondo, i duelli privati sono e saranno sempre onorevoli, sebbene illegittimi finché non ci sarà un tempo in cui sarà ordinato un onore per quelli che rifiutano la sfida, e una ignominia per quelli che la lanciano.» Tratto da Leviatano di Thomas Hobbes, (E.) BUR Rizzoli, 2020, trad. Gianni Micheli, pag. 96
«Egli sentirà che il genere umano di una età, non è il genere umano di un’altra età, la ragione per cui Diogene non trovava uomini, è perché fra i suoi contemporanei cercava l’uomo di un tempo che più non era.» tratto da “Discorso sull’origine della diseguaglianza tra gli uomini” di Jean-Jacques Rousseau, (E.) Primiceri Editore, 2019, trad. Silvia Grossi, p. 83
«E così gli uomini che nascono col giogo al collo, nutriti e allevati nella servitù, senza sollevare lo sguardo un poco in avanti si accontentano di vivere come sono nati, e non riuscendo a immaginare altri beni e altri diritti da quelli che si sono trovati dinnanzi prendono per naturale la condizione in cui sono nati.» “Discorso della servitù volontaria” di Étienne De La Boétie, stampato da Amazon Italia Logistica, trad. Luigi Geninazzi e Pietro Fanfani, pag. 81
«STOCKMANN: [...] Le verità non hanno, come si crede, la vita di Matusalemme.
Una verità di costituzione normale può vivere, diciamo, diciassette o diciotto anni, al massimo venti; e giunte a quell’età, le verità sono terribilmente rinsecchite. Eppure è soltanto allora che la maggioranza comincia ad occuparsene e a raccomandarle come un sano nutrimento intellettuale. Ma quegli alimenti non hanno molto valore nutritivo, credete a me che sono medico. Tutte le verità maggioritarie possono venir paragonate alle conserve dell’anno scorso, a dei prosciutti rancidi, contenuti e ammuffiti. E questa è l’origine dello scorbuto morale che infuria in tutte le società.» Henrik Ibsen (Il nemico del popolo)
Vabbè, questa risposta è troppo lunga: ci faccio un pezzo!
Ah! e a questo punto allora cito me stesso, tanto…
«La controindicazione maggiore del paradosso dell'epoca sta nel non permetterci di analizzare oggettivamente il presente con la fondamentale conseguenza di precluderci a priori delle opportunità per il futuro.
In particolare i nostri epomiti ci rendono ciechi a ciò che non funziona o che sarebbe comunque migliorabile: si ha l'illusione che gli aspetti fondamentali della nostra società e del nostro mondo abbiano raggiunto un livello di “perfezione” tale che non sia possibile andare oltre.
Eppure, come abbiamo visto, non abbiamo difficoltà a riconoscere i limiti e le chiusure mentali (dovute ai relativi protomiti dell'epoca) delle genti che ci hanno preceduto su questa terra: e allora perché non ammettere che anche noi potremmo essere ugualmente condizionati da limiti analoghi seppur diversi?» ([E] 6.4 “Conseguenze del paradosso dell’epoca”)
Ah! sì perché anch’io ritengo questo fenomeno fondamentale e, per questo, gli dedico l’intero capitolo [E] 6 “Il paradosso dell’epoca”
Credo che si nasca schiavi del proprio tempo e solo quando riusciamo a liberarci dalle catene invisibili che ci tengono prigionieri (gli usi e costumi dei nostri tempi, i vincoli morali, i principi ideologici etc.) possiamo finalmente comprenderne i limiti e ragionare, ma anche solo immaginare, su qualcosa di meglio…
Bisogna riuscire a volare alti per vedere il labirinto nella sua interezza, individuare il Minotauro e la strada più sicura per uscirne illesi…
Conclusione: spero di non essere stato troppo confuso. Questo è uno di quei pezzi nati un po’ male, senza cioè aver ben chiaro in mente fin dall’inizio ciò che volevo scrivere...
Io vorrei i tre giorni di sonno!
2 ore fa
Sei stato chiarissimo e (non avevo dubbi) hai colto appieno il significato di quel che ho tentato di buttare maldestramente sul tavolo. Noto che il punto traspare effettivamente dalle citazioni dei grandi personaggi che hai riportato, il che può indicare due cose: 1) non siamo poi così limitati come l'umiltà potrebbe indurci a presumere; 2) l'intuizione sulla quale ci siamo soffermati è, tutto sommato, piuttosto ovvia. Ovvero: sono i grandi che non sono poi così grandi, o siamo noi piccini che non siamo poi così piccini?
RispondiEliminaUno sviluppo del concetto che hai ripreso con le parole dei "grandi" potrebbe portare a mettere in discussione anche il valore di un altro totem del nostro tempo: la legalità. Se i valori sono solo convenzioni (e lo sono), ed hanno quindi un peso opinabile, al netto dell'imposizione per mezzo della forza, che peso dovrebbero avere le prescrizioni di legge che su quei valori millantano di essere fondate? Ovviamente ho la mia risposta, ma la tengo per me.
Beh, prima di tutto ti ringrazio per i complimenti sicuramente eccessivi!
EliminaProvo a risponderti cercando di non scrivere troppo.
1. Io credo che la risposta alla tua prima domanda sia una via di mezzo: i “grandi” arrivano a queste conclusioni perché sono “grandi” ma solo qualche “piccolo” vi arriva. La maggior parte delle persone sono troppo concentrate sul presente e sulla quotidianità della propria vita per osservare con il distacco necessario la società da un punto di vista storico.
2. Da quello che intuisco su giustizia/legalità la pensi esattamente come me ([E] 19). Senza esagerare ti propongo solo una citazione che mi sembra evidenzi l’essenza del problema: «Il diritto della società diviene allora espressione dei rapporti di forza ineguali all’interno di essa, le leggi vengono fatte da e per quelli comandano e concedono scarsi diritti a quelli che sono stati assoggettati.» da “lettera di Freud in risposta a Einstein” incluso in “Il disagio della civiltà e altri saggi”, (E.) Bollati Boringhieri, 2012, trad. Sandro Candreva ed Ermanno Sagittario.
In altre parole la legge ha poco a che vedere con la giustizia: è principalmente un sistema per imporre lo status quo sociale favorendo i più ricchi e potenti. È l’illusione della democrazia che poi dà legittimità a leggi ingiuste.
Diamond nel suo lavoro sul collasso delle culture cita gli anacronismi morali tra i cinque fattori scatenanti.
RispondiEliminaDirei, quindi, nulla di nuovo.
Vediamo come la costituzione sia, per dirla alla Ibsen, un manufatto tra l'ammuffito e il rancido che viene utilizzato, ad esempio, da parti dello stato (in primis la magistratura) in modo eversivo, anticostituzionale per svuotare di ogni sovranità effettiva, efficace, la volontà popolare.
Non è un problema italiano, è un problema di specie, etologico: l'aumentare della velocità di cambiamento (in situazioni subottimali la probabilità che sia in peggio tende a uno) rende via via più velocemente obsolete morale e norme che da essa derivano, ovvero obsoleti gli accordi per una decenza nella dimensione sociale del vivere.
Ciò che è illecito viene imposto come legale (e.g. la invasione spacciata come accoglienza alla massa di vittime che la subiscono, l'autodichia dei magistrati come dispositivo de-facto per la massima irresponsabilità e sovversione antidemocratica, etc.), ciò che è lecito (e.g. l'autodifesa contro ciò che lo stato marcio commina contro di te, usando i denari delle tue tasse, il paradosso della inversione vittima-carnefice arrivato a tale espansione di perversione che invece di avere associazioni come Nessuno tocchi Abele, ora abbiamo gli storti di Nessuno tocchi Caino) diventa illegale.
Diciamo che esiste l'ecologia della realtà per la quale tutti questi castelli di carte ideologici di talebani ostili alla realtà vengono disfatti dal primo refolo di sollecitazioni reali.
Come osservava Seneca, la crescita dei sistemi e della loro complessità è lenta, il tracollo è veloce.
UUiC
Secondo me il punto è questo: «Non è un problema italiano, è un problema di specie, etologico»
EliminaL’uomo ha un’opinione eccessivamente alta di sé, idealistica e irrealistica. Questo lo porta a progettare istituzioni (in senso lato) che poi non funzionano come dovrebbero perché l’uomo comune non fa “la sua parte”. Ma, come scrive lei, è la natura umana.
Nella mia epitome, alla base della teoria nel capitolo 1, elenco tutta una serie di limiti umani. Do quindi in pratica una definizione negativa dell’uomo e delle sue caratteristiche. Tutto questo ha un senso epistemologico: partendo da definizioni apofatiche sviluppo una teoria più robusta (antifragile nel senso di Taleb) perché le verità negative (sebbene meno ricche di valore) sono più solide e certe di quelle positive. Per capirci è più facile che in futuro si dimostri errata “A implica XXX” piuttosto che “B non è YYY”. Entrambe le proposizioni possono essere errate ma è più facile che lo sia la prima che la seconda.
Vabbè: sono riuscito a divagare…
Quello che volevo dire è che parecchie problematiche (comprese molte di quelle da lei elencate) derivano dalla natura umana, cioè da non averla considerata nella sua realtà. L’immigrato è pensato come l’uomo laborioso, alla ricerca di una vita migliore, ma desideroso di integrarsi e di vivere in armonia con il resto della popolazione. Questa è la visione idealistica, ma la realtà talvolta è diversa: per esempio l’immigrato potrebbe essere alla ricerca di soldi facili e, per questo, pronto anche a commettere crimini.
Se si idealizza troppo la realtà poi ci si espone ai suoi ganci allo stomaco...
Il "primo comandamento" dei buddisti è "Ama te stesso e osserva!".
EliminaNulla può venire da teorie e prassi che non tengono in conto la realtà.
Anche nella logica aristotelica è noto che da (assioma o teorema precedente falsi) consegue il falso.
Non possono essere intelligente o di valore teorie e prassi conseguenti che non tengano in considerazione la realtà.
È il problema di tutti gli oppi ideologici che quando più falliscono nel gestirla più rinforzano, fondamentalisticamente i loro dogmi bacati.
Ora la Cassazione ha deciso che il termine clandestino non è politicamente corretto e non più usabile.
La cosa buffa (?) è che questi parrucconi dissociati dalla realtà sono ai vertici della piramide sociale: i danni che fanno sono massimi.
UUiC
È vero: l’ideologia filtra e distorce l’interpretazione della realtà e questo porta a tutta una serie di errori più o meno gravi in base alla distanza fra verità e ideale.
EliminaNello specifico non sapevo di quest’ultima trovata della Cassazione: è “interessante” vedere come dedichi il proprio tempo a questioni così “importanti”. Qui ci concentriamo sulla forma dimenticando la sostanza.