Mi dispiace per i miei poveri lettori ma, ancora una volta, posto una nuova puntata, la quarta mi pare, di "KGB le Origini". Per vedere i post precedenti, consiglio di usare il label cloud sulla colonna destra del blog, e di premere su "KGB".
Il seguente aneddoto è molto importante e significativo. Non sono sicuro di quando sia avvenuto. Credo che all'epoca avessi 4 o 5 anni: sicuramente non di più, difficilmente meno.
Ero nella macchina della mamma, una 500 bianca, con i miei genitori. Il babbo guidava, la mamma stava sul sedile anteriore mentre io ero dietro e mi affacciavo fra i due sedili davanti: all'epoca non c'era l'obbligo dei seggiolini di sicurezza per bambini in macchina.
Credo che fossimo stati dai nonni e che si stesse tornando a casa. Ma non è importante.
Comunque, eravamo a un semaforo, quando, su un lato della strada, vidi uno sfasciacarrozze. All'epoca non sapevo cosa fosse ma, non ebbi dubbi, che fosse semplicemente un deposito di macchine rotte.
Non so cosa scattò dentro di me ma, per la prima volta nella mia vita, provai a dire una battuta: con la voce più esageratamente stupita che mi riuscì simulare, dissi qualcosa del tipo: "Babbo, mamma! guardate che incidente là!" indicando la pila di macchine accortocciate con la mia manina.
La reazione dei miei genitori mi sorprese: entrambi scoppiarono a ridere a crepapelle!
Io provai emozioni ambivalenti: da una parte ero felice di aver fatto ridere i miei genitori ma, dall'altra, avevo capito che non si erano resi conto che io stessi scherzando e che non avessi minimamente pensato che si trattasse realmente di un incidente.
Insomma ero felice delle risate ma un po' triste, forse anche un po' seccato, per non essere stato pienamente compreso.
Certo, immagino che fui piuttosto precoce nello sviluppare la mia ironia: come ho scritto in altri post l'ironia è la dissimulazione del proprio pensiero attraverso parole di senso opposto.
Col tempo, ironizzare, è diventata una mia seconda natura: adesso credo di essere molto abile a dire le cose più inverosimili facendo finta di pensarle. Un effetto collaterale è che sono consapevole che, la maggior parte delle persone, rischia di restare confusa dalle mie parole; per questo, oramai automaticamente, adatto il mio livello di "ironicità" in base al mio interlocutore: più mi conosce e più posso arrischiarmi a ironizzare maggiormente. Procedo per livelli e, con le persone che non conosco, mi limito alle banalità. Talvolta poi eccedo e dico una battuta che non viene compresa. Allora, con quella persona, faccio un passo "indietro" e cerco di essere più semplice e meno contorto. Attualmente conosco solo un paio di persone con le quali posso usare la mia ironia liberamente: con tutte le altre devo usare più o meno moderazione.
Mi piace dire: "Se dico qualcosa di stupido sto scherzando..."
Questo aneddoto non è tanto importante per sottolineare la precocità della mia ironia ma quanto, e forse soprattutto, perché, per la prima volta, si manifestò quello che poi diventerà il mio più intimo desiderio: quello di essere pienamente compreso. Ma di questo scriverò in un post a parte.
Sonetti d’amore. Giacomo da Lentini
2 ore fa
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