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mercoledì 18 gennaio 2023

Il vello d'oro

Qualche giorno fa ho finito di leggere il mio primo libro del 2023: “Il vello d’oro” di Robert Graves.
Qualche mese fa avevo infatti letto “A fleece of gold: five lessons from the fable of Jason”: un libretto che prendendo spunto dalla leggenda del vello d’oro dava consigli di vita ai giovani dell’epoca. Mi era quindi rimasta la voglia di saperne di più dato che fin da bambino avevo sentito parlare degli argonauti ma, pur conoscendone alcuni elementi, non mi era chiara la trama nel suo complesso.

Finalmente ne ho scoperto il motivo: la leggenda del vello è antichissima, più o meno contemporanea dell’Odissea (l’avventura di Giasone e degli argonauti si svolge circa due generazioni prima della distruzione di Troia: Priamo è appena un bambino!), ma non è sopravvissuta nella sua forma originaria. Nel corso dei secoli ne sono invece state scritte molte versioni con, ovviamente, particolari anche significativi diversi.

Graves da grande conoscitore della mitologia greca (e non solo) effettua un’opera di ricostruzione accuratissima selezionando i frammenti che secondo lui erano più plausibili.
Inoltre decide di tradurre quelle che interpreta come allusioni simboliche: i centauri sono una tribù il cui animale totemico è il cavallo e analogamente per altre razze semiumane; le ninfe sono delle donne fedeli della Grande Dea; il drago della Colchide (l’attuale Crimea!) che custodisce il vello è in realtà un grande serpente. La magia equivale a dei giochi di prestigio e le varie divinità sono sacerdoti o sacerdotesse possedute dal dio/dea.

Non sono sicuro che questa scelta mi sia piaciuta ma comunque Graves è abile nel rendere verosimili anche gli episodi dove più forte sarebbe stato l’influsso del magico o del divino.

In realtà sulla trama classica del viaggio degli argonauti Graves vi ha voluto sovrapporre un tema più profondo e nascosto: il passaggio da una società matriarcale a una patriarcale, col conflitto più o meno simbolico della vecchia religione della Triplice Dea, della Grande Madre, a quella degli dei olimpici guidati da Zeus.
Interessante anche se mi piacerebbe sapere quanto è frutto della fantasia o dell’intuizione di Graves e quanto vi è invece di, per quanto possibile, appurato.

Probabilmente però non starei scrivendo questo pezzo se non fosse per il solito elemento di serendipità che ha colpito la mia fantasia: ebbene in una delle loro tappe gli argonauti si fermano all’isola di Lemno dove le donne del posto hanno ucciso tutti i maschi, bambini e neonati compresi.
La stessa cosa accade nel romanzo “La regina dei dannati” della Rice e, anche in quel caso, la strage avveniva proprio in un’isola greca (di cui però non mi pare venga menzionato il nome). Chiaro che i motivi sono completamenti diversi ma non posso non pensare che l’ispirazione le sia venuta leggendo Graves. La scelta dell'isola greca mi pare anzi un omaggio al nostro autore visto che si sarebbe potuta svolgere in qualsiasi altro luogo della Terra.
Oltretutto qualche capitolo dopo vi è un accenno a una popolazione che, per reverenza, si nutre dei cadaveri dei propri genitori. Anche questo è un elemento, opportunamente espanso, che è chiave della trama de “La regina dei dannati”.

In tutto il libro ho aggiunto una sola “B” per indicare uno spunto per il ghiribizzo e onestamente non mi ricordavo di cosa si trattasse. Ripropongo il passaggio qui di seguito: «[…] se poi avevano bisogno di soddisfare i propri bisogni corporali, c’era un bel bagno lungo il corridoio, con sedili in stile cretese, puliti da un flusso d’acqua proveniente da una cisterna sul tetto, con un sacchetto di piume d’oca appeso al muro accanto a ciascun sedile.» (*1)
Mi ero sempre chiesto come si facesse senza carta igienica! Comunque le piume d’oca, seppur morbide, non mi sembrano molto adatte!

Conclusione: un libro discreto, leggibile per chi fosse interessato al mito di Giasone o all’interpretazione di Graves del passaggio da una società matriarcale a una patriarcale.

Nota (*1): tratto da “Il vello d’oro” di Robert Graves, (E.) Euroclub, 1995, trad. Francesca Antonini, pag. 137.

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