Oggi volevo scrivere di altro: non so di cosa ma di altro.
Poi ho visto il video odierno del Dr. Campbell e mi sono arrabbiato: scrivo quindi questo pezzo sapendo che mi irriterò sempre di più. E già stamani sono partito di cattivo umore…
Il video in questione è il seguente: Reanalysis of mRNA trial data.
In breve:
- Ricerca verificata dai pari che ha rianalizzato i dati pubblici disponibili della sperimentazione Pfizer e Moderna → effetti collaterali gravi 1 caso ogni 800 vaccinati.
- In passato, per esempio, si erano vietati farmaci per 1 caso grave ogni 100.000 (1976) oppure 1 caso grave ogni 10.000 (2003).
- conclusione della ricerca → si dovrebbe rivalutare il rapporto rischio beneficio di questi vaccini…
E di solito, ha chiosato il Dr. Campbell, queste verifiche si fanno bloccando immediatamente per precauzione l’uso del farmaco senza aspettare che siano concluse…
Uno dei principi base della medicina è che il dottore non deve nuocere. Per questo motivo i provvedimenti medici dovrebbero essere fatti su misura per il singolo: un farmaco utilissimo a una persona potrebbe ucciderne un’altra con una condizione medica diversa.
Da un punto di vista medico le persone non sono tutte uguali ma, semmai, tutte diverse.
Questo in un mondo “normale”.
Ma come mi sono tristemente reso conto in questi ultimi anni non siamo più in un mondo “normale”. Che poi ciò che io intendo per “normale” è già di per sé una condizione socio-politica decisamente pessimista: per la mia teoria in qualsiasi epoca e società il potere politico ha sempre collaborato con i poteri del proprio tempo.
La differenza è che adesso l’occidente è entrata in una fase di decadenza ([E] 15): il risultato è che il potere politico non si limita a favorire i parapoteri ([E] 4.1) del sistema ma, nel farlo, opera attivamente contro l’interesse della propria popolazione.
Ecco quindi che non si consiglia il vaccino per il covid-19 solo a chi potrebbe effettivamente beneficiarne ma si cerca di renderlo obbligatorio per tutti. Questo nonostante che le reazioni avverse gravi siano frequentissime (1 su 800 secondo la ricerca sullodata).
L’anno scorso, più o meno in questo periodo, con folle ottimismo avevo scritto i seguenti pezzi:
Aggiornamento rapido su Omicron del 17 dicembre 2021 dove, basandomi sulle prime informazioni scientifiche (e quindi non provenienti dai nostri media) guardavo con speranza a questa nuova variante. Per esempio scrivevo:
«La notizie dal Sudafrica sono ottime nel senso che questa nuova variante sembra essere molto meno virulenta della delta: si guarisce in pochi giorni senza sintomi gravi. Ovviamente questo è in generale: casi particolarmente sfortunati potrebbero portare comunque a ospedalizzazione. Questo soprattutto quando i numeri degli infetti diverranno molto grandi.»
+
«Non ho idea di cosa stiano dicendo i media nostrani della variante Omicron: magari stanno raccontando che, grazie al verdepasso, da noi la Omicron non si diffonderà o scemenze di questo genere.
Semplicemente abbiamo meno contatti col Sudafrica e quindi “siamo indietro” rispetto al regno Unito di una decina di giorni, forse due settimane.»
+
«Comunque, se la variante Omicron fosse effettivamente poco grave (e, come spiegato, lo vedremo presto in UK se ci sono differenze significative rispetto al Sudafrica), allora potrebbe essere un’opportunità per raggiungere senza pericolo (relativamente) l’immunità di gregge. Se così fosse non mi dispiacerebbe esserne contagiato.
Chiaro il panico del governo che vorrebbe l’emergenza permanente dato che in primavera potrebbe essere ormai terminata del tutto…
Conclusione: sulla contagiosità della variante Omicron siamo ormai tutti d’accordo: resta da vedere quanto sia virulenta (grave): i dati del Sudafrica sono molto incoraggianti ma la riprova verrà dal Regno Unito nelle prossime due settimane e, teoricamente, sono possibili anche brutte sorprese.»
Fine anno del 31/12/2021: esattamente un anno fa ero senza collegamento a Internet da giorni e quindi dovetti “informarmi” sui nostri media e, in particolare, su SKYPD. Ecco dei frammenti di cosa scrissi dopo aver ribadito che i dati dal Sudafrica erano positivi e che un amico mi aveva fatto sapere che anche le notizie dal Regno Unito erano parimente rassicuranti:
«Comunque, tornando a SkyPD-24, nel poco che ho sentito (involontariamente) dei loro servizi ne concludo che sono impegnati a seminare il panico nella popolazione con bollettini di guerra che esaltano tutte le notizie più preoccupanti e tacciono invece su quelle positive.
Ho sentito parlare dell’aumento dei contagi (e questo già si sapeva che sarebbe stato inevitabile: cioè io lo sapevo e l’avevo scritto: magari il governo con i suoi pagliacci dell’informazione pensavano il contrario e pensavano che con le mascherine all’aperto l’avrebbero evitato. Oppure che comprimendo ancora le libertà dei non vaccinati, che sono molto più controllati e paradossalmente più sicuri dei vari super-verdepassi, si ottenesse una diminuzione dei contagi: non so, davvero ormai ho rinunciato a cercare di comprendere quale sia la logica sanitaria del governo italiano…) ma non se a questo corrispondeva un aumento dei ricoveri (molto improbabile per più motivi!). Poi il solito panegirico dissennato sui meriti inesistenti di un governo obbrobrioso e il “doveroso” commento parenetico contro i riottosi non vaccinati che, viene spiegato più o meno esplicitamente, sono i veri “untori” che meritano quindi il disprezzo dei telespettatori e della società tutta.
La cosa drammatica è che la gente crede a questo concentrato di bufale: probabilmente messaggi analoghi sono ripetuti a gran voce dai telegiornali di RAI e delle altre emittenti private.
Di fronte “all’evidenza” di bugie che si danno vicendevolmente ragione le mie spiegazioni che io do, per esempio, a mio zio che segue questa presunta informazione cadono nel vuoto. Inutile dire che le mie fonti si basano sulle ricerche scientifiche: la disinformazione di un telegiornale ha molta più autorità della mia informazione. E questo per parenti e amici: figuriamoci quindi chi non mi conosce.»
Non voglio infierire sui miei lettori citando troppi pezzi e quindi mi limito a quest’ultimo: La fine della pandemia? del 17 gennaio 2022. Finalmente ero riconnesso a Internet e stavo aggiornandomi sulla situazione omicron.
«E, sorpresa, la situazione è molto più rosea di quanto le prefiche dei media italiani lasciano intendere: anzi, di sicuro la situazione nel Regno Unito è addirittura rosea.
A cosa è dovuta questa differenza di prospettive fra, diciamo, Italia e UK?
Beh, da una parte la situazione è effettivamente, un po’ differente da un’altra nel Regno Unito si tiene maggiormente conto della realtà scientifica invece di cercare, esclusivamente, di terrorizzare il comune cittadino italiano (tendenzialmente ipocondriaco!).»
+
«In Italia la variante Omicron era, più o meno (il campione è piccolo ma dovrebbe essere comunque indicativo) all’80% a inizio gennaio con la Delta al 20%.
Adesso è facile supporre che la Omega sia al 99% col risultato che l’aumento dei ricoverati è dovuto principalmente al gran numero di infetti più che alla gravità della malattia che, anzi, è generalmente leggerissima per l’individuo medio.»
+
«Sono quindi ottimista per l’evoluzione della pandemia in Italia che, nonostante la gestione scellerata del governo, è destinata a terminare come nel resto del mondo. Difficilmente infatti dovrebbe evolversi una variante più contagiosa della Omicron che sia anche più grave e che sfugga all’immunità naturale (e dei vaccini) provocata dalla Omicron.»
+
«Conclusione: ma allora, se la situazione è così positiva come ho scritto io, come si spiegano gli ospedali che scoppiano di malati? Beh, la situazione, grazie alla gestione “maldestra” del governo, diventerà sì positiva ma solo nelle prossime settimane: bisogna poi ricordare i 37 miliardi di tagli alla sanità negli ultimi 10 anni (v. Tagli alla sanità) col risultato di avere adesso un’assistenza sanitaria perennemente sotto organico e dalla scarsa capacità ricettiva: un sistema sanitario in cui ogni onda di crisi appena un po’ più alta della media si trasforma in uno tsunami.»
Insomma davo per conclusa la fase emergenziale della pandemia per marzo, col covid-19 che sarebbe diventato endemico ovvero avrebbe coesistito con le usuali malattie.
Ovviamente all’epoca media e potere politico, che non si basavano sui dati scientifici, ma evidentemente agivano sotto la pressione delle lobbi del farmaco, erano partiti per la tangente imponendo obblighi sanitari vergognosi, inutili o peggio dannosi (e gravemente dannosi una volta su 800) invece di iniziare a toglierli.
Ingenuamente pensavo che la verità scientifica sarebbe necessariamente emersa nel corso dell’anno e che quindi, i politici che avevano sbagliato avrebbero, almeno politicamente, pagato per i propri errori.
E in effetti le ricerche scientifiche che spiegavano come stavano le cose si sono moltiplicate tanto che io stesso ho perso interesse sul covid-19 dato che non avevo più incertezze: tutte le mie ipotesi erano state confermate e, anzi, semmai emergeva il comportamento immorale e sconsiderato delle case farmaceutiche che avevano nascosto e gestito con estrema spregiudicatezza i dati per poter commercializzare i loro prodotti il prima possibile: non per salvare vite ma per fare miliardi.
Ma sui media non arrivò niente e i politici fecero finta di nulla dandosi pacche sulle spalle e congrutalondosi fra loro per quanto erano stati "bravi".
Capita l’antifona, nel frattempo avevo messo nero su bianco il concetto di decadenza con tutto ciò che ne consegue, speravo nelle elezioni di metà termine statunitensi. I nuovi eletti dovrebbero insediarsi a gennaio: vedremo se cambierà qualcosa ma inizio a essere scettico. Repubblicani e Democratici statunitensi sono come Forza Italia e PD da noi: stessa roba insomma. Se la case farmaceutiche passano al trogolo repubblicano un po’ di pappa, e non vedo ragioni per cui non dovrebbero farlo, non verrà fatta nessuna battaglia politica per far emergere il marcio, e probabilmente i veri e propri crimini, di un sistema corrotto.
Questa lunga premessa l’ho scritta per arrivare a parlare del nuovo governo.
Un mio amico, oltretutto di tradizione piddina (!), nutriva grandi speranza nella Meloni che, a sentire lui, aveva più volte fatto osservazioni di buon senso contro gli eccessi della gestione pandemica di Speranza.
Io adesso ho difficoltà a impostare un qualsiasi discorso minimamente politico con le altre persone: la mia teoria, e quindi visione del mondo, così come la illustro nell’Epitome è molto evoluta e complessa e non mi è facile quindi fornire il minimo di contesto necessario per far capire agli altri le mie argomentazioni.
Non potendo parlare di partiti sistemici, populismi ambiziosi e parapoteri mi limitai a dirgli che io ero molto più pessimista di lui e che, secondo me, Fratelli d’Italia, al di là di qualche sfumatura alla fine irrilevante era esattamente come PD, Forza Italia, M5S o Lega.
Per questo motivo non mi aspettavo una politica sostanzialmente diversa in qualsiasi questione veramente rilevante.
Un buon governo secondo me avrebbe dovuto per prima cosa eliminare tutti i rimasugli delle demenziali trovate contro la pandemia che avevano l’unico scopo di ricordare agli ipocondriaci che il “pericolo” era ancora presente (tipo le mascherine per alcune categorie di lavoratori). Ancora più importante sarebbe stato fare il possibile per togliere qualsiasi appiglio di legittimità ai DPCM in maniera che nessuno in futuro potesse essere tentato di usarli di nuovo. Ovviamente ciò non è stato fatto: al potere questi meccanismi arbitrari di coercizione fanno comodo: state sicuri che presto saranno riusati e probabilmente per provvedimenti ancora più ingiusti e scriteriati.
Proprio ieri ho sentito su SKYPD (ogni tanto mi capita di sentirne brevi frammenti mentre attraverso il salotto) un rappresentante del governo che affermava che, se la situazione pandemica in Italia dovesse aggravarsi, sarebbero state reintrodotte le mascherine!!
Senza parole: non riesco a esprimere il mio disgusto. Ormai è evidente che questa non è ignoranza ma ipocrisia delinquenziale.
Conclusione: bo… ho divagato molto: mi succede quando mi lascio trasportare dalla collera… La mia sensazione è che termina un anno terribile e ne inizierà uno catastrofico…
sabato 31 dicembre 2022
venerdì 30 dicembre 2022
Libri del 2022
Recentemente, forse semplicemente a causa degli algoritmi di YouTube, mi capita di imbattermi in molti libri che esaltano i vantaggi della lettura lenta e profonda.
Mi è quindi venuto il dubbio che l’argomento possa essere di un certo interesse e, quindi, ne approfitto per spiegare il mio metodo di lettura: in realtà ne ho già scritto altre volte ma prendo l’occasione di pubblicare la lista dei miei libri letti nell’anno 2022 da GoodReads per farci un pezzo unico.
Prima di tutto i miei libri letti:
Visti così non sembrano molti e, in effetti, rispetto a quanto leggono i grandi lettori sono pure pochi.
Personalmente però non ritengo che la quantità sia molto importante: ciò che invece conta è la qualità.
Ci sono libri che ti arricchiscono e altri che non ti lasciano niente: ovviamente leggere i libri di questo secondo tipo non è utile.
Altro fattore, come ribadiscono appunto molti video di “esperti” su YouTube, è che bisogna anche essere in grado di assimilare ciò che si legge.
In definitiva, secondo me, molto banalmente è importante sia leggere libri di qualità sia capirli.
E qui veniamo alla velocità di lettura.
Io sono un lettore molto veloce.
Ma sono anche un lettore molto lento!
In realtà vario la mia velocità in base a ciò che leggo: i libri “leggeri”, che mi servono solo per rilassarmi, li posso terminare in pochi giorni. Se mi appassiono non ho problemi a passarci sopra diverse ore consecutive. Mi lascio coinvolgere dalla storia e mi distraggo lasciandomi trasportare nel mondo immaginario di turno.
A questo tipo di libri appartengono:
- “La regina dei dannati” della Rice
- “Scelti dalle tenebre” della Rice
- “Hollow city” di Ransom
- “La casa per bambini speciali di Miss Peregrine” di Ransom
- “2010 Odissey 2” di Clarke
- “2061 Odissey 3” di Clarke
Questi volumi non mi hanno lasciato praticamente niente con l’eccezione dei due volumi della Rice da cui potrei forse prendere un’epigrafe o due.
Per questo tipo di libri sono una fogna: potrei leggerne a decine. Non lo faccio perché mi distrarrebbero troppo dalle letture più impegnative e utili.
I libri utili poi non sono tutti di uguale difficoltà di lettura: tutto dipende dall’autore (stile e quindi epoca/linguaggio), dall’argomento trattato oltre che, naturalmente, dalle nostre specifiche conoscenze o, banalmente, se siamo più o meno stanchi.
I più facili li leggo quasi alla stessa velocità di quelli di intrattenimento solo che presto attenzione al contenuto: in questa “modalità” rifletto continuamente su ciò che sto leggendo ed, eventualmente, aggiungo commenti a bordo pagina. Questi scoli possono essere di diversi tipi: alcuni sono semplicemente delle sigle speciali con cui evidenzio dei passaggi di cui magari voglio scrivere sul ghiribizzo o fare presenti a specifiche persone o copiare fra le mie epigrafi o di apprezzamento (i punti esclamativi) o di confusione (i punti interrogativi); a volte mi limito solo a segnare con una barretta laterale i passaggi che mi sembrano significativi: la barretta può essere singola, doppia o tripla in base a quanto la trovi importante; ah, mi segno anche tutte i termini che non conosco o che voglio approfondire e che, al termine della lettura, aggiungo alla mia base dati su Anki…
Poi ci sono brevissime sintesi su quanto afferma l’autore (utili poi per rinfrescarsi rapidamente la memoria sullo specifico contenuto) e, infine, le note più importanti, ovvero le mi riflessioni personali, che evidenzio con un “[KGB]”, e che danno una prima rielaborazione intuitiva di quanto sto leggendo.
I libri facili letti sono:
- “A fleece of gold: five lessons from the fable of Jason” di Given
- “L’amicizia” di Cicerone
- “Che guerra sarà” di Mini
- “Social Psychology” di Myers
- “Musica per organi caldi” di Bukowsky
- “La vita responsabile” di Bonhoeffer
- “Agguato al lago rosso” di Genito
- “Ricordi” di Guicciardini
- “La Francia in Costa d’Avorio” di Akmel
- “Le diaboliche” di Barbey d’Aurevilly
- “Lecce Homo” di Genito
- “Animal Farm” di Orwell
- “1984” di Orwell
- “Teatro” di Büchner
Che siano facile da leggere non significa che siano pochi utili: anzi due dei libri più importanti di questo anno sono proprio “Animal farm” e “1984” di Orwell.
Molto buoni anche “Social psychology” di Myers (che ho trovato facile probabilmente solo perché avevo già seguito un corso in linea basato sullo stesso testo) e “La vita responsabile” di Bonhoeffer (anzi di questo autore potrebbe valere la pena di leggere qualche opera più impegnativa: la mia versione è una selezione di lettere troppo breve per avere una buona panoramica del suo pensiero).
“Agguato al lago rosso” e "Lecce Homo" sarebbero due gialli e quindi letture di intrattenimento ma in questo caso, essendo scritti da un amico, li ho letti con particolare attenzione per potergli fornire un commento ben fondato.
Poi ci sono i libri di difficoltà media: li posso trovare più impegnativi principalmente per due ragioni: 1. capire cosa intende l’autore (magari dovendo rileggere qualche paragrafo); 2. la necessità di prendere molti appunti (che, comunque, mi distraggono e allungano notevolmente i tempi di lettura).
A questa categoria appartengono:
- “Discorso della servitù volontaria” di De La Boétie
- “Lettere a Lucillo” di Seneca
- “QED” di Feynman
- “Come io vedo il mondo” di Einstein
- “Babylonian-Assyrian birth omens” di Morris Jastrow
“QED” in realtà è molto difficile se si cerca di capirne i dettagli: quando mi sono reso conto che era fatica sprecata (vedi i vari pezzi sull’argomento) ho anche accelerato la lettura: che sia di difficoltà media è quindi una mia “media” fra la prima e la seconda parte!
Per gli stessi motivi visti al punto precedente, solo ancora più accentuati, ci sono poi i libri che ho trovato difficili e/o faticosi da leggere. Libri per cui, per capirci, ho dovuto fare uno sforzo di volontà per portarli avanti…
Questi sono:
- “Who we are and how we got here” di Reich
- “Il canto della meditazione” di Osho
- “Democrazia cosa è” di Sartori
- “Dialogo su i due massimi sistemi” di Galilei
- “Un nuovo mondo” di Tolle
Qualche precisazione per ciascuno di questi libri:
- “Who we are and how we got here” impegnativo ma utilissimo: letto di gusto e abbastanza rapidamente. Ecco, in questo caso probabilmente chi ha conoscenze di genetica, l’avrebbe trovato facile o medio (un po’ come è successo a me col testo di psicosociologia).
- “Il canto della meditazione” impegnativo perché Osho si esprime per metafore: richiede uno sforzo di intuizione significativo da parte del lettore. Però valido.
- “Democrazia cosa è” molto utile ma pesantissimo: di nuovo chi ha conoscenze della materia potrebbe trovarlo molto più abbordabile di quanto non sia stato per me. A volte arido e stracolmo di dati: è stato faticosissimo ma, data la sua utilità, non ho mai pensato di abbandonarlo.
- “Un nuovo mondo” è l’analogo sbiadito de “Il canto della meditazione” senza averne la profondità. Lo sconsiglio. Poi, ovviamente, anche qui si possono trovare parti utili ma non mi pare che il gioco valga la candela.
Ovviamente si tratta di giudizi indicativi: se riscrivessi questo pezzo domani magari sposterei qualche libro da una categoria a un’altra. Volevo solo dare un’idea del mio giudizio complessivo senza cercare di essere super oggettivo.
Però dell’aspetto peculiare delle mie letture non ho ancora scritto (beh, in altri pezzi sì ma non in questo!).
Io leggo molti libri contemporaneamente e lo faccio perseguendo una specifica strategia cognitiva/mnemonica.
Mi sono infatti reso conto che la mia capacità di assimilare nuovo materiale, ovvero la mia memoria, è relativamente limitata. Se leggo un capitolo di un libro anche impegnativo sono capace di ripeterne abbastanza fedelmente il contenuto, ricordandone (cifra a caso) il 90%.
Se però leggo tre capitoli di fila dello stesso libro ecco che allora rischio di mischiare tutto insieme e la mia capacità di ricordare in maniera organica le singole informazioni crolla a (cifra a caso) il 50%. Ho parlato di capitoli ma in alcuni casi può trattarsi di poche pagine: dipende dalla densità e complessità dell’informazione da memorizzare. In realtà, nella pratica, ormai sento automaticamente quando la mia memoria è “piena” e ho quindi bisogno di tempo per assimilare le nuove idee: un po’ come sentirsi con la pancia piena durante un cenone!
Quindi volendo leggere un solo libro per volta, e contemporaneamente assimilarne una parte significativa del contenuto, finirei per avanzare con estrema lentezza terminando pochi libri all’anno.
Fortunatamente la mia memoria non ha gli stessi problemi di confusione se gli argomenti che leggo in sequenza sono molto diversi fra loro. Per capirci, se leggo di fila tre capitoli appartenenti a generi diversi allora riesco a memorizzarne (cifra a caso) l’80%.
Ma in questa maniera riesco a leggere tre volte più libri con solo una piccola perdita di efficienza.
Per questo leggo sì molti libri contemporaneamente ma gli argomenti trattati sono molto diversi: non ho più ripetuto l’errore, per esempio, di cercare di leggere insieme le “Elleniche” di Senofonte e le “Storie” di Polibio: inizialmente quando Polibio tratta delle invasioni dei galli in Italia non ebbi problemi ma quando passò alle conquiste romane in Grecia iniziai a confondere totalmente le diverse alleanze fra le varie città greche!
Voglio concludere con due citazioni che ho trovato su YouTube e che sintetizzano, molto meglio di quanto potrei fare io, l’importanza di prendersi il giusto tempo per comprendere ciò che si legge:
«Leggere senza riflettere è come mangiare senza digerire» - Burke
«Una pagina ben compresa è meglio di un intero volume letto in fretta» - Macaulay
Conclusione: qual è stato il libro migliore che ho letto questo anno? Sono incerto fra “La fattoria degli animali” e “1984”...
Mi è quindi venuto il dubbio che l’argomento possa essere di un certo interesse e, quindi, ne approfitto per spiegare il mio metodo di lettura: in realtà ne ho già scritto altre volte ma prendo l’occasione di pubblicare la lista dei miei libri letti nell’anno 2022 da GoodReads per farci un pezzo unico.
Prima di tutto i miei libri letti:
Visti così non sembrano molti e, in effetti, rispetto a quanto leggono i grandi lettori sono pure pochi.
Personalmente però non ritengo che la quantità sia molto importante: ciò che invece conta è la qualità.
Ci sono libri che ti arricchiscono e altri che non ti lasciano niente: ovviamente leggere i libri di questo secondo tipo non è utile.
Altro fattore, come ribadiscono appunto molti video di “esperti” su YouTube, è che bisogna anche essere in grado di assimilare ciò che si legge.
In definitiva, secondo me, molto banalmente è importante sia leggere libri di qualità sia capirli.
E qui veniamo alla velocità di lettura.
Io sono un lettore molto veloce.
Ma sono anche un lettore molto lento!
In realtà vario la mia velocità in base a ciò che leggo: i libri “leggeri”, che mi servono solo per rilassarmi, li posso terminare in pochi giorni. Se mi appassiono non ho problemi a passarci sopra diverse ore consecutive. Mi lascio coinvolgere dalla storia e mi distraggo lasciandomi trasportare nel mondo immaginario di turno.
A questo tipo di libri appartengono:
- “La regina dei dannati” della Rice
- “Scelti dalle tenebre” della Rice
- “Hollow city” di Ransom
- “La casa per bambini speciali di Miss Peregrine” di Ransom
- “2010 Odissey 2” di Clarke
- “2061 Odissey 3” di Clarke
Questi volumi non mi hanno lasciato praticamente niente con l’eccezione dei due volumi della Rice da cui potrei forse prendere un’epigrafe o due.
Per questo tipo di libri sono una fogna: potrei leggerne a decine. Non lo faccio perché mi distrarrebbero troppo dalle letture più impegnative e utili.
I libri utili poi non sono tutti di uguale difficoltà di lettura: tutto dipende dall’autore (stile e quindi epoca/linguaggio), dall’argomento trattato oltre che, naturalmente, dalle nostre specifiche conoscenze o, banalmente, se siamo più o meno stanchi.
I più facili li leggo quasi alla stessa velocità di quelli di intrattenimento solo che presto attenzione al contenuto: in questa “modalità” rifletto continuamente su ciò che sto leggendo ed, eventualmente, aggiungo commenti a bordo pagina. Questi scoli possono essere di diversi tipi: alcuni sono semplicemente delle sigle speciali con cui evidenzio dei passaggi di cui magari voglio scrivere sul ghiribizzo o fare presenti a specifiche persone o copiare fra le mie epigrafi o di apprezzamento (i punti esclamativi) o di confusione (i punti interrogativi); a volte mi limito solo a segnare con una barretta laterale i passaggi che mi sembrano significativi: la barretta può essere singola, doppia o tripla in base a quanto la trovi importante; ah, mi segno anche tutte i termini che non conosco o che voglio approfondire e che, al termine della lettura, aggiungo alla mia base dati su Anki…
Poi ci sono brevissime sintesi su quanto afferma l’autore (utili poi per rinfrescarsi rapidamente la memoria sullo specifico contenuto) e, infine, le note più importanti, ovvero le mi riflessioni personali, che evidenzio con un “[KGB]”, e che danno una prima rielaborazione intuitiva di quanto sto leggendo.
I libri facili letti sono:
- “A fleece of gold: five lessons from the fable of Jason” di Given
- “L’amicizia” di Cicerone
- “Che guerra sarà” di Mini
- “Social Psychology” di Myers
- “Musica per organi caldi” di Bukowsky
- “La vita responsabile” di Bonhoeffer
- “Agguato al lago rosso” di Genito
- “Ricordi” di Guicciardini
- “La Francia in Costa d’Avorio” di Akmel
- “Le diaboliche” di Barbey d’Aurevilly
- “Lecce Homo” di Genito
- “Animal Farm” di Orwell
- “1984” di Orwell
- “Teatro” di Büchner
Che siano facile da leggere non significa che siano pochi utili: anzi due dei libri più importanti di questo anno sono proprio “Animal farm” e “1984” di Orwell.
Molto buoni anche “Social psychology” di Myers (che ho trovato facile probabilmente solo perché avevo già seguito un corso in linea basato sullo stesso testo) e “La vita responsabile” di Bonhoeffer (anzi di questo autore potrebbe valere la pena di leggere qualche opera più impegnativa: la mia versione è una selezione di lettere troppo breve per avere una buona panoramica del suo pensiero).
“Agguato al lago rosso” e "Lecce Homo" sarebbero due gialli e quindi letture di intrattenimento ma in questo caso, essendo scritti da un amico, li ho letti con particolare attenzione per potergli fornire un commento ben fondato.
Poi ci sono i libri di difficoltà media: li posso trovare più impegnativi principalmente per due ragioni: 1. capire cosa intende l’autore (magari dovendo rileggere qualche paragrafo); 2. la necessità di prendere molti appunti (che, comunque, mi distraggono e allungano notevolmente i tempi di lettura).
A questa categoria appartengono:
- “Discorso della servitù volontaria” di De La Boétie
- “Lettere a Lucillo” di Seneca
- “QED” di Feynman
- “Come io vedo il mondo” di Einstein
- “Babylonian-Assyrian birth omens” di Morris Jastrow
“QED” in realtà è molto difficile se si cerca di capirne i dettagli: quando mi sono reso conto che era fatica sprecata (vedi i vari pezzi sull’argomento) ho anche accelerato la lettura: che sia di difficoltà media è quindi una mia “media” fra la prima e la seconda parte!
Per gli stessi motivi visti al punto precedente, solo ancora più accentuati, ci sono poi i libri che ho trovato difficili e/o faticosi da leggere. Libri per cui, per capirci, ho dovuto fare uno sforzo di volontà per portarli avanti…
Questi sono:
- “Who we are and how we got here” di Reich
- “Il canto della meditazione” di Osho
- “Democrazia cosa è” di Sartori
- “Dialogo su i due massimi sistemi” di Galilei
- “Un nuovo mondo” di Tolle
Qualche precisazione per ciascuno di questi libri:
- “Who we are and how we got here” impegnativo ma utilissimo: letto di gusto e abbastanza rapidamente. Ecco, in questo caso probabilmente chi ha conoscenze di genetica, l’avrebbe trovato facile o medio (un po’ come è successo a me col testo di psicosociologia).
- “Il canto della meditazione” impegnativo perché Osho si esprime per metafore: richiede uno sforzo di intuizione significativo da parte del lettore. Però valido.
- “Democrazia cosa è” molto utile ma pesantissimo: di nuovo chi ha conoscenze della materia potrebbe trovarlo molto più abbordabile di quanto non sia stato per me. A volte arido e stracolmo di dati: è stato faticosissimo ma, data la sua utilità, non ho mai pensato di abbandonarlo.
- “Un nuovo mondo” è l’analogo sbiadito de “Il canto della meditazione” senza averne la profondità. Lo sconsiglio. Poi, ovviamente, anche qui si possono trovare parti utili ma non mi pare che il gioco valga la candela.
Ovviamente si tratta di giudizi indicativi: se riscrivessi questo pezzo domani magari sposterei qualche libro da una categoria a un’altra. Volevo solo dare un’idea del mio giudizio complessivo senza cercare di essere super oggettivo.
Però dell’aspetto peculiare delle mie letture non ho ancora scritto (beh, in altri pezzi sì ma non in questo!).
Io leggo molti libri contemporaneamente e lo faccio perseguendo una specifica strategia cognitiva/mnemonica.
Mi sono infatti reso conto che la mia capacità di assimilare nuovo materiale, ovvero la mia memoria, è relativamente limitata. Se leggo un capitolo di un libro anche impegnativo sono capace di ripeterne abbastanza fedelmente il contenuto, ricordandone (cifra a caso) il 90%.
Se però leggo tre capitoli di fila dello stesso libro ecco che allora rischio di mischiare tutto insieme e la mia capacità di ricordare in maniera organica le singole informazioni crolla a (cifra a caso) il 50%. Ho parlato di capitoli ma in alcuni casi può trattarsi di poche pagine: dipende dalla densità e complessità dell’informazione da memorizzare. In realtà, nella pratica, ormai sento automaticamente quando la mia memoria è “piena” e ho quindi bisogno di tempo per assimilare le nuove idee: un po’ come sentirsi con la pancia piena durante un cenone!
Quindi volendo leggere un solo libro per volta, e contemporaneamente assimilarne una parte significativa del contenuto, finirei per avanzare con estrema lentezza terminando pochi libri all’anno.
Fortunatamente la mia memoria non ha gli stessi problemi di confusione se gli argomenti che leggo in sequenza sono molto diversi fra loro. Per capirci, se leggo di fila tre capitoli appartenenti a generi diversi allora riesco a memorizzarne (cifra a caso) l’80%.
Ma in questa maniera riesco a leggere tre volte più libri con solo una piccola perdita di efficienza.
Per questo leggo sì molti libri contemporaneamente ma gli argomenti trattati sono molto diversi: non ho più ripetuto l’errore, per esempio, di cercare di leggere insieme le “Elleniche” di Senofonte e le “Storie” di Polibio: inizialmente quando Polibio tratta delle invasioni dei galli in Italia non ebbi problemi ma quando passò alle conquiste romane in Grecia iniziai a confondere totalmente le diverse alleanze fra le varie città greche!
Voglio concludere con due citazioni che ho trovato su YouTube e che sintetizzano, molto meglio di quanto potrei fare io, l’importanza di prendersi il giusto tempo per comprendere ciò che si legge:
«Leggere senza riflettere è come mangiare senza digerire» - Burke
«Una pagina ben compresa è meglio di un intero volume letto in fretta» - Macaulay
Conclusione: qual è stato il libro migliore che ho letto questo anno? Sono incerto fra “La fattoria degli animali” e “1984”...
giovedì 29 dicembre 2022
Popperata
Qualche settimana fa, parlando con un mio amico, gli raccontavo dei libri che stavo leggendo e, arrivato a Karl Popper, feci presente le mie usuali critiche (v. il corto Fuffatore): parecchia fuffa, sopravvalutato, evidentemente "sapeva vendersi bene" e simili…
Con mia sorpresa l’amico reagì negativamente a questi miei commenti: da quel che mi parve di capire la sua obiezione era qualcosa del tipo “Se Popper è un filosofo così famoso allora non può essere un fuffatore come dici tu”. Un argomento essenzialmente basato sull’auctoritas (v. Auctoritates, auctoritas e bifidus actiregularis)…
Il mio approccio, a un me alternativo, sarebbe stato: “Ah, davvero? Interessante: perché?”
Sarei stato curioso di scoprire il modo di ragionare dell’amico e, solo in seguito, in base alle sue argomentazioni mi sarei chiesto come conciliare l’evidente antinomia fra l’opinione dell’amico e la reputazione del filosofo.
Come potete immaginarvi feci finta di niente e passai al libro successivo: non mi va di fare discussioni faticose su questioni dove ho già le idee chiare e che, sostanzialmente, sono di principio.
Oggi ho ripreso “Miseria dello storicismo” e, appena iniziato il capitoletto intitolato “La teoria olistica degli esperimenti sociali”, mi sono detto che era un esempio di ovvietà paludata da profonda riflessione.
Perché quindi non farne un pezzo per dare almeno l’idea ai miei lettori di cosa intendo quando scrivo di trovare Popper superficiale o addirittura banale?
Nel primo paragrafo Popper spiega quale sarà l’obiettivo del capitolo: demolire la tesi del pensiero olistico secondo cui «gli esperimenti sociali, per essere realistici, devono avere il carattere di tentativi utopistici di rimodellare la società intera.» (*1)
Ovvero, date le interrelazioni esistenti fra i singoli aspetti di una società, è impossibile modificarne solo una parte ma si deve applicare un approccio complessivo, cioè olistico.
A me pare evidente che questo aspetto dell’approccio olistico sia assurdo: la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la sua impraticabilità. È ovvio che i cambiamenti devono essere graduali. E comunque, assumendo che in linea teorica fosse possibile sperimentare su tutta una società, come sarebbe poi possibile valutare l’efficacia del nostro intervento? Avevo in mente le ricerche mediche che di solito sperimentano su due gruppi di pazienti: a uno viene dato il farmaco che si vuole sperimentare e all’altro invece un placebo. Solo confrontando i diversi risultati ottenuti da questi due gruppi è possibile determinare quanto un farmaco sia effettivamente statisticamente efficace.
Questo il mio pensiero basato su due secondi di riflessione (*2). Subito ho aggiunto il mio scolio: «[KGB] Ora P. dimostrerà che una cazzata è una cazzata».
Questo a pagina 93. Le successive tre pagine le ho commentate con «Banalità». Per dare un esempio: nella fisica gli esperimenti sono in condizioni super controllate per essere sicuri del risultato, oppure l’ingegnere non costruisce dal nulla un aereo ma prima ne sviluppa le singole parti e ha tutta una teoria basata su una lunga sperimentazione alle proprie spalle.
Poi però da pagina 97, già mentre leggevo, il pezzo che avevo in mente di scrivere ha iniziato a cambiare forma: Popper continuava a evidenziare banalità ma che però avevano il pregio di essere applicabili alla situazione socio-politica attuale.
Sono delle ovvietà che io da tempo vado ripetendo e che, forse, quasi do per scontate tanto mi appaiono scontate. Popper invece, che su queste banalità ha basato il suo intero libro, si sofferma su questi concetti approfondendoli a un livello che a me pare addirittura superfluo.
Ma ecco qua: «Tutti abbiamo la debolezza di voler avere sempre ragione, e questa debolezza sembra particolarmente diffusa tra gli uomini politici, sia professionisti che dilettanti.» (*3)
Questo comportamento è spiegato in psicosociologia: il suo scopo è quello di proteggere la nostra autostima.
Ricordo che ne scrissi quando spiegai che difficilmente i politici che hanno gestito malamente la pandemia ammetteranno di aver fatto degli errori perché, in questo caso, non solo la loro autostima ma probabilmente anche la carriera sarebbe messa a rischio. Più facile convincersi di essere stati degli statisti geniali che ammettere di essere politicastri incapaci.
Il bravo politico, consapevole che solo chi non fa non sbaglia dovrebbe osservare criticamente il proprio operato alla ricerca di eventuali errori in maniera da poterli correggere e non ripetere: «Tenersi pronti a scorgere questi sbagli, trovarli, metterli bene in vista, analizzarli e imparare da essi, ecco cosa dovrebbe fare uno scienziato politico e anche un politico che abbia in giusta considerazione il metodo scientifico.» (*3)
Mi pare evidente che in Italia, ma lo stesso sostanzialmente vale per l’intero occidente in decadenza, di “scienziati politici” non ne abbiamo. I nostri politici che ci hanno guidato attraverso la pandemia confondevano il “metodo scientifico” con le indicazioni che gli arrivavano dalle lobbi del farmaco, prendevano per veritieri dei semplici comunicati stampa e ignoravano invece i risultati di molteplici ricerche scientifiche…
«Il metodo scientifico nella politica significa che alla grande arte con cui ci autopersuadiamo di non aver fatto sbagli – o facciamo finta di non vederli, o li nascondiamo, o ne diamo colpa ad altri – sostituiamo l’altra assai più grande di accettare la responsabilità dei nostri sbagli, di cercare di trarne una lezione e di mettere in atto le conoscenze così acquisite in modo da evitare gli stessi sbagli in avvenire.» (*3)
Quante volte ho scritto parole di questo tenore? Quante volte ho scritto della corsa allo scaricabarile delle responsabilità? Dei disastri trasformati in successi grazie ai media compiacenti?
Finalmente a pagina 98 Popper propone, a modo suo, la mia obiezione sulla difficoltà di riconoscere le diverse relazioni causali quando troppe variabili fossero in gioco: «Poiché tanti atti sono eseguiti contemporaneamente, è impossibile dire di un qualunque risultato da quale delle misure derivi [...]» (*4)
Con mio stupore, verso la fine della stessa pagina 98, ho trovato un concetto interessante e al quale non avevo mai pensato prima!
«Il pianificatore olistico dimentica che è facile centralizzare il potere, ma impossibile centralizzare tutte quelle cognizioni che sono distribuite fra molte menti individuali, e la cui centralizzazione sarebbe necessaria per esercitare saggiamente il potere centralizzato» (*4).
In questo caso il mio scolio è stato: «Vero e interessante (!)». Il punto esclamativo fra parentesi era per evidenziare la mia sorpresa.
Ma a pagina 99 in alto una nota spiegava che questo concetto che mi era così piaciuto non è originale di Popper che cita invece “Collectivist Economic Planning” di un certo Hayek!
Il mio commento a margine: «A ecco: non era farina di P.!! Ah! Ah!». Mi aveva divertito il fatto che un po’ a malincuore avevo attribuito a Popper il giusto merito per però scoprire subito dopo che non era suo…
Comunque mentre leggevo queste pagine mi sono reso conto che dal 2020 abbiamo vissuto un grande esperimento olistico: la gestione della pandemia che ha stravolto la società occidentale e le sue abitudini.
Diventano quindi applicabili le obiezioni che Popper rivolge a questo tipo di gestione della società.
Per esempio è un dato di fatto che la società, le persone in generale, non amano i cambiamenti e quindi tendono a opporsi alle novità. Per questo «il pianificatore olistico è costretto a cercar di semplificare i suoi problemi eliminando le differenze individuali; per mezzo dell’educazione e della propaganda egli deve cercar di dominare gli interessi e le credenze e ottenere che siano stereotipizzati. Ma questo tentativo di esercitare il potere sulle menti […] è evidentemente incompatibile col libero pensiero, e specialmente con il pensiero critico.» (*5)
A me ricorda il pensiero maggioritario ([E] 10.6), no? Evidentemente Popper non sapeva che il “pensiero critico” è fatto esclusivamente di bufale e che i buoni cittadini devono essere protetti da esso grazie alla censura!
Pagina 100 inizia con una bel paragrafo: ma di nuovo non è il pensiero di Popper ma una citazione: «Il Tawney conclude una discussione su Lutero e il suo tempo con le parole: “Scettica riguardo all’esistenza dei liocorni e delle salamandre, l’epoca del Machiavelli e di Enrico VIII dette esca alla sua credulità adorando quel mostro rarissimo, il Principe timorato di Dio”. Qui al posto delle parole “liocorni e salamandre” sostituisci due nomi moderni che evidentemente vi corrispondano, e alla frase “Principe timorato di Dio” sostituisci “la benevola autorità pianificatrice”; e avrai una descrizione della credulità del nostro tempo.» (*6)
Questo concetto non suona nuovo, vero?
E infatti pochi giorni fa, in Vecchi e nuovi tempi, citavo il seguente passaggio di De La Boétie: «È davvero pietoso ricordare quanti stratagemmi abbiano messo in atto i sovrani di un tempo per impiantare la loro tirannia, di quali mezzucci si siano serviti trovandosi davanti una plebaglia fatta apposta per loro, incapace di evitare qualsiasi trabocchetto che le venisse teso, ingannata con estrema facilità e tanto più sottomessa quanto più il tiranno si prendeva gioco di lei.» (*7) (*8)
In altre parole sbaglia Popper a parlare di “credulità del nostro tempo” perché è la “credulità di ogni tempo”.
Aggiungo una considerazione più generale: Popper, come si intuisce dal titolo di questa sua opera, non crede che sia possibile trovare regole e leggi che possano spiegare la storia e la società. Il suo principale argomento è che ogni epoca e società ha le proprie peculiarità che non possono essere generalizzate.
Come sapete nella mia Epitome il capitolo 5 è intitolato “Le leggi del potere” che invece hanno proprio lo scopo di dare una chiave di lettura alla storia e di aiutare a decifrare la società moderna: il motivo è che le mie leggi sono assolute, non legate cioè a uno specifico tempo e società, perché si basano sui limiti psicologici umani che variano solo in molte migliaia di anni.
Questo è il motivo per cui Popper si confonde e non riconosce una legge generale confondendola con un accidente del proprio tempo: dal mio punto di vista è invece automatico considerarla il frutto di vari limiti umani e, quindi, caratteristica universale di qualsiasi società umana.
A fine pagina 100 invece ci sarebbero un paio di paragrafi interessanti perché anch’essi attuali, stavolta per la guerra in Ucraina. Solamente non ho più voglia di copiare un’altra lunga citazione quindi mi limito a sintetizzare il concetto.
L’uomo è facilmente motivato quando lo si costringe a qualcosa dicendogli che è contro l’ingiustizia, lo sfruttamento, la povertà, la disoccupazione etc. In tutte le guerre i soldati combattono convincendosi di essere dalla parte del bene e della giustizia…
Scrive quindi Popper (alla fine è un passaggio breve…): «Forse ciò potrà spiegare in parte come mai nei paesi democratici che si difendono contro l’aggressione, le necessarie misure di vasta portata […] vengono sufficientemente appoggiate senza la soppressione della critica pubblica, mentre nei paesi che si preparano ad un attacco, o che sono impegnati in una guerra aggressiva, la critica pubblica generalmente dev’essere soppressa affinché si possa ottenere il favore del pubblico presentandogli l’attacco come difesa.» (*9)
E infatti ormai l’occidente è in decadenza e la nostra democrazia è parimenti degenerata: ecco perché la UE (con quale autorità?) ha prontamente censurato i canali russi. Ecco perché ci dicono che la Russia è l'aggressore omettendo di menzionare gli otto anni in cui, in barba agli accordi di Minsk, l'Ucraina ha bombardato le regioni del Donbass. La menzogna è infatti credibile solo quando è da sola: se vi si affianca la verità i suoi limiti risultano evidenti.
A pagina 101 si conclude ripetendo per l’ennesima volta come gli esperimenti di fisica siano fondamentalmente diversi da quelli sociali. Grazie Popper per avermelo fatto notare.
Conclusione: mi è venuto un pezzo particolarmente lungo ma mi pare che nel complesso sia interessante: Popper ha scritto sì le solite ovvietà ma che, guarda caso, sono ovvietà che illustrano bene le meschinità della nostra società. Paradossale, forse tragico, come Popper scrisse queste pagine in indiretta opposizione al modello comunista e a difesa della democrazia occidentale: oggi le stesse parole denunciano invece proprio i limiti della degenerazione di quella società che originalmente aveva inteso difendere...
Nota (*1): tratto da «Miseria dello storicismo» di Karl Popper, (E) Feltrinelli, 2019, trad. Carlo Montaleone, pag. 93.
Nota (*2): mi sono basati due secondi anche perché più o meno è tutto il libro che Popper gioca con questi concetti e, quindi, avevo già le idee piuttosto chiare…
Nota (*3): ibidem, pag. 97.
Nota (*4): ibidem, pag. 98.
Nota (*5): ibidem, pag. 99.
Nota (*6): ibidem, pag. 100.
Nota (*7): tratto da “Discorso della servitù volontaria” di Étienne De La Boétie, stampato da Amazon Italia Logistica, trad. Luigi Geninazzi e Pietro Fanfani, pag 100.
Nota (*8): Allarme serendipità: entrambe le citazioni si trovano a pagina 100 dei rispettivi volumi!
Nota (*1): tratto da «Miseria dello storicismo» di Karl Popper, (E) Feltrinelli, 2019, trad. Carlo Montaleone, pag. 100.
Con mia sorpresa l’amico reagì negativamente a questi miei commenti: da quel che mi parve di capire la sua obiezione era qualcosa del tipo “Se Popper è un filosofo così famoso allora non può essere un fuffatore come dici tu”. Un argomento essenzialmente basato sull’auctoritas (v. Auctoritates, auctoritas e bifidus actiregularis)…
Il mio approccio, a un me alternativo, sarebbe stato: “Ah, davvero? Interessante: perché?”
Sarei stato curioso di scoprire il modo di ragionare dell’amico e, solo in seguito, in base alle sue argomentazioni mi sarei chiesto come conciliare l’evidente antinomia fra l’opinione dell’amico e la reputazione del filosofo.
Come potete immaginarvi feci finta di niente e passai al libro successivo: non mi va di fare discussioni faticose su questioni dove ho già le idee chiare e che, sostanzialmente, sono di principio.
Oggi ho ripreso “Miseria dello storicismo” e, appena iniziato il capitoletto intitolato “La teoria olistica degli esperimenti sociali”, mi sono detto che era un esempio di ovvietà paludata da profonda riflessione.
Perché quindi non farne un pezzo per dare almeno l’idea ai miei lettori di cosa intendo quando scrivo di trovare Popper superficiale o addirittura banale?
Nel primo paragrafo Popper spiega quale sarà l’obiettivo del capitolo: demolire la tesi del pensiero olistico secondo cui «gli esperimenti sociali, per essere realistici, devono avere il carattere di tentativi utopistici di rimodellare la società intera.» (*1)
Ovvero, date le interrelazioni esistenti fra i singoli aspetti di una società, è impossibile modificarne solo una parte ma si deve applicare un approccio complessivo, cioè olistico.
A me pare evidente che questo aspetto dell’approccio olistico sia assurdo: la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la sua impraticabilità. È ovvio che i cambiamenti devono essere graduali. E comunque, assumendo che in linea teorica fosse possibile sperimentare su tutta una società, come sarebbe poi possibile valutare l’efficacia del nostro intervento? Avevo in mente le ricerche mediche che di solito sperimentano su due gruppi di pazienti: a uno viene dato il farmaco che si vuole sperimentare e all’altro invece un placebo. Solo confrontando i diversi risultati ottenuti da questi due gruppi è possibile determinare quanto un farmaco sia effettivamente statisticamente efficace.
Questo il mio pensiero basato su due secondi di riflessione (*2). Subito ho aggiunto il mio scolio: «[KGB] Ora P. dimostrerà che una cazzata è una cazzata».
Questo a pagina 93. Le successive tre pagine le ho commentate con «Banalità». Per dare un esempio: nella fisica gli esperimenti sono in condizioni super controllate per essere sicuri del risultato, oppure l’ingegnere non costruisce dal nulla un aereo ma prima ne sviluppa le singole parti e ha tutta una teoria basata su una lunga sperimentazione alle proprie spalle.
Poi però da pagina 97, già mentre leggevo, il pezzo che avevo in mente di scrivere ha iniziato a cambiare forma: Popper continuava a evidenziare banalità ma che però avevano il pregio di essere applicabili alla situazione socio-politica attuale.
Sono delle ovvietà che io da tempo vado ripetendo e che, forse, quasi do per scontate tanto mi appaiono scontate. Popper invece, che su queste banalità ha basato il suo intero libro, si sofferma su questi concetti approfondendoli a un livello che a me pare addirittura superfluo.
Ma ecco qua: «Tutti abbiamo la debolezza di voler avere sempre ragione, e questa debolezza sembra particolarmente diffusa tra gli uomini politici, sia professionisti che dilettanti.» (*3)
Questo comportamento è spiegato in psicosociologia: il suo scopo è quello di proteggere la nostra autostima.
Ricordo che ne scrissi quando spiegai che difficilmente i politici che hanno gestito malamente la pandemia ammetteranno di aver fatto degli errori perché, in questo caso, non solo la loro autostima ma probabilmente anche la carriera sarebbe messa a rischio. Più facile convincersi di essere stati degli statisti geniali che ammettere di essere politicastri incapaci.
Il bravo politico, consapevole che solo chi non fa non sbaglia dovrebbe osservare criticamente il proprio operato alla ricerca di eventuali errori in maniera da poterli correggere e non ripetere: «Tenersi pronti a scorgere questi sbagli, trovarli, metterli bene in vista, analizzarli e imparare da essi, ecco cosa dovrebbe fare uno scienziato politico e anche un politico che abbia in giusta considerazione il metodo scientifico.» (*3)
Mi pare evidente che in Italia, ma lo stesso sostanzialmente vale per l’intero occidente in decadenza, di “scienziati politici” non ne abbiamo. I nostri politici che ci hanno guidato attraverso la pandemia confondevano il “metodo scientifico” con le indicazioni che gli arrivavano dalle lobbi del farmaco, prendevano per veritieri dei semplici comunicati stampa e ignoravano invece i risultati di molteplici ricerche scientifiche…
«Il metodo scientifico nella politica significa che alla grande arte con cui ci autopersuadiamo di non aver fatto sbagli – o facciamo finta di non vederli, o li nascondiamo, o ne diamo colpa ad altri – sostituiamo l’altra assai più grande di accettare la responsabilità dei nostri sbagli, di cercare di trarne una lezione e di mettere in atto le conoscenze così acquisite in modo da evitare gli stessi sbagli in avvenire.» (*3)
Quante volte ho scritto parole di questo tenore? Quante volte ho scritto della corsa allo scaricabarile delle responsabilità? Dei disastri trasformati in successi grazie ai media compiacenti?
Finalmente a pagina 98 Popper propone, a modo suo, la mia obiezione sulla difficoltà di riconoscere le diverse relazioni causali quando troppe variabili fossero in gioco: «Poiché tanti atti sono eseguiti contemporaneamente, è impossibile dire di un qualunque risultato da quale delle misure derivi [...]» (*4)
Con mio stupore, verso la fine della stessa pagina 98, ho trovato un concetto interessante e al quale non avevo mai pensato prima!
«Il pianificatore olistico dimentica che è facile centralizzare il potere, ma impossibile centralizzare tutte quelle cognizioni che sono distribuite fra molte menti individuali, e la cui centralizzazione sarebbe necessaria per esercitare saggiamente il potere centralizzato» (*4).
In questo caso il mio scolio è stato: «Vero e interessante (!)». Il punto esclamativo fra parentesi era per evidenziare la mia sorpresa.
Ma a pagina 99 in alto una nota spiegava che questo concetto che mi era così piaciuto non è originale di Popper che cita invece “Collectivist Economic Planning” di un certo Hayek!
Il mio commento a margine: «A ecco: non era farina di P.!! Ah! Ah!». Mi aveva divertito il fatto che un po’ a malincuore avevo attribuito a Popper il giusto merito per però scoprire subito dopo che non era suo…
Comunque mentre leggevo queste pagine mi sono reso conto che dal 2020 abbiamo vissuto un grande esperimento olistico: la gestione della pandemia che ha stravolto la società occidentale e le sue abitudini.
Diventano quindi applicabili le obiezioni che Popper rivolge a questo tipo di gestione della società.
Per esempio è un dato di fatto che la società, le persone in generale, non amano i cambiamenti e quindi tendono a opporsi alle novità. Per questo «il pianificatore olistico è costretto a cercar di semplificare i suoi problemi eliminando le differenze individuali; per mezzo dell’educazione e della propaganda egli deve cercar di dominare gli interessi e le credenze e ottenere che siano stereotipizzati. Ma questo tentativo di esercitare il potere sulle menti […] è evidentemente incompatibile col libero pensiero, e specialmente con il pensiero critico.» (*5)
A me ricorda il pensiero maggioritario ([E] 10.6), no? Evidentemente Popper non sapeva che il “pensiero critico” è fatto esclusivamente di bufale e che i buoni cittadini devono essere protetti da esso grazie alla censura!
Pagina 100 inizia con una bel paragrafo: ma di nuovo non è il pensiero di Popper ma una citazione: «Il Tawney conclude una discussione su Lutero e il suo tempo con le parole: “Scettica riguardo all’esistenza dei liocorni e delle salamandre, l’epoca del Machiavelli e di Enrico VIII dette esca alla sua credulità adorando quel mostro rarissimo, il Principe timorato di Dio”. Qui al posto delle parole “liocorni e salamandre” sostituisci due nomi moderni che evidentemente vi corrispondano, e alla frase “Principe timorato di Dio” sostituisci “la benevola autorità pianificatrice”; e avrai una descrizione della credulità del nostro tempo.» (*6)
Questo concetto non suona nuovo, vero?
E infatti pochi giorni fa, in Vecchi e nuovi tempi, citavo il seguente passaggio di De La Boétie: «È davvero pietoso ricordare quanti stratagemmi abbiano messo in atto i sovrani di un tempo per impiantare la loro tirannia, di quali mezzucci si siano serviti trovandosi davanti una plebaglia fatta apposta per loro, incapace di evitare qualsiasi trabocchetto che le venisse teso, ingannata con estrema facilità e tanto più sottomessa quanto più il tiranno si prendeva gioco di lei.» (*7) (*8)
In altre parole sbaglia Popper a parlare di “credulità del nostro tempo” perché è la “credulità di ogni tempo”.
Aggiungo una considerazione più generale: Popper, come si intuisce dal titolo di questa sua opera, non crede che sia possibile trovare regole e leggi che possano spiegare la storia e la società. Il suo principale argomento è che ogni epoca e società ha le proprie peculiarità che non possono essere generalizzate.
Come sapete nella mia Epitome il capitolo 5 è intitolato “Le leggi del potere” che invece hanno proprio lo scopo di dare una chiave di lettura alla storia e di aiutare a decifrare la società moderna: il motivo è che le mie leggi sono assolute, non legate cioè a uno specifico tempo e società, perché si basano sui limiti psicologici umani che variano solo in molte migliaia di anni.
Questo è il motivo per cui Popper si confonde e non riconosce una legge generale confondendola con un accidente del proprio tempo: dal mio punto di vista è invece automatico considerarla il frutto di vari limiti umani e, quindi, caratteristica universale di qualsiasi società umana.
A fine pagina 100 invece ci sarebbero un paio di paragrafi interessanti perché anch’essi attuali, stavolta per la guerra in Ucraina. Solamente non ho più voglia di copiare un’altra lunga citazione quindi mi limito a sintetizzare il concetto.
L’uomo è facilmente motivato quando lo si costringe a qualcosa dicendogli che è contro l’ingiustizia, lo sfruttamento, la povertà, la disoccupazione etc. In tutte le guerre i soldati combattono convincendosi di essere dalla parte del bene e della giustizia…
Scrive quindi Popper (alla fine è un passaggio breve…): «Forse ciò potrà spiegare in parte come mai nei paesi democratici che si difendono contro l’aggressione, le necessarie misure di vasta portata […] vengono sufficientemente appoggiate senza la soppressione della critica pubblica, mentre nei paesi che si preparano ad un attacco, o che sono impegnati in una guerra aggressiva, la critica pubblica generalmente dev’essere soppressa affinché si possa ottenere il favore del pubblico presentandogli l’attacco come difesa.» (*9)
E infatti ormai l’occidente è in decadenza e la nostra democrazia è parimenti degenerata: ecco perché la UE (con quale autorità?) ha prontamente censurato i canali russi. Ecco perché ci dicono che la Russia è l'aggressore omettendo di menzionare gli otto anni in cui, in barba agli accordi di Minsk, l'Ucraina ha bombardato le regioni del Donbass. La menzogna è infatti credibile solo quando è da sola: se vi si affianca la verità i suoi limiti risultano evidenti.
A pagina 101 si conclude ripetendo per l’ennesima volta come gli esperimenti di fisica siano fondamentalmente diversi da quelli sociali. Grazie Popper per avermelo fatto notare.
Conclusione: mi è venuto un pezzo particolarmente lungo ma mi pare che nel complesso sia interessante: Popper ha scritto sì le solite ovvietà ma che, guarda caso, sono ovvietà che illustrano bene le meschinità della nostra società. Paradossale, forse tragico, come Popper scrisse queste pagine in indiretta opposizione al modello comunista e a difesa della democrazia occidentale: oggi le stesse parole denunciano invece proprio i limiti della degenerazione di quella società che originalmente aveva inteso difendere...
Nota (*1): tratto da «Miseria dello storicismo» di Karl Popper, (E) Feltrinelli, 2019, trad. Carlo Montaleone, pag. 93.
Nota (*2): mi sono basati due secondi anche perché più o meno è tutto il libro che Popper gioca con questi concetti e, quindi, avevo già le idee piuttosto chiare…
Nota (*3): ibidem, pag. 97.
Nota (*4): ibidem, pag. 98.
Nota (*5): ibidem, pag. 99.
Nota (*6): ibidem, pag. 100.
Nota (*7): tratto da “Discorso della servitù volontaria” di Étienne De La Boétie, stampato da Amazon Italia Logistica, trad. Luigi Geninazzi e Pietro Fanfani, pag 100.
Nota (*8): Allarme serendipità: entrambe le citazioni si trovano a pagina 100 dei rispettivi volumi!
Nota (*1): tratto da «Miseria dello storicismo» di Karl Popper, (E) Feltrinelli, 2019, trad. Carlo Montaleone, pag. 100.
mercoledì 28 dicembre 2022
Coesione e cervello
Stamani ho trovato nella lista di moderazione dei commenti un’osservazione molto interessante al pezzo La soluzione cinese che ripropongo qui di seguito:
«Molto interessante.
Questa analisi socio-politologica conferma la mia intuizione: prima, pensiero poi: la frantumazione in atto nella società "occidentali" mediante vari processi più o meno cruenti (immigrazione di massa, deculturazione, distruzione di identità sessuale, della famiglia, degradazione del cibo e della cultura del cibo, annichilimento della scuola ad ammortizzatore sociale per marginali, etc.) è la conseguenza di piani pensati e attuati di castalie cosmopolite per il controllo planetario: avete masse di frantumati significa avere masse di mansueti manipolaboli e sfruttabili.
Attali, il guru progressista consigliere di Macron, non nasconde certo questi obiettivi, come Soros e altri.»
Siccome il commento mi solleticava pungolando un aspetto della mia teoria su cui non mi pare di aver scritto molto qui sul ghiribizzo, avevo iniziato a buttare giù una risposta decisamente approfondita. Poi, visto che il risultato mi sembrava valido, ho deciso di dargli maggiore visibilità pubblicandolo come pezzo odierno invece che come semplice commento di risposta… (l'unico problema è che non ho riempito il testo, come avrei normalmente fatto, di collegamenti ad altri articoli e riferimenti alla mia Epitome!)
Di seguito quindi quanto avevo risposto a UnUomo.InCammino...
Prima di tutto grazie per il commento profondo e lucido!
Poi però prendi con le molle questa “analisi socio-politologica” perché è farina del mio sacco e quindi, per definizione, da considerare con sospetto e circospezione!
In pratica cerco di applicare la mia teoria (e già questa sarebbe discutibile) alla situazione cinese che conosco solo molto epidermicamente.
Il meccanismo che indichi però, al di là della situazione cinese, mi sembra corretto e caratteristico di una società in decadenza, in questo caso l’occidente.
Mi piace l’accenno alla “frantumazione”.
Nella mia teoria ogni gruppo è caratterizzato da due dimensioni che ne determinano la forza: il grado di apertura e il grado di autonomia. Esiste però una terza dimensione, che io chiamo grado di coesione, che a differenza delle due precedenti non è facilmente valutabile a priori senza conoscere i dettagli del gruppo e, per questo, è in genere meno utile.
Vi è però un’eccezione: un gruppo speciale che io chiamo democratastenia, che corrisponde al grosso della popolazione, per cui il grado di coesione è facilmente valutabile. Più la popolazione è coesa e più è forte; al contrario più essa si indebolisce e più i grandi poteri dello stesso sistema possono avvantaggiarsene impadronendosi della sua forza (che nel mondo moderno equivale in genere a ricchezza) perduta.
Il potere politico, che in genere collabora strettamente con i poteri economici, nell’attuale fase sociale tenderà quindi a indebolire la popolazione (cosa che automaticamente si tradurrà in un aumento di forza dei grandi poteri) con i sistemi che hai indicato.
Per esempio:
- immigrazione di massa → lotta fra poveri (vedi anche ricerche di Putnam, per esempio Diversity and trust within communities), diminuzione della coesione sociale.
- deculturazione, annichilimento della scuola ad ammortizzatore sociale per marginali → la diminuzione di cultura riduce la capacità di analisi e di comprensione degli individui e quindi si traduce in una diminuzione di autonomia.
- distruzione di identità sessuale, della famiglia, degradazione del cibo e della cultura del cibo → qui sono meno sicuro: mi sembra che le polemiche sull’identità sessuale possano essere usate strumentalmente per dividere la popolazione e, quindi, diminuirne la coesione; l’attacco alla famiglia è in atto praticamente dalla formazione dei primi stati nazionali: isolare gli individui, in generale, si traduce nel renderli più vulnerabili al potere; la “degradazione del cibo” mi sembra un fenomeno essenzialmente economico teso ad aumentare il profitto dei grandi produttori: semmai più significativi sono tutti quegli accorgimenti volti a proteggere questi alimenti di minor qualità (intendo etichettatura senza informazioni essenziali per il consumatore come provenienza, OGM e simili) che forse rientrano in quella che tu chiami “cultura del cibo”: in generale minore informazioni corrispondono a minor capacità decisionale e, quindi, a minor autonomia e, perciò, a minor forza della popolazione (lo schema è sempre il solito alla fine).
Sulla questione se esista o meno un cervello cosmopolita, composto dalle élite economiche globali, che cerchi attivamente di manipolare il mondo a proprio vantaggio rifletto ormai da anni.
Inizialmente mi resi conto che la parvenza di intelligenza/volontà nelle politiche a favore dei potenti poteva essere un semplice effetto della teoria degli automi cellulari: singoli che agiscono secondo regole specifiche complessivamente possono dare l’idea di schemi globali.
All’epoca quindi conclusi che, al momento, piuttosto che rischiare di battersi contro i mulini a vento, conveniva prendere atto della realtà: ovvero di tendenze politiche che favoriscono i forti a scapito dei deboli e intervenire per invertire questa deriva.
Insomma il mio approccio era pratico: abbiamo un problema evidente e dovremmo cercare di risolverlo; sulla causa ultima che lo provoca invece non mi pronunciavo.
La parziale fallacia del mio ragionamento è evidente: noi possiamo operare per riparare le buche di una strada ma non è la stessa cosa se le buche si sono formate per normale usura oppure se, nella notte, qualcuno le scava di nascosto!
Diciamo che però, nel secondo caso, queste iniziative di “sabotaggio” sarebbero divenute sempre più evidenti e il mio dubbio sull’esistenza o meno di un cervello malintenzionato si sarebbe comunque risolto: il “sabotatore” sarebbe stato prima o poi colto con le mani nel sacco…
Recentemente (diciamo nel corso degli ultimi 2-3 anni) vari fenomeni mi hanno infine portato a ritenere probabile che ci sia effettivamente una cerchia di oligarchi che si coordini insieme per indirizzare le scelte politiche dell’occidente a proprio vantaggio (mi viene in mente il fenomeno Greta Thunberg, la gestione della pandemia, la guerra in Ucraina).
Non importa che tutti i grandi ricchi facciano parte di questa cabala per influenzare il mondo ma basta una piccola minoranza per avere già degli effetti significativi…
Conclusione: Vabbè, la mia risposta mi è venuta un po’ più lunga del previsto! Vorrà dire che ci farò un pezzo...
«Molto interessante.
Questa analisi socio-politologica conferma la mia intuizione: prima, pensiero poi: la frantumazione in atto nella società "occidentali" mediante vari processi più o meno cruenti (immigrazione di massa, deculturazione, distruzione di identità sessuale, della famiglia, degradazione del cibo e della cultura del cibo, annichilimento della scuola ad ammortizzatore sociale per marginali, etc.) è la conseguenza di piani pensati e attuati di castalie cosmopolite per il controllo planetario: avete masse di frantumati significa avere masse di mansueti manipolaboli e sfruttabili.
Attali, il guru progressista consigliere di Macron, non nasconde certo questi obiettivi, come Soros e altri.»
Siccome il commento mi solleticava pungolando un aspetto della mia teoria su cui non mi pare di aver scritto molto qui sul ghiribizzo, avevo iniziato a buttare giù una risposta decisamente approfondita. Poi, visto che il risultato mi sembrava valido, ho deciso di dargli maggiore visibilità pubblicandolo come pezzo odierno invece che come semplice commento di risposta… (l'unico problema è che non ho riempito il testo, come avrei normalmente fatto, di collegamenti ad altri articoli e riferimenti alla mia Epitome!)
Di seguito quindi quanto avevo risposto a UnUomo.InCammino...
Prima di tutto grazie per il commento profondo e lucido!
Poi però prendi con le molle questa “analisi socio-politologica” perché è farina del mio sacco e quindi, per definizione, da considerare con sospetto e circospezione!
In pratica cerco di applicare la mia teoria (e già questa sarebbe discutibile) alla situazione cinese che conosco solo molto epidermicamente.
Il meccanismo che indichi però, al di là della situazione cinese, mi sembra corretto e caratteristico di una società in decadenza, in questo caso l’occidente.
Mi piace l’accenno alla “frantumazione”.
Nella mia teoria ogni gruppo è caratterizzato da due dimensioni che ne determinano la forza: il grado di apertura e il grado di autonomia. Esiste però una terza dimensione, che io chiamo grado di coesione, che a differenza delle due precedenti non è facilmente valutabile a priori senza conoscere i dettagli del gruppo e, per questo, è in genere meno utile.
Vi è però un’eccezione: un gruppo speciale che io chiamo democratastenia, che corrisponde al grosso della popolazione, per cui il grado di coesione è facilmente valutabile. Più la popolazione è coesa e più è forte; al contrario più essa si indebolisce e più i grandi poteri dello stesso sistema possono avvantaggiarsene impadronendosi della sua forza (che nel mondo moderno equivale in genere a ricchezza) perduta.
Il potere politico, che in genere collabora strettamente con i poteri economici, nell’attuale fase sociale tenderà quindi a indebolire la popolazione (cosa che automaticamente si tradurrà in un aumento di forza dei grandi poteri) con i sistemi che hai indicato.
Per esempio:
- immigrazione di massa → lotta fra poveri (vedi anche ricerche di Putnam, per esempio Diversity and trust within communities), diminuzione della coesione sociale.
- deculturazione, annichilimento della scuola ad ammortizzatore sociale per marginali → la diminuzione di cultura riduce la capacità di analisi e di comprensione degli individui e quindi si traduce in una diminuzione di autonomia.
- distruzione di identità sessuale, della famiglia, degradazione del cibo e della cultura del cibo → qui sono meno sicuro: mi sembra che le polemiche sull’identità sessuale possano essere usate strumentalmente per dividere la popolazione e, quindi, diminuirne la coesione; l’attacco alla famiglia è in atto praticamente dalla formazione dei primi stati nazionali: isolare gli individui, in generale, si traduce nel renderli più vulnerabili al potere; la “degradazione del cibo” mi sembra un fenomeno essenzialmente economico teso ad aumentare il profitto dei grandi produttori: semmai più significativi sono tutti quegli accorgimenti volti a proteggere questi alimenti di minor qualità (intendo etichettatura senza informazioni essenziali per il consumatore come provenienza, OGM e simili) che forse rientrano in quella che tu chiami “cultura del cibo”: in generale minore informazioni corrispondono a minor capacità decisionale e, quindi, a minor autonomia e, perciò, a minor forza della popolazione (lo schema è sempre il solito alla fine).
Sulla questione se esista o meno un cervello cosmopolita, composto dalle élite economiche globali, che cerchi attivamente di manipolare il mondo a proprio vantaggio rifletto ormai da anni.
Inizialmente mi resi conto che la parvenza di intelligenza/volontà nelle politiche a favore dei potenti poteva essere un semplice effetto della teoria degli automi cellulari: singoli che agiscono secondo regole specifiche complessivamente possono dare l’idea di schemi globali.
All’epoca quindi conclusi che, al momento, piuttosto che rischiare di battersi contro i mulini a vento, conveniva prendere atto della realtà: ovvero di tendenze politiche che favoriscono i forti a scapito dei deboli e intervenire per invertire questa deriva.
Insomma il mio approccio era pratico: abbiamo un problema evidente e dovremmo cercare di risolverlo; sulla causa ultima che lo provoca invece non mi pronunciavo.
La parziale fallacia del mio ragionamento è evidente: noi possiamo operare per riparare le buche di una strada ma non è la stessa cosa se le buche si sono formate per normale usura oppure se, nella notte, qualcuno le scava di nascosto!
Diciamo che però, nel secondo caso, queste iniziative di “sabotaggio” sarebbero divenute sempre più evidenti e il mio dubbio sull’esistenza o meno di un cervello malintenzionato si sarebbe comunque risolto: il “sabotatore” sarebbe stato prima o poi colto con le mani nel sacco…
Recentemente (diciamo nel corso degli ultimi 2-3 anni) vari fenomeni mi hanno infine portato a ritenere probabile che ci sia effettivamente una cerchia di oligarchi che si coordini insieme per indirizzare le scelte politiche dell’occidente a proprio vantaggio (mi viene in mente il fenomeno Greta Thunberg, la gestione della pandemia, la guerra in Ucraina).
Non importa che tutti i grandi ricchi facciano parte di questa cabala per influenzare il mondo ma basta una piccola minoranza per avere già degli effetti significativi…
Conclusione: Vabbè, la mia risposta mi è venuta un po’ più lunga del previsto! Vorrà dire che ci farò un pezzo...
martedì 27 dicembre 2022
La soluzione cinese
Qua e là leggo da vari intellettuali, sia esteri che italiani, che la soluzione ai problemi politici e sociali del mondo occidentale dovrà essere ispirata al “socialismo di mercato” cinese.
La loro argomentazione più forte è data dal miglioramento delle condizioni di vita del cinese medio da una parte e dai progressi economici e scientifici dall’altra.
Sulla mancanza di libertà si minimizza, si spiega che non è troppo diverso dall’occidente e, del resto, l’occidente con motivazioni speciose sta rapidamente riducendo gli spazi di ciò che è considerato lecito.
Addirittura le diverse correnti del partito comunista cinese vengono spacciati per l’equivalente di partiti diversi. E di nuovo l’occidente con i suoi partiti differenti solo all’apparenza, ma tutti in realtà sistemici, rende più difficile capire dove e se vi sia una differenza sostanziale.
Chi segue questo ghiribizzo sa che io sono molto freddo verso il sistema cinese e, per esempio, pur in un momento in cui anche le “democrazie” occidentali stanno riducendo le libertà della proprio popolazione, la situazione cinese è decisamente peggiore (v. Libertà nel mondo).
Ma cosa dice la teoria della mia Epitome al riguardo?
In realtà manca una sezione vera e propria che affronti direttamente questo argomento e l’idea è appunto quella di scriverne oggi in questo pezzo.
Il problema della democrazia è la rappresentanza: le leggi del potere ([E] 5.4) ci dicono che, col tempo in base a specifiche condizioni, gli interessi del potere rappresentato (la popolazione) e di quello delegato (il relativo governo) tendono a divergere (*1): questo significa che spesso il potere politico non farà l’interesse della popolazione ma quello di altri poteri (oggi sostanzialmente economici e/o finanziari) con cui tende naturalmente a collaborare insieme ([E] 5.6).
Ma la Cina non è una democrazia. Come viene eletto il presidente cinese?
Ho cercato di documentarmi su Wikipedia su come funzioni il sistema politico cinese: quel che mi interessava era capire chi elegge cosa. Il meccanismo non mi è chiaro ma di sicuro è chiuso e poco trasparente.
È interessante notare che già per accedere al partito provinciale (da cui poi si viene scelti per far parte del comitato centrale) si deve avere almeno una laurea.
Non so se a un qualche livello la popolazione possa votare i propri rappresentati ma, suppongo, di no: cioè solo gli iscritti al partito potranno farlo.
Comunque è evidente che il modello cinese introduca molti gradi di distanza fra la popolazione e il segretario del partito (la massima carica, Xi Jinping per capirci). Questo porta all’applicazione del corollario dei gradi di distanza ([E] 5.5) che significa che gli interessi del segretario generale e quelli della popolazione (o dei semplici iscritti al partito in questo caso) divergeranno sensibilmente se si verificano le condizioni delle rappresentatività imperfetta attraverso i vari passaggi.
In questo caso, non avendo ben chiari i meccanismi delle diverse elezioni, ha senso ragionare solo sulla condizione più importante: quella di convincimento.
Ovvero i vari politici cinesi faranno l’interesse della popolazione soprattutto in base a quanto siano convinti del proprio ruolo e dovere nei confronti della popolazione e del paese.
È possibile che l’indottrinamento sia molto forte e, di certo, io non ho i mezzi per valutarlo. Ma il punto centrale è che il mondo politico cinese è un gruppo a sé stante, dal quale vengono via via selezionati gruppi più ristretti fino ad arrivare al segretario generale. Questo significa che il gruppo dei politici avrà i propri epomiti locali ([E] 6.3) ovvero dei propri principi e ideali, in genere basati sulla particolare declinazione del comunismo cinese, che differiranno però dagli epomiti assoluti ([E] 6.2) comuni alla maggioranza della popolazione.
È facile immaginare che gli epomiti della maggioranza della popolazione saranno quelli tipici di una società capitalista, ovvero sarà precipuo il successo economico e, in generale, l’importanza del denaro.
Questa differenza fra epomiti locali e assoluti inevitabilmente causerà problemi nei politici cinesi che si troveranno a dover conciliare insieme principi capitalistici e comunisti: in parole povere come fare una bella vita con pochi soldi? Mi sembra evidente che la risultante sarà la corruzione economica dei politici. E in questo senso ho varie conferme.
Questo significa che anche i massimi organi politici cinesi tenderanno, esattamente come le controparti occidentali, a collaborare con i grandi poteri economici del paese e difficilmente questo avverrà nell’interesse della popolazione locale.
Questa è la tendenza inevitabile.
Il progresso economico per il cinese comune c’è sicuramente stato ma anche in questa società si deve accontentare delle briciole perché il governo cinese lavora per aiutare i grandi poteri economici non la popolazione: certo durante gli anni dell’industrializzazione (gli anni ‘90) molti cinesi sono riusciti a divenire ricchi. Ma in questo caso si è trattato della fortuna di essere al posto giusto al momento giusto. Questa fase si è ormai chiusa da un paio di decenni e anzi c’è una minoranza di cinesi che rendendosi conto di venire sfruttata, di non poter fare carriera nonostante il massimo impegno, si risolve all’estremo opposto, ovvero a lavorare il meno possibile.
La differenza con l’occidente è che la Cina NON è in decadenza come l’occidente e, quindi, il potere politico riesce comunque a governare con quel minimo di equilibrio che da noi invece si è ormai perso. Equilibrio non certo nel rispettare le libertà della popolazione ma semplicemente nel non andare contro i suoi più basilari interessi.
La Cina è poi in quella che nella mia teoria dell’espansione ([E] 22.2) chiamo fase 2, ovvero della crescita a scapito di altre popolazioni e nazioni (*2). In questa fase il contrasto fra poteri economici e popolazione cinese non è ancora critico: gli obiettivi sono comuni e si può procedere di comune accordo.
Il punto è che il sistema cinese non è quella panacea che risolve i problemi della società globale: in particolare il potere politico ha lo stesso difetto delle democrazie occidentali. Ovvero fa l’interesse primariamente dei poteri economici cinesi e non della popolazione. La Cina è semplicemente in una fase storica diversa da quella dell’occidente e, solo per questo, può sembrare almeno in alcune iniziative più dalla parte della propria popolazione di quanto non accada da noi.
Ma si tratta di un’illusione ottica: non di una soluzione definitiva. Anzi, a occhio nel giro di una generazione, anche la Cina entrerà nella fase 3 e allora, ammesso che ci siano ancora osservatori indipendenti, diverrà evidente per chi realmente lavora il governo cinese.
Vale qui la pena ricordare un altro caposaldo del mio pensiero: la società è più giusta quando la democratastenia, ovvero la maggioranza della popolazione è più forte. La democratastenia è più forte quando il suo membro medio, l’uomo qualunque, è più forte. L’uomo qualunque è più forte quando è più ricco ma, soprattutto, quando è più libero: la libertà gli dà infatti quell’autonomia decisionale che gli permette di difendere al meglio anche la propria ricchezza e, in generale, di tutelare il proprio interesse personale.
Attualmente l’uomo comune cinese è meno libero del comune occidentale e questo rende la democratastenia cinese meno capace di difendersi da eventuali soprusi e, contemporaneamente, più facilmente sfruttabile dai poteri economici.
Conclusione: per adesso passare da una democrazia occidentale al sistema cinese equivalerebbe a cadere dalla padella nella brace. Poi, considerando come vanno le cose, soprattutto della dittatura democratica ([E] 15.6), è possibile che fra una dozzina d’anni non ci sia più una differenza significativa...
Nota (*1): la situazione attuale dell’occidente è ancora peggiore dato che si trova in un periodo di piena decadenza ([E] 15).
Nota (*2): l’occidente è invece nella fase 3, ovvero lo spostamento di ricchezza è interno agli stessi paesi occidentali: i poteri economici vampirizzano la ricchezza della stessa popolazione.
La loro argomentazione più forte è data dal miglioramento delle condizioni di vita del cinese medio da una parte e dai progressi economici e scientifici dall’altra.
Sulla mancanza di libertà si minimizza, si spiega che non è troppo diverso dall’occidente e, del resto, l’occidente con motivazioni speciose sta rapidamente riducendo gli spazi di ciò che è considerato lecito.
Addirittura le diverse correnti del partito comunista cinese vengono spacciati per l’equivalente di partiti diversi. E di nuovo l’occidente con i suoi partiti differenti solo all’apparenza, ma tutti in realtà sistemici, rende più difficile capire dove e se vi sia una differenza sostanziale.
Chi segue questo ghiribizzo sa che io sono molto freddo verso il sistema cinese e, per esempio, pur in un momento in cui anche le “democrazie” occidentali stanno riducendo le libertà della proprio popolazione, la situazione cinese è decisamente peggiore (v. Libertà nel mondo).
Ma cosa dice la teoria della mia Epitome al riguardo?
In realtà manca una sezione vera e propria che affronti direttamente questo argomento e l’idea è appunto quella di scriverne oggi in questo pezzo.
Il problema della democrazia è la rappresentanza: le leggi del potere ([E] 5.4) ci dicono che, col tempo in base a specifiche condizioni, gli interessi del potere rappresentato (la popolazione) e di quello delegato (il relativo governo) tendono a divergere (*1): questo significa che spesso il potere politico non farà l’interesse della popolazione ma quello di altri poteri (oggi sostanzialmente economici e/o finanziari) con cui tende naturalmente a collaborare insieme ([E] 5.6).
Ma la Cina non è una democrazia. Come viene eletto il presidente cinese?
Ho cercato di documentarmi su Wikipedia su come funzioni il sistema politico cinese: quel che mi interessava era capire chi elegge cosa. Il meccanismo non mi è chiaro ma di sicuro è chiuso e poco trasparente.
È interessante notare che già per accedere al partito provinciale (da cui poi si viene scelti per far parte del comitato centrale) si deve avere almeno una laurea.
Non so se a un qualche livello la popolazione possa votare i propri rappresentati ma, suppongo, di no: cioè solo gli iscritti al partito potranno farlo.
Comunque è evidente che il modello cinese introduca molti gradi di distanza fra la popolazione e il segretario del partito (la massima carica, Xi Jinping per capirci). Questo porta all’applicazione del corollario dei gradi di distanza ([E] 5.5) che significa che gli interessi del segretario generale e quelli della popolazione (o dei semplici iscritti al partito in questo caso) divergeranno sensibilmente se si verificano le condizioni delle rappresentatività imperfetta attraverso i vari passaggi.
In questo caso, non avendo ben chiari i meccanismi delle diverse elezioni, ha senso ragionare solo sulla condizione più importante: quella di convincimento.
Ovvero i vari politici cinesi faranno l’interesse della popolazione soprattutto in base a quanto siano convinti del proprio ruolo e dovere nei confronti della popolazione e del paese.
È possibile che l’indottrinamento sia molto forte e, di certo, io non ho i mezzi per valutarlo. Ma il punto centrale è che il mondo politico cinese è un gruppo a sé stante, dal quale vengono via via selezionati gruppi più ristretti fino ad arrivare al segretario generale. Questo significa che il gruppo dei politici avrà i propri epomiti locali ([E] 6.3) ovvero dei propri principi e ideali, in genere basati sulla particolare declinazione del comunismo cinese, che differiranno però dagli epomiti assoluti ([E] 6.2) comuni alla maggioranza della popolazione.
È facile immaginare che gli epomiti della maggioranza della popolazione saranno quelli tipici di una società capitalista, ovvero sarà precipuo il successo economico e, in generale, l’importanza del denaro.
Questa differenza fra epomiti locali e assoluti inevitabilmente causerà problemi nei politici cinesi che si troveranno a dover conciliare insieme principi capitalistici e comunisti: in parole povere come fare una bella vita con pochi soldi? Mi sembra evidente che la risultante sarà la corruzione economica dei politici. E in questo senso ho varie conferme.
Questo significa che anche i massimi organi politici cinesi tenderanno, esattamente come le controparti occidentali, a collaborare con i grandi poteri economici del paese e difficilmente questo avverrà nell’interesse della popolazione locale.
Questa è la tendenza inevitabile.
Il progresso economico per il cinese comune c’è sicuramente stato ma anche in questa società si deve accontentare delle briciole perché il governo cinese lavora per aiutare i grandi poteri economici non la popolazione: certo durante gli anni dell’industrializzazione (gli anni ‘90) molti cinesi sono riusciti a divenire ricchi. Ma in questo caso si è trattato della fortuna di essere al posto giusto al momento giusto. Questa fase si è ormai chiusa da un paio di decenni e anzi c’è una minoranza di cinesi che rendendosi conto di venire sfruttata, di non poter fare carriera nonostante il massimo impegno, si risolve all’estremo opposto, ovvero a lavorare il meno possibile.
La differenza con l’occidente è che la Cina NON è in decadenza come l’occidente e, quindi, il potere politico riesce comunque a governare con quel minimo di equilibrio che da noi invece si è ormai perso. Equilibrio non certo nel rispettare le libertà della popolazione ma semplicemente nel non andare contro i suoi più basilari interessi.
La Cina è poi in quella che nella mia teoria dell’espansione ([E] 22.2) chiamo fase 2, ovvero della crescita a scapito di altre popolazioni e nazioni (*2). In questa fase il contrasto fra poteri economici e popolazione cinese non è ancora critico: gli obiettivi sono comuni e si può procedere di comune accordo.
Il punto è che il sistema cinese non è quella panacea che risolve i problemi della società globale: in particolare il potere politico ha lo stesso difetto delle democrazie occidentali. Ovvero fa l’interesse primariamente dei poteri economici cinesi e non della popolazione. La Cina è semplicemente in una fase storica diversa da quella dell’occidente e, solo per questo, può sembrare almeno in alcune iniziative più dalla parte della propria popolazione di quanto non accada da noi.
Ma si tratta di un’illusione ottica: non di una soluzione definitiva. Anzi, a occhio nel giro di una generazione, anche la Cina entrerà nella fase 3 e allora, ammesso che ci siano ancora osservatori indipendenti, diverrà evidente per chi realmente lavora il governo cinese.
Vale qui la pena ricordare un altro caposaldo del mio pensiero: la società è più giusta quando la democratastenia, ovvero la maggioranza della popolazione è più forte. La democratastenia è più forte quando il suo membro medio, l’uomo qualunque, è più forte. L’uomo qualunque è più forte quando è più ricco ma, soprattutto, quando è più libero: la libertà gli dà infatti quell’autonomia decisionale che gli permette di difendere al meglio anche la propria ricchezza e, in generale, di tutelare il proprio interesse personale.
Attualmente l’uomo comune cinese è meno libero del comune occidentale e questo rende la democratastenia cinese meno capace di difendersi da eventuali soprusi e, contemporaneamente, più facilmente sfruttabile dai poteri economici.
Conclusione: per adesso passare da una democrazia occidentale al sistema cinese equivalerebbe a cadere dalla padella nella brace. Poi, considerando come vanno le cose, soprattutto della dittatura democratica ([E] 15.6), è possibile che fra una dozzina d’anni non ci sia più una differenza significativa...
Nota (*1): la situazione attuale dell’occidente è ancora peggiore dato che si trova in un periodo di piena decadenza ([E] 15).
Nota (*2): l’occidente è invece nella fase 3, ovvero lo spostamento di ricchezza è interno agli stessi paesi occidentali: i poteri economici vampirizzano la ricchezza della stessa popolazione.
Vesuvio
Stanotte ho sognato che, verso la fine di una partita di calcio, il Vesuvio eruttava!
Non ricordo molti dettagli se non che l’intera cima crollava…
Solito mistero - 31/12/2022
Senza perderci troppo tempo un rapido aggiornamento sul piccolo mistero delle visite abnormi a Ancora sull’imperativo categorico e le bugie che ne ha ricevute 192 con una media di circa 30 al giorno (il 7° sono sempre parziali). A 111 segue la Legenda, gli altri pezzi hanno la loro solita decina di visite, qualcuna in più per quelli con commenti (curiosi!).
Ormai mi sono convinto che si tratti di un qualche baco in un sistema automatico che setacci la rete alla ricerca di chissà che cosa…
Primato personale! - 1/1/2023
Nel 2022 ho pubblicato ben 348 pezzi su questo ghiribizzo: ho stracciato il precedente primato del 2012 di ben 44 articoli!
Ma ciò che è più impressionante e/o anomalo è la crescita improvvisa di materiale a partire da maggio. Apparentemente bere per 5 giorni consecutivi una lattina di Monster mi ha ricaricato la “batteria” lasciata a secco da un sospetto covid lungo…
142 - 6/1/2023
Un breve aggiornamento: come accennato in L’uggiosino ho provato a riprendere il mio romanzo porno/splatter/demenziale Strabuccinator e… diversamente da quanto temevo, ho fatto ottimi progressi!
Soprattutto mi sono divertito a scrivere e spesso ridacchiavo alle idee strambe che mi venivano sul momento (e che ovviamente ci ho infilato dentro!)…
Poi, vabbè, temo che il risultato finale piacerà solo a me. Per capirci siamo a un livello di umorismo che ricorda quello di “Brüno”, troppo grafico (è questo che intendo con splatter) per la maggior parte delle persone, ma che mi fece ridere dall’inizio alla fine…
Ah! il titolo! Sono a 142 pagine: ma mi manca solo la scena finale poi il resto è facile e veloce!
Sorpresa paterna - 6/1/2023
Ieri sono stato da mio padre e sforzandomi di chiacchierare del più e del meno (altrimenti lui tenderebbe a stare zitto!) mi è venuto in mente di chiedergli cosa pensasse della mia razionalità in particolare confrontandola con la sua.
Mi aspettavo che mi considerasse pochissimo razionale al che gli avrei spiegato che lui è un ISTJ e ha quindi Te come funzione secondaria ma io, come INTP, ho Ti come funzione primaria: in parole povere lui è si più razionale della maggior parte delle persone ma, rispetto a me, la sua logica include elementi casuali (intendendo quindi che non era vera logica!). Questo almeno dal punto di vista dei tipi psicologici: poi chiaramente i singoli individui sono un altro discorso.
Invece mi ha sorpreso dicendomi che mi considerava più logico di lui!
Come ammazzare una conversazione… (*1)
Nota (*1): :-)
Non ricordo molti dettagli se non che l’intera cima crollava…
Solito mistero - 31/12/2022
Senza perderci troppo tempo un rapido aggiornamento sul piccolo mistero delle visite abnormi a Ancora sull’imperativo categorico e le bugie che ne ha ricevute 192 con una media di circa 30 al giorno (il 7° sono sempre parziali). A 111 segue la Legenda, gli altri pezzi hanno la loro solita decina di visite, qualcuna in più per quelli con commenti (curiosi!).
Ormai mi sono convinto che si tratti di un qualche baco in un sistema automatico che setacci la rete alla ricerca di chissà che cosa…
Primato personale! - 1/1/2023
Nel 2022 ho pubblicato ben 348 pezzi su questo ghiribizzo: ho stracciato il precedente primato del 2012 di ben 44 articoli!
Ma ciò che è più impressionante e/o anomalo è la crescita improvvisa di materiale a partire da maggio. Apparentemente bere per 5 giorni consecutivi una lattina di Monster mi ha ricaricato la “batteria” lasciata a secco da un sospetto covid lungo…
142 - 6/1/2023
Un breve aggiornamento: come accennato in L’uggiosino ho provato a riprendere il mio romanzo porno/splatter/demenziale Strabuccinator e… diversamente da quanto temevo, ho fatto ottimi progressi!
Soprattutto mi sono divertito a scrivere e spesso ridacchiavo alle idee strambe che mi venivano sul momento (e che ovviamente ci ho infilato dentro!)…
Poi, vabbè, temo che il risultato finale piacerà solo a me. Per capirci siamo a un livello di umorismo che ricorda quello di “Brüno”, troppo grafico (è questo che intendo con splatter) per la maggior parte delle persone, ma che mi fece ridere dall’inizio alla fine…
Ah! il titolo! Sono a 142 pagine: ma mi manca solo la scena finale poi il resto è facile e veloce!
Sorpresa paterna - 6/1/2023
Ieri sono stato da mio padre e sforzandomi di chiacchierare del più e del meno (altrimenti lui tenderebbe a stare zitto!) mi è venuto in mente di chiedergli cosa pensasse della mia razionalità in particolare confrontandola con la sua.
Mi aspettavo che mi considerasse pochissimo razionale al che gli avrei spiegato che lui è un ISTJ e ha quindi Te come funzione secondaria ma io, come INTP, ho Ti come funzione primaria: in parole povere lui è si più razionale della maggior parte delle persone ma, rispetto a me, la sua logica include elementi casuali (intendendo quindi che non era vera logica!). Questo almeno dal punto di vista dei tipi psicologici: poi chiaramente i singoli individui sono un altro discorso.
Invece mi ha sorpreso dicendomi che mi considerava più logico di lui!
Come ammazzare una conversazione… (*1)
Nota (*1): :-)
lunedì 26 dicembre 2022
Natale di guerra
Come va la guerra fra Russia-Ucraina+NATO?
Difficile dirlo senza avere dati certi! E in guerra la propaganda, di ambo le parti, è particolarmente inaffidabile.
Io, infatti, sto seguendo il conflitto più o meno da maggio-giugno quando ho trovato delle fonti che mi sembravano affidabili. Da allora cosa è accaduto?
La Russia conquistò la città di Lisičansk-Severodoneck a inizio luglio; poi ci fu una “pausa operativa” da parte della Russia senza altri significativi progressi: allo stesso tempo iniziarono ad arrivare ingenti aiuti di materiale bellico dall’occidente che, in pratica, fornirono nuova energia all’esercito ucraino.
A settembre viene annunciata la mobilitazione parziale in Russia e questo cambia tutta la logica del conflitto: quando le truppe aggiuntive fossero entrate nel conflitto il loro effetto sarebbe stato decisivo. Del resto se in una situazione di equilibrio si raddoppia la forza di una delle parti allora è evidente che esso non potrà essere mantenuto.
A questo punto alla Russia non conviene più prendere l’iniziativa con le forze che ha ma, piuttosto, conservare le posizioni perdendo meno uomini/materiale possibile, e aspettare l’intervento delle truppe aggiuntive.
Da questo punto di vista le ritirate russe dal nord, nella regione di Kharkov, e a sud nella regione di Kherson City, hanno perfettamente senso: perché perdere uomini e mezzi per difendere delle regioni non essenziali quando poi, a distanza di pochi mesi, la guerra potrebbe anche bruscamente finire con l’apertura di un nuovo fronte?
Il punto, come ho più volte scritto, è quando arriveranno al fronte le nuove truppe e dove.
Sul quando l’opinione più diffusa era che sarebbero serviti circa un tre mesi per preparare le nuove truppe e, quindi, si parlava di dicembre. Tutto questo però era condizionato dal clima: la necessità che il terreno fosse gelato giorno e notte per evitare che i carrarmati rimanessero impantanati.
Se non è dicembre dovrà quindi essere gennaio perché altrimenti a marzo aprile c’è il problema della neve che si scioglie che, di nuovo, rende il terreno impraticabile.
La Russia non ha particolarmente fretta di attaccare ma non può nemmeno permettersi di non fare progressi: sia per il morale all’interno del paese ma, soprattutto, per evitare che l’arrivo di nuovo materiale dall’occidente rafforzi troppo l’esercito ucraino.
Il “dove” è forse la domanda più interessante: alcuni parlano del sud, per raggiungere Odessa, ma in tal caso, oltre a non aprire un nuovo fronte (essenziale per dividere le forze ucraine), sarebbe stato un grave errore non difendere la regione di Kherson City visto che attraversare il fiume Nipro è logisticamente complicato.
La logica vorrebbe quindi che la Russia, quando possibile, aprisse un nuovo fronte al nord.
Un’idea sarebbe quella di riattacare la regione di Kharkov dal confine russo: aprendo un nuovo fronte e contemporaneamente attaccando l’esercito ucraino alle spalle. Lo svantaggio è che le forze ucraine non verrebbero divise...
Un’altra idea è quella di muovere nuovamente contro Kiev: qui il vantaggio per la Russia sarebbe quello di costringere l’Ucraina a combattere su due fronti. Ma la capitale è ben protetta…
Ma il vero pericolo per la Russia è un intervento occidentale, con truppe polacche, rumene e statunitensi nell’ovest dell’Ucraina nel tentativo di creare uno stato cuscinetto ed evitare la disfatta totale del regime di Kiev. A quel punto, anche in caso di tregua, sarebbe facile prevedere continui attentati terroristici nella parte del paese controllata dalla Russia.
Per evitare questo pericolo di incancrenimento della guerra la Russia dovrebbe essere capace di intervenire immediatamente attaccando le truppe occidentali prima che possano stabilizzare le proprie posizioni.
Per farlo però la Russia dovrebbe avere almeno un centomila truppe pronte, ovvero più o meno quelle che stanno venendo addestrate ed equipaggiate. Ma se queste forze fossero già impegnate in uno dei fronti sullodati allora la Russia non avrebbe i mezzi per contrastare queste truppe occidentali.
La soluzione a questo problema, secondo me, è che sia proprio la Russia a occupare per prima la parte occidentale dell’Ucraina. I vantaggi strategici sarebbero notevoli: l’esercito ucraino sarebbe costretto a combattere su due fronti opposti ma, soprattutto, verrebbero bloccate le vie che portano i rinforzi occidentali all’Ucraina (che passano dalla Polonia).
Ma per attaccare la parte occidentale dell’Ucraina bisogna che la Russia coinvolga la Bielorussia: ecco quindi spiegati i colloqui di altissimo livello a Minsk fra Putin e il presidente bielorusso.
Questo fronte dovrebbe prevenire l’intervento della Polonia: una cosa infatti sarebbe fare entrare le truppe polacche in una regione dove non si combatte, un’altra attaccare direttamente le truppe russe.
In questa maniera l’occidente potrebbe intervenire in Ucraina passando da sud-ovest, dal confine rumeno: ma è la Polonia il più volenteroso alleato di Washington perché in prospettiva vorrebbe riannettersi tali regioni occidentali dell’Ucraina che in passato avevano fatto parte del suo territorio. I rumeni mi sembrano invece più trascinati dagli USA che realmente convinti.
Ma queste sono solo mie speculazioni. In particolare l’idea di aprire un fronte dalla Bielorussia in funzione di evitare (o almeno complicare notevolmente) un intervento occidentale è mia e non l’ho sentita altrove.
Tornando al problema della qualità delle informazioni per me l’incognita maggiore è data dalle reali perdite umane e di materiale della Russia. Le mie “fonti” le danno in rapporto di 1 a 9 con quelle ucraina ma potrebbero essere sensibilmente maggiori, magari 1 a 4.
Le dittature non si preoccupano delle proprie perdite ma le democrazie sì: questo potrebbe spiegare la titubanza russa ad attaccare a testa bassa. Sempre le mie fonti danno poi l’economia russa in sostanziale buona salute a differenza di quella europea e, in misura minore, di quella statunitense: ma è vero?
La Russia avrebbe poi deciso di ristrutturare le proprie industrie e lo stesso esercito per renderle in grado di sostenere un prolungato sforzo bellico: è chiaro che, sotto la guida di capitan Babbeo, USA e Russia sono tornate a essere rivali ed è probabile che il confronto nei prossimi decenni si estenderà in altre regioni.
Uno dei pochi elementi sicuri è che gli aiuti occidentali all’Ucraina si sono ridotti al lumicino: dato sicuro perché proviene direttamente dal Pentagono. In pratica l’occidente non ha più scorte di materiale bellico da inviare a Kiev.
Credibile poi la spiegazione di come, in questa fase industriale, l’occidente, neppure gli USA cioè, siano in grado di avviare una produzione di armi su larga scala come avvenne durante la seconda guerra mondiale.
Sarebbe poi interessante avere conferme o smentite che in Ucraina si iniziano a reclutare anche ragazzini e disabili (gli anziani sono già impegnati dall’estate). Questo permetterebbe di capire se le perdite umane ucraine sono così grandi come lasciano intendere le mie fonti.
La mia comprensione della situazione sarebbe invece smentita se:
- l’Ucraina facesse nuovi progressi significativi sull’attuale linea del fronte. Questo significherebbe che l’Ucraina ha ancora le forze necessarie per un’offensiva significativa e che, quindi, le sue perdite non sono così grandi come fanno intendere le “mie” fonti.
- se la Russia non aprisse un nuovo fronte prima della primavera: questo farebbe pensare che l’esercito russo manca dell’equipaggiamento (e allora, magari, anche i suoi soldati dell’addestramento) necessario per intervenire.
Conclusione: senza dati concreti è molto difficile fare previsioni sensate ma personalmente sono ancora ottimista sul fatto che dei chiarimenti inequivocabili arriveranno presto (entro gennaio) dal campo di battaglia. La logica e le argomentazioni che ho ascoltato mi sembrano molto più convincenti della propaganda occidentale priva di conferme: ma è anche possibile che le "mie" fonti nascondano (magari senza rendersene conto) dei dati importanti...
Conclusione 2: che la propaganda sia inaffidabile e che fino all’ultimo si ostini a dire bianco invece che nero è un dato di fatto. Gran parte de “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Kraus insiste su questo concetto e, per esempio, da qualche parte ho letto che, ancora nel ‘45, le truppe tedesche pensavano di avere concrete possibilità di vittoria!
Difficile dirlo senza avere dati certi! E in guerra la propaganda, di ambo le parti, è particolarmente inaffidabile.
Io, infatti, sto seguendo il conflitto più o meno da maggio-giugno quando ho trovato delle fonti che mi sembravano affidabili. Da allora cosa è accaduto?
La Russia conquistò la città di Lisičansk-Severodoneck a inizio luglio; poi ci fu una “pausa operativa” da parte della Russia senza altri significativi progressi: allo stesso tempo iniziarono ad arrivare ingenti aiuti di materiale bellico dall’occidente che, in pratica, fornirono nuova energia all’esercito ucraino.
A settembre viene annunciata la mobilitazione parziale in Russia e questo cambia tutta la logica del conflitto: quando le truppe aggiuntive fossero entrate nel conflitto il loro effetto sarebbe stato decisivo. Del resto se in una situazione di equilibrio si raddoppia la forza di una delle parti allora è evidente che esso non potrà essere mantenuto.
A questo punto alla Russia non conviene più prendere l’iniziativa con le forze che ha ma, piuttosto, conservare le posizioni perdendo meno uomini/materiale possibile, e aspettare l’intervento delle truppe aggiuntive.
Da questo punto di vista le ritirate russe dal nord, nella regione di Kharkov, e a sud nella regione di Kherson City, hanno perfettamente senso: perché perdere uomini e mezzi per difendere delle regioni non essenziali quando poi, a distanza di pochi mesi, la guerra potrebbe anche bruscamente finire con l’apertura di un nuovo fronte?
Il punto, come ho più volte scritto, è quando arriveranno al fronte le nuove truppe e dove.
Sul quando l’opinione più diffusa era che sarebbero serviti circa un tre mesi per preparare le nuove truppe e, quindi, si parlava di dicembre. Tutto questo però era condizionato dal clima: la necessità che il terreno fosse gelato giorno e notte per evitare che i carrarmati rimanessero impantanati.
Se non è dicembre dovrà quindi essere gennaio perché altrimenti a marzo aprile c’è il problema della neve che si scioglie che, di nuovo, rende il terreno impraticabile.
La Russia non ha particolarmente fretta di attaccare ma non può nemmeno permettersi di non fare progressi: sia per il morale all’interno del paese ma, soprattutto, per evitare che l’arrivo di nuovo materiale dall’occidente rafforzi troppo l’esercito ucraino.
Il “dove” è forse la domanda più interessante: alcuni parlano del sud, per raggiungere Odessa, ma in tal caso, oltre a non aprire un nuovo fronte (essenziale per dividere le forze ucraine), sarebbe stato un grave errore non difendere la regione di Kherson City visto che attraversare il fiume Nipro è logisticamente complicato.
La logica vorrebbe quindi che la Russia, quando possibile, aprisse un nuovo fronte al nord.
Un’idea sarebbe quella di riattacare la regione di Kharkov dal confine russo: aprendo un nuovo fronte e contemporaneamente attaccando l’esercito ucraino alle spalle. Lo svantaggio è che le forze ucraine non verrebbero divise...
Un’altra idea è quella di muovere nuovamente contro Kiev: qui il vantaggio per la Russia sarebbe quello di costringere l’Ucraina a combattere su due fronti. Ma la capitale è ben protetta…
Ma il vero pericolo per la Russia è un intervento occidentale, con truppe polacche, rumene e statunitensi nell’ovest dell’Ucraina nel tentativo di creare uno stato cuscinetto ed evitare la disfatta totale del regime di Kiev. A quel punto, anche in caso di tregua, sarebbe facile prevedere continui attentati terroristici nella parte del paese controllata dalla Russia.
Per evitare questo pericolo di incancrenimento della guerra la Russia dovrebbe essere capace di intervenire immediatamente attaccando le truppe occidentali prima che possano stabilizzare le proprie posizioni.
Per farlo però la Russia dovrebbe avere almeno un centomila truppe pronte, ovvero più o meno quelle che stanno venendo addestrate ed equipaggiate. Ma se queste forze fossero già impegnate in uno dei fronti sullodati allora la Russia non avrebbe i mezzi per contrastare queste truppe occidentali.
La soluzione a questo problema, secondo me, è che sia proprio la Russia a occupare per prima la parte occidentale dell’Ucraina. I vantaggi strategici sarebbero notevoli: l’esercito ucraino sarebbe costretto a combattere su due fronti opposti ma, soprattutto, verrebbero bloccate le vie che portano i rinforzi occidentali all’Ucraina (che passano dalla Polonia).
Ma per attaccare la parte occidentale dell’Ucraina bisogna che la Russia coinvolga la Bielorussia: ecco quindi spiegati i colloqui di altissimo livello a Minsk fra Putin e il presidente bielorusso.
Questo fronte dovrebbe prevenire l’intervento della Polonia: una cosa infatti sarebbe fare entrare le truppe polacche in una regione dove non si combatte, un’altra attaccare direttamente le truppe russe.
In questa maniera l’occidente potrebbe intervenire in Ucraina passando da sud-ovest, dal confine rumeno: ma è la Polonia il più volenteroso alleato di Washington perché in prospettiva vorrebbe riannettersi tali regioni occidentali dell’Ucraina che in passato avevano fatto parte del suo territorio. I rumeni mi sembrano invece più trascinati dagli USA che realmente convinti.
Ma queste sono solo mie speculazioni. In particolare l’idea di aprire un fronte dalla Bielorussia in funzione di evitare (o almeno complicare notevolmente) un intervento occidentale è mia e non l’ho sentita altrove.
Tornando al problema della qualità delle informazioni per me l’incognita maggiore è data dalle reali perdite umane e di materiale della Russia. Le mie “fonti” le danno in rapporto di 1 a 9 con quelle ucraina ma potrebbero essere sensibilmente maggiori, magari 1 a 4.
Le dittature non si preoccupano delle proprie perdite ma le democrazie sì: questo potrebbe spiegare la titubanza russa ad attaccare a testa bassa. Sempre le mie fonti danno poi l’economia russa in sostanziale buona salute a differenza di quella europea e, in misura minore, di quella statunitense: ma è vero?
La Russia avrebbe poi deciso di ristrutturare le proprie industrie e lo stesso esercito per renderle in grado di sostenere un prolungato sforzo bellico: è chiaro che, sotto la guida di capitan Babbeo, USA e Russia sono tornate a essere rivali ed è probabile che il confronto nei prossimi decenni si estenderà in altre regioni.
Uno dei pochi elementi sicuri è che gli aiuti occidentali all’Ucraina si sono ridotti al lumicino: dato sicuro perché proviene direttamente dal Pentagono. In pratica l’occidente non ha più scorte di materiale bellico da inviare a Kiev.
Credibile poi la spiegazione di come, in questa fase industriale, l’occidente, neppure gli USA cioè, siano in grado di avviare una produzione di armi su larga scala come avvenne durante la seconda guerra mondiale.
Sarebbe poi interessante avere conferme o smentite che in Ucraina si iniziano a reclutare anche ragazzini e disabili (gli anziani sono già impegnati dall’estate). Questo permetterebbe di capire se le perdite umane ucraine sono così grandi come lasciano intendere le mie fonti.
La mia comprensione della situazione sarebbe invece smentita se:
- l’Ucraina facesse nuovi progressi significativi sull’attuale linea del fronte. Questo significherebbe che l’Ucraina ha ancora le forze necessarie per un’offensiva significativa e che, quindi, le sue perdite non sono così grandi come fanno intendere le “mie” fonti.
- se la Russia non aprisse un nuovo fronte prima della primavera: questo farebbe pensare che l’esercito russo manca dell’equipaggiamento (e allora, magari, anche i suoi soldati dell’addestramento) necessario per intervenire.
Conclusione: senza dati concreti è molto difficile fare previsioni sensate ma personalmente sono ancora ottimista sul fatto che dei chiarimenti inequivocabili arriveranno presto (entro gennaio) dal campo di battaglia. La logica e le argomentazioni che ho ascoltato mi sembrano molto più convincenti della propaganda occidentale priva di conferme: ma è anche possibile che le "mie" fonti nascondano (magari senza rendersene conto) dei dati importanti...
Conclusione 2: che la propaganda sia inaffidabile e che fino all’ultimo si ostini a dire bianco invece che nero è un dato di fatto. Gran parte de “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Kraus insiste su questo concetto e, per esempio, da qualche parte ho letto che, ancora nel ‘45, le truppe tedesche pensavano di avere concrete possibilità di vittoria!
sabato 24 dicembre 2022
Sulla finale a freddo
Stamani non sapevo cosa scrivere ma mi è tornato in mente la mia previsione sulla finale dei mondiali di calcio del corto Finale dove scrissi:
«Nessuna squadra n;é giocatore mi ha particolarmente impressionato: la qualità delle squadre mi è parsa modesta. L’unica squadra buona, sebbene non eccezionale, è la Francia. L’Argentina non mi ha convinto… Per questo credo che la finale sarà abbastanza a senso unico con la Francia vincente e con facilità: cioè due o più reti di vantaggio.»
Alla fine non solo i due gol di scarto a vantaggio della Francia non ci sono stati ma, addirittura, è stata l’Argentina a prevalere ai rigori.
La mia previsione si è quindi rivelata errata, questo è indubbio, però credo di avere molte attenuanti.
In generale qualsiasi partita di calcio (in realtà qualsiasi evento) può terminare col risultato più probabile (diciamo 90%) oppure con un risultato improbabile (diciamo 10%).
Quale sarebbe stata la previsione corretta? Quella che prevedeva il risultato probabile al 90% o quella che puntava sull’improbabile? Io credo la prima perché, 9 volte su 10, sarebbe stata una previsione corretta.
Ecco in questo caso resto dell’opinione che la mia previsione fosse esatta (ovvero che si sarebbe verificata 9 volte su 10) e che semplicemente la partita abbia avuto lo svolgimento più improbabile (per capirci quello che si verifica 1 volta su 10).
Perché la penso così? Beh, mi pare che l’aspetto psicologico sia stato determinante.
Nel primo tempo e per buona parte del secondo la Francia arrivava sempre dopo l’Argentina sulla palla. Ma non per motivi fisici: appena la psicologia col primo gol francese è cambiata le parti si sono invertite e la Francia ha dominato il finale del secondo tempo con l’Argentina che non toccava più palla.
Oramai non mi ricordo più la dinamica dei tempi supplementari ma ricordo di aver pensato che anche in questa mezz’ora finale l’aspetto psicologico fosse precipuo.
Volendo un mio errore può essere stato non considerare nella mia previsione il fattore psicologico: se mi fossi fidato dei media (ma di sicuro non l’avrei fatto!) avrei forse potuto ipotizzare che l’Argentina arrivasse alla finale più carica, fiduciosa e motivata. Ma anche in questo caso avrei predetto comunque la vittoria della Francia sebbene di misura.
Ricordo che dopo il gol iniziale dell’Argentina nel primo tempo dissi a mio zio che, se la Francia non ne prende altri prima del riposo, allora la ribalterà facilmente nel secondo.
Mi aspettavo infatti che nell’intervallo l’allenatore desse una strigliata ai propri giocatori per farli rientrare in campo con più determinazione.
Invece Deschamps fece di peggio e, verso il 40°, tolse un giocatore in forma ma soprattutto di carattere ed esperienza, ovvero Giroud, per mettere un novellino, magari anche promettente ma dubito adatto a una finale dove era importante mantenere i nervi saldi, ovvero Thuram figlio; sugli altri cambi non mi sbilancio dato che non conosco i giocatori ma almeno questa sostituzione mi sembrò, e tuttora mi sembra, gravemente sbagliata e, forse, decisiva. Ho la sensazione che i nervi fossero partiti innanzi tutto a Deschamps!
In definitiva mi pare si possa dire che l’Argentina abbia giocato la partita al proprio meglio mentre la Francia al proprio peggio: ma nonostante questo, o forse proprio per questo, ne è venuta fuori una partita molto equilibrata e decisa solo ai rigori.
O almeno è così che la penso: forse mi si potrebbe accusare di cercare di darmi ragione a ogni costo. Ma in realtà non credo: da ex scacchista mi piace analizzare le mie decisioni in maniera oggettiva cercando di individuare eventuali errori. Per me un errore non è fonte di imbarazzo ma di divertimento...
Conclusione: intendiamoci sono più che felice che, nonostante le mie diverse aspettative, abbia vinto l’Argentina: un po’ sono contento per Messi che credo meritasse almeno una coppa del mondo ma, soprattutto, non avrei sopportato Chicchirichi a gonfiare le penne sotto l’occhio delle telecamere!
«Nessuna squadra n;é giocatore mi ha particolarmente impressionato: la qualità delle squadre mi è parsa modesta. L’unica squadra buona, sebbene non eccezionale, è la Francia. L’Argentina non mi ha convinto… Per questo credo che la finale sarà abbastanza a senso unico con la Francia vincente e con facilità: cioè due o più reti di vantaggio.»
Alla fine non solo i due gol di scarto a vantaggio della Francia non ci sono stati ma, addirittura, è stata l’Argentina a prevalere ai rigori.
La mia previsione si è quindi rivelata errata, questo è indubbio, però credo di avere molte attenuanti.
In generale qualsiasi partita di calcio (in realtà qualsiasi evento) può terminare col risultato più probabile (diciamo 90%) oppure con un risultato improbabile (diciamo 10%).
Quale sarebbe stata la previsione corretta? Quella che prevedeva il risultato probabile al 90% o quella che puntava sull’improbabile? Io credo la prima perché, 9 volte su 10, sarebbe stata una previsione corretta.
Ecco in questo caso resto dell’opinione che la mia previsione fosse esatta (ovvero che si sarebbe verificata 9 volte su 10) e che semplicemente la partita abbia avuto lo svolgimento più improbabile (per capirci quello che si verifica 1 volta su 10).
Perché la penso così? Beh, mi pare che l’aspetto psicologico sia stato determinante.
Nel primo tempo e per buona parte del secondo la Francia arrivava sempre dopo l’Argentina sulla palla. Ma non per motivi fisici: appena la psicologia col primo gol francese è cambiata le parti si sono invertite e la Francia ha dominato il finale del secondo tempo con l’Argentina che non toccava più palla.
Oramai non mi ricordo più la dinamica dei tempi supplementari ma ricordo di aver pensato che anche in questa mezz’ora finale l’aspetto psicologico fosse precipuo.
Volendo un mio errore può essere stato non considerare nella mia previsione il fattore psicologico: se mi fossi fidato dei media (ma di sicuro non l’avrei fatto!) avrei forse potuto ipotizzare che l’Argentina arrivasse alla finale più carica, fiduciosa e motivata. Ma anche in questo caso avrei predetto comunque la vittoria della Francia sebbene di misura.
Ricordo che dopo il gol iniziale dell’Argentina nel primo tempo dissi a mio zio che, se la Francia non ne prende altri prima del riposo, allora la ribalterà facilmente nel secondo.
Mi aspettavo infatti che nell’intervallo l’allenatore desse una strigliata ai propri giocatori per farli rientrare in campo con più determinazione.
Invece Deschamps fece di peggio e, verso il 40°, tolse un giocatore in forma ma soprattutto di carattere ed esperienza, ovvero Giroud, per mettere un novellino, magari anche promettente ma dubito adatto a una finale dove era importante mantenere i nervi saldi, ovvero Thuram figlio; sugli altri cambi non mi sbilancio dato che non conosco i giocatori ma almeno questa sostituzione mi sembrò, e tuttora mi sembra, gravemente sbagliata e, forse, decisiva. Ho la sensazione che i nervi fossero partiti innanzi tutto a Deschamps!
In definitiva mi pare si possa dire che l’Argentina abbia giocato la partita al proprio meglio mentre la Francia al proprio peggio: ma nonostante questo, o forse proprio per questo, ne è venuta fuori una partita molto equilibrata e decisa solo ai rigori.
O almeno è così che la penso: forse mi si potrebbe accusare di cercare di darmi ragione a ogni costo. Ma in realtà non credo: da ex scacchista mi piace analizzare le mie decisioni in maniera oggettiva cercando di individuare eventuali errori. Per me un errore non è fonte di imbarazzo ma di divertimento...
Conclusione: intendiamoci sono più che felice che, nonostante le mie diverse aspettative, abbia vinto l’Argentina: un po’ sono contento per Messi che credo meritasse almeno una coppa del mondo ma, soprattutto, non avrei sopportato Chicchirichi a gonfiare le penne sotto l’occhio delle telecamere!
La stirpe meschina
Stamani ho scritto il pezzo Vecchi e nuovi tempi dove spiego di essere rimasto affascinato soprattutto da un mezzo grazie al quale il tiranno si mantiene al potere: la menzogna, il ribaltare la realtà, dire il contrario del vero.
Ebbene stranamente ho mancato un’evidente serendipità: già ne “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus, sebbene non esplicitamente, risuona sempre più forte il tema della menzogna.
Attualmente sono a pagina 509, a occhio i 5/7 del libro, e ormai la guerra fra Intesa e Alleanza volge al peggio per gli imperi di Germania e Austria-Ungheria. Ma cosa dicono i giornali austriaci, cosa si ripetono, convincendosene, le classi più alte, l’aristocrazia?
Che tutto va bene, che la vittoria è dietro l’angolo: se solo la plebaglia svogliata e disfattista facesse quel piccolo sforzo in più…
A pagina 488 ho scritto la seguente nota: “mi sembra che col procedere della guerra le bugie si moltiplicano via via che la situazione peggiora”
E in effetti è così che vanno le cose: quando una bugia non riesce più a spiegare la realtà allora, se non si vuole dire la verità, bisogna ricorrere a una bugia ancora più grande. Una bugia che “spieghi” come conciliare insieme la realtà e la precedente menzogna.
In pratica si costruiscono dei castelli di carte sempre più alti e complessi, dove ogni carta è un mendacio: tali costruzioni però, per loro natura, divengono via via più instabili e fragili.
Per questo anche le “verità” attuali non si possono discutere, per lo stesso motivo le idee che vanno controcorrente sono etichettate come bufale: questo perché un castello di carte crolla se appena lo si tocca con un dito, ovvero se appena ci si accorge che una parete che sembrava di grave pietra è solo un sottile tramezzo…
Citiamo Krauss:
«OTTIMISTA. Sì, non si può negare che la guerra incida profondamente nella vita di ognuno. Quanto durerà ancora, secondo lei?
CRITICONE. Mentiremo in ogni caso fino all’ultimo respiro di uomo e di destriero.» (*1)
Siccome come corto ormai questo è troppo lungo aggiungo un’altra considerazione scaturita dalla medesima scena (scena II, atto V).
Nel prosieguo del dialogo anche l’ottimista conferma che la guerra non sta andando bene: ipotizza però non che la guerra sia stata un errore ma che la popolazione non sia all’altezza del grave compito a cui è stata chiamata.
«OTTIMISTA. […] Lei aveva ragione quando affermava che tutto in essa [la guerra] è così poco glorioso come lei l’ha visto. Oppure si potrebbe dire che un’era gloriosa ha trovato una generazione ingloriosa.»
Una nota spiega che la frase dell’ottimista è una parafrasi di due versi de “L’attimo” di Schiller: «Un’epoca grande il secolo ha generato / ma il grande momento trova una stirpe meschina.»
Un caso? Una coincidenza che proprio nel momento storico apicale del secolo chi lo vive sia così spesso non all’altezza del proprio compito?
Secondo me no.
È una conseguenza della decadenza ([E] 15.1).
Condizione necessaria per il generarsi della decadenza è il successo assoluto. Dalla decadenza deriva poi necessariamente una classe politica inadeguata.
Inevitabilmente poi una società in decadenza, che sembra pascersi nella propria gloria e successo, verrà prima o poi sfidata da una forza in ascesa: ecco che allora si avrà il famigerato “grande momento” che però si troverà a essere gestito da una classe dirigente formata da incapaci, ovvero dalla “stirpe meschina”.
Conclusione: credo che inserirò questi due versi di Schiller nella mia lista di epigrafi!
Nota (*1): tratto da “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus, (E.) Adelphi, 2022, trad. Ernesto Braun e Mario Calasso, pag. 503.
Ebbene stranamente ho mancato un’evidente serendipità: già ne “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus, sebbene non esplicitamente, risuona sempre più forte il tema della menzogna.
Attualmente sono a pagina 509, a occhio i 5/7 del libro, e ormai la guerra fra Intesa e Alleanza volge al peggio per gli imperi di Germania e Austria-Ungheria. Ma cosa dicono i giornali austriaci, cosa si ripetono, convincendosene, le classi più alte, l’aristocrazia?
Che tutto va bene, che la vittoria è dietro l’angolo: se solo la plebaglia svogliata e disfattista facesse quel piccolo sforzo in più…
A pagina 488 ho scritto la seguente nota: “mi sembra che col procedere della guerra le bugie si moltiplicano via via che la situazione peggiora”
E in effetti è così che vanno le cose: quando una bugia non riesce più a spiegare la realtà allora, se non si vuole dire la verità, bisogna ricorrere a una bugia ancora più grande. Una bugia che “spieghi” come conciliare insieme la realtà e la precedente menzogna.
In pratica si costruiscono dei castelli di carte sempre più alti e complessi, dove ogni carta è un mendacio: tali costruzioni però, per loro natura, divengono via via più instabili e fragili.
Per questo anche le “verità” attuali non si possono discutere, per lo stesso motivo le idee che vanno controcorrente sono etichettate come bufale: questo perché un castello di carte crolla se appena lo si tocca con un dito, ovvero se appena ci si accorge che una parete che sembrava di grave pietra è solo un sottile tramezzo…
Citiamo Krauss:
«OTTIMISTA. Sì, non si può negare che la guerra incida profondamente nella vita di ognuno. Quanto durerà ancora, secondo lei?
CRITICONE. Mentiremo in ogni caso fino all’ultimo respiro di uomo e di destriero.» (*1)
Siccome come corto ormai questo è troppo lungo aggiungo un’altra considerazione scaturita dalla medesima scena (scena II, atto V).
Nel prosieguo del dialogo anche l’ottimista conferma che la guerra non sta andando bene: ipotizza però non che la guerra sia stata un errore ma che la popolazione non sia all’altezza del grave compito a cui è stata chiamata.
«OTTIMISTA. […] Lei aveva ragione quando affermava che tutto in essa [la guerra] è così poco glorioso come lei l’ha visto. Oppure si potrebbe dire che un’era gloriosa ha trovato una generazione ingloriosa.»
Una nota spiega che la frase dell’ottimista è una parafrasi di due versi de “L’attimo” di Schiller: «Un’epoca grande il secolo ha generato / ma il grande momento trova una stirpe meschina.»
Un caso? Una coincidenza che proprio nel momento storico apicale del secolo chi lo vive sia così spesso non all’altezza del proprio compito?
Secondo me no.
È una conseguenza della decadenza ([E] 15.1).
Condizione necessaria per il generarsi della decadenza è il successo assoluto. Dalla decadenza deriva poi necessariamente una classe politica inadeguata.
Inevitabilmente poi una società in decadenza, che sembra pascersi nella propria gloria e successo, verrà prima o poi sfidata da una forza in ascesa: ecco che allora si avrà il famigerato “grande momento” che però si troverà a essere gestito da una classe dirigente formata da incapaci, ovvero dalla “stirpe meschina”.
Conclusione: credo che inserirò questi due versi di Schiller nella mia lista di epigrafi!
Nota (*1): tratto da “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus, (E.) Adelphi, 2022, trad. Ernesto Braun e Mario Calasso, pag. 503.
venerdì 23 dicembre 2022
Vecchi e nuovi tempi
Il “Discorso della servitù volontaria” di Étienne De La Boétie è molto interessante.
Ora ne capisco meglio la logica: prima ha evidenziato il paradosso della popolazione che sopporta di essere sfruttata e che lui spiega con una sorta di abitudine a servire che si rivela essere più forte dell’istinto alla libertà (v. La servitù volontaria); nella parte finale che sto leggendo adesso De La Boétie spiega invece cosa fa da parte sua il “tiranno” per facilitare la conservazione del proprio potere: in pratica l’autore illustra una specie di struttura piramidale di sfruttamento. Il tiranno si affida, concedendo favori, potere e ricchezze a un 5-6 luogotenenti fidati; questi a loro volta ciascuno ad altre decine di persone e così via. Alla fine la società si divide quasi in due metà in cui la prima sfrutta la seconda. A mio parere la percentuale di sfruttatori mi pare decisamente eccessiva ma apprezzo l'idea della struttura sociale che tende ad autopreservarsi (è una conseguenza della legge della reciprocità [E] 3.2).
Qualche citazione: «Così il tiranno opprime i suoi sudditi, gli uni per mezzo degli altri, e viene difeso proprio da chi, se non fosse un buono a nulla, dovrebbe temere di essere attaccato» (*1)
Oppure: «Tutti coloro che sono posseduti da un’ambizione senza limiti e da un’avidità sfrenata, si raggruppano attorno a lui [al tiranno] e lo sostengono in tutti i modi per avere parte al bottino e diventare essi stessi tanti piccoli tiranni sotto quello grande.» (*2)
Poi: «Insomma tra favori e protezioni, guadagni e colpi messi a segno, quanti traggono profitto dalla tirannia son quasi pari a coloro che preferirebbero la libertà.» (*3)
L’autore non dimentica poi il ruolo della religione che, chiaramente, giustifica l’ingiustizia: «E tiranni stessi trovavano del tutto strano il fatto che la gente potesse sopportare un uomo che continuamente la maltrattava; per questo decisero di mettersi davanti la religione come scudo e, nella misura del possibile, assumere una qualche sembianza di divinità per non dover rendere conto della propria vita malvagia.» (*4)
Ma il “trucco” usato dai tiranni che ho trovato più affascinante è il terzo: semplicemente mentire, dire il contrario del vero, affermare di fare il meglio per la popolazione anche quando è palese il contrario. Straordinariamente ciò è sufficiente: le persone preferiscono credere a un’illusione positiva piuttosto che dover affrontare una realtà negativa.
Nelle parole di De La Boétie: «E oggi non si comportano molto meglio coloro che ogni qualvolta compiono un crimine, anche molto grave, lo ammantano di qualche bel discorso sul bene comune e sull’utilità pubblica.» (*5)
«ma la stragrande maggioranza dei tiranni non si affida a troppe sottigliezze sostenendosi piuttosto sulla più grande impudenza.» (*5)
E sopratutto l’amara constatazione finale dell’autore: «È davvero pietoso ricordare quanti stratagemmi abbiano messo in atto i sovrani di un tempo per impiantare la loro tirannia, di quali mezzucci si siano serviti trovandosi davanti una plebaglia fatta apposta per loro, incapace di evitare qualsiasi trabocchetto che le venisse teso, ingannata con estrema facilità e tanto più sottomessa quanto più il tiranno si prendeva gioco di lei.» (*6)
La sezione si conclude poi con un divertente panegirico che al gusto attuale appare ironico ma che, immagino, al tempo (l’autore scrive all’incirca nel 1550!) fosse ritenuto serio: nessuno dei re di Francia, scelti direttamente da Dio, ha infatti fatto niente che non fosse il massimo bene per la popolazione e il paese!
Vabbè, cito l’autore: «[…] non voglio passare per miscredente nei confronti di tutte queste cose poiché né noi né i nostri antenati abbiamo avuto finora ragione d’esserlo, essendoci sempre toccati sovrani tanto buoni in pace e così prodi in guerra che pur essendo re dalla nascita non sembrano fatti dalla natura come gli altri bensì, ancor prima di venire al mondo, scelti da Dio onnipotente per governare e conservare questo regno.» (*7)
Ma, facendo un passo indietro, solo io trovo attuale che uno dei pilastri su cui si sostiene il tiranno sia la pura e semplice menzogna con cui ammanta le proprie scelte? Che altro è la propaganda se non una menzogna spacciata per informazione oggettiva?
E oggi come ieri la “plebaglia” si rende conto di essere ingannata? Assolutamente no! Anzi la maggioranza ingenua viene aizzata contro la minoranza che si rende conto delle mene del potere…
Conclusione: credo che uno dei problemi più grandi di oggi, ma forse lo è sempre stato, è che ci riteniamo troppo superiori ai nostri antenati. Diamo per scontato che non abbiano niente di insegnarci solamente perché, dal punto di vista scientifico, erano meno progrediti di noi. Ma la natura umana non cambia in mille anni, tanto meno in pochi secoli. Ma siccome sappiamo che nel XVI secolo si credeva che il Sole orbitasse intorno alla Terra diamo per scontato che le loro lezioni e gli ammonimenti su ciò che è l’essenza umana non ci riguardino.
Eppure ancora oggi apprezziamo l’arte, la musica, l’architettura e molto altro di ciò che ci è arrivato dal passato: ignoriamo la prova provata che i nostri antenati non ci fossero inferiori. Io ho chiamato questo modo di pensare “paradosso dell’epoca” ([E] 6) ma, in realtà, è più una maledizione.
Nota (*1): tratto da “Discorso della servitù volontaria” di Étienne De La Boétie, stampato da Amazon Italia Logistica, trad. Luigi Geninazzi e Pietro Fanfani, pag 107.
Nota (*2): ibidem, pag. 106-107.
Nota (*3): ibidem, pag. 106.
Nota (*4): ibidem, pag. 101.
Nota (*5): ibidem, pag. 99.
Nota (*6): ibidem, pag. 100.
Nota (*7): ibidem, pag. 102.
Ora ne capisco meglio la logica: prima ha evidenziato il paradosso della popolazione che sopporta di essere sfruttata e che lui spiega con una sorta di abitudine a servire che si rivela essere più forte dell’istinto alla libertà (v. La servitù volontaria); nella parte finale che sto leggendo adesso De La Boétie spiega invece cosa fa da parte sua il “tiranno” per facilitare la conservazione del proprio potere: in pratica l’autore illustra una specie di struttura piramidale di sfruttamento. Il tiranno si affida, concedendo favori, potere e ricchezze a un 5-6 luogotenenti fidati; questi a loro volta ciascuno ad altre decine di persone e così via. Alla fine la società si divide quasi in due metà in cui la prima sfrutta la seconda. A mio parere la percentuale di sfruttatori mi pare decisamente eccessiva ma apprezzo l'idea della struttura sociale che tende ad autopreservarsi (è una conseguenza della legge della reciprocità [E] 3.2).
Qualche citazione: «Così il tiranno opprime i suoi sudditi, gli uni per mezzo degli altri, e viene difeso proprio da chi, se non fosse un buono a nulla, dovrebbe temere di essere attaccato» (*1)
Oppure: «Tutti coloro che sono posseduti da un’ambizione senza limiti e da un’avidità sfrenata, si raggruppano attorno a lui [al tiranno] e lo sostengono in tutti i modi per avere parte al bottino e diventare essi stessi tanti piccoli tiranni sotto quello grande.» (*2)
Poi: «Insomma tra favori e protezioni, guadagni e colpi messi a segno, quanti traggono profitto dalla tirannia son quasi pari a coloro che preferirebbero la libertà.» (*3)
L’autore non dimentica poi il ruolo della religione che, chiaramente, giustifica l’ingiustizia: «E tiranni stessi trovavano del tutto strano il fatto che la gente potesse sopportare un uomo che continuamente la maltrattava; per questo decisero di mettersi davanti la religione come scudo e, nella misura del possibile, assumere una qualche sembianza di divinità per non dover rendere conto della propria vita malvagia.» (*4)
Ma il “trucco” usato dai tiranni che ho trovato più affascinante è il terzo: semplicemente mentire, dire il contrario del vero, affermare di fare il meglio per la popolazione anche quando è palese il contrario. Straordinariamente ciò è sufficiente: le persone preferiscono credere a un’illusione positiva piuttosto che dover affrontare una realtà negativa.
Nelle parole di De La Boétie: «E oggi non si comportano molto meglio coloro che ogni qualvolta compiono un crimine, anche molto grave, lo ammantano di qualche bel discorso sul bene comune e sull’utilità pubblica.» (*5)
«ma la stragrande maggioranza dei tiranni non si affida a troppe sottigliezze sostenendosi piuttosto sulla più grande impudenza.» (*5)
E sopratutto l’amara constatazione finale dell’autore: «È davvero pietoso ricordare quanti stratagemmi abbiano messo in atto i sovrani di un tempo per impiantare la loro tirannia, di quali mezzucci si siano serviti trovandosi davanti una plebaglia fatta apposta per loro, incapace di evitare qualsiasi trabocchetto che le venisse teso, ingannata con estrema facilità e tanto più sottomessa quanto più il tiranno si prendeva gioco di lei.» (*6)
La sezione si conclude poi con un divertente panegirico che al gusto attuale appare ironico ma che, immagino, al tempo (l’autore scrive all’incirca nel 1550!) fosse ritenuto serio: nessuno dei re di Francia, scelti direttamente da Dio, ha infatti fatto niente che non fosse il massimo bene per la popolazione e il paese!
Vabbè, cito l’autore: «[…] non voglio passare per miscredente nei confronti di tutte queste cose poiché né noi né i nostri antenati abbiamo avuto finora ragione d’esserlo, essendoci sempre toccati sovrani tanto buoni in pace e così prodi in guerra che pur essendo re dalla nascita non sembrano fatti dalla natura come gli altri bensì, ancor prima di venire al mondo, scelti da Dio onnipotente per governare e conservare questo regno.» (*7)
Ma, facendo un passo indietro, solo io trovo attuale che uno dei pilastri su cui si sostiene il tiranno sia la pura e semplice menzogna con cui ammanta le proprie scelte? Che altro è la propaganda se non una menzogna spacciata per informazione oggettiva?
E oggi come ieri la “plebaglia” si rende conto di essere ingannata? Assolutamente no! Anzi la maggioranza ingenua viene aizzata contro la minoranza che si rende conto delle mene del potere…
Conclusione: credo che uno dei problemi più grandi di oggi, ma forse lo è sempre stato, è che ci riteniamo troppo superiori ai nostri antenati. Diamo per scontato che non abbiano niente di insegnarci solamente perché, dal punto di vista scientifico, erano meno progrediti di noi. Ma la natura umana non cambia in mille anni, tanto meno in pochi secoli. Ma siccome sappiamo che nel XVI secolo si credeva che il Sole orbitasse intorno alla Terra diamo per scontato che le loro lezioni e gli ammonimenti su ciò che è l’essenza umana non ci riguardino.
Eppure ancora oggi apprezziamo l’arte, la musica, l’architettura e molto altro di ciò che ci è arrivato dal passato: ignoriamo la prova provata che i nostri antenati non ci fossero inferiori. Io ho chiamato questo modo di pensare “paradosso dell’epoca” ([E] 6) ma, in realtà, è più una maledizione.
Nota (*1): tratto da “Discorso della servitù volontaria” di Étienne De La Boétie, stampato da Amazon Italia Logistica, trad. Luigi Geninazzi e Pietro Fanfani, pag 107.
Nota (*2): ibidem, pag. 106-107.
Nota (*3): ibidem, pag. 106.
Nota (*4): ibidem, pag. 101.
Nota (*5): ibidem, pag. 99.
Nota (*6): ibidem, pag. 100.
Nota (*7): ibidem, pag. 102.
giovedì 22 dicembre 2022
Mongolini del 2° trimestre del 2012
Tanto per non sapere cosa scrivere andrò un po’ a caccia di mongolini…
Aprile 2012
A dire il vero non ho trovato niente di vagamente da mongolino: c’era un pezzo su una ricetta insulsa ma la filosofia del mongolino è un po’ diversa. In teoria dovrebbe essere un pezzo errato (dove cioè scrivo una qualche castroneria) a cui poi ho aggiunto (per mancanza di materiale) anche i pezzi noiosi e brutti che però, all’epoca in cui li scrissi, non mi sembravano tali. Da questo punto di vista quando scrissi il pezzo con la mia ricetta ero già consapevole che avrebbe interessato pochi…
Però voglio prendere l’occasione per segnalare qualcosa.
Nel pezzo Autocommiserazione mi chiedo appunto se io sia un tipo che si autocommisera particolarmente e, dopo averci riflettuto un po’, arrivo a concludere che non è così pur rimanendo con la mia usuale percentuale di dubbio. Beh, ci tengo a sottolineare che qualche giorno dopo, proprio l’amico citato nel pezzo, mi contattò per farmi sapere che, a suo giudizio, io non ero assolutamente una persona che si autocommiserava: come tutti i complimenti inaspettati mi fece molto piacere.
Inoltre confermo che, nel corso di questi anni, ho continuato a pensare alle controindicazioni date dall’eliminazione del contante…
Maggio 2012
Macché, anche sui pezzi di maggio non ho trovato niente da ridire…
Ho notato però una chicca in Elezione monolocale: proprio sul finale del pezzo scrivo che Beppe Grillo (aka Locusta) non mi piace!
All’epoca infatti non sapevo niente del M5S né avevo mai ascoltato un comizio di Grillo: in pratica mi affidavo solamente al racconto dei media che, ovviamente, già all’epoca dipingevano il movimento come composto da una massa di squilibrati impreparati e inaffidabili.
Se ben ricordo iniziai a scoprire il M5S verso dicembre 2012 o forse gennaio 2013…
Giugno 2012
- Italia – Russia: mie previsioni sulla relativa amichevole e, in prospettiva, sull’europeo…
- Italia – Croazia: prevedo un 1 : 2 ma finisce 1 : 1…
Ebbene, vi dico un segreto: non assegnerò comunque il mongolino a nessuno dei due candidati sullodati. Dare il mongolino per delle previsioni calcistiche errate è troppo punitivo.
Anche perché poi, se ben ricordo, in quell’europeo andammo avanti a colpi di mela che però si esaurì tutta insieme contro la Spagna. E le previsioni in genere, non solo le mie, come possono prevedere la fortuna?
In effetti avrei da scrivere un pezzo anche sulla finale Francia – Argentina che avevo pronosticato a favore della Francia con due reti di scarto! Vabbè, ci scriverò in pezzo a parte…
Conclusione: insomma in questo secondo trimestre del 2012 non assegno mongolini…
Aprile 2012
A dire il vero non ho trovato niente di vagamente da mongolino: c’era un pezzo su una ricetta insulsa ma la filosofia del mongolino è un po’ diversa. In teoria dovrebbe essere un pezzo errato (dove cioè scrivo una qualche castroneria) a cui poi ho aggiunto (per mancanza di materiale) anche i pezzi noiosi e brutti che però, all’epoca in cui li scrissi, non mi sembravano tali. Da questo punto di vista quando scrissi il pezzo con la mia ricetta ero già consapevole che avrebbe interessato pochi…
Però voglio prendere l’occasione per segnalare qualcosa.
Nel pezzo Autocommiserazione mi chiedo appunto se io sia un tipo che si autocommisera particolarmente e, dopo averci riflettuto un po’, arrivo a concludere che non è così pur rimanendo con la mia usuale percentuale di dubbio. Beh, ci tengo a sottolineare che qualche giorno dopo, proprio l’amico citato nel pezzo, mi contattò per farmi sapere che, a suo giudizio, io non ero assolutamente una persona che si autocommiserava: come tutti i complimenti inaspettati mi fece molto piacere.
Inoltre confermo che, nel corso di questi anni, ho continuato a pensare alle controindicazioni date dall’eliminazione del contante…
Maggio 2012
Macché, anche sui pezzi di maggio non ho trovato niente da ridire…
Ho notato però una chicca in Elezione monolocale: proprio sul finale del pezzo scrivo che Beppe Grillo (aka Locusta) non mi piace!
All’epoca infatti non sapevo niente del M5S né avevo mai ascoltato un comizio di Grillo: in pratica mi affidavo solamente al racconto dei media che, ovviamente, già all’epoca dipingevano il movimento come composto da una massa di squilibrati impreparati e inaffidabili.
Se ben ricordo iniziai a scoprire il M5S verso dicembre 2012 o forse gennaio 2013…
Giugno 2012
- Italia – Russia: mie previsioni sulla relativa amichevole e, in prospettiva, sull’europeo…
- Italia – Croazia: prevedo un 1 : 2 ma finisce 1 : 1…
Ebbene, vi dico un segreto: non assegnerò comunque il mongolino a nessuno dei due candidati sullodati. Dare il mongolino per delle previsioni calcistiche errate è troppo punitivo.
Anche perché poi, se ben ricordo, in quell’europeo andammo avanti a colpi di mela che però si esaurì tutta insieme contro la Spagna. E le previsioni in genere, non solo le mie, come possono prevedere la fortuna?
In effetti avrei da scrivere un pezzo anche sulla finale Francia – Argentina che avevo pronosticato a favore della Francia con due reti di scarto! Vabbè, ci scriverò in pezzo a parte…
Conclusione: insomma in questo secondo trimestre del 2012 non assegno mongolini…
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