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sabato 10 dicembre 2022

Anne Rice

Anne Rice è morta nel 2021!

L'ho scoperto adesso controllando la sua scheda su wikipedia dopo aver scritto il pezzo Male e violenza.

Mi dispiace: era una donna di genio che ha rifondato il romanzo gotico. La portata del suo impatto è paragonabile a quella di Lovecraft per il genere orrorifico.

A me piaceva con qualche riserva: grandissima nelle sue ricostruzioni storiche di epoche diverse, nell’intensità e nella psicologia di alcuni personaggi, nella descrizione di luoghi e ambienti, nel dare una struttura logica e credibile alle sue ambientazioni…
Sfortunatamente aveva una grave pecca: il climax che costruiva capitolo dopo capitolo, e che avrebbe dovuto rappresentare il culmine dei suoi romanzi, spesso si rivelava essere un anticlimax: si afflosciava rapidamente in un insignificante palloncino sgonfio…

Succede nella sua opera che più mi è piaciuta, “L’ora delle streghe”, ma anche nel suo libro che sto terminando di (ri)leggere adesso, “La regina dei dannati”.

Ah, se non lo si fosse intuito, sto rileggendo il ciclo dei vampiri…
Curiosamente solo qualche settimana fa, rileggendo “Scelti dalle tenebre”, ho notato un particolare che, in verità, avrebbe dovuto essermi da subito evidente. Probabilmente non me ne ero accorto prima perché leggevo la Rice per intrattenimento e, quindi, con la mia attenzione critica a riposo…

Comunque finalmente ho fatto caso al rapporto fra sessualità e amore dei suoi personaggi.
Curiosamente la sua idea ricalca molto una delle mie intuizioni più profonde e che scrissi nella serie marcata come “PSS”, le mie “parole santissime”!
Le PSS le presento ironicamente, come creazioni del mio alter ego, il Venerabile Yuri, ma in realtà si tratta di vere e proprie rivelazioni sul significato della vita e la morte che ebbi dopo la dipartita di mia madre.

Una di queste (in realtà non ricordo se ne scrissi) riguarda l’amore dopo la morte.
Nella mia intuizione qualcosa del nostro spirito sopravvive alla morte, esito a chiamarlo anima (anche se forse lo faccio!) a causa dei troppi significati di cui il termine è sovraccaricato. Ma si tratta di un qualcosa di ben diverso dalla nostra mente: l’io che sopravvive alla morte non è la “vocina” con cui pensiamo e ragioniamo.
Quella è la nostra coscienza che però è influenzata dal nostro corpo: dai nostri ormoni, dai nostri istinti. L’amore basato sull’istinto e sugli ormoni svanisce quindi dopo la morte: resta invece quello basato sulle affinità. Nella mia teoria l’amore di un anima per figli e compagni potrebbe essere minore di quella per gli amici più veri.

E, alla fine questa è l’idea anche della Rice (che io lessi solo qualche anno dopo le mie intuizioni!) nel suo ciclo sui vampiri. I vampiri sono morti, hanno oltrepassato la soglia della vita e qualcosa è stato “filtrato” via da essi. Sono incapace di amore fisico, di sesso insomma, eppure si amano. Come nella mia teoria si perdono le relazioni famigliari e di genere: Lestat ama (e bacia) la madre Gabrielle e le relazioni fra vampiri dello stesso sesso, pur senza sessualità, sono la norma.
L’amore che lega i vampiri insieme è basato esclusivamente su un’affinità profonda, esistenziale, una compatibilità e complementarità delle essenze. A dire il vero nella Rice anche l’accidente della bellezza sembra importante mentre per me non lo è: ma magari in questo caso si tratta di una scelta narrativa per caratterizzare meglio al proprio pubblico queste creature...

Intendiamoci, questa deformazione dell’amore non è l’unico tema della Rice: anche il rapporto fra bene e male è fondamentale e, di sicuro, molto più esplicito. Spesso infatti ci sono lunghi dialoghi in cui i diversi vampiri si confrontano su questo tema: personalmente trovo queste parti un po’ pesanti perché l’autrice si concentra sulle sensazioni provate dai suoi personaggi che però non sono in grado di formalizzare in maniera chiara ed esplicita la propria etica.
E poi vi è un po’ di ripetizione: per esempio nel contrasto fra l’uccisione delle proprie vittime, che per i vampiri è un istinto naturale e quindi senza colpevolezza, e il disgusto per le stesse azioni; alla fine il tutto si risolve con la considerazione che il disgusto provato dal vampiro è apparente: è infatti basato solo sul ricordo di quello che nella vita umana era considerato bene e male ma che, dopo la trasformazione, non ha più senso.

Conclusione: tanto per soddisfare la mia recente ossessione per i tipi MBTI ho verificato che si ipotizza che fosse una ISFP...

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