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lunedì 5 dicembre 2022

Da Darwin all'intelligenza

Concetto interessante da Darwin ieri. Alcuni passaggi:

- «When we see any part or organ developed in a remarkable degree or manner in a species, the fair presumption is that it is of high importance to that species»

- «There may truly be said to be a constant struggle going on between, on the one hand, the tendency to reversion to a less perfect state, as well as an innate tendency to new variations, and, on the other hand, the power of steady selection to keep the breed true.»

- «An extraordinary amount of modification implies an unusually large and long-continued amount of variability, which has continually been accumulated by natural selection for the benefit of the species.»

- «That the struggle between natural selection on the one hand, and the tendency to reversion and variability on the other hand, will in the course of time cease; and that the most abnormally developed organs may be made constant»

Riassumerei il tutto così:
1. L’organo/funzione più importante per una specie; ciò che gli dà un vantaggio sulle specie rivali sarà particolarmente caratteristico.
2. Per evolversi così rapidamente (da diventare caratteristico rispetto alle altre specie) sarà stato soggetto a una rapida somma di mutazioni.
3. Questo porta a variabilità fra la vecchia forma e la nuova.
4. Questa variabilità termina quando la selezione naturale ha raggiunto il suo scopo e la nuova caratteristica è ormai ben diffusa in tutta la specie.

Ma ciò che è veramente interessante sono le implicazioni.

Se incontriamo una specie che ha un’alta variabilità in una sua certa caratteristica può significare che siamo nella fase 3 del processo sullodato. Ovvero, se ne può dedurre che si tratta di una caratteristica importante per tale specie.
Ovviamente non c’è la certezza che questo sia il caso: per esempio Darwin altrove scrive che per quelle caratteristiche indifferenti alla selezione naturale (che quindi non recano particolare beneficio o nocumento all’individuo e quindi alla specie) vi possono essere molte variazioni (*1). Va quindi tenuto conto anche dell’entità della variazione.

Mentre leggevo non potevo fare a meno di pensare alla caratteristica della mente umana.
Per prima cosa bisogna chiedersi la differenza fra le diverse intelligenze delle persone è grande o piccola?
Istintivamente sarei portato a dire grande ma in realtà, pensandoci meglio, credo che sia piccola.

Come valutare infatti se le differenze individuali di una specifica caratteristica di una specie sono grandi o piccole? L’unico criterio sensato che mi viene in mente sia confrontare l’ipotetico membro più intelligente e quello più stupido (ma entrambi nella norma della specie, diciamo nel 99% della distribuzione) e confrontarli con il membro medio di altre specie per quella specifica caratteristica.

Ecco che allora notiamo che sia l’uomo “stupido” che quello “intelligente” sono più intelligenti di una gallina, o di un gatto o di un cane e, più significativamente, delle specie che ci sono più vicine come il tipico scimpanzé, gorilla od orango. Viceversa si potrebbe facilmente ipotizzare che un tipico alieno di una razza interstellare sia più intelligente di qualsiasi essere umano...
Questo mi porta a pensare che le differenze di intelligenza fra persone siano in assoluto piccole.
E, in effetti, le cosiddette persone più intelligenti non hanno nella nostra società un vantaggio evolutivo tale da prosperare rispetto alle altre. L’intelligenza umana è divenuta sostanzialmente indifferente alla selezione naturale. In altre parole per il successo del singolo altre caratteristiche sociali, come la famiglia di nascita, sono più importanti: una possibile verifica sarebbe contare il numero di figli (la migliore misura per il successo evoluzionistico) di vari fratelli di una stessa famiglia (per eliminare o almeno minimizzare le differenze/opportunità sociali) in base all’intelligenza degli stessi. Ovvero contare i figli del fratello più intelligente, del mediano e del meno intelligente. Ripetendo l’esperimento su un numero sufficientemente altro di famiglie si potrebbe verificare se le differenze di intelligenza sono significative o no per la selezione naturale.

Ma è esistito un periodo durante il quale l’intelligenza sia stata caratterizzata da variabilità (grandi differenze fra singoli individui)?
Sì. L’uomo moderno esiste da circa 300.000 anni: fra gli scheletri di uno di questi nostri antichi antenati e di un nostro contemporaneo non ci sono differenze apprezzabili. Eppure circa 120.000 anni fa (*2) dovette avvenire una mutazione significativa nel nostro cervello che portò a quella che Harari chiama la “rivoluzione cognitiva”. Ecco che all’epoca per diverse generazioni dovettero convivere nella razza umana persone di intelligenza significativamente diverse. Per tornare al criterio che ho precedentemente proposto per valutare se siamo di fronte a variazione o variabilità possiamo ipotizzare che chi non aveva tale mutazione probabilmente non era superiore (per quella specifica caratteristica) a un Neanderthal: quindi variabilità, quindi evoluzione significativa.

Ma come si concilia questa mia nuova comprensione con quanto ho già scritto in passato (per esempio in Cervelli piccini o nel corto Evoluzione della stupidità) sulle tendenze dell’intelligenza nella specie umana?
Secondi varie fonti l’intelligenza media sta diminuendo: ma si tratta di tendenze che abbiamo solo sul breve periodo che seguono appena un secolo di storia umana. Difficile capire quanto siano significative e se non ci sia, per esempio, un altro fattore determinante.
Più interessante è invece la tendenza, dimostrata dai reperti, alla diminuzione del volume cranico.
Se non erro fui affascinato dalla teoria dell’addomesticamento: che mette in relazione capacità cranica e aggressività. Negli animali domestici, a partire dal cane rispetto al lupo, la capacità cranica è infatti diminuita così come l'aggressività.
Ipotizzavo che contadini più mansueti, che non si ribellano alle ingiustizie che subiscano, fossero favorevoli alla relativa società, l'aiutassero cioè a prosperare. Ecco che quindi ipotizzai: minore volume → maggiore acquiescenza → beneficio per il singolo (contadino) che non viene impiccato e per la relativa società → spiegata la diminuzione di intelligenza.
Ma l’ultimo passaggio non è in verità così immediato: personalmente conosco varie persone che reputo molto intelligenti e che però sono contemporaneamente estremamente conformiste e allineate col pensiero dominante o qualsiasi cosa il potere propali per verità. Ugualmente ci sono persone che sono estremamente condizionabili dai media ma che comunque sono molto intelligenti.

E in effetti nello stesso pezzo ammetto che esiste anche banalmente la seguente possibilità:
«Un’altra possibilità è che sebbene il volume cerebrale stia diminuendo, complessivamente il cervello è divenuto più efficiente senza nessun calo significativo dell’intelligenza». Ovvero che, almeno nell’uomo, volume cranico e intelligenza (*3) non siano correlate insieme!

In definitiva la mia attuale sensazione è che l’intelligenza individuale sia nel mondo moderno (per vari motivi) irrilevante alla selezione naturale. Resta comunque affascinante e convincente la teoria dell’addomesticamento dell’uomo con la nota che, forse, questo processo è indifferente all’intelligenza.

Conclusione: ma in verità la mia conclusione è che al momento non ho conclusioni certe sull’argomento!

Nota (*1): intendo con “variazione” una piccola differenza, mentre con “variabilità” una grande differenza.
Nota (*2): non ricordo esattamente la data riportata da Harari ma più o meno il periodo era quello + o – 25.000 anni!
Nota (*3): noto adesso che sembra che io sovrapponga il concetto di intelligenza a quello di QI: in realtà le ritengo due cose estremamente diverse (e sicuramente avrò scritto un pezzo al riguardo!) dove, essenzialmente, il primo è un sottoinsieme della secondo. Il QI ha però il grande vantaggio di essere misurabile e, quindi, di dare riferimenti chiari...

2 commenti:

  1. Questione complicata: una persona intelligente è conscia dei limiti, anche propri. Tuttavia la biologia ha strategie spesso contraddittorie: persone poco intelligenti, spesso con limiti dovuti alla scarsità di risorse, fanno conigliate di figli: gli intelligenti sono responsabili e si riproducono poco, gli stupidi si riproducono molto e irresponsabilmente: statisticamente aumenteranno le persone meno intelligenti (se da gatto nasci miao fai!).
    Difficile trarre delle conclusioni.

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  2. Hai perfettamente ragione: la tua osservazione è la premessa (intelligente) di un film (sciocchino) chiamato Idiocracy in cui, se ben ricordo, l'umanità diviene sempre più stupida per la ragione che hai sottolineato tu.
    Ne scrissi diversi anni fa: https://parole-sante.blogspot.com/2013/07/idiocracy.html

    Poi, nel corso degli anni, sono tornato relativamente spesso su questo tema.

    Comunque, avendo a disposizione solo pochi dati, è difficile trarre conclusioni.

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