Credo di essermi imbattuto nel capitolo più ricco di spunti de “Il secolo breve”: circa nove in sei pagine!
L’idea è di riepilogarli rapidamente e, gioco forza, non sarà facile: se poi vedo che non ce la faccio magari dividerò questo pezzo in due parti…
1. Fascismo e nazionalismo sono due cose diverse. Il fascismo è nazionalista ma non sempre il nazionalismo è fascista. In genere i nazionalismi di destra si sono trasformati in fascismi solo in presenza di specifiche condizioni locali che rendevano il passaggio appetibile.
2. Adesso siamo abituati a considerare l’avanzata della democrazia liberale come un processo più o meno inarrestabile che dall’inizio del XX secolo si è diffuso in tutto il mondo. La sua crisi durante le due guerre la consideriamo una breve pausa ininfluente su una tendenza più profonda. La realtà è che la democrazia non è la panacea che risolve automaticamente tutti i problemi di un paese: dove vi è la democrazia i cittadini automaticamente non si prendono per mano, fanno il girotondo e cantano insieme felici per sempre. No: la democrazia funziona solo sotto certe condizioni (vedi poi).
3. La prima condizione è che il sistema sia legittimato. In effetti pensiamo a un paese dove ci sia una maggioranza e una minoranza e qui vi si porti la democrazia: ovviamente la maggioranza vincerà sempre le elezioni quindi perché la minoranza dovrebbe essere felice di questo sistema?
Evidentemente bisogna che la minoranza abbia una consapevolezza democratica, una convinzione cioè, che il sistema funziona e che, magari, in futuro potrà venire il suo turno per andare al governo. Ovviamente questo può accadere quando la divisione fra maggioranza e minoranza è puramente politica e non etnica o religiosa.
Il fatto è che, soprattutto a inizio secolo XX, quando le uniche democrazie esistenti da tempo erano gli USA e la Francia, questa fiducia nella democrazia non era così diffusa.
4. La seconda condizione si sovrappone alla precedente. Nella teoria democratica il popolo è considerato un tutto, più o meno omogeneo, che esprime i propri rappresentanti: ma sociologi, antropologi, psicologi e simili lo considerano (giustamente!) un insieme di gruppi con esigenze e obiettivi diversi. Se fra i gruppi manca la volontà di cooperare e di venirsi incontro la stessa conflittualità si ripresenta nel parlamento che diviene quindi inefficiente e/o bloccato. In particolare le divisioni etniche e religiose di una popolazione mal si conciliano con la democrazia e, semplicemente, si riflettono nel parlamento. I trattati di pace al termine della prima guerra mondiale moltiplicarono queste divisioni.
«Tre comunità etnico-religiose che votano come blocchi contrapposti, come accade in Bosnia; due comunità inconciliabili, come nell’Ulster; 62 partiti politici, ciascuno dei quali rappresenta un clan tribale, come in Somalia, non possono, come ben sappiamo, offrire una base fondativa al sistema politico democratico, ma possono solo ingenerare instabilità o guerra civile, a meno che uno dei gruppi contendenti o qualche autorità esterna non sia forte abbastanza da stabilire il proprio non democratico dominio.» (*1)
In questi casi, paradossalmente, la democrazia può imporsi solo cessando di essere democratica: vi risparmio la citazione di Mill sulla maggioranza che dovrebbe governare, non facendo ciò che vuole, ma nel rispetto della minoranza.
5. La terza condizione l’ho compresa poco. SE ho ben capito nel XIX e inizio XX secolo nelle democrazie (prima a suffragio ristretto e via via più ampio) non ci si aspettava un’ampia azione di governo (più normale amministrazione?) e il parlamento era inteso infatti come freno al potere dell’esecutivo. Solo nelle questioni più importanti il parlamento era coinvolto e dava il proprio parere. SE ho ben capito dopo la prima guerra mondiale l’attività del governo si moltiplica e anche il parlamento si trova a legiferare. SE ho ben capito questo cambiamento di funzionamento non fu pienamente accettato da tutti. Ma, come ho scritto, non sono sicuro di aver capito bene questo punto…
6. La quarta condizione mi è invece chiarissima: la ricchezza. Se uno stato è prospero anche eventuali divergenze interne possono essere appianate fornendo soddisfazione anche alle eventuali minoranze. Dopo la prima guerra mondiale la ricchezza non tornò ai livelli antebellici e, anzi, la situazione peggiorò ulteriormente dopo la crisi del ‘29.
«Perfino i conflitti nazionali divengono più controllabili, fintanto che i rappresentanti politici di ogni minoranza possono sfamarsi alla mangiatoia comune.» (*2)
7. Considerazione generica sulla democrazia: «Perfino nelle democrazie stabili le divisioni politiche che il sistema comporta sono considerate da molti cittadini come costi del sistema e non come suoi benefici. È proprio la retorica politica che presenta i candidati e il partito come rappresentanti dell’interesse nazionale e non come espressione di ristretti interessi di parte.» (*3)
Individualmente queste frasi sono chiare: il difficile è comprendere come legarle insieme.
Io CREDO che vada letta così: siccome la “retorica politica” racconta che i diversi partiti fanno tutti l’interesse del paese allora il cittadino, soprattutto nei periodi di crisi, non capisce il senso delle divisioni in parlamento che sembrano neutralizzarne l’attività. Il cittadino dimentica infatti che le divergenze sono dovute al fatto che ogni partito cerca di favorire la propria parte (e non di fare l’interesse collettivo).
8. Hobsbwam conclude il capitolo con «Può darsi che il mondo stia infelicemente entrando in un periodo in cui, di nuovo, i vantaggi della democrazia non appariranno così ovvi com’è accaduto fra il 1950 e il 1990.» (*3)
Il mio commento a margine è stato: «non sono più ovvi perché in occidente regnano ingiustizia e sperequazioni».
Comunque notevole l’intuizione dell’autore che, lo ricordo, pubblicò questa sua opera nel 1994.
Ho cercato di limitarmi a riportare sinteticamente i diversi spunti. Cerco ora di riassumere ciò che più mi ha colpito: la democrazia non funziona sempre e automaticamente ma ha bisogno di specifiche condizioni. Già in passato, a cavallo fra le due guerre mondiali, è stata “malata” e ha dato vita ai fascismi (la genesi del comunismo sovietico, benché coeva, è stata invece la rivoluzione).
Quali siano esattamente i pericoli per la democrazia moderna (quella degli anni ‘90) l’autore non lo spiega: suppongo che vi arriverà passo passo e che non lo possa immediatamente anticipare.
Al riguardo io ho però già le idee chiare e sono convinto che Hobsbwam mi darà ulteriori conferme.
Anche io argomento i fattori di crisi della democrazia moderna nella mia Epitome e quindi qui mi limito a elencarli:
1. senescenza della democrazia.
2. globalizzazione e aumento forza delle oligarchie economiche.
3. consorteria fra potere politico ed economico mediata dal controllo dei media e di questi sull’opinione pubblica.
4. tradimento dei partiti tradizionali del proprio ruolo.
5. circolo vizioso che ha innescato decadenza dell’occidente.
6. “crisi economica”.
Rispetto alla crisi degli anni ‘20 e ‘30 quindi vi sono molte differenze e, anzi, le sovrapposizioni sono solo, e piuttosto marginalmente, i punti 3 e 6.
Partiamo da qui. La crisi economica l’ho virgolettata perché è una crisi che colpisce la gente comune, il 99,99% della popolazione: i grandi ricchi, quelli che controllano effettivamente la politica, stanno diventando ancora più ricchi. Non mi sembra di aver avuto notizie di ricchissimi che si suicidano per aver perso tutto (come nella crisi del 1929).
Oserei anzi dire che l’attuale è una crisi pilotata nel senso che è una conseguenza prevista di politiche volte a incrementare la ricchezza dei ricchissimi senza alcuna considerazione per la maggioranza della popolazione.
I grandi poteri hanno sempre collaborato insieme ([E] 5.6) la differenza fondamentale è invece un’altra: tutti i partiti tradizionali hanno tradito la loro funzione di rappresentare una parte della popolazione (per esempio il PD gli operai, Forza Italia i commercianti, Fratelli d’Italia la borghesia etc.) ma sono indiscriminatamente dalla parte dei grandi poteri economici sovrannazionali. E lo stesso, sfortunatamente, vale anche per molti partiti non tradizionali, in genere spregiativamente tacciati di populismo (in Italia direi M5S e Lega), che si fingono di rottura per poi però, se giungono al potere, allinearsi ai partiti sistemici tradizionali (vedi, sempre in Italia, il sostegno al governo Draghi).
La democrazia è sempre stata, nella sua essenza, una finzione in cui ci si illudeva che il potere fosse del popolo: adesso la maschera è caduta, negli ultimissimi anni i provvedimenti illiberali si moltiplicano. La maggioranza della popolazione non se ne rende conto semplicemente perché crede alla narrativa dei media, completamente appiattiti sulle posizioni dei poteri di cui sono la voce.
Ad aggravare la situazione è che più la spirale negativa si aggrava e più, per proteggere le bugie che sostengono il castello di illusioni in cui (noi occidentali) viviamo, la verità deve venire nascosta. Ecco quindi il trionfo della censura palliata da guerra alle bufale dove queste, in massima parte, sono semplicemente le opinioni legittime (quando non verità fattuali) ma contrarie al pensiero dominante.
Contemporaneamente, come conseguenza della decadenza ([E] 15), anche le capacità tecniche dei nostri governanti stanno crollando: al potere non arrivano dei politici validi ma degli incapaci, in alcuni casi forse neppure in grado del tutto di intendere e di volere, il cui unico merito è di apparire credibili alla popolazione e questo, ovviamente, solo grazie al totale controllo dei media.
Direi che ormai si può dire che in occidente la democrazia è praticamente morta o morente: mi sono però convinto che sia controproducente e fuorviante parlare di nuovo fascismo.
Certo ci sono molte (preoccupanti) sovrapposizioni ma anche le differenze sono notevoli: il pericolo è fermarsi alle differenze e dirsi “ecco non siamo in un fascismo perché XXX” e convincersi quindi che tutto vada bene. Per esempio non siamo un fascismo semplicemente perché gli interessi perseguiti dal potere politico non sono nazionali ma sovranazionali (vedi anche il punto 1 qui sopra: i fascismi sono nazionalisti).
Tutto va male e, per quanto vedo, la tendenza è quella di andare di male in peggio…
Manca la consapevolezza nella popolazione del disastro in cui stiamo precipitando ma, onestamente, non saprei neppure cosa consigliare per uscirne.
Senza falsa modestia mi pare che la visione più lucida e oggettiva della situazione globale sia la mia: altri ne riconoscono qualche aspetto qua e là ma solo nella mia Epitome vi è una teoria generale che lega tutto insieme...
Nel mio piccolo io sono (ancora) libero di scrivere quello che penso semplicemente perché la mia voce è inascoltata: se per qualche strano e inintelligibile motivo venissi letto da molte persone sarei subito zittito: mi si accuserebbe di disinformazione, di propagare l’odio e roba del genere...
Conclusione: intendiamoci la parte finale di questo pezzo rappresenta solo le mie attuali convinzioni: Hobsbwam si ferma all’elenco puntato della prima parte. Credo però, come ho detto, che procedendo nella lettura troverò ulteriori conferme al mio pensiero...
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Eric J. Hobsbwam, (E.) BURexploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 168-169.
Nota (*2): ibidem, pag. 170.
Nota (*3): ibidem, pag. 171.
alla prima stazione
1 ora fa
Concordo con gran parte dei punti. Queste osservazioni lucide, molte delle quali non allineate, sono possibili solo fino a quando hanno quantità piccole di lettori, uditori, etc. .
RispondiEliminaGrazie! Mi fa piacere che qualcuno la pensi, almeno parzialmente, come me!
RispondiEliminaC'è poi da dire che nei punti numerati riporto l'opinione di Hobsbwam per come l'ho capita io; nella seconda parte del pezzo sono invece io che parlo confrontando in maniera piuttosto generica la posizione di Hobsbwam con la mia teoria (la famosa Epitome che nomino qua e là)...
Non so se hai seguito le rivelazioni su Twitter: sembra che l'FBI censurasse anche i profili con appena un seguito di poche centinaia di "followers"! Altro dato interessante: censuravano (shadow banning ovviamente) particolarmente i profili di umorismo e satira.
Questo per dire che per rimanere "sotto i radar" bisogna avere proprio pochi lettori!!