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domenica 18 dicembre 2022

Genio incompreso

Ultimamente diversi libri mi sembrano eccezionali inizialmente e poi non mantengono le aspettative create pur, magari, rimanendo buoni. Il romanzo "Forse che sì, forse che no" di D’Annunzio temo sia uno di questi.

Il motivo per cui ho cambiato opinione mi pare però interessante.

Nella prima scena, quella della corsa in macchina, le emozioni descritte dall’autore sono risuonate dentro di me: capivo bene cosa intendeva e ammiravo lo stile con cui riusciva a descriverle.

La seconda scena però si svolge all’interno di una reggia abbandonata che i protagonisti visitano: qui le emozioni sono provocate dall’alternarsi delle sale vuote e dagli scorci di giardini preda dell’incuria. Le emozioni sono più sottili e per me divengono impalpabili, non le riconosco e quindi, pur ammirando l’abilità descrittiva dell’autore, non mi coinvolgono.

La chiave qui è la personalità e l’intensità delle emozioni. Per natura ho un carattere che tende a sopprimere le emozioni (Fe inferiore) e, quindi, molto raramente riesco a percepire quelle più evanescenti. Faccio fatica a immaginarmi di trovarmi in un palazzo simile a quello visitato dai protagonisti e a provare emozioni profonde: piuttosto noterei particolari interessanti (per me!) e starei attento a non ferirmi con chiodi arrugginiti preoccupandomi di muri e balconi pericolanti.
Anzi, secondo me, qui D’Annunzio sopravvaluta la sensibilità del lettore medio: credo che solo le persone più percettive possano riconoscersi nelle emozioni che descrive.

La quarta scena (quella che attualmente sto leggendo e che conclude il primo capitolo) mi è anch’essa estranea ma, in questo caso, non emotivamente ma culturalmente.

A metà del primo capitolo (in pratica nella terza e quarta scena) vengono presentati altri due personaggi: il fratello adolescente (Aldo) della protagonista femminile (Isabella) e un’altra ragazza (Vania) che non mi è ancora chiaro chi sia e, soprattutto, che relazione abbia con gli altri personaggi al di là di una generica amicizia…
Aldo, si capisce, è molto legato alla sorella e, quando improvvisamente capisce/intuisce, che ella ha baciato Paolo egli ha una specie di crollo psicologico: scappa via disperato, con le lacrime agli occhi e invocandone il nome.

Qui culturalmente non so proprio cosa dovrei intendere: è normale nel 1910 che i fratelli minori non tollerino l’idea che la sorella maggiore possa baciare il fidanzato o, almeno, il candidato tale? Oppure c’era fra i due un rapporto incestuoso? O magari era solo il fratellino a essere innamorato, magari senza neppure rendersene conto, della sorella?

Bo: suppongo che lo scoprirò presto ma per il momento la reazione del giovane mi lascia perplesso e, forse, non capisco ciò che per il lettore del secolo scorso sarebbe invece ovvio.

Conclusione: comunque lettura da bagno decente che alterno con Darwin…

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