Da qualche giorno ho un nuovo libro per il bagno: Peribáñez e il commendatore di Ocaña di Lope De Vega Carpio, Ed. Biblioteca Universale Rizzoli, 1965, trad. Antonio Gasparetti.
Scelto completamente a casaccio visto che il titolo non mi diceva niente...
In realtà non è male e probabilmente ne scriverò una volta terminato. Oggi mi voglio invece soffermare su una singola nota: nella prima scena del primo atto un personaggio rivolgendosi alla bella protagonista femminile le dice «...la fortuna delle brutte è toccata stavolta alla bella Casilda!».
La nota piè di pagina spiega che “la fortuna delle brutte” era un antico modo di dire spagnolo per indicare quella fortuna che tocca “inaspettatamente a una donna che non ha alcune particolare dote per meritarla”.
È però maggiormente interessante osservarne il significato implicito dato dalla contrapposizione fra donna bella e donna brutta o, almeno, non bella.
Il sintagma infatti non è “la fortuna delle donne che non hanno particolari doti per meritarla” ma si focalizza invece sull'aspetto esteriore della bellezza/bruttezza.
Evidentemente per gli spagnoli dell'epoca la dote principale di una donna doveva essere la bellezza: se una donna non era bella, ovvero se era brutta, allora era come se fosse priva di ogni pregio: qualsiasi colpo di fortuna che le fosse capitato sarebbe quindi stato “inaspettato” e “immeritato”.
Viceversa sembra che per la donna bella sarebbe stato normale che la sorte le riservasse le migliori fortune.
Non so: spero di non aver letto in tale semplice frase più di quanto non ci fosse ma non credo.
Conclusione: un detto apparentemente innocente ma profondamente maschilista.
teocrazia
2 ore fa
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