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sabato 7 gennaio 2017

Teorie ed esami

In questi giorni ho condiviso con molti amici e conoscenti l'esame psicologico di cui ho scritto in INTPJ. Uno di essi mi ha poi espresso la sua perplessità con una battuta del tipo “i test psicologici sembrano l'astrologia del nuovo millennio!”. E anch'io ero stato colto dal medesimo dubbio: le diverse tipologie psicologiche quanto descrivono veramente il nostro carattere e quanto siamo invece noi che vogliamo riconoscersi in tali descrizioni? Ricordo che quando io leggevo la mia tipologia mi chiedevo costantemente se ci fossero elementi applicabili un po' a tutti come il “ti capiterà qualcosa di bello” o il “devi stare attento a una persona invidiosa” dell'astrologia...

Alla fine sono giunto alle seguenti conclusioni. Il processo che ha portato alla costituzione di questo esame psicologico è facilmente ipotizzabile.
Jung ha esaminato diverse persone riconoscendo in queste delle caratteristiche analoghe, questo a sua volta ha portato alla formulazione dei diversi tipi psicologici. Finalmente ha elaborato una teoria che spiegasse e aiutasse a comprendere le diverse tipologie. Su questa teoria opportunamente riveduta e corretta la signora Myers e sua figlia, la signorina Briggs, hanno costruito l'esame che porta il loro nome.
Una parte di questo processo è sicuramente fattuale: l'esistenza di diversi tipi psicologici è basata sull'osservazione diretta e, credo, innegabile. Gli elementi più opinabili sono la teoria di Jung e l'esame basato su di esso.
Ci si deve infatti chiedere: la teoria di Jung spiega tutti i possibili tipi? Non sono uno psicologo né ho studiato la materia ma la mia sensazione è che la risposta sia un “nì”. Le descrizioni del proprio tipo psicologico tendono infatti complessivamente a combaciare col proprio carattere ma c'è sempre qualche elemento discordante. Questo mi fa pensare che la teoria di Jung sia una prima approssimazione corretta di come si formano e giustificano le diverse tipologie psicologiche ma, quando dal generale si passa al singolo individuo, ci sono evidentemente degli elementi non considerati che deviano delle “traiettorie” altrimenti perfette.

Uno di questi elementi potrebbe essere ad esempio l'IQ: nella descrizioni dei diversi profili è ad esempio accennato che mediamente i tipi INTJ presentano un IQ più alto della media.
Ora questa anomalia si può spiegare solo in due modi: o l'IQ è influenzato dal tipo psicologico oppure l'IQ influenza il tipo psicologico!
Nel primo caso l'IQ non sarebbe una causa ma un effetto del tipo psicologico e, quindi, la teoria di Jung potrebbe ignorarlo perché non sarebbe un elemento significativo nella determinazione del tipo.
Io credo però che si sia nel secondo caso: l'IQ influenza significativamente la nostra interpretazione della realtà e le nostre percezioni e, di conseguenza, il nostro comportamento e il nostro carattere.

Questo significa che nella formazione del carattere l'intelligenza dovrebbe essere un altro elemento da considerare nelle diverse tipologie che quindi da sedici potrebbero diventare 48 (per intelligenza bassa, media e alta).

Lo stesso ragionamento fatto per l'IQ potrebbe essere replicato, ad esempio, per la memoria: sulla memoria si basano le nostre esperienze e, quindi, come reagiamo a situazioni diverse e, quindi, il nostro carattere. Non mi stupirei ad esempio se i tipi più introspettivi fossero caratterizzati da una memoria superiore alla media.
Questo significa che, potenzialmente, anche la memoria potrebbe moltiplicare il numero delle sedici diverse categorie originali...

Ma IQ e memoria sono solo i primi due fattori a cui ho pensato e ce ne potrebbero essere molti altri. Questo secondo me significa che questi esami possono dare delle buone approssimazioni del carattere di un individuo ma che comunque una minoranza di persone tenderà a sfuggire da queste generalizzazioni perché caratterizzata da caratteristiche fuori dalla media e non considerate dalla teoria di Jung.

Altra considerazione: il problema nasce da come si costruisce la teoria. Se ci si basa sull'osservazione sistematica dei diversi caratteri allora è facile tralasciare i fattori via via meno importanti che determinano il carattere. Se invece (come farei io!) si parte da una concezione filosofica di cosa sia il carattere e cosa lo determini si rischia di ottenere poi un modello (ovvero delle tipologie di carattere) che non hanno attinenza con la realtà.
Il risultato migliore lo si otterrebbe fondendo insieme i due approcci ma gli scienziati sono molto prudenti ad addentrarsi nelle generalizzazioni filosofiche e finiscono per tarpare le ali alle proprie intuizioni. In questa maniera la scienza avanza con piccoli passetti sicuri ma si preclude grandi passi avanti (e anche clamorosi inciampi). Ma il paradigma scientifico dominante è questo...

Conclusione: curioso... ho iniziato a scrivere di psicologia e ho finito con la gnoseologia!

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