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giovedì 27 settembre 2018

Nuove “Antiche favole di Esopo”

Mi sono finalmente deciso a scrivere le mie nuove "Antiche favole di Esopo"! Ho cercato di imitare lo stile dell'autore e anche quello delle “morali” associate (leggermente diverso: vedi il pezzo Favole di Esopo). Alcune favole sono varianti di quelle lette ma la maggior parte le ho inventata di sana pianta. Alcune poi, ben quattro, sono scherzi per amici e parenti (da cui il marcatore “Esoterico”) e solo ciascuno di essi potrà apprezzare pienamente la propria: però sono stato attento a dare anche a queste favole un senso palese che tutti possano comunque apprezzare.
Poi ho cercato di imitare non solo lo stile delle favole che sembravano più originali ma anche quelle “posteriori”: per questo ho inserito anche “piccole” inesattezze tipiche di queste ultime.
Anche la morale che conclude (quasi) ogni favola cerca di imitare quelle del libro e, per questo, come spiegato in Favole di Esopo, talvolta suona (e spesso lo è!) errata.
Avevo pensato di dividere le favole per categoria ma poi ho deciso che è più divertente mischiarle insieme fra loro: sarà il lettore a doversi immaginare (se gli va di farlo!) la tipologia di ogni storia/morale...
Ah! Quelle su cui ero più incerto, perché ho il dubbio che possano essere favole di Esopo (ma magari appartengono ad altri autori) ancora non lette, non sono stato a scriverle: magari lo farò una volta terminata la lettura della raccolta se ho la conferma dell'originalità della mia idea.

La farfalla e Afrodite
Un giorno un gruppo di farfalle che vivevano nei pressi di un melograno decisero di fare un agone per incoronare quella che portava i colori più belli.
Una cavolaia dalle ali bianche, piccola e macilenta, pensò bene di pregare Afrodite affinché la facesse più bella: la buona dea rispose alla sua preghiera e le donò delle ali decorate con colori così variopinti e rutilanti che la farfalla vinse facilmente la competizione.
Mentre se ne stava tutta contenta a prendere il sole su un ramo del melograno passò di lì il figlio del fattore che, vedendola così splendida, la catturò e le staccò le ali per tenerle per sé. “O me tapina! In un attimo passo dalla somma gioia al massimo dolore!” esclamò la farfalla morente.

Questa favola è adatta alle donne vanitose e frivole che pensano solo a cercare di apparire più belle di quanto non siano.

La volpe e il topo
Una volpe si lamentava ad alta voce e un topolino che passava nei paraggi, sentendone le grida disperate, si incuriosì e andò a chiedergliene la ragione. La volpe, con le lacrime agli occhi, spiegò al topolino che un frammento di osso di pollo le era rimasto conficcato in gola. Il topo si offrì di aiutare la volpe ma in cambio le chiese di lasciare poi per sempre in pace lui e la sua intera famiglia.
La volpe accettò la proposta con solenni giuramenti poi aprì le fauci per permettere al topo di entrarvi: ma appena questi vi fece capolino essa serrò le zanne dilacerando il topo. “Perché mi uccidi? Adesso nessun altro ti aiuterà e tu soffrirai fino a morire per una scheggia d'osso che io avrei potuto toglierti!” e la volpe gli rispose “è possibile che io muoia e di certo soffrirò: ma almeno avrò la pancia piena e un buon sapore in bocca!”.

Il debole che si crede forte per la contingenza di una situazione e cerca di accordarsi a proprio vantaggio con un potente non solo non vi riesce ma, sovente, ci rimette.

La biscia e la vipera
Una biscia e una vipera stavano discutendo fra loro su chi fosse il serpente più utile all'uomo: la vipera argomentava che essa mangiava ratti, ragni, rane e altre bestie dannose ma la biscia replicava che anche lei mangiava gli stessi animali e accusò così la vipera “Tu però col tuo morso uccidi anche uomini e bestiame: come può l'uomo apprezzarti più di me? Sicuramente mi preferisce!”
Alla fine la biscia e la vipera decisero di andare a chiedere l'opinione di un contadino che viveva nei paraggi. Quando arrivarono a pochi passi dall'uomo la vipera disse “Chiedi tu che io ho paura!” e si nascose in un cespuglio. La biscia allora strisciò da sola fino al contadino intento a zappare il proprio orto. Non fece però in tempo a porgli alcuna domanda perché l'uomo, appena la vide, la colpì con la zappa mozzandogli la testa.

Al potente i deboli sembrano tutti uguali ed egli non distingue fra utili e dannosi.

Le rane illuse
Il re della foresta era morto e gli animali dovevano decidere chi sarebbe stato il suo successore. Le rane dello stagno, dopo aver a lungo discusso tutte insieme, arrivarono alla conclusione che il miglior re della foresta non avrebbe che potuto essere una rana. Siccome erano in tante e tutte concordi, andarono quindi a comunicare agli altri animali, riuniti in una radura intorno a una quercia sacra a Zeus, la loro conclusione sicure di riuscire a convincerli delle proprie ragioni grazie al loro numero.
Arrivate iniziarono a parlare tutte insieme cercando di spiegare agli animali ivi riuniti perché il loro re avrebbe dovuto essere una rana. In quel mentre però arrivò il leone che con un tonitruante ruggito sovrastò il gracidio delle rane e fu immediatamente acclamato re.

È un folle e un illuso chi pensa che il potere stia nel numero: qualsiasi buon argomento è zittito dalla voce del più forte.

Le pecore litigiose
Le pecore di un gregge non facevano che litigare per tutto il giorno accusandosi fra di loro di rubarsi le erbe più buone e profumate. Mentre a sera tornavano alla stalla tutte comprese nelle loro liti ecco che un leone approfittò della loro distrazione, afferrò una pecora per il collo e veloce se la portò via per sbranarla.

Le liti fra deboli per piccoli dissidi sono futili e avvantaggiano solo i forti e prepotenti.

La colomba e il corvo
Una colomba si era innamorata di un corvo che però non ne voleva sapere di ricambiare il suo affetto per via del colore delle piume di lei.
Allora la colomba andò a rotolarsi sulla cenere di un fuoco spento ma il corvo le disse che adesso era solo grigia; così provò a infilarsi nel carbone del deposito di un carbonaio per ricoprirsi di fuliggine: per un po' il corvo parve apprezzarla ma poi il candore delle sue piume riemerse. Il corvo le disse “se vuoi piacermi devi divenire nera come l'inchiostro che usano gli uomini in città”. La colomba non se lo fece ripetere e volò subito a Costantinopoli, la città più grande del mondo. Qui volando di casa in casa vide infine un barile che pensava pieno di inchiostro e senza indugio vi si tuffò dentro: ma era colmo di raro petrolio del deserto e la colomba non riuscì a uscirne e vi affogò.

Le follie che si compiono per amore, oltre a essere inutili, possono condurre anche alla morte. È matto colui che vuole cambiare la propria natura!

Il contadino e il falco
Un contadino trovò nel suo campo un falco ferito. Lo raccolse con attenzione e lo portò a casa: il falco non disse niente. Lo curò con erbe mediche e il falco non disse niente. Lo nutrì col cibo del suo desco e il falco non disse niente. Poi lo portò nel fienile in maniera che potesse riprendersi con calma e sicurezza dalla sua ferita ma anche allora esso non disse niente. Finalmente, dopo giorni di cure, il falco sembrò del tutto guarito: allora il contadino aprì la porta della stalla e il falco volò via. Mentre si allontanava nel cielo il falco si voltò verso il suo salvatore e disse “Grazie!”.

La favola mostra come la vita senza libertà non valga niente.

La tartaruga e lo scoiattolo
Una tartaruga si innamorò di uno scoiattolo: “Scendi dall'albero che ti amo!” gli disse. Lo scoiattolo le rispose “Se veramente mi ami devi dimostrarmelo arrampicandoti tu su questo ramo!”.
Il ramo si trovava a oltre venti cubiti da terra ma la tartaruga non si perse d'animo: con lentezza esasperante, conficcando le unghie nel tronco dell'albero, si arrampicò faticosamente fino al ramo dove lo scoiattolo l'aspettava.
Lo scoiattolo allora le disse “Brava! Adesso puoi venire fin qui da me!”
La tartaruga con prudenza si spostò lungo il ramo avanzando di pochi millimetri ad ogni passo: finalmente raggiunse lo scoiattolo e lo guardò speranzosa. Allora lo scoiattolo le disse “Ora puoi abbracciarmi e baciarmi!”. La tartaruga al culmine della felicità senza più peritarsi, appena sollevò le zampe anteriori dal ramo per abbracciare lo scoiattolo, perse l'equilibrio e cadde al suolo schiantandosi su una roccia acuminata.

La morale è semplice: anche le più grandi imprese che si compiono per amore sono spesso inutili e recano solo dolore.

L'uomo e il cane mordace
Un uomo fu ferito gravemente da un cane che lo morse a una gamba. Mentre se ne tornava zoppicando a casa incontrò un sacerdote e un medico che gli dettero il loro consiglio. “Per guarire devi inzuppare un pezzo di pane nel tuo sangue e darlo da mangiare al cane che ti ha morso!” gli disse il sacerdote. “No! Devi lavare il morso con vino bollente e poi prendere delle erbe che purghino via gli umori infetti dal tuo corpo!” spiegò il medico. Nel di mentre passò un vagabondo che, ascoltati i pareri del sacerdote e del medico, volle dire la sua “Se vuoi guarire devi uccidere il cane e mangiarne il cuore!”. Al che l'uomo ferito gli rispose “Grazie! Seguirò il tuo consiglio!”. Il sacerdote e il medico si offesero per queste parole e gliene chiesero la cagione: “Semplice!” rispose l'uomo “nell'incertezza della guarigione preferisco la certezza della vendetta!”

Spesso la volontà di vendetta è più forte del buon senso e della saggezza.

Lo scoiattolo e i maiali
Uno scoiattolo di indole generosa viveva con la sua famiglia su una quercia presso una fattoria. Egli viveva tranquillo perché la quercia con le sue ghiande gli forniva cibo a sufficienza.
Un giorno il fattore costruì un porcile proprio sotto la quercia e lo riempì di maiali. Lo scoiattolo era amichevole e voleva essere un buon vicino così, quando i porci iniziarono a chiedergli di far cascare dall'albero qualche ghianda di cui erano ghiotti, si dette da fare per accontentarli. Ma i maiali erano sempre affamati e senza rendersene conto lo scoiattolo spogliò l'intera quercia senza mettere da parte alcuna ghianda per l'inverno. I maiali invece erano sempre arrabbiati con lui perché dicevano che era una petecchia egoista. Così lo scoiattolo e la sua famiglia passarono l'inverno fra mille stenti, sempre derisi e disprezzati dai maiali.

La morale è che non si devono gettare le ghiande ai porci perché queste non verranno apprezzate.

Il contadino impazzito
Un povero contadino, a causa di uno squilibrio atrabiliare, era impazzito: aveva lasciato famiglia e conoscenti per ritirarsi in una grotta a cui si accedeva attraverso uno stretto cunicolo nel terreno.
Tutti per la vergogna lo avevano rinnegato tranne un buon amico che, oltre a portargli del cibo, con accorti discorsi tentava di farlo tornare in sé. Ma il contadino era testardo e non ne voleva sapere di uscire dal suo rifugio.
Un giorno l'amico, stanco delle sue follie, gli disse “Io non verrò più a nutrirti e a parlarti: se i miei discorsi non bastano a farti rinsavire e uscire da quel buco allora ci penserà la tua pancia!”
Ma il contadino non uscì dalla sua grotta e, abbandonato da tutti, morì di fame.

Questa è una favola che va bene per chi persevera con pertinacia nell'errore che, come tutti sanno, è causa di morte e dannazione.

L'anatra sleale
Un tempo le anatre non migravano alla fine dell'estate ma rimanevano nei loro nidi anche d'inverno.
Un giorno, all'inizio di un autunno particolarmente freddo, un'anatra disse a una sua amica “Questo inverno ci sarà certamente poco cibo! Facciamo così: tu prova a volare verso meridione e, se trovi cibo e calore, tornerai indietro ad avvisarmi”. L'amica annuì e volò via.
Passarono i giorni ma l'amica non tornò, poi arrivò l'inverno e l'anatra che era rimasta al suo nido soffrì la fame e patì il freddo sopravvivendo per miracolo.
In primavera però la sua amica, ben nutrita e in forze, tornò da lei dicendogli che aveva trovato una terra dove si stava benissimo anche d'inverno. Allora l'anatra denutrita si arrabbiò e le disse “Se si stava così bene perché non sei tornata ad avvisarmi: sarei venuta anch'io invece di rimanere qui a soffrire la fame!”. E l'altra le rispose “Perché io sola ho rischiato nel viaggio: una volta giunta al sicuro avrei forse dovuto periclitarmi altre due volte per te che avevi preferito rimanere a casa piuttosto che accompagnarmi?”
Per questo motivo le anatre, non fidandosi fra loro, volano verso meridione seguendosi l'un l'altra in un unico stormo: in questa maniera sono certe di condividere tutte il medesimo destino.

Il buon pescatore
Un buon pescatore era deriso dai suoi compagni perché ributtava in mare ogni polpo che pescava: così infatti gli aveva ordinato Poseidone in sogno.
Il giorno dopo una violenta tempesta il pescatore si allontanò più al largo del solito quando improvvisamente una piovra gigante emerse dagli abissi: con un tentacolo fracassò la barca e con un altro catturò l'uomo portandoselo alle fauci.
“Mercede!” urlò il pescatore terrorizzato “ho fatto come Poseidone mi ha ordinato in sogno e ho liberato tutti i tuoi piccoli parenti che nel corso degli anni sono rimasti presi dalle mie reti!”
Al che la piovra gli rispose “Dei tuoi sogni non so niente ma ti posso assicurare che qualsiasi beneficio tu abbia fatto ai miei discendenti non ti rende meno saporito al mio palato!”. E così detto subito se lo mangiò.

Questa favola ci insegna a non credere a tutto ciò che sogniamo e, soprattutto, che il malvagio non ricambia mai la generosità, specialmente se fatta ad altri.

La donna gelosa e la vespa
Una donna era gelosissima del proprio marito e una sera lo seguì per vedere dove andava. Scoprì così che si incontrava con una florida meretrice dalle trecce bionde: infuriata corse a casa ed esclamò “Per Zeus avrò la mia vendetta!”. Ma Zeus la sentì e si adirò con la moglie che ordiva danno al marito.
Così, mentre la moglie gelosa era intenta a nascondere un nido di vespe nel giaciglio del marito, Zeus stesso si trasformò in uno di questi insetti e iniziò ad attaccare e pungere la donna. Essa urlando dal dolore scappò via ma Zeus, sempre in forma di vespa, l'inseguì per la casa pungendola su collo, braccia, gambe e perfino sul naso fino a quando ella non cascò rovinosamente per le scale riempiendosi di ammaccature e bernoccoli.

La morale è che le mogli devono sempre rispettare e onorare i propri mariti: qualsiasi nequizia le reprobe tramino contro il proprio sposo sarà punita da Iddio in questa vita o nella prossima.

Conclusione: qualche statistica. Totale favole 14; 2 ancora da scrivere; 4 esoteriche (vedi introduzione); 2 varianti di favole della raccolta; 1 che forse esiste già (ho in mente la favola del topino che toglie la spina dalla zampa di un leone ma non ricordo come vada a finire. Per questo ho scritto la mia: presumo sia diversa...); e 1 costruita appositamente per mettervi una morale faceta!
In base ai commenti vedrò se scriverne altre...

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