Allora intanto inizio a scrivere questo pezzo, poi guardo come mi viene e poi decido se finirlo ed eventualmente pubblicarlo.
Ormai da molti anni sopporto poco o niente i politici italiani. Generalmente li trovo ipocriti, bugiardi, traditori e incapaci. Ogni tanto mi chiedo se particolari figuri “ci sono” o “ci fanno” (vedi i numerosi pezzi al riguardo). In genere arrivo alla conclusione che “ci fanno”, una minoranza invece “ci sono”. In genere è difficile arrivare ai vertici del potere politico se non si hanno delle qualità per quanto squallide (astuzia, cinismo, amoralità, egoismo etc.) ma talvolta un possibile capro espiatorio può fare comodo e allora un reale ottuso può essere messo in un posto di rilievo, ben in vista in alto, proprio come fosse un parafulmine…
Più o meno dall’autunno, forse inverno a cavallo del 2021-2022, ho scoperto che il Capitan Babbeo “c’è” e non “ci fa”. Troppo frequenti sono le sue sviste, i silenzi imbarazzanti, le frasi senza senso, i comportamenti confusi, per essere casuali: non è evidentemente in grado di intendere e di volere, un caso umano che sarebbe semplicemente triste se egli non fosse, almeno in teoria, a capo della nazione più potente della Terra. Ovviamente non è lui che guida la politica statunitense ma la sua squadra di governo, ovvero i papaveri democratici, ovvero le varie lobbi economiche…
Inutile ripetere quanto ho già scritto nel corso dell’ultimo anno: la sua politica è stata disastrosa ma lui neppure se ne rende conto…
Quando lo vedo un po’ mi viene da ridere, un po’ mi fa compassione, un po’ mi viene da piangere. Dentro di me mi capita di chiamarlo semplicemente il “demente”...
Sui politici europei di spicco invece ero emotivamente abbastanza indifferente: c’era solo il Chicchirichi francese che mi è sempre rimasto antipatico a pelle...
Ma, in pratica da marzo, cioè da quando l’Europa si è schierata acriticamente contro la Russia e ha adottato sanzioni autolesionistiche, ecco che improvvisamente è crollato anche il mio modesto rispetto per personaggi che credevo dotati di un minimo di buon senso se non di intelligenza.
Adesso quando li vedo in foto o in tivvù non posso fare a meno di etichettarli come “incapaci”, “bugiardi”, “ipocriti” e, in alcuni casi, “traditori” (*1). In pratica li vedo allo stesso livello dei politici italiani: ma non siamo diventati bravi noi: sono crollati loro!
Eppure c’è una signora che, a seconda del momento, si becca l’epiteto di “tr##” o “pu####”.
Mi chiedevo quindi la ragione di questa mia istintiva disparità di trattamento: non sarò mica divenuto sessista? Nei miei racconti spesso ci gioco: per esempio nel romanzo Strabuccinator ci sono diversi personaggi fortemente maschilisti senza neppure rendersene conto.
Ma personalmente non credo proprio di esserlo: da questo punto di vista mia mamma era molto all’avanguardia sui tempi. Insomma a livello di educazione, anche famigliare compresi nonni e zii, non sono mai stato esposto a esempi, diciamo, patriarcali.
C’è poi da aggiungere che, sebbene per poche settimane, la Triglia Lessa l’avevo equiparata senza esitazione come “incapace” e simili insieme ai suoi colleghi con maggior testosterone.
Ragionandoci mi sono quindi reso conto che la mia disparità di trattamento non riguarda tanto il sesso quanto la mia percezione politica/psicologica del personaggio.
Non lo vedo come un politico che è sceso in campo contro i suoi avversari e poi è stata scelto, non importa quanto inopinatamente, dagli elettori: no, è stata nominato, scelto dall’alto. Anche la solita Triglia Lessa, come pure il Miliardario, non sono stati eletti dai cittadini (e infatti sono i peggiori del mucchio) ma comunque sono stati votati dai propri partiti e dai rispettivi parlamenti. C’è stata una competizione, magari interna, ma c’è stata.
Invece la tizia è stata, come ho detto, scelta dall’alto. Questo comporta che le sue qualità siano diverse da quelle degli altri politici: in lei il potere cercava solamente un fedele servitore. Le sue virtù sono quindi la fedeltà (cieca), l’obbedienza, la capacità di apparire seria e professionale davanti alle telecamere, l’apparenza in genere deve essere accattivante e ispirare fiducia, il sapere mentire guardandoti negli occhi.
E questo è il punto: chi si compra solo per il suo aspetto, che magari abbia la capacità di dire piccole bugie a favore del proprio cliente e che qualunque sua altra qualità interiore sia completamente irrilevante? Esatto: le peripatetiche!
Ecco quindi che il mio epiteto non è sessista ma appropriatamente ben descrittivo del personaggio.
Ripensandoci molte delle caratteristiche della tizia si applicavano anche al Ramarro Gigante.
Le differenze che “salvano” quest’ultimo sono i ripetuti voti di fiducia (che quindi l’accomunano agli omologhi inglesi) e una certa esperienza tecnica necessaria per muoversi autonomamente (al contrario la tizia si limita a eseguire gli ordini: non ha bisogno di pensare né di immaginare).
Pensandoci bene c’è una figura politica maschile che riassuma in sé le stesse caratteristiche della tizia: volendo, sebbene egli faccia molta meno attenzione all’aspetto esteriore, c’è in Italia un anziano presidente, eletto sì ma con un’unica votazione, che per ipocrisia e obbedienza la ricorda molto…
Ecco quindi che, per non sentirmi sessista, fra me e me, da adesso in poi lo chiamerò “put###o” o “tr##o”…
Conclusione: spero che non si capisca di chi abbia scritto: del resto è una mia cosa mentale interna. Normalmente la tizia ha un altro soprannome qui sul mio ghiribizzo. Comunque, nel caso pensiate di aver capito a chi mi riferisco, sappiate che vi state sbagliando!
Nota (*1): manca “ladri”: spesso li chiamo così perché mi sento derubato dall’inflazione da loro causata con l’aumento del costo dell’energia.
mercoledì 30 novembre 2022
martedì 29 novembre 2022
Il dentista e il colonnello
L’altra settimana sono stato dal mio dentista: da Starlink siamo passati a parlare della Russia.
Ebbene secondo lui, che è bene informato perché evidentemente segue i telegiornali e magari legge qualche quotidiano, i russi sono alla frutta: non hanno più missili (figuriamoci se possono abbattere i satelliti di Musk, che era la mia egoistica preoccupazione!) e ormai, dopo le recenti vittorie dell’Ucraina, sono prossimi alla capitolazione.
Dovendo stare a bocca aperta non ho potuto interloquire troppo e, dopo tutto, come si fa a convincere qualcuno in meno di tre minuti che l’informazione, di cui evidentemente si fida, lo sta prendendo in giro?
Ieri invece ho ascoltato l’ennesima intervista al colonnello Macgregor del solito giudice Napolitano.
Le fonti del colonnello includono anche i resoconti dei satelliti spia che, ormai da settimane, raccontano di grandi concentrazioni di uomini e mezzi lungo il confine nord fra Ucraina e Russia.
Macgregor ha parlato di 500.000 uomini, ben più quindi dei riservisti richiamati, e che quindi suppongo includa anche molti soldati di leva che, per la legge russa, sono usabili solo per la difesa del paese. Poi, visto che le varie repubbliche del Donbass adesso fanno parte della Russia, la situazione non è poi così chiara: suppongo che se ce ne fosse bisogno, magari come riserve, verrebbero fatti intervenire…
Come al solito la domanda è “quando?”. Quando cioè interverranno queste forze aggiuntive russe?
Sempre secondo Macgregor occorrono circa due settimane da quando la temperatura scende costantemente sotto zero (anche di giorno, non solo di notte) affinché il suolo non ceda sotto i cingoli dei carri armati. Secondo lui quindi l’intervento russo sarà fra il 14 e il 19 dicembre.
Ma onestamente ogni esperto propone le sue date: per fare previsioni affidabili si dovrebbe avere a disposizione tutta una serie di informazioni in possesso solo dei generali sul campo. Senza considerare che, magari, la politica ci mette lo zampino con i suoi calcoli non sempre in accordo con la logica militare. Insomma, nonostante Macgregor ne sappia cento (mille?) volte più di me, magari si rivelerà più corretta la mia previsione di dicembre-gennaio (*1)!
Nel frattempo mi sono convinto che a Putin non conviene prolungare questa guerra più del necessario. Sul campo interno (ma anche esterno) più la guerra si allunga e più lui appare debole, magari non in totale controllo della situazione.
Ma soprattutto più passa il tempo e più divengono possibili nuovi rinforzi di materiale bellico da parte degli USA. Al momento gli USA hanno già inviato in Ucraina tutto quanto avevano di riserva ma, piano piano, dovrebbe iniziare a essere disponibile anche il materiale di nuova produzione.
In passato avevo ipotizzato che a Putin non convenga normalizzare i rapporti con l’Europa perché è ormai evidente che siamo una colonia degli USA di cui facciamo gli interessi anche a totale discapito dei nostri.
Nel medio lungo termine conviene alla Russia rendere la vita il più difficile possibile agli europei sperando in cambiamenti sostanziali nella politica europea. Ma, anche se non vi fossero, starebbero indebolendo una colonia degli USA, ormai nemici dichiarati, e non un possibile alleato.
Se ricordate in Intervista a Mastro Ciliegia riportavo come la Germania, a dire dell’ex primo ministro britannico, avrebbe cinicamente preferito che la Russia raggiungesse il prima possibile i propri obiettivi in Ucraina per poi così iniziare a normalizzare i rapporti diplomatici/economici. Insomma, prima che Londra e Washington lo raggirassero con le loro mezze bugie e mezzi errori di calcolo, anche il Portinaio tedesco la pensava come me…
Ma, economia permettendo (nel senso che non ho idea di quanto siano effettivamente importanti le relazioni economiche con l’Europa), Putin può tranquillamente vincere la guerra e ignorare gli ipocriti emissari europei che verranno a bussare alla sua porta, con sorrisi infingardi e viscide strette di mano, per rcercare di riottenere l’energia russa a buon prezzo...
Ne approfitto per illustrare una teoria che mi è venuta in mente in questo momento…
I miliardi di aiuti militari all’Ucraina di Capitan Babbeo vengono in realtà assegnati all’industria bellica statunitense e a Kiev vengono spedite le armi più vecchie di cui l’esercito USA può fare a meno. È da notare che gran parte di questo denaro è in realtà anticipato come prestito di Washington a Kiev e sarà ripagato nei prossimi anni (questi sono fatti: la mia teoria viene adesso!).
Vi immaginate l’Ucraina in grado di ripagare la centesima parte di questo debito? Ovviamente no: Washington esproprierà tutto quanto è possibile dal paese (credo che sia già possibile comprare appezzamenti di terreno in Ucraina) e poi cercherà di mettere le mani nelle tasche dell’Europa. Immagino infatti che i ventilati aiuti per la ricostruzione dell’Ucraina verranno in massima parte dirottati per pagare il debito verso gli USA (*2).
Ovviamente si tratta di mie ipotesi e, come sapete, sto diventando un vecchio cinico e pessimista.
Conclusione: non sapete con quanto fastidio io stia attendendo che la situazione in Ucraina si chiarifichi. La narrazione dei media occidentali, perfettamente appresa dal mio dentista (!), è infatti opposta a quella che io credo sia la realtà e mi piacerebbe vederla crollare, bugia dopo bugia.
Con la gestione della pandemia è infatti accaduto qualcosa di analogo: più o meno dall’autunno 2021 la narrazione dei media occidentali ha iniziato a divergere dalla verità scientifica che raccontava una storia completamente diversa. Io speravo che nel giro di sei mesi, forse un anno, chi ha speculato su questa malattia, sulla vita e sulla libertà di milioni di persone, venisse punito come merita. Il problema è che i colpevoli ultimi sono negli USA e non può quindi essere fatta giustizia in Europa se prima non viene fatta oltreoceano (è un difetto di essere una semplice colonia). Speravo, pur con qualche riserva, che la vittoria dei repubblicani alle elezione di metà termine potesse cambiare le cose: ma in realtà repubblicani e democratici sono come cencio e straccio, come PD e Forza Italia, e i miliardi delle case farmaceutiche fanno gola a entrambe le parti.
Ma fra gestione della pandemia è la guerra in Ucraina vi è una differenza sostanziale: la verità degli scienziati è un lieve mormorio che i media possono facilmente ignorare ma la verità delle armi ha il fragore dei cannoni. In questo caso, quando i nodi verranno al pettine (e spero davvero che avvenga a dicembre), la verità non potrà essere nascosta: sarà divertente osservare con quali bugie cercheranno di nasconderla. Questo perché la sconfitta dell’Ucraina è la sconfitta di Capitan Babbeo e degli altri super eroi, super imbecilli europei, che gli hanno dato ascolto.
Nota (*1): In realtà mi sembrava di aver ipotizzato da qualche parte la data specifica del 21 o 22 dicembre ma, ammesso che l’abbia effettivamente scritto, non lo trovo più…
Nota (*2): Li ricordate gli “aiuti” europei alla Grecia? Andarono non alla popolazione ma alle banche, per la maggior parte tedesche, che ne detenevano il debito pubblico.
Ebbene secondo lui, che è bene informato perché evidentemente segue i telegiornali e magari legge qualche quotidiano, i russi sono alla frutta: non hanno più missili (figuriamoci se possono abbattere i satelliti di Musk, che era la mia egoistica preoccupazione!) e ormai, dopo le recenti vittorie dell’Ucraina, sono prossimi alla capitolazione.
Dovendo stare a bocca aperta non ho potuto interloquire troppo e, dopo tutto, come si fa a convincere qualcuno in meno di tre minuti che l’informazione, di cui evidentemente si fida, lo sta prendendo in giro?
Ieri invece ho ascoltato l’ennesima intervista al colonnello Macgregor del solito giudice Napolitano.
Le fonti del colonnello includono anche i resoconti dei satelliti spia che, ormai da settimane, raccontano di grandi concentrazioni di uomini e mezzi lungo il confine nord fra Ucraina e Russia.
Macgregor ha parlato di 500.000 uomini, ben più quindi dei riservisti richiamati, e che quindi suppongo includa anche molti soldati di leva che, per la legge russa, sono usabili solo per la difesa del paese. Poi, visto che le varie repubbliche del Donbass adesso fanno parte della Russia, la situazione non è poi così chiara: suppongo che se ce ne fosse bisogno, magari come riserve, verrebbero fatti intervenire…
Come al solito la domanda è “quando?”. Quando cioè interverranno queste forze aggiuntive russe?
Sempre secondo Macgregor occorrono circa due settimane da quando la temperatura scende costantemente sotto zero (anche di giorno, non solo di notte) affinché il suolo non ceda sotto i cingoli dei carri armati. Secondo lui quindi l’intervento russo sarà fra il 14 e il 19 dicembre.
Ma onestamente ogni esperto propone le sue date: per fare previsioni affidabili si dovrebbe avere a disposizione tutta una serie di informazioni in possesso solo dei generali sul campo. Senza considerare che, magari, la politica ci mette lo zampino con i suoi calcoli non sempre in accordo con la logica militare. Insomma, nonostante Macgregor ne sappia cento (mille?) volte più di me, magari si rivelerà più corretta la mia previsione di dicembre-gennaio (*1)!
Nel frattempo mi sono convinto che a Putin non conviene prolungare questa guerra più del necessario. Sul campo interno (ma anche esterno) più la guerra si allunga e più lui appare debole, magari non in totale controllo della situazione.
Ma soprattutto più passa il tempo e più divengono possibili nuovi rinforzi di materiale bellico da parte degli USA. Al momento gli USA hanno già inviato in Ucraina tutto quanto avevano di riserva ma, piano piano, dovrebbe iniziare a essere disponibile anche il materiale di nuova produzione.
In passato avevo ipotizzato che a Putin non convenga normalizzare i rapporti con l’Europa perché è ormai evidente che siamo una colonia degli USA di cui facciamo gli interessi anche a totale discapito dei nostri.
Nel medio lungo termine conviene alla Russia rendere la vita il più difficile possibile agli europei sperando in cambiamenti sostanziali nella politica europea. Ma, anche se non vi fossero, starebbero indebolendo una colonia degli USA, ormai nemici dichiarati, e non un possibile alleato.
Se ricordate in Intervista a Mastro Ciliegia riportavo come la Germania, a dire dell’ex primo ministro britannico, avrebbe cinicamente preferito che la Russia raggiungesse il prima possibile i propri obiettivi in Ucraina per poi così iniziare a normalizzare i rapporti diplomatici/economici. Insomma, prima che Londra e Washington lo raggirassero con le loro mezze bugie e mezzi errori di calcolo, anche il Portinaio tedesco la pensava come me…
Ma, economia permettendo (nel senso che non ho idea di quanto siano effettivamente importanti le relazioni economiche con l’Europa), Putin può tranquillamente vincere la guerra e ignorare gli ipocriti emissari europei che verranno a bussare alla sua porta, con sorrisi infingardi e viscide strette di mano, per rcercare di riottenere l’energia russa a buon prezzo...
Ne approfitto per illustrare una teoria che mi è venuta in mente in questo momento…
I miliardi di aiuti militari all’Ucraina di Capitan Babbeo vengono in realtà assegnati all’industria bellica statunitense e a Kiev vengono spedite le armi più vecchie di cui l’esercito USA può fare a meno. È da notare che gran parte di questo denaro è in realtà anticipato come prestito di Washington a Kiev e sarà ripagato nei prossimi anni (questi sono fatti: la mia teoria viene adesso!).
Vi immaginate l’Ucraina in grado di ripagare la centesima parte di questo debito? Ovviamente no: Washington esproprierà tutto quanto è possibile dal paese (credo che sia già possibile comprare appezzamenti di terreno in Ucraina) e poi cercherà di mettere le mani nelle tasche dell’Europa. Immagino infatti che i ventilati aiuti per la ricostruzione dell’Ucraina verranno in massima parte dirottati per pagare il debito verso gli USA (*2).
Ovviamente si tratta di mie ipotesi e, come sapete, sto diventando un vecchio cinico e pessimista.
Conclusione: non sapete con quanto fastidio io stia attendendo che la situazione in Ucraina si chiarifichi. La narrazione dei media occidentali, perfettamente appresa dal mio dentista (!), è infatti opposta a quella che io credo sia la realtà e mi piacerebbe vederla crollare, bugia dopo bugia.
Con la gestione della pandemia è infatti accaduto qualcosa di analogo: più o meno dall’autunno 2021 la narrazione dei media occidentali ha iniziato a divergere dalla verità scientifica che raccontava una storia completamente diversa. Io speravo che nel giro di sei mesi, forse un anno, chi ha speculato su questa malattia, sulla vita e sulla libertà di milioni di persone, venisse punito come merita. Il problema è che i colpevoli ultimi sono negli USA e non può quindi essere fatta giustizia in Europa se prima non viene fatta oltreoceano (è un difetto di essere una semplice colonia). Speravo, pur con qualche riserva, che la vittoria dei repubblicani alle elezione di metà termine potesse cambiare le cose: ma in realtà repubblicani e democratici sono come cencio e straccio, come PD e Forza Italia, e i miliardi delle case farmaceutiche fanno gola a entrambe le parti.
Ma fra gestione della pandemia è la guerra in Ucraina vi è una differenza sostanziale: la verità degli scienziati è un lieve mormorio che i media possono facilmente ignorare ma la verità delle armi ha il fragore dei cannoni. In questo caso, quando i nodi verranno al pettine (e spero davvero che avvenga a dicembre), la verità non potrà essere nascosta: sarà divertente osservare con quali bugie cercheranno di nasconderla. Questo perché la sconfitta dell’Ucraina è la sconfitta di Capitan Babbeo e degli altri super eroi, super imbecilli europei, che gli hanno dato ascolto.
Nota (*1): In realtà mi sembrava di aver ipotizzato da qualche parte la data specifica del 21 o 22 dicembre ma, ammesso che l’abbia effettivamente scritto, non lo trovo più…
Nota (*2): Li ricordate gli “aiuti” europei alla Grecia? Andarono non alla popolazione ma alle banche, per la maggior parte tedesche, che ne detenevano il debito pubblico.
lunedì 28 novembre 2022
Altre riflessioni sul fascismo
In questi giorni, mi vergogno un po’ ad ammetterlo, sto combinando pochino…
Di lettura sto perdendo tempo rileggendomi Anna Rice: i libri di svago li leggo solo a sera (quando sono più stanco) ma chiaramente se leggo dei vampiri non leggo altri libri più formativi…
Sulla revisione dell’Epitome sono praticamente fermo così pure col progetto associato.
A mia discolpa posso dire che ho avuto due-tre giornate intense la scorsa settimana e che, almeno nel fine settimana, sono andato avanti nel racconto di Strabuccinator.
Comunque giovedì scorso ho terminato di leggere il sottocapitolo sui fascismi de “Il secolo breve”. Ricordo di essermi annotato un paio di passaggi interessanti che adesso andrò a ricercare per proporli qui di seguito.
In generale devo dire che mi è piaciuta molto la panoramica fatta dall’autore: come italiani tendiamo a concentrarci troppo sul fascismo nostrano che poi colleghiamo immediatamente a Mussolini, alla guerra, alla dittatura e simili.
Ovviamente Hobsbwam non giustifica in alcun modo i fascismi ma si limita a riportare come anch’essi, al pari del comunismo, nacquero anche in opposizione all’ideologia capitalistica tipica di UK e USA (che, dopo la seconda guerra mondiale, si diffuse nel resto dell’occidente).
Come “occidentali” siamo abituati a considerare la nostra società, e quindi il liberismo prima e il turbo-liberismo adesso, come perfetta e superiore a tutte le altre.
Ma già Marx nel XIX secolo, e a maggior ragione tanti altri intellettuali agli inizi del XX, vedevano e intuivano i limiti di un sistema basato esclusivamente sul libero mercato.
Ecco, almeno personalmente, questo aspetto del fascismo (non intendo solo quello italiano) di risposta al capitalismo, mi era sfuggito mentre, credo come tutti, ero consapevole del suo anticomunismo.
Ma passiamo alle mie annotazioni…
L’autore si chiede quale furono le condizioni sociali che permisero l’affermazione del fascismo. La risposta che si dà elenca una lunga serie di fattori (che non ho voglia di copiare qui di seguito).
Ma secondo me la questione è più generale: quando è possibile un cambio strutturale della società, una sorta di rivoluzione più o meno cruenta?
Per prima cosa occorre una situazione socio-economica difficile per la maggior parte della popolazione (condizione necessaria per vincere la naturale resistenza al cambiamento); deve essere poi chiaro che il sistema corrente non sia in grado di risolvere i problemi (e infatti, in genere, li avrà creati!) e infine vi dovranno essere dei nuovi protomiti (ideali, principi etc.) capaci di ispirare speranza per il futuro. La natura di questi protomiti determinerà la nuova forma che prenderà la società.
In questo senso credo che aggiornerò il mio sottocapitolo sulla rivoluzione ([E] 7.7) per renderlo più generico dato che non sempre questo cambiamento si risolve in uno scontro fisico violento (per esempio alla fine dell’URSS).
La seconda annotazione si ricollega almeno in parte alla mia introduzione: Hobsbwam vuole sconfessare due teorie molto diffuse sul fascismo: la prima diffusa dal fascismo stesso, la seconda cara al marxismo sovietico ortodosso. Entrambe queste teorie sono state poi adottate da molti storici successivi.
La prima teoria (quella propagandata dal fascismo stesso) affermava che il fascismo era stato una rivoluzione. Ma secondo Hobsbwam questa era essenzialmente retorica di regime: in realtà sul piano sociale ed economico non ci furono stravolgimenti rispetto al sistema capitalistico (come avvenne invece in URSS col comunismo). Intendiamoci: delle differenze vi erano ma non tali da definirsi “rivoluzioni”. Fu più una trasformazione del sistema di potere: chi era ricco e potente prima del fascismo lo rimase anche dopo che questo prese il potere…
La seconda teoria (quella di origine comunista) è ancora più interessante: essa afferma che il fascismo fu espressione del capitalismo monopolistico, ovvero dei grandi interessi economici borghesi.
In questo caso semplicemente si confonde un effetto con una causa.
La mia legge del confronto ([E] 5.6) afferma:
«Una particolarità dei parapoteri è che, per la loro natura (cioè l'essere chiusi e autonomi), hanno maggiore facilità nel raggiungere accordi interni e, di conseguenza, a relazionarsi e interagire con gli altri poteri che, per lo stesso motivo, saranno in genere dei parapoteri. Questo significa che a livello di comunicazione le maggiori interazioni saranno proprio fra i parapoteri: questi si troveranno quindi, automaticamente, a cooperare insieme più facilmente.
La legge del confronto è semplice: i parapoteri tenderanno a relazionarsi e comunicare più spesso fra loro che con gli altri tipi di potere.»
Ovvero affermo che i potenti si accordano facilmente con altri potenti. E nella mia teoria i potenti possono essere sia economici che politici (che religiosi o militari) ma poco cambia e li chiamo tutti parapoteri.
Adesso cito Hobsbwam: «Quanto alla tesi del fascismo come espressione del “capitalismo monopolistico”, la questione è che il grande capitale può venire a patti con qualunque regime che non intenda effettivamente espropriarlo, e dunque ogni regime deve venire a patti con esso.» (*1).
In pratica il grande capitale non cercò di portare al governo il fascismo ma, una volta che questo divenne il potere politico di riferimento, vi collaborò insieme ottenendo anche degli evidenti vantaggi (abolizione dei sindacati, protezione dal comunismo e altri movimenti sociali, espropriazione dei beni degli ebrei). Insomma i poteri economici collaborarono con il fascismo ma non lo controllarono.
In pratica soprattutto quest’ultima parte è una perfetta conferma indiretta di un aspetto essenziale della mia teoria. Ovvero che la società si basa su equilibrio, in genere ingiusto, fra i potenti (parapoteri) e il resto della popolazione (democratastenia). La democrazia occidentale dà solo la sensazione che la nostra società sia diversa ma in realtà non è così: per motivi che spiego nella mia Epitome vi è stato un miglioramento effettivo delle condizioni di vita, almeno nei paesi occidentali, dopo la seconda guerra mondiale ma a partire dagli anni ‘90 questa tendenza si è invertita e ormai da decenni le diseguaglianze economiche (e quindi sociali in un mondo dove tutto è basato sul denaro) hanno ripreso a crescere raggiungendo degli eccessi, a mio avviso, esecrabili.
Conclusione: forse l'aspetto più inquietante di quanto ho appreso è che la democrazia occidentale, espressione di un liberismo esasperato e sempre più prona a sostenere solo ed esclusivamente gli interessi delle oligarchie economiche, è molto vicina al fascismo: non vi è cioè una "rivoluzione" di distanza fra le due forme di declinazione del potere politico.
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Hobsbawm, (E.) BURExploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 157.
Di lettura sto perdendo tempo rileggendomi Anna Rice: i libri di svago li leggo solo a sera (quando sono più stanco) ma chiaramente se leggo dei vampiri non leggo altri libri più formativi…
Sulla revisione dell’Epitome sono praticamente fermo così pure col progetto associato.
A mia discolpa posso dire che ho avuto due-tre giornate intense la scorsa settimana e che, almeno nel fine settimana, sono andato avanti nel racconto di Strabuccinator.
Comunque giovedì scorso ho terminato di leggere il sottocapitolo sui fascismi de “Il secolo breve”. Ricordo di essermi annotato un paio di passaggi interessanti che adesso andrò a ricercare per proporli qui di seguito.
In generale devo dire che mi è piaciuta molto la panoramica fatta dall’autore: come italiani tendiamo a concentrarci troppo sul fascismo nostrano che poi colleghiamo immediatamente a Mussolini, alla guerra, alla dittatura e simili.
Ovviamente Hobsbwam non giustifica in alcun modo i fascismi ma si limita a riportare come anch’essi, al pari del comunismo, nacquero anche in opposizione all’ideologia capitalistica tipica di UK e USA (che, dopo la seconda guerra mondiale, si diffuse nel resto dell’occidente).
Come “occidentali” siamo abituati a considerare la nostra società, e quindi il liberismo prima e il turbo-liberismo adesso, come perfetta e superiore a tutte le altre.
Ma già Marx nel XIX secolo, e a maggior ragione tanti altri intellettuali agli inizi del XX, vedevano e intuivano i limiti di un sistema basato esclusivamente sul libero mercato.
Ecco, almeno personalmente, questo aspetto del fascismo (non intendo solo quello italiano) di risposta al capitalismo, mi era sfuggito mentre, credo come tutti, ero consapevole del suo anticomunismo.
Ma passiamo alle mie annotazioni…
L’autore si chiede quale furono le condizioni sociali che permisero l’affermazione del fascismo. La risposta che si dà elenca una lunga serie di fattori (che non ho voglia di copiare qui di seguito).
Ma secondo me la questione è più generale: quando è possibile un cambio strutturale della società, una sorta di rivoluzione più o meno cruenta?
Per prima cosa occorre una situazione socio-economica difficile per la maggior parte della popolazione (condizione necessaria per vincere la naturale resistenza al cambiamento); deve essere poi chiaro che il sistema corrente non sia in grado di risolvere i problemi (e infatti, in genere, li avrà creati!) e infine vi dovranno essere dei nuovi protomiti (ideali, principi etc.) capaci di ispirare speranza per il futuro. La natura di questi protomiti determinerà la nuova forma che prenderà la società.
In questo senso credo che aggiornerò il mio sottocapitolo sulla rivoluzione ([E] 7.7) per renderlo più generico dato che non sempre questo cambiamento si risolve in uno scontro fisico violento (per esempio alla fine dell’URSS).
La seconda annotazione si ricollega almeno in parte alla mia introduzione: Hobsbwam vuole sconfessare due teorie molto diffuse sul fascismo: la prima diffusa dal fascismo stesso, la seconda cara al marxismo sovietico ortodosso. Entrambe queste teorie sono state poi adottate da molti storici successivi.
La prima teoria (quella propagandata dal fascismo stesso) affermava che il fascismo era stato una rivoluzione. Ma secondo Hobsbwam questa era essenzialmente retorica di regime: in realtà sul piano sociale ed economico non ci furono stravolgimenti rispetto al sistema capitalistico (come avvenne invece in URSS col comunismo). Intendiamoci: delle differenze vi erano ma non tali da definirsi “rivoluzioni”. Fu più una trasformazione del sistema di potere: chi era ricco e potente prima del fascismo lo rimase anche dopo che questo prese il potere…
La seconda teoria (quella di origine comunista) è ancora più interessante: essa afferma che il fascismo fu espressione del capitalismo monopolistico, ovvero dei grandi interessi economici borghesi.
In questo caso semplicemente si confonde un effetto con una causa.
La mia legge del confronto ([E] 5.6) afferma:
«Una particolarità dei parapoteri è che, per la loro natura (cioè l'essere chiusi e autonomi), hanno maggiore facilità nel raggiungere accordi interni e, di conseguenza, a relazionarsi e interagire con gli altri poteri che, per lo stesso motivo, saranno in genere dei parapoteri. Questo significa che a livello di comunicazione le maggiori interazioni saranno proprio fra i parapoteri: questi si troveranno quindi, automaticamente, a cooperare insieme più facilmente.
La legge del confronto è semplice: i parapoteri tenderanno a relazionarsi e comunicare più spesso fra loro che con gli altri tipi di potere.»
Ovvero affermo che i potenti si accordano facilmente con altri potenti. E nella mia teoria i potenti possono essere sia economici che politici (che religiosi o militari) ma poco cambia e li chiamo tutti parapoteri.
Adesso cito Hobsbwam: «Quanto alla tesi del fascismo come espressione del “capitalismo monopolistico”, la questione è che il grande capitale può venire a patti con qualunque regime che non intenda effettivamente espropriarlo, e dunque ogni regime deve venire a patti con esso.» (*1).
In pratica il grande capitale non cercò di portare al governo il fascismo ma, una volta che questo divenne il potere politico di riferimento, vi collaborò insieme ottenendo anche degli evidenti vantaggi (abolizione dei sindacati, protezione dal comunismo e altri movimenti sociali, espropriazione dei beni degli ebrei). Insomma i poteri economici collaborarono con il fascismo ma non lo controllarono.
In pratica soprattutto quest’ultima parte è una perfetta conferma indiretta di un aspetto essenziale della mia teoria. Ovvero che la società si basa su equilibrio, in genere ingiusto, fra i potenti (parapoteri) e il resto della popolazione (democratastenia). La democrazia occidentale dà solo la sensazione che la nostra società sia diversa ma in realtà non è così: per motivi che spiego nella mia Epitome vi è stato un miglioramento effettivo delle condizioni di vita, almeno nei paesi occidentali, dopo la seconda guerra mondiale ma a partire dagli anni ‘90 questa tendenza si è invertita e ormai da decenni le diseguaglianze economiche (e quindi sociali in un mondo dove tutto è basato sul denaro) hanno ripreso a crescere raggiungendo degli eccessi, a mio avviso, esecrabili.
Conclusione: forse l'aspetto più inquietante di quanto ho appreso è che la democrazia occidentale, espressione di un liberismo esasperato e sempre più prona a sostenere solo ed esclusivamente gli interessi delle oligarchie economiche, è molto vicina al fascismo: non vi è cioè una "rivoluzione" di distanza fra le due forme di declinazione del potere politico.
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Hobsbawm, (E.) BURExploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 157.
venerdì 25 novembre 2022
La tastiera ripulita
Ricordate le mie “difficoltà” con la tastiera?
In pratica alcuni tasti aveano iniziato a funzionarmi male rimanendo come incastrati senza tornare in posizione dopo essere stati premuti. In rapida sequenza avevano iniziato a darmi noie la “O” e la “I”, poi la “E” e, negli ultimi giorni, anche la “A”. Evidentemente alcuni dei tasti più usati…
Considerando che la tastiera è del 2002 probabilmente ha già vissuto oltre le aspettative e avrei potuto sostituirla con una delle tante tastiere USB di altri calcolatori che ho a giro per casa: il problema è che ci sono MOLTO affezionato. Sono abituato ai suoi tasti consunti, al suo rumore, a come costruire le varie parole accentate (è internazionale) e, semplicemente, alla sensazione tattile sui polpastrelli. Insomma non volevo cambiarla ed ero pronto a studiarla per capire come fare per, eventualmente ripararla. Pensavo già, per esempio, di inserire una molla di una penna a sfera sotto al tasto rotto: questo ancora senza sapere come fosse strutturata meccanicamente la tastiera.
Essendo però ben conscio della mia scarsa attitudine ai lavori materiali (che infatti odio) ed essendo ancora nella fase teorica (che mi piace) di raccolta dati necessaria per elaborare poi il piano d’azione (progettavo anche di guardarmi un paio di video su Youtube su “come smontare una tastiera”) chiesi al mio amico, l’ingegnere-chitarrista(-pedalatore è il suo nuovo attributo portato dalla pandemia!), se aveva consigli su come fare.
Molto gentilmente si offrì “se mi fidavo” di provare a ripararla al posto mio.
Allora come decido se fidarmi di qualcuno per fare qualcosa?
Valuto la cosa da fare e le qualità della persona: viene fuori un fattore di rischio che confronto con lo stesso valore calcolato per me stesso. Qui dovrei poi scegliere l’opzione che presenta il rischio minore (o la probabilità di successo maggiore: ci siamo capiti su cosa intendo!) ma essendo pigro aggiungo una costante additiva significativa alla scelta di far fare qualcosa a qualcun altro!
In questo caso poi la scelta era molto semplice: il lavoro in sé non mi sembrava rischioso, difficile che peggiorasse la situazione: nel caso peggiore avrei poi potuto provare a intervenire io (con le mie molle riciclate) prima di rassegnarmi ad acquistare un’altra tastiera.
Ma soprattutto le qualità della persona mi faceva ben sperare: questo mio amico è infatti estremamente preciso e metodico in tutto quello che fa e, contemporaneamente, abbastanza flessibile da adattare i suoi pieni alle esigenze di una situazione particolare. È di quelli, per capirsi, con la scrivania tutta organizzata oppure, sicuramente, avrà tutte le cartelle del suo calcolatore organizate con qualche criterio ben preciso in base al loro tipo, alla sicurezza, magari alla riservatezza e simili. Ma in effetti è più corretto dire che tutto ciò che lo riguarda è organizzato a un livello che io, che convivo con l’entropia del disordine, stento a comprendere.
Insomma già al calcolo dei fattori di rischio, anzi chiamiamolo probabilità di successo, gli attribuivo un valore fra il doppio e il triplo di quello che, ottimisticamente, davo a me stesso. Non c’era quindi bisogno neppure di considerare la mia costante di pigrizia perché lo ritenevo già molto più affidabile di me. E infatti, alla sua offerta d’aiuto, risposi prontamente:
«→ Se vuoi (e ti fidi) puoi provare a portarmi la tastiera e te ne do una da usare temporaneamente, così.
Volentieri: su queste cose mi fido molto più di te che di me!
Il problema di fondo è che si tratta di una tastiera vecchia e strausata: vedrai che la plastica dei tasti è usurata dal semplice contatto con le dita. La barra di spazio è addirittura bucata!
La cosa buffa è che i tre tasti mi hanno ceduto a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. La I e la O sono affiancate ma la E è lontana...»
Come al solito il suo lavoro è stato di almeno un ordine di grandezza superiore alle mie già alte aspettative. Anche da come aveva proposto la cosa “tolgo i cappucci dei tasti e provo a dargli una pulita” sembrava un lavoretto semplice e veloce: si tolgono i 4-5 tasti critici, magari anche quelli intorno per lavorarci un po’ meglio, si sostituisce la molla (!), e il gioco è fatto. Se non si hanno titubanze a rimuovere i tasti (come avevo io per paura di romperli) sembra un lavoretto da 20 minuti…
Ma, come detto, questo mio amico tende sempre a sorprendermi in positivo nell’accuratezza e portata dei suoi interventi. In questo caso ha poi documentato il tutto con varie foto che mostrano l’evoluzione del lavoro e che gentilmente mi ha autorizzato a riproporre in questo articolo.
Stupidamente mi rendo conto adesso, abituato alla vecchia connessione, ho ridotto e ritagliato le immagini senza che ce ne fosse bisogno (*1). Anzi sono tentato di buttare via il lavoro che ho fatto (cosa che straodio) e di usare le foto originali: mi secca un po’ perché avevo numerato le mie conversioni per pubblicarle nell’ordine che volevo… ma forse vale la pena ricercare le originali…
La mia tastiera arriva sul tavolo operatorio. Come si può osservare, almeno all’esterno, è abbastanza pulita: negli ultimi anni mi ero infatti divertito a pulire accuratamente i singoli tasti per togliergli la copertura marroncina che li ricopriva:
Un particolare:
Mi spiegò che prima di togliere i tasti aveva usato l'aspirapolvere per rimuovere l'eventuale polvere che, inevitabilmente, finisce sotto di essi. Fu quindi sorpreso di scoprire che qualcosa era comunque rimasto incastrato sotto di essa...
Di seguito altre foto che documentano l'opera di pulizia. Come si intuisce, a differenza di quanto avrei fatto io, è andato decisamente in profondità: la sua logica è infatti qualcosa del tipo: "Quando faccio qualcosa la faccio al mio meglio" (io sono più per "quando faccio qualcosa uso il minimo sforzo che mi consenta di raggiungere il minimo risultato accettabile"!):
Come si può notare all'interno della tastiera non vi sono molle!! è semplicemente l'elasticità dello strato plastico superiore che, grazie alla sua resilienza, fa tornare nella posizione originaria il tasto premuto.
Una foto d'insieme che mette in evidenza l'essenzialità dell'ingegneria cinese:
Poi, non so bene come, credo tenendo il tutto in ammollo in un qualche intruglio chimico, ha ripulito OGNI cosa per poi riassemblare insieme i vari pezzi. Anche qui ho qualche foto:
E finalmente ecco il risultato finale:
Con molto imbarazzo mi scrisse "[...] resta un po' di ingiallimento della plastica, ma per far andare via quello servirebbe un processo di cui non ho i componenti, in particolare le lampade UV".
Che dire? Per un lavoro fatto bene bisognerebbe farselo da soli! :-D
Ma in realtà non sono sicuro che sia mai stata bianca! Io la ricordo sempre un po' giallina...
Che aggiungere? La cosa fondamentale è che tasti che non facevano hanno ricominciato a funzionare regolarmente. La barra di spazio e il tasto di "invio" inizialmente mi hanno dato qualche noia ma dopo qualche giorno (e la scrittura di circa tre pezzi) sono tornati alla normalità.
Lo "shift" destro continua invece a darmi delle noie e, temo, dovrò alla fine metterci le mani io (senza averlo aperto credo di aver capito teoricamente quale sia il problema ma voglio procedere con prudenza: e magari, mentre ci penso, potrebbe aggiustarsi da solo!). La fila di tasti sopra la barra mi sembra leggermente più dura di prima ma mi ci sto abituando...
Conclusione: alla fine la tastiera è tornata praticamente nuova ma ora mi sento in colpa perché questo mio amico ci ha perso troppo tempo per pulirla: se sapevo che ci passava una settimana invece della mia stima di 20 minuti non credo che gliela avrei affidata... Fortunatamente, per alleviare il mio senso di colpa, potrò prenderlo in giro per il fatto che non ha lampade UV per questi lavoretti!
Nota (*1): è un po’ colpa della mia mentalità da informatico nato con gli 8-bit...
In pratica alcuni tasti aveano iniziato a funzionarmi male rimanendo come incastrati senza tornare in posizione dopo essere stati premuti. In rapida sequenza avevano iniziato a darmi noie la “O” e la “I”, poi la “E” e, negli ultimi giorni, anche la “A”. Evidentemente alcuni dei tasti più usati…
Considerando che la tastiera è del 2002 probabilmente ha già vissuto oltre le aspettative e avrei potuto sostituirla con una delle tante tastiere USB di altri calcolatori che ho a giro per casa: il problema è che ci sono MOLTO affezionato. Sono abituato ai suoi tasti consunti, al suo rumore, a come costruire le varie parole accentate (è internazionale) e, semplicemente, alla sensazione tattile sui polpastrelli. Insomma non volevo cambiarla ed ero pronto a studiarla per capire come fare per, eventualmente ripararla. Pensavo già, per esempio, di inserire una molla di una penna a sfera sotto al tasto rotto: questo ancora senza sapere come fosse strutturata meccanicamente la tastiera.
Essendo però ben conscio della mia scarsa attitudine ai lavori materiali (che infatti odio) ed essendo ancora nella fase teorica (che mi piace) di raccolta dati necessaria per elaborare poi il piano d’azione (progettavo anche di guardarmi un paio di video su Youtube su “come smontare una tastiera”) chiesi al mio amico, l’ingegnere-chitarrista(-pedalatore è il suo nuovo attributo portato dalla pandemia!), se aveva consigli su come fare.
Molto gentilmente si offrì “se mi fidavo” di provare a ripararla al posto mio.
Allora come decido se fidarmi di qualcuno per fare qualcosa?
Valuto la cosa da fare e le qualità della persona: viene fuori un fattore di rischio che confronto con lo stesso valore calcolato per me stesso. Qui dovrei poi scegliere l’opzione che presenta il rischio minore (o la probabilità di successo maggiore: ci siamo capiti su cosa intendo!) ma essendo pigro aggiungo una costante additiva significativa alla scelta di far fare qualcosa a qualcun altro!
In questo caso poi la scelta era molto semplice: il lavoro in sé non mi sembrava rischioso, difficile che peggiorasse la situazione: nel caso peggiore avrei poi potuto provare a intervenire io (con le mie molle riciclate) prima di rassegnarmi ad acquistare un’altra tastiera.
Ma soprattutto le qualità della persona mi faceva ben sperare: questo mio amico è infatti estremamente preciso e metodico in tutto quello che fa e, contemporaneamente, abbastanza flessibile da adattare i suoi pieni alle esigenze di una situazione particolare. È di quelli, per capirsi, con la scrivania tutta organizzata oppure, sicuramente, avrà tutte le cartelle del suo calcolatore organizate con qualche criterio ben preciso in base al loro tipo, alla sicurezza, magari alla riservatezza e simili. Ma in effetti è più corretto dire che tutto ciò che lo riguarda è organizzato a un livello che io, che convivo con l’entropia del disordine, stento a comprendere.
Insomma già al calcolo dei fattori di rischio, anzi chiamiamolo probabilità di successo, gli attribuivo un valore fra il doppio e il triplo di quello che, ottimisticamente, davo a me stesso. Non c’era quindi bisogno neppure di considerare la mia costante di pigrizia perché lo ritenevo già molto più affidabile di me. E infatti, alla sua offerta d’aiuto, risposi prontamente:
«→ Se vuoi (e ti fidi) puoi provare a portarmi la tastiera e te ne do una da usare temporaneamente, così.
Volentieri: su queste cose mi fido molto più di te che di me!
Il problema di fondo è che si tratta di una tastiera vecchia e strausata: vedrai che la plastica dei tasti è usurata dal semplice contatto con le dita. La barra di spazio è addirittura bucata!
La cosa buffa è che i tre tasti mi hanno ceduto a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. La I e la O sono affiancate ma la E è lontana...»
Come al solito il suo lavoro è stato di almeno un ordine di grandezza superiore alle mie già alte aspettative. Anche da come aveva proposto la cosa “tolgo i cappucci dei tasti e provo a dargli una pulita” sembrava un lavoretto semplice e veloce: si tolgono i 4-5 tasti critici, magari anche quelli intorno per lavorarci un po’ meglio, si sostituisce la molla (!), e il gioco è fatto. Se non si hanno titubanze a rimuovere i tasti (come avevo io per paura di romperli) sembra un lavoretto da 20 minuti…
Ma, come detto, questo mio amico tende sempre a sorprendermi in positivo nell’accuratezza e portata dei suoi interventi. In questo caso ha poi documentato il tutto con varie foto che mostrano l’evoluzione del lavoro e che gentilmente mi ha autorizzato a riproporre in questo articolo.
Stupidamente mi rendo conto adesso, abituato alla vecchia connessione, ho ridotto e ritagliato le immagini senza che ce ne fosse bisogno (*1). Anzi sono tentato di buttare via il lavoro che ho fatto (cosa che straodio) e di usare le foto originali: mi secca un po’ perché avevo numerato le mie conversioni per pubblicarle nell’ordine che volevo… ma forse vale la pena ricercare le originali…
La mia tastiera arriva sul tavolo operatorio. Come si può osservare, almeno all’esterno, è abbastanza pulita: negli ultimi anni mi ero infatti divertito a pulire accuratamente i singoli tasti per togliergli la copertura marroncina che li ricopriva:
Un particolare:
Mi spiegò che prima di togliere i tasti aveva usato l'aspirapolvere per rimuovere l'eventuale polvere che, inevitabilmente, finisce sotto di essi. Fu quindi sorpreso di scoprire che qualcosa era comunque rimasto incastrato sotto di essa...
Di seguito altre foto che documentano l'opera di pulizia. Come si intuisce, a differenza di quanto avrei fatto io, è andato decisamente in profondità: la sua logica è infatti qualcosa del tipo: "Quando faccio qualcosa la faccio al mio meglio" (io sono più per "quando faccio qualcosa uso il minimo sforzo che mi consenta di raggiungere il minimo risultato accettabile"!):
Come si può notare all'interno della tastiera non vi sono molle!! è semplicemente l'elasticità dello strato plastico superiore che, grazie alla sua resilienza, fa tornare nella posizione originaria il tasto premuto.
Una foto d'insieme che mette in evidenza l'essenzialità dell'ingegneria cinese:
Poi, non so bene come, credo tenendo il tutto in ammollo in un qualche intruglio chimico, ha ripulito OGNI cosa per poi riassemblare insieme i vari pezzi. Anche qui ho qualche foto:
E finalmente ecco il risultato finale:
Con molto imbarazzo mi scrisse "[...] resta un po' di ingiallimento della plastica, ma per far andare via quello servirebbe un processo di cui non ho i componenti, in particolare le lampade UV".
Che dire? Per un lavoro fatto bene bisognerebbe farselo da soli! :-D
Ma in realtà non sono sicuro che sia mai stata bianca! Io la ricordo sempre un po' giallina...
Che aggiungere? La cosa fondamentale è che tasti che non facevano hanno ricominciato a funzionare regolarmente. La barra di spazio e il tasto di "invio" inizialmente mi hanno dato qualche noia ma dopo qualche giorno (e la scrittura di circa tre pezzi) sono tornati alla normalità.
Lo "shift" destro continua invece a darmi delle noie e, temo, dovrò alla fine metterci le mani io (senza averlo aperto credo di aver capito teoricamente quale sia il problema ma voglio procedere con prudenza: e magari, mentre ci penso, potrebbe aggiustarsi da solo!). La fila di tasti sopra la barra mi sembra leggermente più dura di prima ma mi ci sto abituando...
Conclusione: alla fine la tastiera è tornata praticamente nuova ma ora mi sento in colpa perché questo mio amico ci ha perso troppo tempo per pulirla: se sapevo che ci passava una settimana invece della mia stima di 20 minuti non credo che gliela avrei affidata... Fortunatamente, per alleviare il mio senso di colpa, potrò prenderlo in giro per il fatto che non ha lampade UV per questi lavoretti!
Nota (*1): è un po’ colpa della mia mentalità da informatico nato con gli 8-bit...
giovedì 24 novembre 2022
Intervista a Mastro Ciliegia
Oggi avrei l’opportunità di scrivere un pezzo leggero e divertente sulla mia tastiera corredato da tante belle foto: solo che ieri sera ho ascoltato un pezzo troppo interessante…
Da qualche giorno ho scoperto che uno dei due conduttori dei “Duran” (un canale che seguo piuttosto assiduamente su Youtube) ha un suo proprio canale che mi piace più dell’originale!
Si tratta del canale Alex Christoforou dal nome del suo tubatore.
Nei suoi video commenta varie notizie di attualità e, talvolta, delle curiosità: ieri le notizie interessanti erano molte ma una spiccava sulle altre: un’intervista alla CNN del Mastro Ciliegia inglese, l’ex primo ministro Boris Johnson.
Chiaramente l’intervista non è molto interessante di per sé: abbiamo un Mastro Ciliegia che racconta di quanto sia stato bravo e coraggioso, di quanto sia cattivo Putin e di quanto sia eroico il popolo ucraino. Però nella massa di chiacchiere autocelebrative si è lasciato sfuggire un paio si particolari molto significativi che il bravo Alex Christoforou ha subito evidenziato.
Nell’occidente i più favorevoli a sostenere la guerra fra Ucraina e USA (*1) erano UK (servizi segreti) e USA (soldi e armi). Non è un caso che nei momenti di difficoltà di Kiev sia proprio il primo ministro inglese a volare da Zelensky a portare personalmente solidarietà, aiuti e, molto probabilmente, gli ordini di Washington.
In particolare a febbraio Mastro Ciliegia ci racconta che la Francia era in “negazione” ma soprattutto che La Germania del Portinaio era contraria ad aiutare l’Ucraina (qui bisogna leggere fra le righe di quando dice Johnson). Meglio che l’eventuale guerra finisse rapidamente e che la Russia ottenesse quello che voleva: ovvero la neutralità dell’Ucraina (niente NATO) e poco più (quello che ho sempre scritto in pratica). Le argomentazioni della Germania, sempre secondo Mastro Ciliegia, erano ragionevoli e basate su motivi di dipendenza dall’energia russa.
Mastro Ciliegia cita poi anche l’Italia, all’epoca guidata dal nostro Ramarro Gigante, anch’essa contro un eventuale sostegno all’Ucraina a causa della nostra dipendenza energetica dalla Russia.
Poi però, spiega Mastro Ciliegia, quando iniziò l’operazione speciale russa ecco che anche Berlino e Roma saltarono, senza riserve, sul carretto del fronte occidentale.
Cercando in rete ho trovato questo articolo: Boris Johnson claims France was ‘in denial’ before Russia’s invasion of Ukraine da CNN.com
È presente anche un breve video ma si riferisce a un altro frammento dell’intervista (che magari è possibile vedere nella sua completezza: non ho cercato molto) ma nell’articolo è riportato in virgolettato, la frase sulla Germania. Per chi fosse interessato, alla fine del video di Christoforou, è presente invece il frammento video “incriminato” dell’intervista…
L’interpretazione di Christoforou è che nel frattempo (prima dell’invasione cioè) la Germania fosse stata persuasa, nonostante le evidenze contrarie, che forti sanzioni alla Russia avrebbero rapidamente portato alla capitolazione di Mosca con conseguente caduta di Putin e instaurazione di un governo filo occidentale che avrebbe permesso agli USA e alleati di depredare il paese.
Questo spiegherebbe la rapidità delle sanzioni da parte UE oppure come mai la Baronessa Tedesca, non so ancora con quale autorità, facesse censurare in pochi giorni l’informazione russa in tutta la UE: era già stato tutto deciso.
Quali sono i motivi di interesse di questo dietro le quinte?
Prima di tutto la differenza fra le reali posizioni politiche e quanto i media sottomessi al potere raccontano alla popolazione: né in Germania né in Italia si era saputo che queste fossero le iniziali idee dei rispettivi governi sulla crisi in Ucraina.
Forse la memoria mi inganna ma mi pare che i media italiani (di cui a massimo scorro i titoli in Rete) evitassero in febbraio di affrontare la questione ucraina, suppongo adesso, in attesa delle decisioni del governo su quale orientamento prendere.
Del resto ieri, in attesa di una partita del mondiale, mi è capitato di assistere a un frammento del TG1. In genere mi lamento di SkyPD ma il vecchio TG nazionale mi è parso ancora peggio!
Negli anni ‘80 ricordo che, quando veniva affrontata la politica nostrana, venivano passate le cosiddette veline: in pratica i comunicati stampa delle segreterie dei vari partiti politici. Una visione quindi estremamente di parte della situazione politica.
Quando i TG parlavano della politica estera questa era in genere mediata e tradotta dall’inviato locale: chiaro che questa interpretazione era spesso di parte e magari parziale ma, almeno, era una visione pensata per la prospettiva italiana.
Ieri invece ho visto un TG1 che passava le notizie sulla guerra in Ucraina come fossero veline stampate direttamente da Washington, senza più alcuna mediazione. La logica che viene propalata ai telespettatori italiani dal telegiornale RAI è l’esatta traduzione di quanto viene ripetuto dai maggiori media statunitensi: manca completamente l’interpretazione dei fatti da un punto di vista italiano sebbene a sua volta di parte. O almeno è la sensazione che ho provato ieri a seguirne 5 minuti!!
Tornando all’intervista, l’altro aspetto molto interessante è la consapevolezza sia del Portinaio che del Ramarro delle conseguenze economiche per i rispettivi paesi di cosa avrebbero comportato le sanzioni alla Russia. Evidentemente c’è stato un errore di calcolo clamoroso: Italia e Germania devono aver credute alle assicurazioni (statunitensi e inglesi) che nel giro di, massimo, pochi mesi Putin sarebbe caduto e l’energia sarebbe costata ancora meno di prima. Del resto, va bene essere idioti, ma credo che almeno una valutazione attendibile della solidità del potere di Putin fosse disponibile non dico a Londra (che infatti la sta economicamente prendendo nelle chiappette come Germania e Italia) ma a Washington sì: non è un caso che, dopo aver provocato il disastro, gli USA cerchino di attirare da loro le industrie europee con tassazione e costo dell’energia estremamente favorevoli (*2).
Personalmente, non voglio prolungare troppo questo pezzo, credo che la questione sia leggermente diversa da come la legge Christoforou.
In particolare l’obiettivo precipuo degli USA era separare UE dalla Russia e non credo avessero speranze concrete di rovesciare Putin. Questa possibilità è stata invece “venduta” come reale a Londra e al resto d’Europa. Da notare che l’Europa aveva comunque poco o nulla da guadagnarci da un cambio di potere a Mosca visto che Putin ci vendeva l’energia già a costi enormemente convenienti proprio perché il suo obiettivo strategico era avvicinare Russia e UE.
Ma i nostri politici europei sono talmente capre che anche gli idioti di Capitan Babbeo al confronto sembrano geni: ma intendiamoci anche gli USA hanno preso una supercantonata e complessivamente escono molto più deboli di prima da questa crisi!
Conclusione: le mie considerazioni finali l’ho già scritte qui sopra ma proviamo a cambiare punto di vista. Spesso quando valuto i nostri politici (prima solo quelli italiani, adesso anche quelli europei) e le loro decisioni catastrofiche mi viene il dubbio se “ci sono” o se “ci fanno”. In questo senso l’intervista permette qualche considerazione al riguardo: i nostri politici, intendo il Portinaio e il Ramarro (la Baronessa tedesca segue solo le indicazioni del Portinaio… e della Pfitzer!), non sono dei completi stupidi. Sapevano le conseguenze di privarsi dell’energia russa ma, sfortunatamente, non sono stati abbastanza intelligenti da rifiutarsi di imbarcarsi nell’avventura guidata da Capitan Babbeo…
Insomma un po’ ci sono e un po’ ci fanno. Diciamo che una normale, come poteva essere la Merkel, a loro confronto sembra una statista mentre qualcuno di capacità superiori alla media, come Putin, appare un genio...
Nota (*1): guerra che ricordiamolo, Mastro Ciliegia ovviamente non l’ha affermato, è stata voluta dagli USA per vari motivi (v. il solito Altra lettura della crisi Ucraina-Russia-NATO (USA)): il principale era separare l’UE dalla Russia.
Secondo varie fonti un altro obiettivo era quello di rovesciare Putin: eppure secondo altre fonti il potere di Putin è più solido che mai. Sembrerebbe che in occidente vi fosse l’idea secondo cui dopo 2-3 settimane di guerra la popolazione russa si sarebbe sollevata. La mia sensazione è che sia una cazzata: mi sembra un tentativo a posteriori per giustificare la guerra, sottolineo a POSTERIORI…
Del resto Putin ha l’età che ha ed entro 10 anni probabilmente dovrà scegliere un successore: la storia insegna che raramente i grandi politici hanno anche questa capacità. Insomma perché non aspettare un po' piuttosto che rischiare una guerra nucleare? Ma su questo volevo scriverci un pezzo a parte…
Nota (*2): ma anche sulla capacità attrattiva degli USA ho dei dubbi. Scrissi qualcosa di analogo mesi o forse anni fa: così come il lavoratore che emigra alla ricerca di un posto migliore non va nel primo paese che gli capita ma in quello che offre le condizioni di lavoro e di vita migliori, così faranno anche le industrie europee. Se devono spostare la produzione lo faranno dove conviene di più (Cina? India?) non dove è solo un po’ meglio che in Europa.
Da qualche giorno ho scoperto che uno dei due conduttori dei “Duran” (un canale che seguo piuttosto assiduamente su Youtube) ha un suo proprio canale che mi piace più dell’originale!
Si tratta del canale Alex Christoforou dal nome del suo tubatore.
Nei suoi video commenta varie notizie di attualità e, talvolta, delle curiosità: ieri le notizie interessanti erano molte ma una spiccava sulle altre: un’intervista alla CNN del Mastro Ciliegia inglese, l’ex primo ministro Boris Johnson.
Chiaramente l’intervista non è molto interessante di per sé: abbiamo un Mastro Ciliegia che racconta di quanto sia stato bravo e coraggioso, di quanto sia cattivo Putin e di quanto sia eroico il popolo ucraino. Però nella massa di chiacchiere autocelebrative si è lasciato sfuggire un paio si particolari molto significativi che il bravo Alex Christoforou ha subito evidenziato.
Nell’occidente i più favorevoli a sostenere la guerra fra Ucraina e USA (*1) erano UK (servizi segreti) e USA (soldi e armi). Non è un caso che nei momenti di difficoltà di Kiev sia proprio il primo ministro inglese a volare da Zelensky a portare personalmente solidarietà, aiuti e, molto probabilmente, gli ordini di Washington.
In particolare a febbraio Mastro Ciliegia ci racconta che la Francia era in “negazione” ma soprattutto che La Germania del Portinaio era contraria ad aiutare l’Ucraina (qui bisogna leggere fra le righe di quando dice Johnson). Meglio che l’eventuale guerra finisse rapidamente e che la Russia ottenesse quello che voleva: ovvero la neutralità dell’Ucraina (niente NATO) e poco più (quello che ho sempre scritto in pratica). Le argomentazioni della Germania, sempre secondo Mastro Ciliegia, erano ragionevoli e basate su motivi di dipendenza dall’energia russa.
Mastro Ciliegia cita poi anche l’Italia, all’epoca guidata dal nostro Ramarro Gigante, anch’essa contro un eventuale sostegno all’Ucraina a causa della nostra dipendenza energetica dalla Russia.
Poi però, spiega Mastro Ciliegia, quando iniziò l’operazione speciale russa ecco che anche Berlino e Roma saltarono, senza riserve, sul carretto del fronte occidentale.
Cercando in rete ho trovato questo articolo: Boris Johnson claims France was ‘in denial’ before Russia’s invasion of Ukraine da CNN.com
È presente anche un breve video ma si riferisce a un altro frammento dell’intervista (che magari è possibile vedere nella sua completezza: non ho cercato molto) ma nell’articolo è riportato in virgolettato, la frase sulla Germania. Per chi fosse interessato, alla fine del video di Christoforou, è presente invece il frammento video “incriminato” dell’intervista…
L’interpretazione di Christoforou è che nel frattempo (prima dell’invasione cioè) la Germania fosse stata persuasa, nonostante le evidenze contrarie, che forti sanzioni alla Russia avrebbero rapidamente portato alla capitolazione di Mosca con conseguente caduta di Putin e instaurazione di un governo filo occidentale che avrebbe permesso agli USA e alleati di depredare il paese.
Questo spiegherebbe la rapidità delle sanzioni da parte UE oppure come mai la Baronessa Tedesca, non so ancora con quale autorità, facesse censurare in pochi giorni l’informazione russa in tutta la UE: era già stato tutto deciso.
Quali sono i motivi di interesse di questo dietro le quinte?
Prima di tutto la differenza fra le reali posizioni politiche e quanto i media sottomessi al potere raccontano alla popolazione: né in Germania né in Italia si era saputo che queste fossero le iniziali idee dei rispettivi governi sulla crisi in Ucraina.
Forse la memoria mi inganna ma mi pare che i media italiani (di cui a massimo scorro i titoli in Rete) evitassero in febbraio di affrontare la questione ucraina, suppongo adesso, in attesa delle decisioni del governo su quale orientamento prendere.
Del resto ieri, in attesa di una partita del mondiale, mi è capitato di assistere a un frammento del TG1. In genere mi lamento di SkyPD ma il vecchio TG nazionale mi è parso ancora peggio!
Negli anni ‘80 ricordo che, quando veniva affrontata la politica nostrana, venivano passate le cosiddette veline: in pratica i comunicati stampa delle segreterie dei vari partiti politici. Una visione quindi estremamente di parte della situazione politica.
Quando i TG parlavano della politica estera questa era in genere mediata e tradotta dall’inviato locale: chiaro che questa interpretazione era spesso di parte e magari parziale ma, almeno, era una visione pensata per la prospettiva italiana.
Ieri invece ho visto un TG1 che passava le notizie sulla guerra in Ucraina come fossero veline stampate direttamente da Washington, senza più alcuna mediazione. La logica che viene propalata ai telespettatori italiani dal telegiornale RAI è l’esatta traduzione di quanto viene ripetuto dai maggiori media statunitensi: manca completamente l’interpretazione dei fatti da un punto di vista italiano sebbene a sua volta di parte. O almeno è la sensazione che ho provato ieri a seguirne 5 minuti!!
Tornando all’intervista, l’altro aspetto molto interessante è la consapevolezza sia del Portinaio che del Ramarro delle conseguenze economiche per i rispettivi paesi di cosa avrebbero comportato le sanzioni alla Russia. Evidentemente c’è stato un errore di calcolo clamoroso: Italia e Germania devono aver credute alle assicurazioni (statunitensi e inglesi) che nel giro di, massimo, pochi mesi Putin sarebbe caduto e l’energia sarebbe costata ancora meno di prima. Del resto, va bene essere idioti, ma credo che almeno una valutazione attendibile della solidità del potere di Putin fosse disponibile non dico a Londra (che infatti la sta economicamente prendendo nelle chiappette come Germania e Italia) ma a Washington sì: non è un caso che, dopo aver provocato il disastro, gli USA cerchino di attirare da loro le industrie europee con tassazione e costo dell’energia estremamente favorevoli (*2).
Personalmente, non voglio prolungare troppo questo pezzo, credo che la questione sia leggermente diversa da come la legge Christoforou.
In particolare l’obiettivo precipuo degli USA era separare UE dalla Russia e non credo avessero speranze concrete di rovesciare Putin. Questa possibilità è stata invece “venduta” come reale a Londra e al resto d’Europa. Da notare che l’Europa aveva comunque poco o nulla da guadagnarci da un cambio di potere a Mosca visto che Putin ci vendeva l’energia già a costi enormemente convenienti proprio perché il suo obiettivo strategico era avvicinare Russia e UE.
Ma i nostri politici europei sono talmente capre che anche gli idioti di Capitan Babbeo al confronto sembrano geni: ma intendiamoci anche gli USA hanno preso una supercantonata e complessivamente escono molto più deboli di prima da questa crisi!
Conclusione: le mie considerazioni finali l’ho già scritte qui sopra ma proviamo a cambiare punto di vista. Spesso quando valuto i nostri politici (prima solo quelli italiani, adesso anche quelli europei) e le loro decisioni catastrofiche mi viene il dubbio se “ci sono” o se “ci fanno”. In questo senso l’intervista permette qualche considerazione al riguardo: i nostri politici, intendo il Portinaio e il Ramarro (la Baronessa tedesca segue solo le indicazioni del Portinaio… e della Pfitzer!), non sono dei completi stupidi. Sapevano le conseguenze di privarsi dell’energia russa ma, sfortunatamente, non sono stati abbastanza intelligenti da rifiutarsi di imbarcarsi nell’avventura guidata da Capitan Babbeo…
Insomma un po’ ci sono e un po’ ci fanno. Diciamo che una normale, come poteva essere la Merkel, a loro confronto sembra una statista mentre qualcuno di capacità superiori alla media, come Putin, appare un genio...
Nota (*1): guerra che ricordiamolo, Mastro Ciliegia ovviamente non l’ha affermato, è stata voluta dagli USA per vari motivi (v. il solito Altra lettura della crisi Ucraina-Russia-NATO (USA)): il principale era separare l’UE dalla Russia.
Secondo varie fonti un altro obiettivo era quello di rovesciare Putin: eppure secondo altre fonti il potere di Putin è più solido che mai. Sembrerebbe che in occidente vi fosse l’idea secondo cui dopo 2-3 settimane di guerra la popolazione russa si sarebbe sollevata. La mia sensazione è che sia una cazzata: mi sembra un tentativo a posteriori per giustificare la guerra, sottolineo a POSTERIORI…
Del resto Putin ha l’età che ha ed entro 10 anni probabilmente dovrà scegliere un successore: la storia insegna che raramente i grandi politici hanno anche questa capacità. Insomma perché non aspettare un po' piuttosto che rischiare una guerra nucleare? Ma su questo volevo scriverci un pezzo a parte…
Nota (*2): ma anche sulla capacità attrattiva degli USA ho dei dubbi. Scrissi qualcosa di analogo mesi o forse anni fa: così come il lavoratore che emigra alla ricerca di un posto migliore non va nel primo paese che gli capita ma in quello che offre le condizioni di lavoro e di vita migliori, così faranno anche le industrie europee. Se devono spostare la produzione lo faranno dove conviene di più (Cina? India?) non dove è solo un po’ meglio che in Europa.
mercoledì 23 novembre 2022
Apparente antinomia
C’è qualcosa che non mi torna della teoria di Darwin. È qualcosa di basato su dei dati che alla sua epoca non esistevano: suppongo che altrimenti avrebbe affrontato il problema tenendone conto nella sua legge dell’evoluzione naturale.
L’origine di questa mia perplessità risale a qualche anno fa, ovvero ben prima di iniziare a leggere “L’origini della specie”. Mi sembra di averci scritto un pezzo all’epoca: vediamo se lo ritrovo…
Ecco qui: Evoluzione variabile (settembre 2017)
Scrissi: «Quel che non capisco è che secondo i principi dell'evoluzione di Darwin i cambiamenti dovrebbero avvenire continuamente e, grazie alla selezione naturale, le novità favorevoli alla specie propagarsi alle generazioni successive.
Quindi perché alcune specie di dinosauri sono rimaste immutate per milioni di anni? e se invece che “immutate” tali specie sono cambiate ma solo molto lentamente (ovvero la velocità dell'evoluzione è MOLTO lenta), allora come si spiega l'apparizione improvvisa (relativamente) di nuove specie?
Per spiegare questo fenomeno ho postulato tre ipotesi:
1. Quando una specie è estremamente efficace, cioè molto diffusa e con numerosissimi individui, allora la selezione naturale diviene inefficace: le modifiche spontanee, anche se favorevoli, si perdono nella massa degli individui e, magari si annullano, con altre sfavorevoli. Quando i T-Rex dominavano la terra, evidentemente senza troppi problemi a procurarsi il cibo, allora anche una modifica che rendeva un singolo T-Rex più abile a cacciare non faceva differenza nella selezione naturale.
Vice versa in un piccolo gruppo di animali che deve lottare per sopravvivere anche una piccola modifica può essere significativa e, contemporaneamente, dato il minor numero di individui essa potrà essere assimilata più rapidamente dalla specie.
2. Le modifiche significative avvengono con un meccanismo diverso (che al momento non riesco a immaginare) da quello delle modifiche casuali e della successiva selezione naturale ma estremamente più rapido.
3. I casi 1 e 2 insieme.»
Adesso posso confermare che Darwin, almeno fino al 22% dell’e-libro, non affronta la questione.
Anzi semmai ipotizza qualcosa che va in direzione opposta: ovvero che maggiore è una popolazione e più probabili sono le variazioni positive e, quindi, più raopida l’evoluzione complessiva di tale specie (ne ho scritto in Appunti darwiniani).
Da qualche parte però, al momento mi sfugge dove, postulo una legge generica secondo la quale è proprio il successo di una specie la premessa del suo fallimento.
Mi è venuto a mente! Non parlavo di specie “animale” ma di specie “istituzionale”! (*1)
Si tratta infatti di una riflessione che ho inserito in coda al capitolo sulla Decadenza e in particolare nella conclusione di esso. Scrivo in [E] 15.7:
«La decadenza sembra essere il risultato inevitabile del successo assoluto. Senza degli antagonisti con cui confrontarsi e competere continuamente i fenomeni di degenerazione del potere si accelerano.
Non è un caso che la decadenza negli USA, e a ruota nei paesi occidentali che ne seguono l’esempio, sia iniziata proprio in sostanziale concomitanza con la fine dell’URSS.»
Ma come conciliare queste teorie apparentemente contraddittorie?
Mi viene in mente un concetto di statistica (*1): quando si studia gli eventi A e B e questi sembrano essere correlati fra loro (cioè A→B o B→A) c’è sempre la possibilità che esista un altro termine C che determini sia A che B.
Nel mio caso gli eventi A e B sarebbero la “grandezza della popolazione” e la “velocità evoluzione”. Nel secondo esempio (quello della decadenza di una società) sembra che A determini B (A→B) mentre, nell’esempio dei T-Rex, sembra il contrario (A→ ⌐B).
Ecco pensavo che nel mio caso il fattore C, quello veramente rilevante, potrebbe essere la presenza o meno di una “pressione evolutiva” ovvero di una “concorrenza”.
In realtà normalmente A e C saranno in relazione inversa: quando C è forte A, la popolazione, sarà piccola e, viceversa, quando C è debole A sarà grande. Ma è ragionevole supporre che esistano dei Δ di tempo in cui si ha sia C forte che A grande (e che inizierà a ridursi) oppure C debole e A piccolo (ma che inizierà ad accrescersi).
Ovvio poi che C determini B: se c’è competizione vi è allora anche l’evoluzione o viceversa, cioè se non c’è competizione non vi è evoluzione.
In genere (non nei periodi di transizione cioè) invece C→⌐A e C→B o, viceversa, ⌐C→A e ⌐C→⌐B,
Introducendo il fattore C, e soprattutto considerando l’elemento Δ temporale, diviene possibile conciliare l’apparente antinomia delle mie teorie.
1. I T-Rex rimasero per milioni di anni sostanzialmente invariati perché non c’era una pressione evolutiva contro di essi. Quindi siamo nel caso di C piccolo che, indipendentemente da A, determina un B lento o lentissimo.
2. La mia teoria sulla decadenza invece si sofferma in un periodo di transizione: è sorta improvvisamente una concorrenza C che trova A ampio/forte ma che ha la conseguenza di iniziare a ridurlo/indebolirlo contemporaneamente spronando un’accelerazione nell’evoluzione di B.
Vabbè, mi rendo conto di essere andato fuori tema su quanto avevo inizialmente intenzione di scrivere lasciando Darwin in ombra!
Ma in realtà ho scoperto che la mia teoria l’avevo descritta perfettamente già nel pezzo del 2017 e che, dopo un copia e incolla, era ancora attualissima senza il bisogno di aggiungervi una virgola.
Poi mi sono ricordato di quest'altra teoria, apparentemente in contraddizione con la precedente, e qui il mio spirito logico e investigativo mi ha portato a cercare di comprenderne il motivo.
Non so: ho la sensazione che per la maggior parte dei miei lettori queste mie “sottigliezze” sembrino piuttosto irrilevanti ma in realtà, dal mio punto di vista, sono fondamentali: due teorie non possono essere in contrasto fra loro e, contemporaneamente essere entrambe corrette. Ecco perché ho sentito il dovere di conciliarle insieme: per dimostrare che non vi era un errore di fondo in una di esse.
Conclusione: ora rileggo il tutto e, nel caso, aggiungo al pezzo il marcatore “Peso”...
Nota (*1): buffo come funziona la mia memoria!
L’origine di questa mia perplessità risale a qualche anno fa, ovvero ben prima di iniziare a leggere “L’origini della specie”. Mi sembra di averci scritto un pezzo all’epoca: vediamo se lo ritrovo…
Ecco qui: Evoluzione variabile (settembre 2017)
Scrissi: «Quel che non capisco è che secondo i principi dell'evoluzione di Darwin i cambiamenti dovrebbero avvenire continuamente e, grazie alla selezione naturale, le novità favorevoli alla specie propagarsi alle generazioni successive.
Quindi perché alcune specie di dinosauri sono rimaste immutate per milioni di anni? e se invece che “immutate” tali specie sono cambiate ma solo molto lentamente (ovvero la velocità dell'evoluzione è MOLTO lenta), allora come si spiega l'apparizione improvvisa (relativamente) di nuove specie?
Per spiegare questo fenomeno ho postulato tre ipotesi:
1. Quando una specie è estremamente efficace, cioè molto diffusa e con numerosissimi individui, allora la selezione naturale diviene inefficace: le modifiche spontanee, anche se favorevoli, si perdono nella massa degli individui e, magari si annullano, con altre sfavorevoli. Quando i T-Rex dominavano la terra, evidentemente senza troppi problemi a procurarsi il cibo, allora anche una modifica che rendeva un singolo T-Rex più abile a cacciare non faceva differenza nella selezione naturale.
Vice versa in un piccolo gruppo di animali che deve lottare per sopravvivere anche una piccola modifica può essere significativa e, contemporaneamente, dato il minor numero di individui essa potrà essere assimilata più rapidamente dalla specie.
2. Le modifiche significative avvengono con un meccanismo diverso (che al momento non riesco a immaginare) da quello delle modifiche casuali e della successiva selezione naturale ma estremamente più rapido.
3. I casi 1 e 2 insieme.»
Adesso posso confermare che Darwin, almeno fino al 22% dell’e-libro, non affronta la questione.
Anzi semmai ipotizza qualcosa che va in direzione opposta: ovvero che maggiore è una popolazione e più probabili sono le variazioni positive e, quindi, più raopida l’evoluzione complessiva di tale specie (ne ho scritto in Appunti darwiniani).
Da qualche parte però, al momento mi sfugge dove, postulo una legge generica secondo la quale è proprio il successo di una specie la premessa del suo fallimento.
Mi è venuto a mente! Non parlavo di specie “animale” ma di specie “istituzionale”! (*1)
Si tratta infatti di una riflessione che ho inserito in coda al capitolo sulla Decadenza e in particolare nella conclusione di esso. Scrivo in [E] 15.7:
«La decadenza sembra essere il risultato inevitabile del successo assoluto. Senza degli antagonisti con cui confrontarsi e competere continuamente i fenomeni di degenerazione del potere si accelerano.
Non è un caso che la decadenza negli USA, e a ruota nei paesi occidentali che ne seguono l’esempio, sia iniziata proprio in sostanziale concomitanza con la fine dell’URSS.»
Ma come conciliare queste teorie apparentemente contraddittorie?
Mi viene in mente un concetto di statistica (*1): quando si studia gli eventi A e B e questi sembrano essere correlati fra loro (cioè A→B o B→A) c’è sempre la possibilità che esista un altro termine C che determini sia A che B.
Nel mio caso gli eventi A e B sarebbero la “grandezza della popolazione” e la “velocità evoluzione”. Nel secondo esempio (quello della decadenza di una società) sembra che A determini B (A→B) mentre, nell’esempio dei T-Rex, sembra il contrario (A→ ⌐B).
Ecco pensavo che nel mio caso il fattore C, quello veramente rilevante, potrebbe essere la presenza o meno di una “pressione evolutiva” ovvero di una “concorrenza”.
In realtà normalmente A e C saranno in relazione inversa: quando C è forte A, la popolazione, sarà piccola e, viceversa, quando C è debole A sarà grande. Ma è ragionevole supporre che esistano dei Δ di tempo in cui si ha sia C forte che A grande (e che inizierà a ridursi) oppure C debole e A piccolo (ma che inizierà ad accrescersi).
Ovvio poi che C determini B: se c’è competizione vi è allora anche l’evoluzione o viceversa, cioè se non c’è competizione non vi è evoluzione.
In genere (non nei periodi di transizione cioè) invece C→⌐A e C→B o, viceversa, ⌐C→A e ⌐C→⌐B,
Introducendo il fattore C, e soprattutto considerando l’elemento Δ temporale, diviene possibile conciliare l’apparente antinomia delle mie teorie.
1. I T-Rex rimasero per milioni di anni sostanzialmente invariati perché non c’era una pressione evolutiva contro di essi. Quindi siamo nel caso di C piccolo che, indipendentemente da A, determina un B lento o lentissimo.
2. La mia teoria sulla decadenza invece si sofferma in un periodo di transizione: è sorta improvvisamente una concorrenza C che trova A ampio/forte ma che ha la conseguenza di iniziare a ridurlo/indebolirlo contemporaneamente spronando un’accelerazione nell’evoluzione di B.
Vabbè, mi rendo conto di essere andato fuori tema su quanto avevo inizialmente intenzione di scrivere lasciando Darwin in ombra!
Ma in realtà ho scoperto che la mia teoria l’avevo descritta perfettamente già nel pezzo del 2017 e che, dopo un copia e incolla, era ancora attualissima senza il bisogno di aggiungervi una virgola.
Poi mi sono ricordato di quest'altra teoria, apparentemente in contraddizione con la precedente, e qui il mio spirito logico e investigativo mi ha portato a cercare di comprenderne il motivo.
Non so: ho la sensazione che per la maggior parte dei miei lettori queste mie “sottigliezze” sembrino piuttosto irrilevanti ma in realtà, dal mio punto di vista, sono fondamentali: due teorie non possono essere in contrasto fra loro e, contemporaneamente essere entrambe corrette. Ecco perché ho sentito il dovere di conciliarle insieme: per dimostrare che non vi era un errore di fondo in una di esse.
Conclusione: ora rileggo il tutto e, nel caso, aggiungo al pezzo il marcatore “Peso”...
Nota (*1): buffo come funziona la mia memoria!
martedì 22 novembre 2022
Il mondiale del catarro
Premetto che, complice la non qualificazione dell’Italia, non sono molto preparato sul mondiale di calcio in Qatar.
So che ci sono stati malumori per la scelta di questa sede, in particolare perché, al pari dell’Arabia Saudita, non sono campioni di diritti umani né di quelli della donna per non parlare degli omosessuali. Ma si sa, viviamo nell’epoca in cui il bene è il denaro e in Qatar ne hanno parecchio di bene, cioè di denaro. Quindi FIFA e compagnia, che in genere mi sfrangono le p#### con ipocriti motti contro razzismo, rispetto delle donne e simili, fanno finta di nulla, fischiettano, tengono le mani in tasca e guardano il cielo. Il denaro fa sorvolare su questi dettagli: anzi oggi mi è parso di sentire un’apologia di queste discriminazioni: qualcosa del tipo “difendono le loro tradizioni culturali” o simili: suppongo che la giornalista che ha tentato questa difesa si sia così guadagnata un paio di Rolex: regali ovvio, mica corruzione!
Viva la coerenza.
A questo panorama si aggiunge la notizia che circa 6.000 operai stranieri, impegnati nella costruzione degli impianti per i mondiali, sono morti a causa delle condizioni di lavoro non proprio sicure. Prima di tutto bisognerebbe sapere quali sono le fonti di questa notizie: come ho recentemente imparato anche le organizzazioni umanitarie non sono sempre imparziali ma, spesso, almeno alcune di queste, sono usate per fare propaganda. Però essendo il Qatar vicino agli USA queste notizie non dovrebbero essere false: ammetto però di non saperne abbastanza per giudicare con cognizione di causa.
Comunque anche in questo caso il denaro ha spinto in secondo, anzi in terzo piano la questione…
Mi chiedevo però, al di là del fatto sportivo, se ci potrebbero essere dei risvolti geopolitici: pensavo ad attentati per la precisione.
Di sicuro le misure di sicurezza saranno ottime: un altro vantaggio dato dal denaro, però…
Però, lo scrivevo già in estate, molte armi destinate all’Ucraina sono finite al mercato nero: anche ottime misure di sicurezza potrebbero avere problemi a contrastare delle moderne armi da guerra. Pensavo a missili Stinger (anti-aereo) e Javelin (anti-carro).
Ma il maggior impatto ci sarebbe se fosse colpito uno stadio durante una partita: e per fare questo cosa c’è di meglio di un piccolo stormo di droni suicidi? Ne basterebbe uno per provocare una strage e relativo panico (e relativa strage provocata dal panico). Oltretutto molti di questi droni sono a lunghissimo raggio: potrebbero partire dallo Yemen? Non ne ho idea… Di sicuro l’Iran è vicino ma non credo che sarebbero così matti da commettere un atto così plateale. Ma Al Qaeda? È da parecchio che non se ne sente più parlare ma questa potrebbe essere una buona occasione per tornare sotto la luce dei riflettori.
Le partite più a rischio in questo caso sarebbero quelle con gli USA e l’Arabia Saudita, in misura minore quelle con squadre dell’Europa occidentale tipo Francia, UK o Germania.
Ovviamente la probabilità di questo pericolo dovrebbe essere bassa ma non credo nulla: anzi direi che siamo su un significativo 5%. Il fatto è che mentre stati vicini al terrorismo come l’Iran non hanno in questo momento interesse ad alzare il livello di tensione internazionale (l’Iran vuole entrare nei Brics, non rischiare di essere bombardato! (*1)) ma la maggiore reperibilità di armi da guerra potrebbe renderle disponibili anche a gruppi terroristici relativamente indipendenti e con i propri obiettivi.
Conclusione: io pensò che farò il tifo per la Serbia: ci giocano un sacco di calciatori italiani (di cui ben due della Fiorentina) e, politicamente, sono vicini alla Russia. Probabilmente superare il girone come secondi dietro al Brasile potrebbe essere fattibile ma dubito possano andare troppo più in là...
Nota (*1): anzi, in caso di droni “apparentemente” partiti dall’Iran, io sospetterei di Israele. Hanno sale in zucca e sono (molto) cinici. Sanno che se si rafforza il legame fra Iran e Russia e/o se l’Iran entrasse nei BRICS poi non potrebbero più spadroneggiare in Medio Oriente. È quindi plausibile che Israele veda il rafforzamento politico dell’Iran come una minaccia concreta a lungo termine alla propria esistenza e, quindi, decida di intervenire per sventarla. Del resto in questa momento alla Casa Bianca abbiamo Capitan Babbeo che non aspetta altro che commettere qualche altra idiozia per dare ulteriore spolvero al proprio disastroso mandato. È possibile che gli USA prenderebbero l’occasione al balzo per mostrare i propri muscoli: Russia e Cina sono troppo forti ma l’Iran no...
So che ci sono stati malumori per la scelta di questa sede, in particolare perché, al pari dell’Arabia Saudita, non sono campioni di diritti umani né di quelli della donna per non parlare degli omosessuali. Ma si sa, viviamo nell’epoca in cui il bene è il denaro e in Qatar ne hanno parecchio di bene, cioè di denaro. Quindi FIFA e compagnia, che in genere mi sfrangono le p#### con ipocriti motti contro razzismo, rispetto delle donne e simili, fanno finta di nulla, fischiettano, tengono le mani in tasca e guardano il cielo. Il denaro fa sorvolare su questi dettagli: anzi oggi mi è parso di sentire un’apologia di queste discriminazioni: qualcosa del tipo “difendono le loro tradizioni culturali” o simili: suppongo che la giornalista che ha tentato questa difesa si sia così guadagnata un paio di Rolex: regali ovvio, mica corruzione!
Viva la coerenza.
A questo panorama si aggiunge la notizia che circa 6.000 operai stranieri, impegnati nella costruzione degli impianti per i mondiali, sono morti a causa delle condizioni di lavoro non proprio sicure. Prima di tutto bisognerebbe sapere quali sono le fonti di questa notizie: come ho recentemente imparato anche le organizzazioni umanitarie non sono sempre imparziali ma, spesso, almeno alcune di queste, sono usate per fare propaganda. Però essendo il Qatar vicino agli USA queste notizie non dovrebbero essere false: ammetto però di non saperne abbastanza per giudicare con cognizione di causa.
Comunque anche in questo caso il denaro ha spinto in secondo, anzi in terzo piano la questione…
Mi chiedevo però, al di là del fatto sportivo, se ci potrebbero essere dei risvolti geopolitici: pensavo ad attentati per la precisione.
Di sicuro le misure di sicurezza saranno ottime: un altro vantaggio dato dal denaro, però…
Però, lo scrivevo già in estate, molte armi destinate all’Ucraina sono finite al mercato nero: anche ottime misure di sicurezza potrebbero avere problemi a contrastare delle moderne armi da guerra. Pensavo a missili Stinger (anti-aereo) e Javelin (anti-carro).
Ma il maggior impatto ci sarebbe se fosse colpito uno stadio durante una partita: e per fare questo cosa c’è di meglio di un piccolo stormo di droni suicidi? Ne basterebbe uno per provocare una strage e relativo panico (e relativa strage provocata dal panico). Oltretutto molti di questi droni sono a lunghissimo raggio: potrebbero partire dallo Yemen? Non ne ho idea… Di sicuro l’Iran è vicino ma non credo che sarebbero così matti da commettere un atto così plateale. Ma Al Qaeda? È da parecchio che non se ne sente più parlare ma questa potrebbe essere una buona occasione per tornare sotto la luce dei riflettori.
Le partite più a rischio in questo caso sarebbero quelle con gli USA e l’Arabia Saudita, in misura minore quelle con squadre dell’Europa occidentale tipo Francia, UK o Germania.
Ovviamente la probabilità di questo pericolo dovrebbe essere bassa ma non credo nulla: anzi direi che siamo su un significativo 5%. Il fatto è che mentre stati vicini al terrorismo come l’Iran non hanno in questo momento interesse ad alzare il livello di tensione internazionale (l’Iran vuole entrare nei Brics, non rischiare di essere bombardato! (*1)) ma la maggiore reperibilità di armi da guerra potrebbe renderle disponibili anche a gruppi terroristici relativamente indipendenti e con i propri obiettivi.
Conclusione: io pensò che farò il tifo per la Serbia: ci giocano un sacco di calciatori italiani (di cui ben due della Fiorentina) e, politicamente, sono vicini alla Russia. Probabilmente superare il girone come secondi dietro al Brasile potrebbe essere fattibile ma dubito possano andare troppo più in là...
Nota (*1): anzi, in caso di droni “apparentemente” partiti dall’Iran, io sospetterei di Israele. Hanno sale in zucca e sono (molto) cinici. Sanno che se si rafforza il legame fra Iran e Russia e/o se l’Iran entrasse nei BRICS poi non potrebbero più spadroneggiare in Medio Oriente. È quindi plausibile che Israele veda il rafforzamento politico dell’Iran come una minaccia concreta a lungo termine alla propria esistenza e, quindi, decida di intervenire per sventarla. Del resto in questa momento alla Casa Bianca abbiamo Capitan Babbeo che non aspetta altro che commettere qualche altra idiozia per dare ulteriore spolvero al proprio disastroso mandato. È possibile che gli USA prenderebbero l’occasione al balzo per mostrare i propri muscoli: Russia e Cina sono troppo forti ma l’Iran no...
lunedì 21 novembre 2022
Un bravo maestro!
Negli ultimi due-tre giorni mi sono messo a vedere molti video intervista/lezione di Seymour Bernstein un famoso pianista statunitense oggi 95enne.
Pur non avendo mai studiato pianoforte ho trovato comunque questi video interessantissimi e piacevoli da seguire.
Ecco quindi davvero un bravo maestro: riesce a coinvolgere anche chi non sa niente della materia che insegna!
Propongo il seguente video perché mi fido del suo titolo:
Progressi - 23/11/2022
I miei progressi nella nuova revisione dell’Epitome sono molto lenti. Del resto odio rileggere e correggere quanto ho già scritto: lo trovo noiosissimo.
Sfortunatamente è necessario per rendere il mio testo leggibile. In realtà la maggioranza delle mie modifiche sono delle semplici semplificazioni o, magari, dei chiarimenti aggiuntivi, molto raramente delle correzioni vere e proprie. Soprattutto le parti che ho già letto e corretto varie volte iniziano a essere accettabili…
Comunque, per farla breve, sono ancora a rileggere il capitolo 3: sigh!
Il progetto parallelo, quello che dovrebbe servire a cercare di diffondere un po’ l’Epitome, è invece fermo. Gli unici progressi sono sulla sostituzione del mio soprannome “KGB”.
L’avrei dovuto fare comunque ma, data l’attuale situazione politica, firmarmi come "KGB" sarebbe inutilmente fuorviante. Ho deciso quindi di trovarmi uno pseudonimo le cui iniziali diano “KGB”: mi pare un compromesso accettabile. Per “G” e “B” pensavo a “Giusto (nome) Bene (cognome)”: il problema è la K. Pensavo a “Koala” o “Karma” da anteporre come soprannome: ma ancora non sono sicuro di cosa scegliere: probabilmente proverò a scorrere il vocabolario in cerca di idee…
Invece ieri e oggi sono andato avanti col racconto di Strabuccinator: ero bruciato ed esaurito ma dopo questa pausa mi sono venute molte buone idee e mi sono sbloccato da un episodio un po’ complicato.
Oramai non mi dovrebbe mancare moltissimo. La scena attuale è ben avviata, mi rimane solo l’ultima non ben definita mentre il finale è già scritto (e secondo me molto bellino). Ah! sono a 128 pagine…
Nessuna intelligenza?! - 25/11/2022
Cioè io non ho scritto un pezzo sull’intelligenza??
O forse, siccome sono sveglio, mi sono dimenticato di aggiungervi il marcatore “Intelligenza”?
Oggi ne parlavo con un amico scoprendo con piacere che la sua definizione di intelligenza è molto simile alla mia: così gli ho detto qualcosa del tipo: “Quando torno a casa ti mando il collegamento a un mio pezzo dove scrivo le stesse cose che dici tu!”.
Ormai sono talmente abituato ad aver scritto un po’ di tutto che do per scontato di averlo fatto su argomenti basilari come questo. È il tipico argomento di cui dovrei aver scritto nei primi due anni di vita di questo ghiribizzo…
Fatto sta che non ho trovato nessun specifico pezzo su questo argomento.
Oggi volevo scrivere d’altro ma nei prossimi giorni probabilmente (se me lo ricordo!) ci scriverò un articolo completo…
Che stelle! - 25/11/2022
Vedere le stelle d’inverno non è facile: ci sono sempre le nuvole o, peggio, piove…
Però qualche giorno fa ho trovato una serata fantastica! Il cielo era notevolmente più limpido che in estate: avevo chiara la sensazione di riconoscere il colore delle stelle più grandi. Marte poi era veramente rosso!
Non so se ha senso (magari era solo una mia sensazione illusoria) ma invece di vedere più stelle mi sembrava che le solite fossero molto più nitide del solito. Veramente eccezionali!
Il problema di poter vedere le stelle raramente è che giorno per giorno la frazione di cielo notturno che posso vedere ruota (lo so che non ruota, ma avete capito cosa intendo!) intorno alla stella Polare col risultato che ne trovo troppe nuove da imparare tutte insieme…
Comunque per adesso mi diverto così: ultimamente è divenuta visibile Aldebaran e Rigel è fra le frasche di un albero, Betalgeuse dietro una balza…
Stalkerato? - 2/12/2022
Ogni tanto osservando le statistiche di Blogspot mi chiedo chi mi legga.
I lettori umani che mi seguono quotidianamente sono appena una dozzina ai quali si deve aggiungere un costante flusso di lettori occasionali che Google vomita sulle mie vecchie pagine (specialmente se hanno foto!).
Insomma alla fine le visite quotidiane saranno una cinquantina se si escludono strani picchi più o meno frequenti. In genere spiego tali anomalie come causate da programmi automatici che setacciano il mio ghiribizzo alla ricerca di chissà cosa.
Altre volte però l’anomalia non è altrettanto facilmente spiegabile. Per esempio oggi ho notato queste statistiche per gli ultimi sette giorni:
Tutti i pezzi sono piuttosto recenti e, a occhio, letti dai miei soliti lettori indefessi. In questo caso l’eccezione è invece un vecchio articolo (aprile 2018) Ancora sull’imperativo categorico: un bel pezzo dove mi pare di risolvere, a modo mio ovviamente, un apparente paradosso filosofico derivante dall’applicazione dell’imperativo categorico di Kant.
Se si vanno a vedere i dettagli si osserva qualcosa di ancora più strano:
In pratica le visite non sono concentrate in un unico giorno, come di solito mi pare che accada per questo genere di anomalie, ma sono omogeneamente distribuite negli ultimi giorni…
Come spiegare questo piccolo mistero (*1)? Onestamente non saprei…
Mi piace immaginare che un insegnante di liceo abbia fatto leggere quel mio pezzo alle sue diverse classi, magari come base per un tema o spunto di partenza per qualche ricerca. Ma in questo caso il numero di visite, soprattutto la loro regolarità, non mi pare compatibile con la mia ipotesi...
Nota (*1): se avessi strumenti come “Google Analytics” potrei avere informazioni extra ma ho tolto tutti le estensioni non “di fabbrica” dal mio ghiribizzo perché non ho voglia di impazzire con il (folle) avviso sui cookies...
Pur non avendo mai studiato pianoforte ho trovato comunque questi video interessantissimi e piacevoli da seguire.
Ecco quindi davvero un bravo maestro: riesce a coinvolgere anche chi non sa niente della materia che insegna!
Propongo il seguente video perché mi fido del suo titolo:
Progressi - 23/11/2022
I miei progressi nella nuova revisione dell’Epitome sono molto lenti. Del resto odio rileggere e correggere quanto ho già scritto: lo trovo noiosissimo.
Sfortunatamente è necessario per rendere il mio testo leggibile. In realtà la maggioranza delle mie modifiche sono delle semplici semplificazioni o, magari, dei chiarimenti aggiuntivi, molto raramente delle correzioni vere e proprie. Soprattutto le parti che ho già letto e corretto varie volte iniziano a essere accettabili…
Comunque, per farla breve, sono ancora a rileggere il capitolo 3: sigh!
Il progetto parallelo, quello che dovrebbe servire a cercare di diffondere un po’ l’Epitome, è invece fermo. Gli unici progressi sono sulla sostituzione del mio soprannome “KGB”.
L’avrei dovuto fare comunque ma, data l’attuale situazione politica, firmarmi come "KGB" sarebbe inutilmente fuorviante. Ho deciso quindi di trovarmi uno pseudonimo le cui iniziali diano “KGB”: mi pare un compromesso accettabile. Per “G” e “B” pensavo a “Giusto (nome) Bene (cognome)”: il problema è la K. Pensavo a “Koala” o “Karma” da anteporre come soprannome: ma ancora non sono sicuro di cosa scegliere: probabilmente proverò a scorrere il vocabolario in cerca di idee…
Invece ieri e oggi sono andato avanti col racconto di Strabuccinator: ero bruciato ed esaurito ma dopo questa pausa mi sono venute molte buone idee e mi sono sbloccato da un episodio un po’ complicato.
Oramai non mi dovrebbe mancare moltissimo. La scena attuale è ben avviata, mi rimane solo l’ultima non ben definita mentre il finale è già scritto (e secondo me molto bellino). Ah! sono a 128 pagine…
Nessuna intelligenza?! - 25/11/2022
Cioè io non ho scritto un pezzo sull’intelligenza??
O forse, siccome sono sveglio, mi sono dimenticato di aggiungervi il marcatore “Intelligenza”?
Oggi ne parlavo con un amico scoprendo con piacere che la sua definizione di intelligenza è molto simile alla mia: così gli ho detto qualcosa del tipo: “Quando torno a casa ti mando il collegamento a un mio pezzo dove scrivo le stesse cose che dici tu!”.
Ormai sono talmente abituato ad aver scritto un po’ di tutto che do per scontato di averlo fatto su argomenti basilari come questo. È il tipico argomento di cui dovrei aver scritto nei primi due anni di vita di questo ghiribizzo…
Fatto sta che non ho trovato nessun specifico pezzo su questo argomento.
Oggi volevo scrivere d’altro ma nei prossimi giorni probabilmente (se me lo ricordo!) ci scriverò un articolo completo…
Che stelle! - 25/11/2022
Vedere le stelle d’inverno non è facile: ci sono sempre le nuvole o, peggio, piove…
Però qualche giorno fa ho trovato una serata fantastica! Il cielo era notevolmente più limpido che in estate: avevo chiara la sensazione di riconoscere il colore delle stelle più grandi. Marte poi era veramente rosso!
Non so se ha senso (magari era solo una mia sensazione illusoria) ma invece di vedere più stelle mi sembrava che le solite fossero molto più nitide del solito. Veramente eccezionali!
Il problema di poter vedere le stelle raramente è che giorno per giorno la frazione di cielo notturno che posso vedere ruota (lo so che non ruota, ma avete capito cosa intendo!) intorno alla stella Polare col risultato che ne trovo troppe nuove da imparare tutte insieme…
Comunque per adesso mi diverto così: ultimamente è divenuta visibile Aldebaran e Rigel è fra le frasche di un albero, Betalgeuse dietro una balza…
Stalkerato? - 2/12/2022
Ogni tanto osservando le statistiche di Blogspot mi chiedo chi mi legga.
I lettori umani che mi seguono quotidianamente sono appena una dozzina ai quali si deve aggiungere un costante flusso di lettori occasionali che Google vomita sulle mie vecchie pagine (specialmente se hanno foto!).
Insomma alla fine le visite quotidiane saranno una cinquantina se si escludono strani picchi più o meno frequenti. In genere spiego tali anomalie come causate da programmi automatici che setacciano il mio ghiribizzo alla ricerca di chissà cosa.
Altre volte però l’anomalia non è altrettanto facilmente spiegabile. Per esempio oggi ho notato queste statistiche per gli ultimi sette giorni:
Tutti i pezzi sono piuttosto recenti e, a occhio, letti dai miei soliti lettori indefessi. In questo caso l’eccezione è invece un vecchio articolo (aprile 2018) Ancora sull’imperativo categorico: un bel pezzo dove mi pare di risolvere, a modo mio ovviamente, un apparente paradosso filosofico derivante dall’applicazione dell’imperativo categorico di Kant.
Se si vanno a vedere i dettagli si osserva qualcosa di ancora più strano:
In pratica le visite non sono concentrate in un unico giorno, come di solito mi pare che accada per questo genere di anomalie, ma sono omogeneamente distribuite negli ultimi giorni…
Come spiegare questo piccolo mistero (*1)? Onestamente non saprei…
Mi piace immaginare che un insegnante di liceo abbia fatto leggere quel mio pezzo alle sue diverse classi, magari come base per un tema o spunto di partenza per qualche ricerca. Ma in questo caso il numero di visite, soprattutto la loro regolarità, non mi pare compatibile con la mia ipotesi...
Nota (*1): se avessi strumenti come “Google Analytics” potrei avere informazioni extra ma ho tolto tutti le estensioni non “di fabbrica” dal mio ghiribizzo perché non ho voglia di impazzire con il (folle) avviso sui cookies...
La grande coincidenza
Come i miei lettori avranno notato sono sempre affascinato dalle coincidenze, dalla serendipità.
Ebbene forse la coincidenza più grande è quella che ha portato alla stesura della mia Epitome.
Proviamo a riepilogarne i vari elementi che hanno contribuito.
1. La decisione di scrivere questo ghiribizzo: come spiego nella mia introduzione l’Epitome nasce come strumento al servizio del ghiribizzo per facilitare il lettore. L’idea era di fornirgli un unico riferimento, con tutte le informazioni utili, invece di farlo perdere in una giungla di collegamenti a vecchi pezzi i quali, a loro volta, ne richiamavano altri.
2. Mio zio Gip: del quale ho imparato il modo di pensare e riflettere, di collegare insieme oscure informazioni, di riapplicarle a realtà completamente diverse: la norma per gli INTP e mio zio di sicuro lo era. In verità quando era ancora in vita mi sono limitato ad ammirare questa sua capacità ma mi mancava (e mi manca!) la preparazione culturale per imitarla.
3. L’eredità di mio zio Gip: fondamentali a risvegliare il mio spirito investigativo, la volontà di chiarirmi delle problematiche sempre più complesse ed essenziali, sono stati i libri che mi ha lasciato. Se voglio leggere un classico spesso l’ho già disponibile nella mia libreria (poi magari non lo trovo e lo ricompro ma questo è un altro discorso!) oppure mi basta aprirne uno a caso e vi imparo sempre qualcosa di utile.
4. La memoria: leggere libri sarebbe inutile senza ricordarsene il contenuto. Da questo punto di vista ritorna in gioco il punto 1: in molti pezzi cerco di spiegare con parole mie i concetti che più mi colpiscono di quanto leggo: questo mi aiuta a cementarli nella memoria.
5. Anki: ma la mia memoria non sarebbe stata comunque all’altezza del compito se non avessi scoperto e usato quotidianamente il programma Anki. Di natura ho buona memoria ma, come fosse un muscolo, se non la si esercita essa tende a perdere forza, cioè precisione e prontezza.
6. Collegare tutto insieme: di nuovo è fondamentale la memoria per avere a disposizione i dati da potenzialmente collegare insieme, ma occorre anche l’intuizione e la fantasia per farlo. Questo dipende da come è costruita la nostra mente. Agli INTP viene naturale.
7. La pertinacia: la prima versione dell’Epitome è della fine del 2016. In pratica sono sei anni che ci lavoro: se mi fossi fermato alla prima versione (appena 80 pagine invece delle oltre 450 attuali) sarebbe stata un’opera con qualche spunto interessante ma niente di più. Ma la voglia di perfezionarla non mi ha mai lasciato: non so quanto questa determinazione sia comune ma vedo che nella storia sono relativamente frequenti i casi di autori che per gran parte della loro vita hanno costantemente continuato a sviluppare o ritoccare una propria opera.
8. L’indipendenza di pensiero: non avrei potuto scrivere quasi niente dell’Epitome se mi fossi dovuto preoccupare di ciò che ne avrebbero pensato gli “altri”. Non è che il pensiero altrui non mi interessi (anzi!) ma non mi faccio condizionare da esso. Per esempio non prendendo mai per buono quanto mi viene detto (*1). In parte questo tipo di apertura mentale è tipico degli INTP ma io credo di essere un caso estremo anche all’interno di tale gruppo.
Senza anche solo uno di questi fattori l’Epitome non sarebbe potuta nascere o, comunque, sarebbe stato qualcosa di molto più semplice ed elaborato della versione attuale: sarebbe stata una frittata invece che una torta!
Proviamo quindi a stimare quanto fosse probabile la nascita dell’Epitome considerando i vari fattori come indipendenti fra loro (ipotesi errata in realtà perché tutti essi dipendono dall'elemento comune "KGB", ma vedrò di mitigare il problema stimando sempre ampiamente per eccesso).
1. Qual è la probabilità che io mi mettessi a scrivere un ghiribizzo. Fra le mie poche conoscenze molti ne hanno iniziato uno ma pochi hanno perseverato come ho fatto io. Diciamo quindi 1% probabilmente molto per eccesso.
2. Lo zio Gip: farò finta che, più o meno corrisponda alla probabilità di nascere INTP. Secondo Google, per gli uomini, è il 5%. Ovviamente mi sto divertendo a fare una grossa approssimazione: non considero la probabilità che mio zio fosse maschio e non femmina; oppure che fossi ragionevolmente vicino a lui da esserne influenzato etc. per una miriade di altri fattori imponderabili.
3. Appunto. Che probabilità metto qui: vediamo se trovo la probabilità per un uomo di non avere figli in Italia. Ho trovato dei dati di un vecchio articolo (2017) del Corriere e che mi riaggiusto a “occhio” considerando la sua età. Mi viene il 10%: mi sembra comunque tanto ma i dati sono questi…
4. La mia memoria: bo direi che è molto più buona della media ma non eccezionale (mio zio l’aveva di gran lunga superiore). Comunque credo di rientrare nell’1% migliore.
5. Anki. Questa probabilità è difficilissima da stimare e credo sia corretto equipararla alla probabilità di volere rafforzare la propria memoria (se lo vuoi e cerchi su Google di sicuro ti compare anche il collegamento ad Anki). Perché avevo questa volontà, anzi direi quasi ossessione?
Qui abbiamo tutta una serie di coincidenze che mi portarono a far uso per anni di un farmaco, il Surmontil, che mi distrusse la memoria: quando smisi di prenderlo e me ne resi conto iniziò la mia ossessione per cercare di recuperare quanto perso. Qui le catene di coincidenze sono talmente tante e così assurde… diciamo 1% ma vado per eccesso: secondo me una stima più corretta sarebbe maggiormente prossima allo 0,01%!
6. La probabilità che io sia INTP: 5%.
7. La pertinacia: bo, non ho idea di quanto la mia sia comune. Diciamo 20%? Pensavo 10% ma volendo approssimare per eccesso…
8. Di nuovo la probabilità di essere INTP: non la voglio considerare due volte e quindi stimo solo la probabilità di essere particolarmente intellettualmente indipendente: 25%.
Vediamo cosa viene fuori a moltiplicare insieme queste probabilità per eccesso:
1% * 5% * 10% * 1% * 1% * 5% * 20% * 25% =
...se ho fatto bene i conti, a: 75*10^(-13) cioè 0,0000000000075 ovvero 0,00000000075%
Al netto delle mie approssimazioni grossolane e più o meno verosimili direi che l’Epitome non avrebbe dovuto nascere: le coincidenze che hanno portato alla sua creazione sono troppo improbabili!
Che cosa se ne deve concludere?
Da un punto di vista puramente logico, al quale consiglio il lettore di attenersi, assolutamente niente.
Io, KGB, nel mio piccolo vi vedo invece la mano del destino. Inevitabilmente, non so come né quando (probabilmente, per farmi rabbia, dopo la mia morte!), ma sento che prima o poi la mia opera riuscirà ad avere la diffusione che merita. Non so: probabilmente è solo una mia illusione che mi aiuta a continuare a lavorarci nonostante la quasi totale mancanza di incoraggiamenti, però vi credo e alla fine questo è ciò che conta.
Conclusione: mi chiedo se mi sia scordato qualche fattore che abbia contribuito in maniera decisiva alla stesura dell’Epitome. È possibile: ma non cambierebbe l’essenza della sua improbabilità e, anzi, l’incrementerebbe...
Nota (*1): altrove ho scritto che questo mi succedeva anche alle lezioni universitarie dove rimanevo scettico anche dell’insegnamento dei miei professori e che un giorno, a un esame, uno di essi se ne accorse e si “irritò” molto con me!
Ebbene forse la coincidenza più grande è quella che ha portato alla stesura della mia Epitome.
Proviamo a riepilogarne i vari elementi che hanno contribuito.
1. La decisione di scrivere questo ghiribizzo: come spiego nella mia introduzione l’Epitome nasce come strumento al servizio del ghiribizzo per facilitare il lettore. L’idea era di fornirgli un unico riferimento, con tutte le informazioni utili, invece di farlo perdere in una giungla di collegamenti a vecchi pezzi i quali, a loro volta, ne richiamavano altri.
2. Mio zio Gip: del quale ho imparato il modo di pensare e riflettere, di collegare insieme oscure informazioni, di riapplicarle a realtà completamente diverse: la norma per gli INTP e mio zio di sicuro lo era. In verità quando era ancora in vita mi sono limitato ad ammirare questa sua capacità ma mi mancava (e mi manca!) la preparazione culturale per imitarla.
3. L’eredità di mio zio Gip: fondamentali a risvegliare il mio spirito investigativo, la volontà di chiarirmi delle problematiche sempre più complesse ed essenziali, sono stati i libri che mi ha lasciato. Se voglio leggere un classico spesso l’ho già disponibile nella mia libreria (poi magari non lo trovo e lo ricompro ma questo è un altro discorso!) oppure mi basta aprirne uno a caso e vi imparo sempre qualcosa di utile.
4. La memoria: leggere libri sarebbe inutile senza ricordarsene il contenuto. Da questo punto di vista ritorna in gioco il punto 1: in molti pezzi cerco di spiegare con parole mie i concetti che più mi colpiscono di quanto leggo: questo mi aiuta a cementarli nella memoria.
5. Anki: ma la mia memoria non sarebbe stata comunque all’altezza del compito se non avessi scoperto e usato quotidianamente il programma Anki. Di natura ho buona memoria ma, come fosse un muscolo, se non la si esercita essa tende a perdere forza, cioè precisione e prontezza.
6. Collegare tutto insieme: di nuovo è fondamentale la memoria per avere a disposizione i dati da potenzialmente collegare insieme, ma occorre anche l’intuizione e la fantasia per farlo. Questo dipende da come è costruita la nostra mente. Agli INTP viene naturale.
7. La pertinacia: la prima versione dell’Epitome è della fine del 2016. In pratica sono sei anni che ci lavoro: se mi fossi fermato alla prima versione (appena 80 pagine invece delle oltre 450 attuali) sarebbe stata un’opera con qualche spunto interessante ma niente di più. Ma la voglia di perfezionarla non mi ha mai lasciato: non so quanto questa determinazione sia comune ma vedo che nella storia sono relativamente frequenti i casi di autori che per gran parte della loro vita hanno costantemente continuato a sviluppare o ritoccare una propria opera.
8. L’indipendenza di pensiero: non avrei potuto scrivere quasi niente dell’Epitome se mi fossi dovuto preoccupare di ciò che ne avrebbero pensato gli “altri”. Non è che il pensiero altrui non mi interessi (anzi!) ma non mi faccio condizionare da esso. Per esempio non prendendo mai per buono quanto mi viene detto (*1). In parte questo tipo di apertura mentale è tipico degli INTP ma io credo di essere un caso estremo anche all’interno di tale gruppo.
Senza anche solo uno di questi fattori l’Epitome non sarebbe potuta nascere o, comunque, sarebbe stato qualcosa di molto più semplice ed elaborato della versione attuale: sarebbe stata una frittata invece che una torta!
Proviamo quindi a stimare quanto fosse probabile la nascita dell’Epitome considerando i vari fattori come indipendenti fra loro (ipotesi errata in realtà perché tutti essi dipendono dall'elemento comune "KGB", ma vedrò di mitigare il problema stimando sempre ampiamente per eccesso).
1. Qual è la probabilità che io mi mettessi a scrivere un ghiribizzo. Fra le mie poche conoscenze molti ne hanno iniziato uno ma pochi hanno perseverato come ho fatto io. Diciamo quindi 1% probabilmente molto per eccesso.
2. Lo zio Gip: farò finta che, più o meno corrisponda alla probabilità di nascere INTP. Secondo Google, per gli uomini, è il 5%. Ovviamente mi sto divertendo a fare una grossa approssimazione: non considero la probabilità che mio zio fosse maschio e non femmina; oppure che fossi ragionevolmente vicino a lui da esserne influenzato etc. per una miriade di altri fattori imponderabili.
3. Appunto. Che probabilità metto qui: vediamo se trovo la probabilità per un uomo di non avere figli in Italia. Ho trovato dei dati di un vecchio articolo (2017) del Corriere e che mi riaggiusto a “occhio” considerando la sua età. Mi viene il 10%: mi sembra comunque tanto ma i dati sono questi…
4. La mia memoria: bo direi che è molto più buona della media ma non eccezionale (mio zio l’aveva di gran lunga superiore). Comunque credo di rientrare nell’1% migliore.
5. Anki. Questa probabilità è difficilissima da stimare e credo sia corretto equipararla alla probabilità di volere rafforzare la propria memoria (se lo vuoi e cerchi su Google di sicuro ti compare anche il collegamento ad Anki). Perché avevo questa volontà, anzi direi quasi ossessione?
Qui abbiamo tutta una serie di coincidenze che mi portarono a far uso per anni di un farmaco, il Surmontil, che mi distrusse la memoria: quando smisi di prenderlo e me ne resi conto iniziò la mia ossessione per cercare di recuperare quanto perso. Qui le catene di coincidenze sono talmente tante e così assurde… diciamo 1% ma vado per eccesso: secondo me una stima più corretta sarebbe maggiormente prossima allo 0,01%!
6. La probabilità che io sia INTP: 5%.
7. La pertinacia: bo, non ho idea di quanto la mia sia comune. Diciamo 20%? Pensavo 10% ma volendo approssimare per eccesso…
8. Di nuovo la probabilità di essere INTP: non la voglio considerare due volte e quindi stimo solo la probabilità di essere particolarmente intellettualmente indipendente: 25%.
Vediamo cosa viene fuori a moltiplicare insieme queste probabilità per eccesso:
1% * 5% * 10% * 1% * 1% * 5% * 20% * 25% =
...se ho fatto bene i conti, a: 75*10^(-13) cioè 0,0000000000075 ovvero 0,00000000075%
Al netto delle mie approssimazioni grossolane e più o meno verosimili direi che l’Epitome non avrebbe dovuto nascere: le coincidenze che hanno portato alla sua creazione sono troppo improbabili!
Che cosa se ne deve concludere?
Da un punto di vista puramente logico, al quale consiglio il lettore di attenersi, assolutamente niente.
Io, KGB, nel mio piccolo vi vedo invece la mano del destino. Inevitabilmente, non so come né quando (probabilmente, per farmi rabbia, dopo la mia morte!), ma sento che prima o poi la mia opera riuscirà ad avere la diffusione che merita. Non so: probabilmente è solo una mia illusione che mi aiuta a continuare a lavorarci nonostante la quasi totale mancanza di incoraggiamenti, però vi credo e alla fine questo è ciò che conta.
Conclusione: mi chiedo se mi sia scordato qualche fattore che abbia contribuito in maniera decisiva alla stesura dell’Epitome. È possibile: ma non cambierebbe l’essenza della sua improbabilità e, anzi, l’incrementerebbe...
Nota (*1): altrove ho scritto che questo mi succedeva anche alle lezioni universitarie dove rimanevo scettico anche dell’insegnamento dei miei professori e che un giorno, a un esame, uno di essi se ne accorse e si “irritò” molto con me!
domenica 20 novembre 2022
Appunti darwiniani
Continuo nella mia lettura di Darwin.
Le mie sensazioni sono contrastanti. Da un lato il concetto della selezione naturale è ormai stato così profondamente assimilato nella nostra cultura che tutto sembra ovvio. L’acribia con cui espone le sue tesi passo passo sembra eccessiva e complessivamente mi annoia.
Mi pare che Darwin abbia avuto la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto con numerose prove che si stavano accumulando su più campi di ricerca e che puntavano tutte nella stessa direzione, ovvero quella della selezione naturale.
Ma magari è stato bravo Darwin a trovarle e ad allinearle correttamente: di sicuro la sua monumentale elaborazione del materiale esistente ha il merito di lasciare poco spazio a eventuali dubbi.
Alla fine però, ciò che più apprezzo, è quando mi imbatto in un concetto nuovo (o che magari non ricordavo, o che magari avevo solo intuito) e che abbia possibilità di applicazione, come spesso avviene, in altri campi.
Di uno ho già accennato in un altro pezzo: la massima competizione che un individuo deve affrontare è con gli altri membri della sua propria razza. Questo perché la nicchia ecologica è esattamente la stessa. Stavo per fare un esempio confrontando uomini e piccioni ma poi mi sono reso conto che sarebbe stato troppo ridicolo! Il fatto è che se gli uomini facessero i nidi sui tetti o se, vice versa, i piccioni occupassero abusivamente gli appartamenti in città (e fosse difficilissimo sfrattarli!) ecco che le due razze si darebbero molta più noia a vicenda: ma in realtà la vita dei piccioni ci è totalmente indifferente e, al massimo, ci disturbano le loro deiezioni e il loro grugare solo se si fermano sul nostro terrazzo.
Ma in realtà oggi volevo evidenziare un altro concetto che non conoscevo e che mi pare generalizzabile.
Secondo Darwin una specie è più individualmente variabile (e quindi più prona alla diversificazione in diverse varietà) più è numerosa ed è più numerosa quanto più è vasto l’habitat in cui vive. Un habitat più vasto inoltre aumenta la competizione che, a sua volta, spinge l’evoluzione.
Per questo motivo le specie che si evolvono sulle isole sono più vulnerabili a quelle continentali che, nel tempo si sono maggiormente evolute. Oppure, sempre secondo Darwin, i pesci di acqua dolce rispetto a quelli che vivono nei mari e negli oceani.
In particolare nelle specie australiane (e l’Australia può essere vista come una grande isola) Darwin crede di vedervi delle diversificazioni che nel continente euroasiatico sono invece già avvenute.
Personalmente arricchirei il concetto della velocità di evoluzione in relazione alla pura vastità geografica dell’habitat con quello di energia. Mentre leggevo Darwin ho infatti immediatamente pensato all’Antartide che, nonostante sia enorme, ha decisamente meno specie di altri luoghi.
Quindi io perfezionerei la relazione così: la velocità di evoluzione è legata all’estensione dell’habitat moltiplicato la quantità di energia (solare) per unità di superficie. Insomma a parità di territorio l’evoluzione ai tropici è maggiore di quella in altri luoghi.
Ma quello che veramente mi piace di queste leggi è che la loro applicabilità è decisamente generale: sono (forse!) state scoperte/intuite per la prima volta in biologia ma mi pare si possano applicare a ogni scienza naturale. Magari in economia: la concorrenza si ha fra le aziende più simili fra loro. È massima fra due pizzerie limitrofe, è già minore fra una pizzeria e un ristorante cinese ed è praticamente nulla fra una pizzeria e un giornalaio. Oppure, per la seconda legge qui esposta, la competitività (evoluzione) di aziende che operano sul mercato globale è maggiore di quelle protette da un’economia chiusa.
Ovviamente però io ho soprattutto in mente la mia teoria: la prima legge vista qui sopra si applica pari pari ai gruppi sociali e quindi ai relativi poteri. Ma anche la seconda, opportunamente rivista e corretta, credo possa avere un senso nel contesto dell’Epitome.
Per esempio la disgregazione di un parapotere assolutamente dominante ([E] 5.11) può essere interpretata come la nascita di nuove varietà (per Darwin la differenziazione iniziale che può portare a nuove specie) all’interno di una specie dovuta all’alto numero dei suoi individui.
Ma credo che, pensandoci, arriverò ad altre analogie utili...
Conclusione: per adesso “L’evoluzione della specie” di Darwin è un po’ noioso quando affronta con eccessiva dovizia di dettagli il concetto, ormai ben noto a tutti, dell’evoluzione naturale ma però regala anche dei concetti molto utili perché applicabili anche in contesti enormemente diversi.
Le mie sensazioni sono contrastanti. Da un lato il concetto della selezione naturale è ormai stato così profondamente assimilato nella nostra cultura che tutto sembra ovvio. L’acribia con cui espone le sue tesi passo passo sembra eccessiva e complessivamente mi annoia.
Mi pare che Darwin abbia avuto la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto con numerose prove che si stavano accumulando su più campi di ricerca e che puntavano tutte nella stessa direzione, ovvero quella della selezione naturale.
Ma magari è stato bravo Darwin a trovarle e ad allinearle correttamente: di sicuro la sua monumentale elaborazione del materiale esistente ha il merito di lasciare poco spazio a eventuali dubbi.
Alla fine però, ciò che più apprezzo, è quando mi imbatto in un concetto nuovo (o che magari non ricordavo, o che magari avevo solo intuito) e che abbia possibilità di applicazione, come spesso avviene, in altri campi.
Di uno ho già accennato in un altro pezzo: la massima competizione che un individuo deve affrontare è con gli altri membri della sua propria razza. Questo perché la nicchia ecologica è esattamente la stessa. Stavo per fare un esempio confrontando uomini e piccioni ma poi mi sono reso conto che sarebbe stato troppo ridicolo! Il fatto è che se gli uomini facessero i nidi sui tetti o se, vice versa, i piccioni occupassero abusivamente gli appartamenti in città (e fosse difficilissimo sfrattarli!) ecco che le due razze si darebbero molta più noia a vicenda: ma in realtà la vita dei piccioni ci è totalmente indifferente e, al massimo, ci disturbano le loro deiezioni e il loro grugare solo se si fermano sul nostro terrazzo.
Ma in realtà oggi volevo evidenziare un altro concetto che non conoscevo e che mi pare generalizzabile.
Secondo Darwin una specie è più individualmente variabile (e quindi più prona alla diversificazione in diverse varietà) più è numerosa ed è più numerosa quanto più è vasto l’habitat in cui vive. Un habitat più vasto inoltre aumenta la competizione che, a sua volta, spinge l’evoluzione.
Per questo motivo le specie che si evolvono sulle isole sono più vulnerabili a quelle continentali che, nel tempo si sono maggiormente evolute. Oppure, sempre secondo Darwin, i pesci di acqua dolce rispetto a quelli che vivono nei mari e negli oceani.
In particolare nelle specie australiane (e l’Australia può essere vista come una grande isola) Darwin crede di vedervi delle diversificazioni che nel continente euroasiatico sono invece già avvenute.
Personalmente arricchirei il concetto della velocità di evoluzione in relazione alla pura vastità geografica dell’habitat con quello di energia. Mentre leggevo Darwin ho infatti immediatamente pensato all’Antartide che, nonostante sia enorme, ha decisamente meno specie di altri luoghi.
Quindi io perfezionerei la relazione così: la velocità di evoluzione è legata all’estensione dell’habitat moltiplicato la quantità di energia (solare) per unità di superficie. Insomma a parità di territorio l’evoluzione ai tropici è maggiore di quella in altri luoghi.
Ma quello che veramente mi piace di queste leggi è che la loro applicabilità è decisamente generale: sono (forse!) state scoperte/intuite per la prima volta in biologia ma mi pare si possano applicare a ogni scienza naturale. Magari in economia: la concorrenza si ha fra le aziende più simili fra loro. È massima fra due pizzerie limitrofe, è già minore fra una pizzeria e un ristorante cinese ed è praticamente nulla fra una pizzeria e un giornalaio. Oppure, per la seconda legge qui esposta, la competitività (evoluzione) di aziende che operano sul mercato globale è maggiore di quelle protette da un’economia chiusa.
Ovviamente però io ho soprattutto in mente la mia teoria: la prima legge vista qui sopra si applica pari pari ai gruppi sociali e quindi ai relativi poteri. Ma anche la seconda, opportunamente rivista e corretta, credo possa avere un senso nel contesto dell’Epitome.
Per esempio la disgregazione di un parapotere assolutamente dominante ([E] 5.11) può essere interpretata come la nascita di nuove varietà (per Darwin la differenziazione iniziale che può portare a nuove specie) all’interno di una specie dovuta all’alto numero dei suoi individui.
Ma credo che, pensandoci, arriverò ad altre analogie utili...
Conclusione: per adesso “L’evoluzione della specie” di Darwin è un po’ noioso quando affronta con eccessiva dovizia di dettagli il concetto, ormai ben noto a tutti, dell’evoluzione naturale ma però regala anche dei concetti molto utili perché applicabili anche in contesti enormemente diversi.
sabato 19 novembre 2022
Chi voleva sapere sapeva
Da tempo non scrivo di covid-19 perché, semplicemente, non ho niente di nuovo da aggiungere rispetto a quanto ho già scritto negli ultimi anni.
Di solito ogni 2-3 settimane giungono conferme a quanto più o meno esplicitamente avevo ipotizzato. Potrei scriverci ogni volta un pezzo del tipo: notizia → mio articolo di N mesi fa = “vedete? Avevo ragione!”
Che però non mi pare molto interessante e, personalmente, non sento minimamente il bisogno di vantarmi di previsioni che, in fin dei conti, erano ovvie per chi avesse un minimo di buon senso e avesse seguito le ricerche scientifiche.
Oggi però voglio fare un’eccezione perché si tratta di un argomento su cui ho discusso a lungo, anche su FB, e sul quale nutrivo in effetti dei sentimenti di frustrazione anni/mesi fa e di rivalsa adesso.
Pochi giorni fa è uscito quello che sembra essere la ricerca definitiva sull’utilità della vitamina D nella prevenzione delle malattie e, in particolare del covid-19.
La ricerca è questa: Association between vitamin D supplementation and COVID-19 infection and mortality su Nature.com
Ricerca fatta su un campione della popolazione estremamente vasto, sulle 400.000 persone, sebbene in retrospettiva. Il succo è: più vitamina D si ha in corpo e migliore è la resistenza contro i virus incluso il covid-19: migliora l’immunità e diminuisce la gravità della malattia e quindi la mortalità.
In base ai dati raccolti si ipotizza che con opportuni supplementi di vitamina D si sarebbe potuto ridurre la mortalità di un terzo circa. Per capirci: in Italia ci sono stati 180.000 morti? Allora con supplementi di vitamina D si sarebbero potute salvare 60.000 persone.
“Eh, ma si sa solo adesso!”
Nì. C’erano già state numerosissime ricerche che avevano suggerito e più o meno confermato l’importanza della vitamina D. Soprattutto il punto è che la vitamina D non costa “niente” (ovviamente non vi sono brevetti sopra) e non dà effetti collaterali (presa entro certi, ampi, limiti).
Quindi, pur nel dubbio, perché non consigliarla comunque alla popolazione? Non in sostituzione dei vaccini ma a fianco di essi.
Ma cosa si sapeva nel 2020 della possibile utilità della vitamina D?
Parecchio. In questo mio pezzo del dicembre 2020 ripercorro quanto io, nel mio piccolo, avevo saputo sull’utilità della vitamina D a partire dal marzo del 2020: Vitamina D
Nello stesso pezzo ribadisco il mio argomento di “buon senso” che invece è completamente mancato:
«Il punto è che magari non è certo al 100% che la vitamina D aiuti sia nel prevenire che nel curare il covid-19: ma costa poco ed è sicura quindi il rischio di un suo utilizzo è minimo e il potenziale guadagno (la vita) è enorme. Per Taleb è un tipico caso di asimmetria positiva, un’occasione che va presa senza neppure pensarci un attimo…» (*1)
E poi ipotizzo:
«Casualmente oggi mi sono imbattuto su FB nel seguente articolo: Vitamina D, l’appello di 61 scienziati al governo: “Diamola ai soggetti a rischio” da IlParagone.it
Il governo italiano è, a dir poco, titubante sul consigliare la vitamina D mentre non ha incertezze nel prescrivere a tutti dei vaccini altamente sperimentali (e costosi) e dalle controindicazioni nel medio lungo termine ancora totalmente ignote.»
Insomma dire “all’epoca non si sapeva” non è proprio corretto. Al massimo si potrebbe dire che non vi era la sicurezza al 100% (era al 99%!) della sua efficacia e, forse, si pensava che l’efficacia dei vaccini fosse molto più alta e duratura di quanto poi sia stata.
I famigliari dei 60.000 morti che si sarebbero potuti facilmente evitare sanno chi ringraziare: ovvero chi ha gestito in maniera autoritaria e scellerata la salute degli italiani calpestando arbitrariamente e inutilmente fondamentali libertà individuali.
Conclusione: ma non vi preoccupate, Cocchino Bello, nonostante i disastri che ha provocato prima sotto Conte e poi con Draghi, non pagherà niente. E del resto, come ho sempre scritto, Cocchino Bello è sempre stato tenuto per fare da capro espiatorio in caso di necessità: per adesso ha evitato di essere sacrificato ma ancora tanti nodi devono venire al pettine...
Nota (*1): il riferimento a Taleb riguarda la gestione del rischio illustrata nel suo “Antifragilità”.
Di solito ogni 2-3 settimane giungono conferme a quanto più o meno esplicitamente avevo ipotizzato. Potrei scriverci ogni volta un pezzo del tipo: notizia → mio articolo di N mesi fa = “vedete? Avevo ragione!”
Che però non mi pare molto interessante e, personalmente, non sento minimamente il bisogno di vantarmi di previsioni che, in fin dei conti, erano ovvie per chi avesse un minimo di buon senso e avesse seguito le ricerche scientifiche.
Oggi però voglio fare un’eccezione perché si tratta di un argomento su cui ho discusso a lungo, anche su FB, e sul quale nutrivo in effetti dei sentimenti di frustrazione anni/mesi fa e di rivalsa adesso.
Pochi giorni fa è uscito quello che sembra essere la ricerca definitiva sull’utilità della vitamina D nella prevenzione delle malattie e, in particolare del covid-19.
La ricerca è questa: Association between vitamin D supplementation and COVID-19 infection and mortality su Nature.com
Ricerca fatta su un campione della popolazione estremamente vasto, sulle 400.000 persone, sebbene in retrospettiva. Il succo è: più vitamina D si ha in corpo e migliore è la resistenza contro i virus incluso il covid-19: migliora l’immunità e diminuisce la gravità della malattia e quindi la mortalità.
In base ai dati raccolti si ipotizza che con opportuni supplementi di vitamina D si sarebbe potuto ridurre la mortalità di un terzo circa. Per capirci: in Italia ci sono stati 180.000 morti? Allora con supplementi di vitamina D si sarebbero potute salvare 60.000 persone.
“Eh, ma si sa solo adesso!”
Nì. C’erano già state numerosissime ricerche che avevano suggerito e più o meno confermato l’importanza della vitamina D. Soprattutto il punto è che la vitamina D non costa “niente” (ovviamente non vi sono brevetti sopra) e non dà effetti collaterali (presa entro certi, ampi, limiti).
Quindi, pur nel dubbio, perché non consigliarla comunque alla popolazione? Non in sostituzione dei vaccini ma a fianco di essi.
Ma cosa si sapeva nel 2020 della possibile utilità della vitamina D?
Parecchio. In questo mio pezzo del dicembre 2020 ripercorro quanto io, nel mio piccolo, avevo saputo sull’utilità della vitamina D a partire dal marzo del 2020: Vitamina D
Nello stesso pezzo ribadisco il mio argomento di “buon senso” che invece è completamente mancato:
«Il punto è che magari non è certo al 100% che la vitamina D aiuti sia nel prevenire che nel curare il covid-19: ma costa poco ed è sicura quindi il rischio di un suo utilizzo è minimo e il potenziale guadagno (la vita) è enorme. Per Taleb è un tipico caso di asimmetria positiva, un’occasione che va presa senza neppure pensarci un attimo…» (*1)
E poi ipotizzo:
«Casualmente oggi mi sono imbattuto su FB nel seguente articolo: Vitamina D, l’appello di 61 scienziati al governo: “Diamola ai soggetti a rischio” da IlParagone.it
Il governo italiano è, a dir poco, titubante sul consigliare la vitamina D mentre non ha incertezze nel prescrivere a tutti dei vaccini altamente sperimentali (e costosi) e dalle controindicazioni nel medio lungo termine ancora totalmente ignote.»
Insomma dire “all’epoca non si sapeva” non è proprio corretto. Al massimo si potrebbe dire che non vi era la sicurezza al 100% (era al 99%!) della sua efficacia e, forse, si pensava che l’efficacia dei vaccini fosse molto più alta e duratura di quanto poi sia stata.
I famigliari dei 60.000 morti che si sarebbero potuti facilmente evitare sanno chi ringraziare: ovvero chi ha gestito in maniera autoritaria e scellerata la salute degli italiani calpestando arbitrariamente e inutilmente fondamentali libertà individuali.
Conclusione: ma non vi preoccupate, Cocchino Bello, nonostante i disastri che ha provocato prima sotto Conte e poi con Draghi, non pagherà niente. E del resto, come ho sempre scritto, Cocchino Bello è sempre stato tenuto per fare da capro espiatorio in caso di necessità: per adesso ha evitato di essere sacrificato ma ancora tanti nodi devono venire al pettine...
Nota (*1): il riferimento a Taleb riguarda la gestione del rischio illustrata nel suo “Antifragilità”.
venerdì 18 novembre 2022
Fascismo e destra
Vabbè, scrivo oggi il pezzo che avevo in mente ieri! (v. introduzione di Il vello indorato)
Qual è la differenza fra una generica ideologia di destra e un fascismo? Di seguito cercherò di sintetizzare l’opinione di Hobsbawm.
Questa è la premessa sottilmente ironica dell’autore che mi ha fatto sorridere e che ripropongo:
«La teoria non era certo il punto di forza di movimenti che proclamavano l’inadeguatezza della ragione e del razionalismo e la superiorità dell’istinto e della volontà.» (*1)
Per prima cosa quali NON sono gli elementi comuni dei fascismi (l’autore considera il capostipite, cioè il fascismo italiano, il nazismo e le imitazioni di questi nati in stati dell’est Europa come Croazia, Romania o Ungheria):
1. Non vi era di una solida base teorico/filosofica.
2. Non l’organizzazione statale in corporazioni (abbandonata presto dalla Germania).
3. Non il razzismo (non presente in Italia fino all’epoca delle pressioni tedesche per introdurlo).
Gli elementi comuni ai fascismi sono invece:
1. nazionalismo.
2. anticomunismo.
3. antiliberalismo (*2).
4. uso violenza in politica.
5. mobilitazione (vedi poi).
6. particolare tradizionalismo (vedi poi).
La differenza principale fra destra e fascismo è che il secondo si basa su una mobilitazione delle masse. Da questo punto di vista il fascismo si accomuna al comunismo.
Scrive Hobsbwam: «I fascisti erano i rivoluzionari della controrivoluzione» (*3)
Non è un caso che la denominazione ufficiale del partito nazista fosse “Partito nazionalsocialista dei lavoratori” e che il primo maggio fosse un giorno festivo a tutti gli effetti.
Inoltre, sebbene i fascismi fossero genericamente tradizionalisti, non lo erano allo stesso modo dei partiti di destra. I fascismi, per esempio, erano contro l’emancipazione liberale (ruolo della donna tradizionale) oppure l’arte moderna ma, andando alla sostanza delle istituzioni, non si richiamavano alla monarchia o alla Chiesa. Piuttosto puntavano a un modello di società guidata da un singolo che governava col sostegno delle masse accompagnando il tutto con una ritualità artificiale.
Anche le “tradizioni” a cui si rifacevano erano spesso inventate. Da quel che so io molte delle feste cittadine di ispirazione medioevale furono artificialmente reintrodotte in Italia dal fascismo. Probabilmente, come accenna Hobsbwam, un tentativo di costruire un tessuto di usanze nazionali indipendente da Chiesa e monarchia.
I fascismi erano in opposizione ai principi della rivoluzione francese e, quindi dell’illuminismo, ma non ebbero problemi a conciliare insieme la tecnologia moderna con credenze irrazionali (*4).
L’autore sintetizza l’essenza del fascismo con queste parole: «La combinazione di valori conservatori, di tecniche della democrazia di massa e di un’ideologia innovatrice caratterizzata dalla barbarie irrazionalista e fondata essenzialmente sul nazionalismo.» (*5)
In particolare i movimenti di destra non tradizionale (proto fascismi?) erano accomunati da reazione al comunismo e al liberismo (ovvero al capitalismo) ma erano anche in opposizione alle prime immigrazioni di massa della storia (*6). Per esempio nella sola Polonia emigrò il 15% della popolazione. Inoltre vi si sovrappose l’immigrazione interna dalla campagna alla città.
Questa immigrazione nei paesi più ricchi (USA compresi) portò la popolazione più povera locale a contrapporsi ai nuovi immigrati a cui si sovrapposero giustificazioni razziste.
I movimenti di destra tradizionale pescarono quindi il proprio consenso nelle fasce di popolazione medie e medio-povere che temevano per il proprio benessere schiacciato dagli interessi dei ricchi e dall’ascesa delle classe lavoratrici (che si riconoscevano più spesso nel comunismo).
Gli ebrei poi erano visti come l’incarnazione di ciò che era più “terribile, odioso e minaccioso” (*7) nel mondo moderno: questo anche a causa del ruolo sociale che avevano lentamente acquisito dopo l’emancipazione portata dalla rivoluzione francese.
Hobsbwam però distingue l’antisemitismo dei contadini dell’Europa centro-orientale da quello della politica antisemita della destra radicale (anche se però poi aggiunge che furono importanti per i fascismo di alcuni paesi dell'Europa orientale). Se ho ben capito si trattava di un razzismo più affine alla superstizione che all’ideologia; talvolta una valvola di sfogo sociale. L’autore sottolinea come le vittime ebree in episodi di “pogrom” nell’Europa dal 1905 fino all’inizio della seconda guerra mondiale furono circa 800 mentre nel 1941, a Vilnius in Lituania, ne furono uccisi ben 3800.
Poi non ho terminato di leggere questo sottocapitolo ma mi pare che il soggetto cambi in altro: se dovessero emergere ulteriori spunti vedrò di aggiungerli nei prossimi giorni.
In conclusione per dare propriamente del fascismo a una forza politica XXX questa dovrebbe avere TUTTI (o almeno parecchi (*8)!) i cinque punti precedentemente indicati, ovvero:
1. nazionalismo.
2. anticomunismo.
3. antiliberalismo (*2).
4. uso violenza in politica.
5. mobilitazione.
6. particolare forma di tradizionalismo.
Conclusione: bo, mi sembra una buona sintesi. Soprattutto offre una prospettiva più ampia del fascismo “generico” di quella a cui, come italiani, siamo più spesso abituati.
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Hobsbawm, (E.) BURExploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 144.
Nota (*2): quando leggo “antiliberalismo” in una traduzione dall’inglese ho sempre il dubbio se si intenda veramente l’antiliberalismo (cioè anti-libertà) o l’antiliberismo (cioè contro i tipici meccanismi economici del liberismo). Non ne sono sicurissimo ma mi pare che qui si intenda entrambi i significati. I fascismi non erano a favore della massima libertà individuale ma, come il comunismo, avevano una chiara percezione dei limiti del liberismo.
Nota (*3): ibidem, pag. 144.
Nota (*4): vedi la pellicola “Indiana Jones e l’arca perduta” in cui i nazisti sprecano preziose risorse alla ricerca di un “manufatto archeologico” che poi esplode e gli uccide!
Nota (*5): ibidem, pag. 146.
Nota (*6): probabilmente l’autore si riferisce alla storia moderna perché nell’antichità le migrazioni di massa erano relativamente comuni.
Nota (*7): ibidem, pag. 147.
Nota (*8): in particolare non credo sia legittimo aspettarci che un fascismo oggi sia anti-comunista dato che lo stesso comunismo è considerato anacronistico. Andrebbe poi considerato l’impatto delle tecnologie moderne…
Insomma sarebbe erroneo aspettarci che la storia si ripeta uguale a se stessa e che quindi un fascismo debba avere esattamente la stessa forma che aveva a inizio XX secolo; certo, almeno un po’, dovrebbe assomigliargli!
Qual è la differenza fra una generica ideologia di destra e un fascismo? Di seguito cercherò di sintetizzare l’opinione di Hobsbawm.
Questa è la premessa sottilmente ironica dell’autore che mi ha fatto sorridere e che ripropongo:
«La teoria non era certo il punto di forza di movimenti che proclamavano l’inadeguatezza della ragione e del razionalismo e la superiorità dell’istinto e della volontà.» (*1)
Per prima cosa quali NON sono gli elementi comuni dei fascismi (l’autore considera il capostipite, cioè il fascismo italiano, il nazismo e le imitazioni di questi nati in stati dell’est Europa come Croazia, Romania o Ungheria):
1. Non vi era di una solida base teorico/filosofica.
2. Non l’organizzazione statale in corporazioni (abbandonata presto dalla Germania).
3. Non il razzismo (non presente in Italia fino all’epoca delle pressioni tedesche per introdurlo).
Gli elementi comuni ai fascismi sono invece:
1. nazionalismo.
2. anticomunismo.
3. antiliberalismo (*2).
4. uso violenza in politica.
5. mobilitazione (vedi poi).
6. particolare tradizionalismo (vedi poi).
La differenza principale fra destra e fascismo è che il secondo si basa su una mobilitazione delle masse. Da questo punto di vista il fascismo si accomuna al comunismo.
Scrive Hobsbwam: «I fascisti erano i rivoluzionari della controrivoluzione» (*3)
Non è un caso che la denominazione ufficiale del partito nazista fosse “Partito nazionalsocialista dei lavoratori” e che il primo maggio fosse un giorno festivo a tutti gli effetti.
Inoltre, sebbene i fascismi fossero genericamente tradizionalisti, non lo erano allo stesso modo dei partiti di destra. I fascismi, per esempio, erano contro l’emancipazione liberale (ruolo della donna tradizionale) oppure l’arte moderna ma, andando alla sostanza delle istituzioni, non si richiamavano alla monarchia o alla Chiesa. Piuttosto puntavano a un modello di società guidata da un singolo che governava col sostegno delle masse accompagnando il tutto con una ritualità artificiale.
Anche le “tradizioni” a cui si rifacevano erano spesso inventate. Da quel che so io molte delle feste cittadine di ispirazione medioevale furono artificialmente reintrodotte in Italia dal fascismo. Probabilmente, come accenna Hobsbwam, un tentativo di costruire un tessuto di usanze nazionali indipendente da Chiesa e monarchia.
I fascismi erano in opposizione ai principi della rivoluzione francese e, quindi dell’illuminismo, ma non ebbero problemi a conciliare insieme la tecnologia moderna con credenze irrazionali (*4).
L’autore sintetizza l’essenza del fascismo con queste parole: «La combinazione di valori conservatori, di tecniche della democrazia di massa e di un’ideologia innovatrice caratterizzata dalla barbarie irrazionalista e fondata essenzialmente sul nazionalismo.» (*5)
In particolare i movimenti di destra non tradizionale (proto fascismi?) erano accomunati da reazione al comunismo e al liberismo (ovvero al capitalismo) ma erano anche in opposizione alle prime immigrazioni di massa della storia (*6). Per esempio nella sola Polonia emigrò il 15% della popolazione. Inoltre vi si sovrappose l’immigrazione interna dalla campagna alla città.
Questa immigrazione nei paesi più ricchi (USA compresi) portò la popolazione più povera locale a contrapporsi ai nuovi immigrati a cui si sovrapposero giustificazioni razziste.
I movimenti di destra tradizionale pescarono quindi il proprio consenso nelle fasce di popolazione medie e medio-povere che temevano per il proprio benessere schiacciato dagli interessi dei ricchi e dall’ascesa delle classe lavoratrici (che si riconoscevano più spesso nel comunismo).
Gli ebrei poi erano visti come l’incarnazione di ciò che era più “terribile, odioso e minaccioso” (*7) nel mondo moderno: questo anche a causa del ruolo sociale che avevano lentamente acquisito dopo l’emancipazione portata dalla rivoluzione francese.
Hobsbwam però distingue l’antisemitismo dei contadini dell’Europa centro-orientale da quello della politica antisemita della destra radicale (anche se però poi aggiunge che furono importanti per i fascismo di alcuni paesi dell'Europa orientale). Se ho ben capito si trattava di un razzismo più affine alla superstizione che all’ideologia; talvolta una valvola di sfogo sociale. L’autore sottolinea come le vittime ebree in episodi di “pogrom” nell’Europa dal 1905 fino all’inizio della seconda guerra mondiale furono circa 800 mentre nel 1941, a Vilnius in Lituania, ne furono uccisi ben 3800.
Poi non ho terminato di leggere questo sottocapitolo ma mi pare che il soggetto cambi in altro: se dovessero emergere ulteriori spunti vedrò di aggiungerli nei prossimi giorni.
In conclusione per dare propriamente del fascismo a una forza politica XXX questa dovrebbe avere TUTTI (o almeno parecchi (*8)!) i cinque punti precedentemente indicati, ovvero:
1. nazionalismo.
2. anticomunismo.
3. antiliberalismo (*2).
4. uso violenza in politica.
5. mobilitazione.
6. particolare forma di tradizionalismo.
Conclusione: bo, mi sembra una buona sintesi. Soprattutto offre una prospettiva più ampia del fascismo “generico” di quella a cui, come italiani, siamo più spesso abituati.
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Hobsbawm, (E.) BURExploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 144.
Nota (*2): quando leggo “antiliberalismo” in una traduzione dall’inglese ho sempre il dubbio se si intenda veramente l’antiliberalismo (cioè anti-libertà) o l’antiliberismo (cioè contro i tipici meccanismi economici del liberismo). Non ne sono sicurissimo ma mi pare che qui si intenda entrambi i significati. I fascismi non erano a favore della massima libertà individuale ma, come il comunismo, avevano una chiara percezione dei limiti del liberismo.
Nota (*3): ibidem, pag. 144.
Nota (*4): vedi la pellicola “Indiana Jones e l’arca perduta” in cui i nazisti sprecano preziose risorse alla ricerca di un “manufatto archeologico” che poi esplode e gli uccide!
Nota (*5): ibidem, pag. 146.
Nota (*6): probabilmente l’autore si riferisce alla storia moderna perché nell’antichità le migrazioni di massa erano relativamente comuni.
Nota (*7): ibidem, pag. 147.
Nota (*8): in particolare non credo sia legittimo aspettarci che un fascismo oggi sia anti-comunista dato che lo stesso comunismo è considerato anacronistico. Andrebbe poi considerato l’impatto delle tecnologie moderne…
Insomma sarebbe erroneo aspettarci che la storia si ripeta uguale a se stessa e che quindi un fascismo debba avere esattamente la stessa forma che aveva a inizio XX secolo; certo, almeno un po’, dovrebbe assomigliargli!
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