Ricordate le mie “difficoltà” con la tastiera?
In pratica alcuni tasti aveano iniziato a funzionarmi male rimanendo come incastrati senza tornare in posizione dopo essere stati premuti. In rapida sequenza avevano iniziato a darmi noie la “O” e la “I”, poi la “E” e, negli ultimi giorni, anche la “A”. Evidentemente alcuni dei tasti più usati…
Considerando che la tastiera è del 2002 probabilmente ha già vissuto oltre le aspettative e avrei potuto sostituirla con una delle tante tastiere USB di altri calcolatori che ho a giro per casa: il problema è che ci sono MOLTO affezionato. Sono abituato ai suoi tasti consunti, al suo rumore, a come costruire le varie parole accentate (è internazionale) e, semplicemente, alla sensazione tattile sui polpastrelli. Insomma non volevo cambiarla ed ero pronto a studiarla per capire come fare per, eventualmente ripararla. Pensavo già, per esempio, di inserire una molla di una penna a sfera sotto al tasto rotto: questo ancora senza sapere come fosse strutturata meccanicamente la tastiera.
Essendo però ben conscio della mia scarsa attitudine ai lavori materiali (che infatti odio) ed essendo ancora nella fase teorica (che mi piace) di raccolta dati necessaria per elaborare poi il piano d’azione (progettavo anche di guardarmi un paio di video su Youtube su “come smontare una tastiera”) chiesi al mio amico, l’ingegnere-chitarrista(-pedalatore è il suo nuovo attributo portato dalla pandemia!), se aveva consigli su come fare.
Molto gentilmente si offrì “se mi fidavo” di provare a ripararla al posto mio.
Allora come decido se fidarmi di qualcuno per fare qualcosa?
Valuto la cosa da fare e le qualità della persona: viene fuori un fattore di rischio che confronto con lo stesso valore calcolato per me stesso. Qui dovrei poi scegliere l’opzione che presenta il rischio minore (o la probabilità di successo maggiore: ci siamo capiti su cosa intendo!) ma essendo pigro aggiungo una costante additiva significativa alla scelta di far fare qualcosa a qualcun altro!
In questo caso poi la scelta era molto semplice: il lavoro in sé non mi sembrava rischioso, difficile che peggiorasse la situazione: nel caso peggiore avrei poi potuto provare a intervenire io (con le mie molle riciclate) prima di rassegnarmi ad acquistare un’altra tastiera.
Ma soprattutto le qualità della persona mi faceva ben sperare: questo mio amico è infatti estremamente preciso e metodico in tutto quello che fa e, contemporaneamente, abbastanza flessibile da adattare i suoi pieni alle esigenze di una situazione particolare. È di quelli, per capirsi, con la scrivania tutta organizzata oppure, sicuramente, avrà tutte le cartelle del suo calcolatore organizate con qualche criterio ben preciso in base al loro tipo, alla sicurezza, magari alla riservatezza e simili. Ma in effetti è più corretto dire che tutto ciò che lo riguarda è organizzato a un livello che io, che convivo con l’entropia del disordine, stento a comprendere.
Insomma già al calcolo dei fattori di rischio, anzi chiamiamolo probabilità di successo, gli attribuivo un valore fra il doppio e il triplo di quello che, ottimisticamente, davo a me stesso. Non c’era quindi bisogno neppure di considerare la mia costante di pigrizia perché lo ritenevo già molto più affidabile di me. E infatti, alla sua offerta d’aiuto, risposi prontamente:
«→ Se vuoi (e ti fidi) puoi provare a portarmi la tastiera e te ne do una da usare temporaneamente, così.
Volentieri: su queste cose mi fido molto più di te che di me!
Il problema di fondo è che si tratta di una tastiera vecchia e strausata: vedrai che la plastica dei tasti è usurata dal semplice contatto con le dita. La barra di spazio è addirittura bucata!
La cosa buffa è che i tre tasti mi hanno ceduto a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. La I e la O sono affiancate ma la E è lontana...»
Come al solito il suo lavoro è stato di almeno un ordine di grandezza superiore alle mie già alte aspettative. Anche da come aveva proposto la cosa “tolgo i cappucci dei tasti e provo a dargli una pulita” sembrava un lavoretto semplice e veloce: si tolgono i 4-5 tasti critici, magari anche quelli intorno per lavorarci un po’ meglio, si sostituisce la molla (!), e il gioco è fatto. Se non si hanno titubanze a rimuovere i tasti (come avevo io per paura di romperli) sembra un lavoretto da 20 minuti…
Ma, come detto, questo mio amico tende sempre a sorprendermi in positivo nell’accuratezza e portata dei suoi interventi. In questo caso ha poi documentato il tutto con varie foto che mostrano l’evoluzione del lavoro e che gentilmente mi ha autorizzato a riproporre in questo articolo.
Stupidamente mi rendo conto adesso, abituato alla vecchia connessione, ho ridotto e ritagliato le immagini senza che ce ne fosse bisogno (*1). Anzi sono tentato di buttare via il lavoro che ho fatto (cosa che straodio) e di usare le foto originali: mi secca un po’ perché avevo numerato le mie conversioni per pubblicarle nell’ordine che volevo… ma forse vale la pena ricercare le originali…
La mia tastiera arriva sul tavolo operatorio. Come si può osservare, almeno all’esterno, è abbastanza pulita: negli ultimi anni mi ero infatti divertito a pulire accuratamente i singoli tasti per togliergli la copertura marroncina che li ricopriva:
Un particolare:
Mi spiegò che prima di togliere i tasti aveva usato l'aspirapolvere per rimuovere l'eventuale polvere che, inevitabilmente, finisce sotto di essi. Fu quindi sorpreso di scoprire che qualcosa era comunque rimasto incastrato sotto di essa...
Di seguito altre foto che documentano l'opera di pulizia. Come si intuisce, a differenza di quanto avrei fatto io, è andato decisamente in profondità: la sua logica è infatti qualcosa del tipo: "Quando faccio qualcosa la faccio al mio meglio" (io sono più per "quando faccio qualcosa uso il minimo sforzo che mi consenta di raggiungere il minimo risultato accettabile"!):
Come si può notare all'interno della tastiera non vi sono molle!! è semplicemente l'elasticità dello strato plastico superiore che, grazie alla sua resilienza, fa tornare nella posizione originaria il tasto premuto.
Una foto d'insieme che mette in evidenza l'essenzialità dell'ingegneria cinese:
Poi, non so bene come, credo tenendo il tutto in ammollo in un qualche intruglio chimico, ha ripulito OGNI cosa per poi riassemblare insieme i vari pezzi. Anche qui ho qualche foto:
E finalmente ecco il risultato finale:
Con molto imbarazzo mi scrisse "[...] resta un po' di ingiallimento della plastica, ma per far andare via quello servirebbe un processo di cui non ho i componenti, in particolare le lampade UV".
Che dire? Per un lavoro fatto bene bisognerebbe farselo da soli! :-D
Ma in realtà non sono sicuro che sia mai stata bianca! Io la ricordo sempre un po' giallina...
Che aggiungere? La cosa fondamentale è che tasti che non facevano hanno ricominciato a funzionare regolarmente. La barra di spazio e il tasto di "invio" inizialmente mi hanno dato qualche noia ma dopo qualche giorno (e la scrittura di circa tre pezzi) sono tornati alla normalità.
Lo "shift" destro continua invece a darmi delle noie e, temo, dovrò alla fine metterci le mani io (senza averlo aperto credo di aver capito teoricamente quale sia il problema ma voglio procedere con prudenza: e magari, mentre ci penso, potrebbe aggiustarsi da solo!). La fila di tasti sopra la barra mi sembra leggermente più dura di prima ma mi ci sto abituando...
Conclusione: alla fine la tastiera è tornata praticamente nuova ma ora mi sento in colpa perché questo mio amico ci ha perso troppo tempo per pulirla: se sapevo che ci passava una settimana invece della mia stima di 20 minuti non credo che gliela avrei affidata... Fortunatamente, per alleviare il mio senso di colpa, potrò prenderlo in giro per il fatto che non ha lampade UV per questi lavoretti!
Nota (*1): è un po’ colpa della mia mentalità da informatico nato con gli 8-bit...
alla prima stazione
1 ora fa
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