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mercoledì 23 novembre 2022

Apparente antinomia

C’è qualcosa che non mi torna della teoria di Darwin. È qualcosa di basato su dei dati che alla sua epoca non esistevano: suppongo che altrimenti avrebbe affrontato il problema tenendone conto nella sua legge dell’evoluzione naturale.

L’origine di questa mia perplessità risale a qualche anno fa, ovvero ben prima di iniziare a leggere “L’origini della specie”. Mi sembra di averci scritto un pezzo all’epoca: vediamo se lo ritrovo…

Ecco qui: Evoluzione variabile (settembre 2017)
Scrissi: «Quel che non capisco è che secondo i principi dell'evoluzione di Darwin i cambiamenti dovrebbero avvenire continuamente e, grazie alla selezione naturale, le novità favorevoli alla specie propagarsi alle generazioni successive.
Quindi perché alcune specie di dinosauri sono rimaste immutate per milioni di anni? e se invece che “immutate” tali specie sono cambiate ma solo molto lentamente (ovvero la velocità dell'evoluzione è MOLTO lenta), allora come si spiega l'apparizione improvvisa (relativamente) di nuove specie?

Per spiegare questo fenomeno ho postulato tre ipotesi:
1. Quando una specie è estremamente efficace, cioè molto diffusa e con numerosissimi individui, allora la selezione naturale diviene inefficace: le modifiche spontanee, anche se favorevoli, si perdono nella massa degli individui e, magari si annullano, con altre sfavorevoli. Quando i T-Rex dominavano la terra, evidentemente senza troppi problemi a procurarsi il cibo, allora anche una modifica che rendeva un singolo T-Rex più abile a cacciare non faceva differenza nella selezione naturale.
Vice versa in un piccolo gruppo di animali che deve lottare per sopravvivere anche una piccola modifica può essere significativa e, contemporaneamente, dato il minor numero di individui essa potrà essere assimilata più rapidamente dalla specie.
2. Le modifiche significative avvengono con un meccanismo diverso (che al momento non riesco a immaginare) da quello delle modifiche casuali e della successiva selezione naturale ma estremamente più rapido.
3. I casi 1 e 2 insieme.
»

Adesso posso confermare che Darwin, almeno fino al 22% dell’e-libro, non affronta la questione.
Anzi semmai ipotizza qualcosa che va in direzione opposta: ovvero che maggiore è una popolazione e più probabili sono le variazioni positive e, quindi, più raopida l’evoluzione complessiva di tale specie (ne ho scritto in Appunti darwiniani).

Da qualche parte però, al momento mi sfugge dove, postulo una legge generica secondo la quale è proprio il successo di una specie la premessa del suo fallimento.
Mi è venuto a mente! Non parlavo di specie “animale” ma di specie “istituzionale”! (*1)
Si tratta infatti di una riflessione che ho inserito in coda al capitolo sulla Decadenza e in particolare nella conclusione di esso. Scrivo in [E] 15.7:
«La decadenza sembra essere il risultato inevitabile del successo assoluto. Senza degli antagonisti con cui confrontarsi e competere continuamente i fenomeni di degenerazione del potere si accelerano.
Non è un caso che la decadenza negli USA, e a ruota nei paesi occidentali che ne seguono l’esempio, sia iniziata proprio in sostanziale concomitanza con la fine dell’URSS.»

Ma come conciliare queste teorie apparentemente contraddittorie?
Mi viene in mente un concetto di statistica (*1): quando si studia gli eventi A e B e questi sembrano essere correlati fra loro (cioè A→B o B→A) c’è sempre la possibilità che esista un altro termine C che determini sia A che B.

Nel mio caso gli eventi A e B sarebbero la “grandezza della popolazione” e la “velocità evoluzione”. Nel secondo esempio (quello della decadenza di una società) sembra che A determini B (A→B) mentre, nell’esempio dei T-Rex, sembra il contrario (A→ ⌐B).
Ecco pensavo che nel mio caso il fattore C, quello veramente rilevante, potrebbe essere la presenza o meno di una “pressione evolutiva” ovvero di una “concorrenza”.
In realtà normalmente A e C saranno in relazione inversa: quando C è forte A, la popolazione, sarà piccola e, viceversa, quando C è debole A sarà grande. Ma è ragionevole supporre che esistano dei Δ di tempo in cui si ha sia C forte che A grande (e che inizierà a ridursi) oppure C debole e A piccolo (ma che inizierà ad accrescersi).
Ovvio poi che C determini B: se c’è competizione vi è allora anche l’evoluzione o viceversa, cioè se non c’è competizione non vi è evoluzione.
In genere (non nei periodi di transizione cioè) invece C→⌐A e C→B o, viceversa, ⌐C→A e ⌐C→⌐B,

Introducendo il fattore C, e soprattutto considerando l’elemento Δ temporale, diviene possibile conciliare l’apparente antinomia delle mie teorie.
1. I T-Rex rimasero per milioni di anni sostanzialmente invariati perché non c’era una pressione evolutiva contro di essi. Quindi siamo nel caso di C piccolo che, indipendentemente da A, determina un B lento o lentissimo.
2. La mia teoria sulla decadenza invece si sofferma in un periodo di transizione: è sorta improvvisamente una concorrenza C che trova A ampio/forte ma che ha la conseguenza di iniziare a ridurlo/indebolirlo contemporaneamente spronando un’accelerazione nell’evoluzione di B.

Vabbè, mi rendo conto di essere andato fuori tema su quanto avevo inizialmente intenzione di scrivere lasciando Darwin in ombra!
Ma in realtà ho scoperto che la mia teoria l’avevo descritta perfettamente già nel pezzo del 2017 e che, dopo un copia e incolla, era ancora attualissima senza il bisogno di aggiungervi una virgola.
Poi mi sono ricordato di quest'altra teoria, apparentemente in contraddizione con la precedente, e qui il mio spirito logico e investigativo mi ha portato a cercare di comprenderne il motivo.

Non so: ho la sensazione che per la maggior parte dei miei lettori queste mie “sottigliezze” sembrino piuttosto irrilevanti ma in realtà, dal mio punto di vista, sono fondamentali: due teorie non possono essere in contrasto fra loro e, contemporaneamente essere entrambe corrette. Ecco perché ho sentito il dovere di conciliarle insieme: per dimostrare che non vi era un errore di fondo in una di esse.

Conclusione: ora rileggo il tutto e, nel caso, aggiungo al pezzo il marcatore “Peso”...

Nota (*1): buffo come funziona la mia memoria!

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