In questi giorni, mi vergogno un po’ ad ammetterlo, sto combinando pochino…
Di lettura sto perdendo tempo rileggendomi Anna Rice: i libri di svago li leggo solo a sera (quando sono più stanco) ma chiaramente se leggo dei vampiri non leggo altri libri più formativi…
Sulla revisione dell’Epitome sono praticamente fermo così pure col progetto associato.
A mia discolpa posso dire che ho avuto due-tre giornate intense la scorsa settimana e che, almeno nel fine settimana, sono andato avanti nel racconto di Strabuccinator.
Comunque giovedì scorso ho terminato di leggere il sottocapitolo sui fascismi de “Il secolo breve”. Ricordo di essermi annotato un paio di passaggi interessanti che adesso andrò a ricercare per proporli qui di seguito.
In generale devo dire che mi è piaciuta molto la panoramica fatta dall’autore: come italiani tendiamo a concentrarci troppo sul fascismo nostrano che poi colleghiamo immediatamente a Mussolini, alla guerra, alla dittatura e simili.
Ovviamente Hobsbwam non giustifica in alcun modo i fascismi ma si limita a riportare come anch’essi, al pari del comunismo, nacquero anche in opposizione all’ideologia capitalistica tipica di UK e USA (che, dopo la seconda guerra mondiale, si diffuse nel resto dell’occidente).
Come “occidentali” siamo abituati a considerare la nostra società, e quindi il liberismo prima e il turbo-liberismo adesso, come perfetta e superiore a tutte le altre.
Ma già Marx nel XIX secolo, e a maggior ragione tanti altri intellettuali agli inizi del XX, vedevano e intuivano i limiti di un sistema basato esclusivamente sul libero mercato.
Ecco, almeno personalmente, questo aspetto del fascismo (non intendo solo quello italiano) di risposta al capitalismo, mi era sfuggito mentre, credo come tutti, ero consapevole del suo anticomunismo.
Ma passiamo alle mie annotazioni…
L’autore si chiede quale furono le condizioni sociali che permisero l’affermazione del fascismo. La risposta che si dà elenca una lunga serie di fattori (che non ho voglia di copiare qui di seguito).
Ma secondo me la questione è più generale: quando è possibile un cambio strutturale della società, una sorta di rivoluzione più o meno cruenta?
Per prima cosa occorre una situazione socio-economica difficile per la maggior parte della popolazione (condizione necessaria per vincere la naturale resistenza al cambiamento); deve essere poi chiaro che il sistema corrente non sia in grado di risolvere i problemi (e infatti, in genere, li avrà creati!) e infine vi dovranno essere dei nuovi protomiti (ideali, principi etc.) capaci di ispirare speranza per il futuro. La natura di questi protomiti determinerà la nuova forma che prenderà la società.
In questo senso credo che aggiornerò il mio sottocapitolo sulla rivoluzione ([E] 7.7) per renderlo più generico dato che non sempre questo cambiamento si risolve in uno scontro fisico violento (per esempio alla fine dell’URSS).
La seconda annotazione si ricollega almeno in parte alla mia introduzione: Hobsbwam vuole sconfessare due teorie molto diffuse sul fascismo: la prima diffusa dal fascismo stesso, la seconda cara al marxismo sovietico ortodosso. Entrambe queste teorie sono state poi adottate da molti storici successivi.
La prima teoria (quella propagandata dal fascismo stesso) affermava che il fascismo era stato una rivoluzione. Ma secondo Hobsbwam questa era essenzialmente retorica di regime: in realtà sul piano sociale ed economico non ci furono stravolgimenti rispetto al sistema capitalistico (come avvenne invece in URSS col comunismo). Intendiamoci: delle differenze vi erano ma non tali da definirsi “rivoluzioni”. Fu più una trasformazione del sistema di potere: chi era ricco e potente prima del fascismo lo rimase anche dopo che questo prese il potere…
La seconda teoria (quella di origine comunista) è ancora più interessante: essa afferma che il fascismo fu espressione del capitalismo monopolistico, ovvero dei grandi interessi economici borghesi.
In questo caso semplicemente si confonde un effetto con una causa.
La mia legge del confronto ([E] 5.6) afferma:
«Una particolarità dei parapoteri è che, per la loro natura (cioè l'essere chiusi e autonomi), hanno maggiore facilità nel raggiungere accordi interni e, di conseguenza, a relazionarsi e interagire con gli altri poteri che, per lo stesso motivo, saranno in genere dei parapoteri. Questo significa che a livello di comunicazione le maggiori interazioni saranno proprio fra i parapoteri: questi si troveranno quindi, automaticamente, a cooperare insieme più facilmente.
La legge del confronto è semplice: i parapoteri tenderanno a relazionarsi e comunicare più spesso fra loro che con gli altri tipi di potere.»
Ovvero affermo che i potenti si accordano facilmente con altri potenti. E nella mia teoria i potenti possono essere sia economici che politici (che religiosi o militari) ma poco cambia e li chiamo tutti parapoteri.
Adesso cito Hobsbwam: «Quanto alla tesi del fascismo come espressione del “capitalismo monopolistico”, la questione è che il grande capitale può venire a patti con qualunque regime che non intenda effettivamente espropriarlo, e dunque ogni regime deve venire a patti con esso.» (*1).
In pratica il grande capitale non cercò di portare al governo il fascismo ma, una volta che questo divenne il potere politico di riferimento, vi collaborò insieme ottenendo anche degli evidenti vantaggi (abolizione dei sindacati, protezione dal comunismo e altri movimenti sociali, espropriazione dei beni degli ebrei). Insomma i poteri economici collaborarono con il fascismo ma non lo controllarono.
In pratica soprattutto quest’ultima parte è una perfetta conferma indiretta di un aspetto essenziale della mia teoria. Ovvero che la società si basa su equilibrio, in genere ingiusto, fra i potenti (parapoteri) e il resto della popolazione (democratastenia). La democrazia occidentale dà solo la sensazione che la nostra società sia diversa ma in realtà non è così: per motivi che spiego nella mia Epitome vi è stato un miglioramento effettivo delle condizioni di vita, almeno nei paesi occidentali, dopo la seconda guerra mondiale ma a partire dagli anni ‘90 questa tendenza si è invertita e ormai da decenni le diseguaglianze economiche (e quindi sociali in un mondo dove tutto è basato sul denaro) hanno ripreso a crescere raggiungendo degli eccessi, a mio avviso, esecrabili.
Conclusione: forse l'aspetto più inquietante di quanto ho appreso è che la democrazia occidentale, espressione di un liberismo esasperato e sempre più prona a sostenere solo ed esclusivamente gli interessi delle oligarchie economiche, è molto vicina al fascismo: non vi è cioè una "rivoluzione" di distanza fra le due forme di declinazione del potere politico.
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Hobsbawm, (E.) BURExploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 157.
alla prima stazione
1 ora fa
Temo che siano analisi marxistiche che tendono a focalizzarsi solo su aspetti economicistici.
RispondiEliminaL'Italia era ancora rurale e quindi incompatibile col il "comunismo operistico urbano".
Agli "zotici" giunsero notizie su cosa Lenin stava facendo ai menscevichi rural-zotico-reazionari.
Il biennio rosso fece assaporare i disordini, caos, problemi, violenze. Solo un assaggio di menù sovietico.
Ecco l'adozione del fascismo come terapia anticomunistica.
Si noti che le due ideologie erano ampiamente sovrapposte per metodi e politica, concessioni e avanzamenti sociali.
Se parte del menù e dell'ordine delle portate è lo stesso, scelgo quello che più mi soddisfa.
Notate che questo jato terribile tra nomenclatura progressista e corpo sociale (anche urbe rispetto a rurale) e rispettivi interessi e direzioni è tuttora presente.
Sicuramente la paura del comunismo in stile sovietico fu una delle ragioni che portarono al potere il fascismo italiano.
EliminaOra non ricordo i dettagli del capitolo di Hobsbawm: comunque, rileggendo il mio pezzo, vedo che mi sono focalizzato su dei particolari.
- Fascismo alternativa al capitalismo USA/UK.
- Condizioni necessarie all’instaurarsi di una dittatura.
- La smentita di due falsi miti:
1. Il fascismo fu una rivoluzione (mito del fascismo stesso)
2. Il fascismo fu espressione del capitalismo monopolistico (mito di origine comunista)
Insomma il mio non era un pezzo che volesse fare una panoramica del fascismo e delle sue origini ma piuttosto mi sono concentrato su alcuni aspetti molto specifici.