Come sapete sto leggendo “Il secolo breve” di Hobsbwam, un vero capolavoro!
Lo sto volutamente centellinando per assorbirne meglio i concetti e, infatti, ogni volta che ne leggo poche pagine mi viene voglia di scriverci un pezzo.
Al momento sto leggendo un capitolo sulle ripercussioni della crisi del 1929, all’epoca in cui fu scritto il libro, l’unica grande crisi del sistema capitalistico occidentale.
Come al solito non si tratta di una cronaca evenemenziale dei fatti ma l’autore cerca invece di indagarne gli effetti sulla cultura del tempo, ciò che io chiamo gli epomiti ([E] 6.2 e 6.3).
Non ho voglia di prendere il libro in mano e di discutere le mie note passo passo ma piuttosto preferisco concentrarmi sul concetto che mi ha più colpito.
La crisi del 1929 fu caratterizzata da una grande e prolungata disoccupazione in un’epoca in cui l’assistenza sociale era praticamente assente: la reazione della popolazione letteralmente affamata fu un’estremizzazione politica. Nei primi anni ‘30 si rafforzarono sia i vari partiti comunisti che, nella Germania, il partito nazista. Anzi, fino alla presa del potere di Hitler, il partito comunista tedesco crebbe più di quello nazista!
Questo portò i governi occidentali ad abbandonare, almeno parzialmente, il modello economico puramente liberista e iniziarono a preoccuparsi maggiormente degli aspetti sociali della politica.
Non è un caso che crebbe moltissimo in tutte le nazioni il protezionismo che, concettualmente, è all’opposto dell’ideologia liberista.
La lotta alla disoccupazione diventò uno dei punti fissi della politica occidentale del XX secolo.
Per inciso un’altra caratteristica della crisi del 1929 che mi ha colpito fu il crollo dei prezzi dei generi alimentari: chi mantenne il posto di lavoro infatti si trovò in una migliore situazione rispetto agli anni precedenti perché il costo della vita diminuì sensibilmente.
Altra conseguenza furono i sussidi all’agricoltura. Secondo l’autore la politica di sussidi all’agricoltura della CEE negli anni ‘70 e ‘80 è una diretta conseguenza dal cambio di mentalità provocato dalla crisi del 1929.
Fin qui tutto interessante ma ciò che mi ha colpito è un inciso di circa mezza pagina sulla crisi della disoccupazione negli anni ‘80. I politici temevano infatti che si sarebbero scatenate forte tensioni sociali ed estremismi politici (*1) mentre invece la società rimase sostanzialmente tranquilla.
Il motivo, secondo l’autore, fu che nel frattempo sia era sviluppato lo stato sociale capace così di alleviare le difficoltà della popolazione disoccupata.
Io credo solo in parte a questa interpretazione. Il fatto è che in Italia, per esempio, non c’erano sussidi di disoccupazione ma anche da noi la situazione rimase sostanzialmente tranquilla.
Io penso invece che qui divenga fondamentale la legge della conservazione ([E] 5.1) e in particolare una delle sue conseguenze: «In generale ogni potere temerà il cambiamento quando non sia ragionevolmente certo di trarne vantaggio perché, spesso, la paura di perdere forza è maggiore della speranza di guadagnarla.»
A “ogni potere” possiamo sostituire “ogni gruppo sociale” e quindi anche i “disoccupati”: questo significa che anche i “disoccupati” sono titubanti a cercare di cambiare lo status quo. Un gruppo sociale si attiverà per cambiare lo stato delle cose solo se costretto ovvero se “alla fame”.
Nel 1929 la fame era reale, negli anni ‘80 c’era comunque il sostegno delle famiglie che, complessivamente, si erano arricchite nei decenni precedenti ed erano in grado di sostenere i figli o nipoti disoccupati.
A questo aspetto va aggiunta l’aumento della forza dei media e in particolare della televisione per mantenere la stabilità della società proteggendone gli equimiti ([E] 7.1) ovvero i principi e i valori su cui si fonda e che giustificano anche eventuali ingiustizie più o meno palesi (*2).
Conclusione: vabbè, mi è venuto un pezzo più corto del solito. Ma credo che nessuno dei miei lettori se ne lamenterà!
Nota (*1): lo stesso autore fa un mea culpa dato che anche lui se le era aspettate!
Nota (*2): una panoramica dei fattori che portano all’instabilità sociale la fornisco in [E] 7.7: se si esaminano uno per uno ci si accorge che nel 1929 molti di essi erano presenti ma lo stesso non era vero negli anni ‘80.
alla prima stazione
1 ora fa
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