Qualche giorno fa ho iniziato a leggere “L’amicizia” di Cicerone: si tratta di un libriccino da 1€ col testo in latino a fronte, quindi la lunghezza totale è dimezzata.
Non contavo né conto di trovarci epigrafi utili ma l’argomento mi incuriosiva e mi chiedevo se e cosa potesse esservi di diverso nell'amicizia nei tempi antichi.
A questa questione posso rispondere immediatamente: niente, almeno di sostanziale. Evidentemente l’amicizia è un comportamento istintivo che prescinde dalla cultura. Era prevedibile e ora ne ho la conferma.
La struttura del libro è un po’ troppo complicata per i miei gusti: l’autore fa infatti parlare tutta una serie di personaggi reali, ovviamente notissimi all’epoca, ma che adesso sono solo dei nomi. Io poi faccio particolare fatica a ricordare questi dettagli col risultato che non distinguo questi diversi personaggi fra loro. Se ho ben capito (50% di probabilità!) Cicerone inserisce un personaggio, saggissimo, che lui ha conosciuto ormai anziano, che a sua volta era imparentato con un vecchio amico di Scipione l’Africano.
Incidentalmente si intuisce quanto fosse ancora riverito a quei tempi il ricordo di Scipione, l’eroe che sconfisse Annibale e salvò la repubblica.
Il problema è che secondo me non c’è bisogno di tutti questi personaggi: non c’è (per adesso) un confronto di idee o pareri che giustifichi la presenza di figure che dibattono fra loro. Tutti sono concordi, ognuno aggiunge qualche particolare, ma allora che bisogno c’era di questi personaggi?
Io credo che la risposta sia semplice: Cicerone non era un genio dell’antichità ma un politico intelligente che scriveva tanto e bene. Ma è come, con le debite proporzioni, se leggessimo oggi un libro di Andreotti o Spadolini (o, se vogliamo ridere, di Renzi!) aspettandoci di trovarvi chissà quale profondità di pensiero. Bene che vada invece sarà un testo stilisticamente accurato ma che al massimo darà un quadro della visione del tempo di una certa problematica: la sintesi sarà poi tanto più oggettiva quanto meno il soggetto è legata alla politica. Al contrario un argomento politicamente dibattuto sarà infatti fortemente descritto da una prospettiva di parte.
Cicerone era un politico che scrive, in questo caso, di un argomento non politico: descrive quindi il pensiero del tempo (compresi i pregiudizi) sull’amicizia ma senza raggiungere chissà quali rivelazioni o intuizioni.
Senza riscorrere le mie note mi pare di ricordare che l’elemento fondamentale dell’amicizia sia considerata la virtù. Virtù in senso generico: secondo Cicerone sono le buone qualità che attraggono e si corrispondono nelle amicizie.
Nel corto Amico elencai al volo, senza cioè pensarci troppo, la lista delle caratteristiche che un’amicizia deve avere:
«[...]
- Affinità
- Tolleranza
- Disponibilità
- Rispetto
- Fiducia
- Comprensione
Il tutto reciproco: ciò che è unidirezionale prima o poi si esaurisce.»
Inizialmente pensavo che questa corrispondenza di virtù potesse equivalere alla mia voce “affinità” ma poi mi sono reso conto che non è così. Le virtù devono essere caratteristiche positive e non semplici corrispondenze.
Eppure anche fra criminali possono esserci amicizie: probabilmente Cicerone non le considererebbe tali, le declasserebbe a semplici frequentazioni che scimmiottano l’amicizia senza averne la profondità.
Ma io non credo che sia così: anche due criminali possono avere delle affinità, una concezione del mondo, una sensibilità verso la giustizia che, sebbene distorta rispetto alla comune prospettiva, può comunque essere la base di una sincera amicizia.
Insomma la corresponsione limitata alle virtù mi sembra arbitraria, probabilmente tipica per della mentalità classica.
Delle altre mie voci forse quella su cui più concorda Cicerone è la “disponibilità”, su cui insiste molto, e la “comprensione” intesa però più come possibilità di parlare con l’amico di qualsiasi argomento (che, volendo, si sovrappone alla “fiducia”). In effetti anche il “rispetto” è fortemente presente nell’idea di amicizia di Cicerone: del resto le virtù altrui ci attraggono, secondo l’autore, per ammirazione ovvero rispetto.
Alla fine l’unica mia voce non presente nell´elenco di Cicerone è la “tolleranza”: non che dica che NON ci debba essere, semplicemente non affronta il concetto che, quindi, suppongo non sia considerato particolarmente importante.
Il motivo credo vada ricercato nella visione dell’amicizia basata sulle virtù: le virtù altrui non si tollerano ma si ammirano e rispettano. Tendenzialmente gli amici, uniti dalle virtù, non hanno bisogno di tollerarsi perché le caratteristiche positive sono in genere prevalenti su quelle negative.
Per esempio Cicerone affronta il problema se ci si debba sentire obbligati dall’amicizia ad andare contro la legge: ovvero se un amico ci chiede un qualcosa di disonesto che dobbiamo fare?
Per Cicerone, poiché l’amicizia si basa sulla virtù, e che quando ci vien chiesto di violare la legge la virtù viene meno, allora deve cessare anche l’amicizia. Un amico non può chiedere a un altro qualcosa di immorale o di illegale e aspettarsi il suo aiuto.
Qui probabilmente entrano in gioco anche le idee politiche di Cicerone: sarebbe interessante sapere se questo testo segue o anticipa la ribellione di Catilina. Comunque Cicerone riporta proprio l’esempio di un giovane che aveva fatto qualcosa contro la Repubblica su istigazione di un amico (forse proprio Catilina? Stranamente non ricordo…): per l’autore aver agito per amicizia non è un’attenuante ma, anzi, un’aggravante.
Interessante la digressione di un altro personaggio, l’amico di Scipione, che ne riporta alcune idee sull’amicizia.
Vabbè qui cito direttamente: «Lui [Scipione] affermava che, in realtà, niente è più difficile di un’amicizia che duri fino all’ultimo giorno della vita. Spesso accade, infatti, che la stessa cosa non convenga ad entrambi gli amici oppure che non si abbiano le stesse opinioni in politica; spesso – diceva – cambiano anche i costumi degli uomini ora per le avversità, ora per l’aumentare dell’età. » (*1)
E poi prosegue indicando altri motivi di conflitto come la ricerca dello stesso matrimonio, oppure la rivalità per una carica pubblica…
Tendenzialmente non mi trovo d’accordo con Scipione, ovvero con Cicerone. Se l’amicizia si base come egli afferma sulla virtù allora essa dovrebbe rimanere salda fino a quando le virtù rimangono integre. E non vedo cosa abbiano a che fare le virtù con la ricerca di uno stesso matrimonio o sulle opinioni politiche.
Ma del resto, come ho già scritto, per Cicerone la “tolleranza”, non è un elemento fondamentale dell’amicizia (*2).
Oltretutto Cicerone non perde l’occasione per riportare le opinioni di alcuni filosofi greci (non direttamente nominati), secondo i quali l’amicizia avrebbe dei forti aspetti di convenienza, e argomentare contro di esse. Queste stesse argomentazioni non dovrebbero essere valide anche contro l’opinione di Scipione? i conflitti per un matrimonio o una carica politica non sono forse degli aspetti di convenienza o della sua mancanza?
Nel frattempo aggiungo alla mia modesta lista altre due voci che mi sono venute in mente mentre scrivevo questo pezzo:
- la sincerità
- il piacere di stare insieme.
Del “piacere di stare insieme” accenna anche Cicerone. La “sincerità” è invece più controversa.
Anche per Cicerone gli amici dovrebbero essere sinceri fra di loro (la sincerità del resto è alla base della virtù) ma c’è il pericolo di ferire l’amico dicendogli qualcosa di sgradito. Per Cicerone bisognerebbe saper scegliere il momento opportuno per correggere l’amico che sbaglia ma non è facile. Di nuovo la “tolleranza” che io ho inserito nelle caratteristiche dell’amicizia (e in misura minore il “rispetto”) aiuterebbe…
Conclusione: vabbè, al momento sono a poco più di metà lettura: al termine vedrò di scorrere le mie note per elencare sistematicamente tutte le caratteristiche che Cicerone attribuisce all’amicizia. Ma un pezzo introduttivo era comunque se non necessario almeno molto utile...
PS: da un punto di vista psicologico gli INTP come me sono estremamente tolleranti (o, meglio, indifferenti) alle opinioni altrui, al contrario i tipi --TJ tendono ad avere vedute più ristrette e vorrebbero che tutti si adeguassero alla loro visione. Ma la psicologia al tempo di Cicerone non era un fattore!
Nota (*1): tratto da “L’amicizia” di Cicerone, (E) Newton Compton Editori, 2013, a cura di Emma Maria Gigliozzi, pag. 55.
Nota (*2): in realtà sono a pagina 77 di 125: potrebbero quindi esserci dei “colpi di scena” nel prosieguo!
alla prima stazione
1 ora fa
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