Oggi voglio scrivere de “Il secolo breve”: ho letto un capitolo di appena tre pagine ma ricco di mie annotazioni. Se ho tempo, ma suppongo che anche il solo ipotizzarlo sia veramente troppo ottimistico, volevo poi riportare una mia riflessione/intuizione nata dalla lettura di “The framers’ coup”…
Il capitoletto in questione affronta genericamente varie tematiche del comunismo e la loro evoluzione nel tempo (sono ancora all’inizio del libro e l'autore è impegnato in una panoramica generale).
Ma andiamo con ordine:
- Il partito comunista nella sua organizzazione, obbedienza e fedeltà ai suoi ideali è paragonato a “ordini monastici e cavallereschi nel Medioevo cristiano” e gli conferì una grande efficienza.
Risegnalo il pezzo scritto pochi giorni fa sul parallelismo fra comunismo (ideologia in generale) e religione: La religione comunista.
- Dopo la rivoluzione del 1917 i partiti comunisti nel mondo erano diretti dalle élite intellettuali. Per esempio nel Brasile degli anni ‘30 il partito comunista era composto da giovani di buona famiglia delle oligarchie locali e ufficiali dell’esercito (dove spesso confluivano i giovani istruiti ma poveri).
- Come conseguenza la base del partito aveva poi idee molto differenti dalla sua dirigenza. Il caso esemplare è quello della Spagna del 1936 dove, sotto la spinta degli ultimi movimenti anarchici, ci fu la collettivizzazione dei mezzi di produzione nonostante i vertici del partito fossero contrari. Per non parlare dell’assassinio di circa 7.000 preti spagnoli (il 10-12% del totale).
Hobsbwam spiega il massacro come la volontà di un “rovesciamento dei valori della società” non temporaneo ma perenne. Io non saprei dire: mi colpisce che proprio in un paese notoriamente cattolico come la Spagna si sia sviluppato questo eccesso di violenza. Una mia nota dice: “[KGB] più forte la religiosità, più forte la reazione contro di essa”. Vi vedo una reazione fra estremismi quando si esacerbano gli animi e l’odio, non la comprensione, verso il diverso: ho infatti la “sensazione” che il clero spagnolo fosse fortemente avverso al comunismo…
E invece ho già finito! Ci sarebbero un paio di altre osservazioni ma per il momento preferisco tenermele per me e rifletterci meglio…
E allora passo all’intuizione/riflessione scaturita da “The framers’ coup”. Un minimo di contesto: sono al capitolo dove viene spiegato come andò il processo di ratifica della costituzione nei vari stati fondatori. I Federalisti (F) costituiscono il gruppo di pressione a favore della ratifica, gli Anti-Federalisti (AF), ovviamente, erano contro. La nuova costituzione era spesso meno democratica di quelle già esistenti nei singoli stati ed era anzi pensata per tenere il popolo lontano dal vero potere: questa non è una mia teoria ma risulta chiaramente dalle lettere private (perché ovviamente pubblicamente nessun F lo ammetteva) dei politici coinvolti. La nuova costituzione proteggeva poi i più ricchi e chi possedeva quote del debito accumulato durante la guerra contro il Regno Unito.
Nel corso della Freeman la ratifica è sempre data in bilico ma alla fine, nella maggioranza degli stati, il fatto che i più ricchi e istruiti fossero a suo favore, più vari “trucchi” come organizzare le convenzioni in luoghi a maggioranza di F, evitare referendum, la pressione della maggioranza dei giornali alla fine facevano la differenza anche quando la maggioranza della popolazione era contraria alla ratifica. Insomma, per adesso, vi è più l’impressione di equilibrio fra le parti ma le varie ratifiche alla fine si sono risolte a senso unico e netto.
Ora sto leggendo della Virginia uno degli stati più importanti se non il più importante, perché ricco e popoloso, dell’unione. Qui forse vi è l’opposizione più forte alla ratifica perché qui anche i ricchi (produzione di tabacco basata sullo schiavismo) hanno da rimetterci. D’altro canto sia George Washington, considerato un eroe vivente, che Madison, la mente dietro la Costituzione (e 4° presidente degli USA), erano virginiani…
Ma sto divagando: qui i pezzi grossi contrari alla ratifica erano tre. Due però lo erano solo relativamente e si sarebbero accontentati di qualche emendamento: solo uno era totalmente contrario.
La mia riflessione/intuizione è questa: l’uomo medio non schierato, colui che si interessa solo superficialmente alle questioni politiche (e non solo), non basa il proprio giudizio razionalmente basandosi sulle diverse argomentazioni e arrivando a una propria conclusione indipendente; piuttosto la sua opinione si forma sulla percentuale di “autorità” che si esprimono a favore o contro una certa proposta.
Se su 10 “autorità” 2 schierano per A e 8 per B egli probabilmente (diciamo all’80%) si schiererà per B. Questo ovviamente se la questione non lo tocca direttamente e quindi non l’approfondisce: il punto è che non conta la bontà delle ragioni ma solo il numero di chi le propone. In questa maniera l’uomo media si evita la fatica di usare la propria testa.
Chiaramente chi e quante siano queste “autorità” varia da persona a persona: possono essere politici ma anche intellettuali, giornalisti o religiosi; magari anche conoscenti particolarmente stimati…
Il punto è che questa è un’euristica per giungere a delle decisioni affidabile solo quanto lo sono le “autorità” prescelte.
Conclusione: leggo un quarto d’ora e scrivo per oltre un’ora: non molto efficiente!
alla prima stazione
1 ora fa
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