Non mi piace attualmente la varietà dei miei pezzi: mi sembrano limitati a pochi argomenti e magari anche un po’ ripetitivi. Eppure anche oggi “devo” ripetermi: un nuovo pezzo di psicosociologia.
Infatti il capitolo sul “conflitto e accordo” si sta dimostrando molto più interessante del previsto.
Le segnalazioni di spunti utili sono molteplici già nella prima dozzina di pagine ma mi limiterò all’informazione più legata alla nostra attualità.
Si tratta di una mezza paginetta di approfondimento (il libro che sto leggendo è infatti un testo universitario che per struttura assomiglia ai miei libri delle superiori) in cui viene citato lo psicosociologo più longevo (Ralph K. White), i cui primi studi importanti sono degli anni ‘30 (1930!) e che nel 2004, a 97 anni di età, ha pubblicato uno studio riepilogativo di precedenti analisi (anni ‘60 e ‘80) ritenuto molto significativo.
Il suo studio prende in esame un secolo di guerre per comprendere quali sono i meccanismo psicosociali che portano al conflitto vero e proprio.
Traduco al volo: «White riferisce che ogni guerra è contrassegnata da almeno uno dei seguenti tre fraintendimenti: 1. sottostimare la forza del proprio nemico; 2. razionalizzare i propri motivi e azioni e, soprattutto, 3. demonizzare il nemico.» (*1)
E guardiamo cosa è successo in occidente con la Russia: di sicuro è stata sottovalutata sia militarmente che economicamente (e forse anche diplomaticamente). Sulla razionalizzazione sono meno certo: a noi al momento arriva solo la propaganda occidentale che non ha niente a che vedere con la razionalità: lo sapremo solo fra molti decenni cosa pensavano veramente gli alti papaveri del partito democratico quando hanno provocato questa guerra: è possibilissimo, come spesso accade, che abbiano finito per credere alle proprie bugie.
Della demonizzazione di Putin c’è poco da dire: lo hanno fatto passare per folle, per il dittatore che vuole conquistare l’Europa, per morente (e quindi incapace di ragionare lucidamente) e come semplicemente malvagio.
E volete sapere un altro dato interessante? La demonizzazione dell’avversario è tipica della parte che aggredisce e che deve quindi trovare tutte le giustificazioni possibili, anche speciose, per giustificare il proprio comportamento. Chi invece è attaccato (o, come nel caso della guerra in Ucraina, obbligato ad agire) ha la ragione più semplice del mondo: “dobbiamo difenderci”.
Do per scontato infatti (visto che l’ho ripetuto più e più volte) che l’Ucraina combatte una guerra per procura NATO (e quindi USA) contro la Russia.
Ma nella breve citazione sullodata c’è un elemento estremamente generico: la demonizzazione dell’avversario.
Questa infatti viene usata sempre più spesso, come una clava, verso chiunque si azzardi a criticare il potere vigente. Potere che non fa gli interessi della popolazione ma, addirittura, oggi sempre più spesso la danneggia apertamente (*2).
E come reagisce il potere alle critiche? Col dialogo? Cercando i punti di vista avversi e le eventuali critiche? Cercando di arrivare a un compromesso accettabile per tutti?
Assolutamente no!
Il potere, grazie al controllo assoluto dei media tradizionali, demonizza chi la pensa diversamente evitando il confronto aperto e sincero.
Il motivo per cui questo avviene l’ho già spiegato nell’Epitome (per esempio in [E] 10.6) ma, essenzialmente, si tratta di malafede: il potere politico sa bene di non fare gli interessi della popolazione e quindi non può permettersi un confronto aperto, razionale e civile da cui uscirebbe sempre sconfitto. E allora, per giustificarsi, risponde nella maniera più semplice, ovvero demonizzando chi la pensa diversamente: lo abbiamo visto con la pandemia negli anni passati (e, temo, lo rivedremo nell’autunno) e più recentemente per tutti colori che si opponevano alla guerra: vuoi per motivi morali (noi, l’occidente, siamo i “cattivi” di questa guerra al fianco dei neonazisti) che per egoistici motivi economici (le sanzioni ci distruggono economicamente).
Voglio infine concludere con una precisazione che già da un po’ che volevo scrivere: è già da giugno (ma forse anche fine maggio) che scrivo che l’Ucraina ha perso la guerra e che la formalizzazione della sconfitta avverrà a settimane. Eppure questa ammissione di sconfitta ancora non c’è stata: la propaganda occidentale addirittura fantastica su improbabili contrattacchi ucraini e di un armata di un milioni di uomini…
Allora ho sbagliato la mia previsione? Tutti i miei giudizi e argomentazioni sono sbagliati perché quella che presento come l’unica conseguenza finale, la sconfitta dell’Ucraina, non si è manifestata?
No: io continua ad avere piena fiducia nella mia logica (*3) ma solo che è difficile prevedere quando un fatto inevitabile accadrà esattamente.
È come quando si osserva un incontro di pugilato e si vede un pugile chiaramente inferiore che prende un sacco di pugni riuscendo solo saltuariamente a reagire assestandone uno o due sui guantoni dell’avversario. A ogni round si pensa che andrà al tappetto ma, talvolta, se l’avversario più forte non trova il colpo del ko, l’incontro si prolunga inutilmente per più riprese che non servono a niente se non che a “punire” il pugile perdente. Per questo, a volte, è proprio dall’angolo che viene “gettata la spugna”.
Nella nostra analogia però, all’angolo vi sono degli esaltati che, per i propri interessi (magari hanno scommesso che l’incontro sarebbe durato almeno dodici riprese) dicono al proprio pugile, rintronato dalle botte subite, che sta vincendo, che basta che riesca a piazzare un paio di colpi ed è fatta, che l’avversario sta peggio di lui e così via…
Questo è quello che secondo me sta avvenendo in Ucraina: Zelensky è totalmente controllato dagli USA e l’esercito ucraino sta continuando a combattere, sacrificando inutilmente la vita dei propri uomini, per volontà e forza d’inerzia ma senza reali speranze di successo.
In qualsiasi momento potrebbe arrivare l’atterramento ma è difficile prevedere esattamente quando: questo però non significa che i miei pezzi sulla guerra in Ucraina siano infondati, anzi!
Conclusione: è tutto connesso più che leggo e studio e più mi accorgo che la mia teoria generale della società è solida. Anche le nuove tessere che aggiungo di tanto in tanto hanno il proprio posto nel mosaico che vado costruendo: i pezzi in più non lo sciupano ma, al contrario, lo arricchiscono donandogli nuovi dettagli.
Nota (*1): tradotto al volo da “Social Psychology 13E” di David G. Myers e Jean M. Twenge, (E.) Mc Graw Hill Education, 2019, pag. 400.
Nota (*2): di chi, come e perché il potere politico faccia gli interessi lo spiego nelle 400 pagine della mia Epitome alla cui lettura rimando chi fosse interessato.
Nota (*3): e su altri pezzi ho scritto anche come e perché abbia selezionato le mie fonti che reputo attendibili e su cui a mia volta mi baso.
alla prima stazione
1 ora fa
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