Ieri un'amica mi ha spedito un'email con uno spunto molto interessante. In un messaggio precedente, aveva usato delle parole un po' drammatiche e io ci avevo scherzato sopra: così mi ha spiegato il “perché” delle sue espressioni. Di seguito copio e incollo, previa autorizzazione, la sua risposta che, pur estratta dal suo contesto, mi pare comunque chiara:
...in realtà, avevo scritto la frase semi-drammatica... ...ripensando alla frase di una persona che qualche giorno fa avevo sentito affermare "è bello sapere di condurre una vita inutile per gli altri". La sua era una considerazione un po' triste, ma ironica, sul fatto che qualche settimana fa è morto suo padre e, dopo tanto tempo passato al suo capezzale, convinta che si sarebbe ripreso, si sentiva... "inutile", perché non poteva più aiutare nessuno e soprattutto perché sentiva di non essere (stata) in grado di aiutare nessuno. Ho "rubato" la sua espressione, non per convinzione della mia inutilità, quanto piuttosto perché - pensandoci – è condivisibile il pensiero della "inutilità" delle nostre vite nei confronti di quelle di altre (perché non possiamo, nel bene e nel male, ma soprattutto nel bene, influenzarle o dare loro un contributo).
...
La frase chiave sarebbe "è bello sapere di condurre una vita inutile per gli altri" e, visto che è ironica (vedi Chiavi di ricerca per il significato di ironia), equivale a "è triste sapere di condurre una vita inutile per gli altri".
In effetti l'uso sapiente dell'ironia dà particolare forza alla frase e, paradossalmente, ne esalta la tristezza. Probabilmente anch'io, sentendola dal vivo, ne sarei rimasto colpito...
Generalizzando tale affermazione si pone il problema di quanto, nel bene o nel male, siamo in grado di influenzare le persone intorno a noi.
Riflettendo un po' ci si rende conto che, come spesso accade, la frase, per quanto bella, non è una verità assoluta. Mi sono così chiesto quando e perché NON siamo in grado di influenzare il prossimo: l'argomento è vastissimo e sono consapevole di trattarlo in maniera superficiale ma, siccome mi pare interessante, non mi tiro indietro dal postare alcune riflessioni che ho fatto sul momento...
In primo luogo la nostra capacità di influenzare gli altri è limitata dall'altrui volontà di essere influenzati: avete mai provato a convincere, pur avendo ottime argomentazioni, qualcuno che per partito preso non vuole nemmeno ascoltarvi?
In secondo luogo può accadere che siamo noi a non essere in grado di esprimere chiaramente le nostre argomentazioni. Oppure le ragioni dell'altra persona finiscono per prevalere sulle nostre (indipendentemente da dove stia la “ragione”)...
Ma la maggior parte delle volte la verità è relativa: noi riteniamo superiori le nostre ragioni perché, dal nostro particolare punto di vista, lo sono ma altrettanto accade al nostro interlocutore che, semplicemente, vede le stesse cose in maniera diversa da noi...
Riassumendo la nostra capacità di influenzare gli altri può essere limitata da un problema di volontà, o da un problema di comunicazione o, infine, da un problema di relativismo.
Non bisogna quindi abbattersi ma considerare come minimizzare questi problemi.
Per il problema di volontà bisogna fare in modo che il nostro interlocutore sia disposto ad ascoltarci: non a limitarsi a star zitto mentre parliamo ma a cercare di capire quello che intendiamo con le nostre parole. Fra amici è normale che ci sia questa predisposizione alla mutua comprensione ma non sempre è così: per esempio in un ambiente competitivo, come al lavoro, può capitare un collega che si opponga ciecamente a una nostra idea...
Il problema di comunicazione è il più semplice da risolvere: basta avere la possibilità di riflettere sulle proprie idee e magari metterle nero su bianco. Una volta che tutto è chiaro a noi stessi è più facile esprimerle agli altri...
Il problema del relativismo si può affrontare cercando di immedesimarsi nell'altro avendo però l'umiltà della consapevolezza di non poterlo fare perfettamente. Se il nostro interlocutore continua a vedere la situazione in maniera diversa da noi magari ha ragione lui! Forse non conosciamo alcuni elementi o, semplicemente, egli vede più lontano di noi...
Insomma bisogna ascoltare col cuore, parlare sinceramente e, per quanto possibile, capire il punto di vista altrui.
In conclusione non sempre è possibile influenzare la vita altrui. A volte, quando avremmo voluto fare del bene, è in effetti molto triste. Però non è vero che sia sempre così: talvolta è possibile fare la differenza...
Infine bisogna ricordare che non sempre è un male non riuscire a influenzare gli altri: per quanto bene intenzionati non è detto che la nostra idea di “migliore” sia la stessa del nostro interlocutore. Parimenti è bene che il nostro interlocutore non sempre riesca a influenzarci specialmente quando non è in buona fede e cerca di convincerci delle sue idee solo per trarne un personale vantaggio...
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