Stamani ho deciso di fare il punto sui miei progressi col libro di psicosociologia.
Ho faticato abbastanza a leggere il capitolo sul pregiudizio ma, sfortunatamente, adesso sono alle prese con un altro argomento quasi altrettanto ideologizzato.
Intendiamoci, sapevo/immaginavo che il libro avesse questa tendenza dal corso in linea che avevo seguito e nel complesso l’ideologia è abbastanza limitata a specifici sottocapitoli e gli autori sono sufficientemente onesti da segnalare che altri ricercatori (cioè non persone che non conoscono la materia come me) la pensano diversamente. È buffo perché io annoto i miei commenti facendo tante piccole pause mentre leggo, così mi capita di scrivere un’osservazione sui motivi per cui sono dubbioso di qualcosa e di ritrovare lo stesso giudizio una o due pagine dopo!
Nel complesso trovo questo capitolo sull’aggressività un po’ sovradimensionato: la questione del resto mi pare abbastanza semplice.
L’aggressività fa evidentemente parte della natura umana e gli uomini sono più aggressivi delle donne: questo è il “succo” del capitolo.
Poi, aggiungo io basandomi su quanto letto, ci sono due indicatori che determinano se una persona compierà un atto di violenza (non necessariamente fisica ma anche sociale): 1. una soglia di violenza; 2. un livello di autocontrollo. Quando il livello di autocontrollo scende sotto la soglia si ha l’episodio di violenza.
Questi indicatori possono sembrare simili: io mi immagino però la soglia come qualcosa di abbastanza fisso e strutturale per il singolo mentre l’autocontrollo più variabile e dipendente dalle contingenze.
Numerosi fattori possono alterare questi due indicatori: il testosterone (di regola molto più alto negli uomini) aumenta la soglia; l’alcool abbassa l’autocontrollo etc.
I fattori sono molteplici ma alla fine si potrebbero raggruppare tutti in una tabella che mostri quale indicatore alzano o abbassano.
Secondo me, in questa maniera, sarebbero bastati un paio di sottocapitoli.
Invece un sacco di spazio viene dedicato a quella che mi pare un’ovvietà: i bambini possono imparare la violenza dagli adulti, dalla televisione e dai (terribili) videogiochi.
A me pare un’ovvietà perché sappiamo che i bambini sono progettati biologicamente per assorbire tutte le informazioni in cui si imbattono.
Contemporaneamente credo che le ricerche sui bambini non si possano estendere automaticamente agli adulti o che gli effetti di un abbassamento del livello del controllo si estendano oltre poche ore dalla cessazione dello stimolo (per esempio il film o il videogioco).
Studi sui bambini “dimostrano” che quelli che guardano in tivvù spettacoli più violenti anche da adulti lo sono di più. Insomma, nella mia terminologia, gli spettacoli violenti aumenterebbero la soglia di violenza, perché si tratterebbe di un effetto permanente.
Io però rimango scettico: non posso scendere nei dettagli (alcuni dei quali non sono neppure noti) senza spiegare gli esperimenti in questione. Mi limito quindi a spiegare l’origine dei miei dubbi.
Io credo che la violenza sia principalmente frutto della situazione sociale e delle diseguaglianze: il bambino che diventa violento guardando per 7 ore al giorno la televisione è un bambino abbandonato alla televisione da genitori che hanno a loro volta altri problemi; la violenza che guarda in tivvù è lo specchio della violenza che vede in famiglia o nel quartiere in cui vive.
Quindi sì, alla fine magari effettivamente anche la televisione può contribuire un poco ad aumentare il livello di violenza complessivo ma essa ha un impatto di 1 contro quello di 10 provocato dal disagio provocato dalla diseguaglianza.
Se si volesse effettivamente una società meno violenta non basterebbe mostrare a bambini e adolescenti solo programmi come “Peppa Pig” ma si dovrebbe abbattere le diseguaglianze sociali.
Parimenti la violenza della società moderna è in aumento non perché la tivvù e i videogiochi sono sempre più violenti ma perché le società occidentali stanno divenendo sempre più ingiuste e squilibrate.
Per questo tutta l’attenzione che i libro dà a questi elementi, nel complesso secondari, mi sembra non solo eccessiva ma anche controproducente perché nasconde quali siano i veri fattori che portano alla violenza della società moderna.
Intendiamoci, sono mi pare, più o meno, a metà capitolo e devo ancora leggermi il “pippone” specifico sulla “pericolosità” dei videogiochi violenti: magari nel prosieguo verrà data maggiore enfasi ai fattori sociali ed economici che portano alla violenza ma, da come è stato impostato fino a questo momento il discorso, ne sarei sorpreso…
Conclusione: non lo so, forse alla fine quello ideologizzato sono io e non il testo! Rimane però il fatto che il libro, concentrandosi sui fattori secondari che portano alla violenza, fa perdere di vista i principali.
alla prima stazione
1 ora fa
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