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martedì 3 maggio 2022

Giustizia infantile

A scuola, quando si verifica una lite fra bambini, la maestra chiede “chi è stato a iniziare?”: si riconosce infatti il diritto a difendersi e l’unico colpevole è colui che attacca per primo. A nulla valgono le difese “ma mi aveva fatto la linguaccia” oppure “ma ha detto che mamma è una tro##”: in questi casi infatti al bambino offeso viene detto che avrebbe dovuto denunciare l’accaduto alla maestra ed ella, solo ella, avrebbe preso i giusti provvedimenti a sua tutela.

Questo criterio morale in cui il primo che avvia le ostilità ha tutta la colpa è valido all’asilo e alle elementari ma, quando i ragazzi crescono, ecco che anche le situazioni in cui vengono a crearsi questi conflitti non sono più sempre di facile e immediata lettura.
Chi attacca ha spesso tutta la colpa ma, in qualche situazione, potrebbe essere giustificato: se, per esempio, lo fa per difendere un ragazzino più debole o, magari, per evitare un pericolo maggiore. Ecco, in questi casi magari chi aggredisce non sarà forse totalmente innocente ma, di sicuro, avrà delle attenuanti. Ancora infatti si può sperare che adulti esperti, con anni di esperienza nel mondo scolastico, sappiano risolvere la situazione se tempestivamente e debitamente informati: rimane il fatto che non sempre ci potrebbe essere il tempo materiale per richiedere il loro intervento.

Mi vengono poi in mente le zuffe sui campi di calcio: spesso quando due giocatori si accapigliano fra loro cosa fa l’arbitro? Chiede chi è stato a iniziare? No: in parte perché a volte non sarebbe fattibile ma soprattutto perché dà per scontato che ci siano responsabilità da ambo le parti. Ecco quindi che di solito entrambi i giocatori si guadagnano un cartellino giallo o, addirittura, rosso.

Non sono poi un esperto di legge ma sono piuttosto sicuro che anche nelle aule di tribunale, per giudicare le risse, il giudice non si limiti a stabilire chi le ha iniziate e ad attribuirgli così tutta la colpa. Di sicuro questo sarà un elemento, magari il più importante, ma si considereranno anche altri fattori: qualcuno aveva bevuto o era sotto l’effetto di droghe? Qualcuno era armato? Erano in tanti contro uno? C’era la possibilità di richiedere l’intervento della polizia? C’era una situazione di grave pericolo immediato?
Tutti elementi che, a seconda dei casi, potrebbero influenzare il grado di colpevolezza dell’aggressore fino, magari, a scagionarlo del tutto. Basti pensare ai casi di legittima difesa...

La regola che si può trarre da questi esempi è che più la situazione diviene complessa, più le motivazioni delle parti sono articolate, più le responsabilità divengono sfumate e più, di conseguenza, i giudizi morali si fanno difficili.
Non pensate infatti che ci sia una certa differenza fra due bimbi di cinque anni che litigano per una spinta e due Stati impegnati in una guerra?

Eppure ancora ieri, ho sentito un giornalista (*1) affermare che la colpa del conflitto fra Ucraina e Russia è tutta della Russia perché questa ha colpito per prima. Tutto qui: fine dell’analisi politica e morale della vicenda: tutta la colpa è della Russia. Le responsabilità occidentali non sono state neppure prese in considerazione: l’unica logica, l’unico criterio per analizzare la vicenda è chi ha attaccato per primo.

Come detto questo modo di procedere può avere senso all’asilo o alla scuola elementare ma di sicuro è insufficiente per comprendere e giudicare una situazione di svariati ordini di grandezza più complessa. Usare un criterio così banale per qualcosa di così articolato e contorto è a mio avviso indice o di stupidità o, più probabilmente, di ipocrisia. Ipocrisia nel senso che non si ricerca la verità e quindi la giustizia ma, piuttosto, si è semplicemente interessati, per ragioni politiche e propagandistiche, ad attribuire la colpa interamente a una parte, ovvero in questo caso alla Russia.

La dimostrazione di quanto sia opportunistica la scelta di usare questo banale criterio di giudizio ce la danno gli innumerevoli altri conflitti in cui esso non è usato: riduciamo forse l’intera storia del conflitto fra israeliani e palestinesi a chi ha attaccato per primo? Oppure la Francia (o la NATO o gli USA) si è presa la colpa per aver attaccato per prima la Libia? O analogamente gli USA erano stati attaccati da Saddam nella seconda guerra del golfo?
Certo nel 1990 era stato l’Irak a invadere il Kuwait oppure la Germania nazista attaccò per prima la Polonia: ma il punto è che situazioni così complesse come le guerre non possono essere giudicate con l’infantile criterio di chi ha colpito per primo: tanto varrebbe lanciare un dado allora...

Le responsabilità possono essere, anzi sono sempre più articolate e complesse: nel confronto fra due stati la guerra non nasce dal nulla ma è il culmine di una crisi che, in genere, si è protratta per anni e in cui non solo gli stati direttamente coinvolti ma tutta la comunità internazionale ha, o ha avuto, degli interessi in gioco. Sempre va considerato il quadro geopolitico internazionale: gli equilibri di forza e le strategie delle superpotenze globali e locali. Se ignoriamo tutto questo non ci limitiamo a giudicare solo metà dei fatti ma, direi, forse appena un decimo.

Voglio poi far notare che vi è un’ulteriore e sostanziale differenza fra la lite fra due scolari e la guerra fra due stati: nel secondo caso manca completamente l’analogo della “maestra imparziale e giusta capace di punire il colpevole e restaurare la giustizia”. A chi si deve rivolgere lo stato che subisce una grave ingiustizia da un altro stato? All’ONU? Agli USA? Magari alla Cina?
Gli USA e la Cina hanno infatti i loro interessi geopolitici: non sono interessati a portare giustizia e verità nel mondo ma solo a proteggere la propria influenza politica ed economica.
L’ONU poi, ammesso che sia imparziale (e comunque non lo è) è guidata dal consiglio di sicurezza in cui i cinque membri permanenti hanno potere di veto: quante volte, per esempio, risoluzioni di condanna nei confronti di Israele sono state bocciate a causa del veto degli USA?
Insomma nel confronto fra Stati manca l’equivalente del giudice imparziale che abbia la capacità e la forza di imporre la giustizia: questo, tristemente, in parte giustifica il ricorrere alla forza militare per far valere i propri diritti. Negare questa evidenza equivale a volersi ingannare.

Volutamente non sono voluto entrare nello specifico dell’attuale guerra fra Ucraina e Russia: dico solo che analizzarla coll’unico e solo criterio morale di aggressore/aggredito non ha senso. È un’operazione sciocca la cui unica motivazione è quella di voler attribuire tutte le responsabilità alla Russia e, contemporaneamente, nascondere le colpe dell’occidente a guida USA che ha volutamente esacerbato una situazione che altrimenti, con un minimo di buon senso, si sarebbe potuta facilmente risolvere tramite la diplomazia.

Conclusione: io temo che i media usino il troppo semplicistico criterio di “chi è l’aggressore e chi l’aggredito”, valido come spiegato unicamente all’asilo nido, perché il pubblico è considerato composto da una massa di bambini ignoranti e facilmente influenzabili. Sfortunatamente mi sa che i media abbiano ragione...

Nota (*1): mi è parso Mentana: ma ho sentito solo la voce e non ne sono sicuro.

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