È quasi imbarazzante.
Ogni volta che mi azzardo a leggere un paio di pagine di “The framers’ coup” trovo degli spunti interessantissimi: eppure, almeno in teoria, altri libri dovrebbero essere ancora migliori da questo punto di vista. Com’è possibile che un libro(ne) sul processo che portò all’adozione della costituzione degli USA mi stimoli maggiormente, che so, di Osho?
Non so: probabilmente dipende da me. Voglio dire che non credo vi siano ragioni oggettive ma, semmai, soggettive. Sono io che trovo affascinanti le descrizioni delle manovre politiche, delle astuzie, ma anche delle riflessioni attente ai pro e ai contro oppure che trovo avvincente la sfida dialettica sia dei rappresentanti dei vari stati al congresso di Filadelfia che i successivi confronti pubblici fra federalisti e antifederalisti per la ratifica della costituzione.
Sì, perché nei paesi democratici, quando si adotta una costituzione questa deve venire approvata dalla popolazione (*1).
Nelle due paginette lette oggi è spiegato come i federalisti (favorevoli alla ratifica della costituzione) nei dibattiti pubblici con gli antifederalisti talvolta finissero per trovarsi a dire affermazioni in contrasto con quanto avevano sostenuto al congresso di Filadelfia. Oppure a difendere articoli che avevano invece avversato...
Questo perché consapevoli che sarebbe stato controproducente dire agli elettori ciò che effettivamente pensavano.
Ci sono un paio di esempi molto divertenti (a causa dell’ipocrisia politica che dimostrano) ma sono piuttosto tecnici e spiegarne i vari perché mi costringerebbe a lunghe digressioni: mi limito quindi a un commento dell’autore alla fine del secondo aneddoto (tradotto al volo): «Hamilton, nei dibattiti sulla ratifica, dichiarò virtù ciò che aveva disprezzato come vizi a Filadelfia.» (*2)
Oppure, ma analogamente, alcuni articoli venivano giustificati con motivazioni ben diverse da quelle reali (*3), ovviamente sempre per non alienarsi i voti della popolazione.
Come infatti mi sembra di aver già scritto in altri pezzi, la costituzione americana è molto meno democratica di quanto avrebbe potuto essere: da questo punto di vista le costituzioni di varie ex colonie erano molto più avanzate. Il fatto è che la maggior parte dei delegati rappresentavano gli strati sociali più ricchi con interessi e punti di vista ben diversi da quelli del resto della popolazione; contemporaneamente gli intellettuali e politici dalle idee più democratiche avevano disertato tale assemblea.
Ma piuttosto che ripetere malamente ciò che spiega Klarman mi conviene tradurre al volo ciò che scrive: «I delegati all’assemblea di Filadelfia si erano molto sforzati di creare un governo nazionale che fosse isolato dalla pressione politica popolare grazie a meccanismi come la lunghezza dei mandati, elezioni indirette ed enormi circoscrizioni elettorali. Anche per la Camera dei Rappresentanti, dove l’influenza della popolazione sarebbe stata più diretta (*4), i delegati avevano cercato di indebolire tale influenza omettendo “provision for instruction” (*5), il richiamo del rappresentante, il limite dei mandati [...]» (*6)
L’idea, credo in buona fede, dei padri fondatori (molto aristotelica!) era che si doveva fare in modo che gli “uomini migliori” arrivassero al potere, ovvero gli esponenti delle classi più elevate: non per fregare la popolazione ma perché questa era ritenuta incapace di esprimere politici in grado di perseguire il bene comune. Chiaramente questo però non venne detto agli elettori durante la campagna elettorale per la ratifica della costituzione!
Per esempio un federalista dichiarava che nulla impedisce che il presidente o i senatori fossero di estrazione popolare: tecnicamente vero ma, nella pratica, duecento e passa anni ci insegnano che le cose vanno diversamente. L’ipocrisia qui è evidente perché la stessa persona a Filadelfia si era infatti battuta affinché i senatori non ricevessero alcun stipendio per fare in modo che “solo i facoltosi potessero intraprendere tale carriera”.
Ed ecco il “M5S” e la sua iniziativa per la riduzione dei parlamentari (!): «Nella campagna per la ratifica, i federalisti avevano difeso il piccolo numero di membri del congresso come una misura per risparmiare denaro, al contrario a Filadelfia avevano argomentato che così si sarebbe facilitata l’elezione di “un miglior tipo” di persone.» (*7)
E anche da noi è andata così: da buon populismo apparente il M5S ha fatto una battaglia che poteva essere spacciata come favorevole alla popolazione ma in realtà il suo vero scopo era diminuire la rappresentanza popolare.
Capite quanto è attuale questo libro?
Capite che quando un politico dice X ma il buon senso dice Y allora, molto probabilmente, il politico sta mentendo spudoratamente e abusando della vostra buona fede?
Comunque mi pare evidente che alla base di molti problemi ci sia la precauzione, all’apparenza giustificata, delle sedute tenute rigorosamente segrete dell’assemblea di Filadelfia: se ci fosse stata trasparenza quotidiana sui lavori i vari delegati non avrebbero potuto poi ingannare la popolazione dicendo il contrario di quanto pensavano e avevano affermato durante la stesura della costituzione.
La regola che dovremmo trarne è quella di diffidare di tutte le riunioni segrete in cui si decide il destino della gente: se i lavori sono tenuti segreti è solo perché ci si mette d’accordo su come fregare la popolazione…
Conclusione: Affascinante: come seguire una partita di poker vedendo le carte dei diversi giocatori e i loro processi mentali per sfruttarle al meglio.
Nota (*1): Come infatti NON è avvenuto nella “democratica” UE.
Nota (*2): Tratto da “The framers’ coup” di Michael J. Klarman, (E.) Oxford University Press, 2016, pag. 393.
Nota (*3): Sappiamo piuttosto bene come andarono i lavori a Filadelfia perché sono sopravvissute almeno due resoconti completi più molte annotazioni frammentarie di altri delegati.
Nota (*4): I senatori negli USA infatti non sono eletti dalla popolazione ma scelti dai vari stati dell’unione.
Nota (*5): Tratto da “The framers’ coup” di Michael J. Klarman, (E.) Oxford University Press, 2016, pag. 394.
Nota (*6): Non so come tradurlo in italiano: in pratica si intende le modalità con cui gli elettori potevano ordinare ai propri rappresentanti di votare in una certa maniera su specifiche problematiche.
Nota (*7): Tratto da “The framers’ coup” di Michael J. Klarman, (E.) Oxford University Press, 2016, pag. 394.
alla prima stazione
1 ora fa
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