Pezzo breve (credo) oggi basato su una semplice intuizione.
In molti articoli ultimamente, specialmente quelli nati da spunti di psicosociologia, sembro un disco rotto: “Io non ho questo limite… io evito questi errori… io qui, io là, io su e io giù…” al quale aggiungo anche un certo disgusto o, a seconda dell’umore, pietà per le debolezze psicologiche dell’umana natura.
Chi non mi conosce penserà che io sia il solito esaltato che si sopravvaluta (oltretutto è psicologicamente la norma pensare di far parte della minoranza non affetta dagli errori più assurdi e paradossali) ma anche chi mi conosce probabilmente nutrirà più di qualche dubbio su queste mie autovalutazioni: sarebbe plausibile che io non sia vittima di uno specifico limite ma così tanti, come scrivo, può legittimamente sembrare un po’ troppo.
Al posto dei miei lettori potrei pensare che un giudizio tanto favorevole a me stesso sia il patetico tentativo di rafforzare la mia autostima illudendomi di essere, almeno psicologicamente, migliore della massa umana...
In realtà, e questa è l’intuizione odierna, mi sono reso conto che alla base della mia resistenza verso molti limiti psicologici ci sono semplicemente due fattori.
Il primo è la memoria: avendo un’ottima memoria evito i problemi dovuti a una deformazione della stessa e, ovviamente, non arrivo alle conclusioni errate perché basate su ricordi incompleti e/o imperfetti (o talvolta totalmente illusori!).
Il secondo è la mia tendenza a non riconoscermi in specifici gruppi e, parimenti, a resistere ai loro condizionamenti (v. il vecchio “classico” KGB le Origini: l’anticonformista): questa mia caratteristica (che spesso è anche uno svantaggio visto che mi porta all’isolamento sociale) mi protegge da tutta una miriade di limiti indotti dal desiderio di appartenere ed essere apprezzati dai propri gruppi di riferimento.
Ecco, io credo che semplicemente questi due fattori da soli, il primo comune e il secondo decisamente più raro, spieghino come mai così spesso, quando leggo il libro di psicosociologia, mi ritrovi a chiedermi come sia possibile che la maggioranza delle persone cada, a differenza di me, in errori tanto elementari.
Contemporaneamente mi pare, per primo a me medesimo, che le mie molteplici resistenze a svariati difetti psicologici sia molto più plausibile considerando questi due fattori decisamente, direi, oggettivi.
Poi, volendomi bene, potrei aggiungere che anche l’intelligenza, intesa come capacità di arrivare a conclusioni corrette, ha una sua importanza. Non credo però che il suo ruolo sia determinante: se la mia memoria non fosse accurata come dico allora la “mia intelligenza” si baserebbe comunque su dati sporchi e imprecisi arrivando inevitabilmente a conclusioni errate.
Analogamente l’intelligenza non protegge dal desiderio di appartenere ed essere apprezzato dal proprio gruppo: semmai può fornire più conclusioni distorte e/o complesse per illudersi di essere nel giusto (forme di “self serving bias”).
Insomma l’intelligenza chiaramente aiuta a evitare alcuni limiti umani ma, mi pare, sia un fattore secondario e, talvolta, a doppio taglio.
Conclusione: tutto qui volevo solo mostrare come le mie presunte e molteplici qualità psicologiche siano plausibili considerando le due caratteristiche mentali che mi contraddistinguono viste sopra (buona memoria e particolare forma di asocialità).
alla prima stazione
1 ora fa
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