Ho guardato per caso il seguente video: A typical child on Piaget's conservation tasks.
Allora, come sapete, la mia opinione dell’umanità è in costante calo. La lettura del libro di psicosociologia non aiuta: basta che il pastore agiti un mazzolino d’erba fresca e subito le pecore zelanti gli belano obbedienti dietro…
Ma questo video mi fa cascare la braccia! Guardatelo e disperate…
Sono davvero così i bambini normali a 4 anni e mezzo?
In pratica delle scimmiette parlanti…
È un peccato non poter verificare come mi sarei comportato io al posto del bimbetto: a occhio non mi sarei fatto fregare neppure a un anno. Nel caso peggiore avrei sbagliato la prima volta ma avrei subito imparato e risposto correttamente alle domande successive!
L’esempio più simile che mi viene a mente è avvenuto quando avevo 5 o 6 anni appena compiuti (ancora non ero mai andato a scuola, il mio compleanno è a maggio e l’aneddoto è dell’estate appena successiva).
Avevo una palle enorme (relativamente) di quelle che ci si siede sopra e ci si muove a saltelli tenendosi a un manico. Un bambino di un anno o due più piccolo mi si appiccicò accanto e prese a parlarmi. Non ricordo come andò la conversazione ma lui disse che se la mia palla fosse stata la Terra allora l’Italia l’avrebbe ricoperta quasi completamente: questo perché lui aveva visto una mappa di suo padre e si ricordava che la grandezza dell’Italia era quella.
Per qualche secondo trovai il concetto interessante, poi arrivai autonomamente all’idea di scala, e gli risposi che probabilmente l’Italia sarebbe stata grande appena un paio di centimetri. Ho un ricordo, ma potrebbe essere la mia immaginazione, di avergli spiegato anche la mia idea e che il bimbetto mi abbia guardato zitto a bocca aperta e col naso colante moccio.
Successivamente ricordo che, rientrato nella roulotte, il bimbetto si prese la mia palla: mio padre mi disse di andare a farmela restituire perché lui non l’avrebbe fatto ma io sapevo che era un “bluff” e mi rifiutai. Ovviamente la palla se la fece rendere mio padre.
Comunque, a onor del vero, il bimbetto del video mi batte in almeno un punto, forse due, dipende dai punti di vista.
Il bimbo è molto abile a contare: io imparai a contare fino a 5 solo a metà della prima elementare (*1)!
Il bimbo è straordinariamente socievole: io sarei stato molto più sospettoso soprattutto se non mi fosse stato spiegato in maniera convincente lo scopo dell’esame. Di fronte a domande così stupide sarei stato sulle mie, cercando di capire dove e perché fosse l’inganno: avrei borbottato e sarei apparso esitante. Alla seconda o terza domanda uguale avrei iniziato a cercare di fregare io l’esaminatrice: per esempio alla domanda con i contenitori di acqua colorata avrei risposto che la quantità nei vasi di forma diversa non era più la stessa perché il vaso svuotato era rimasto bagnato: se prima erano uguali ora non avrebbero potuto più esserlo.
Mi immagino che poi all’ennesima domanda del perché le dimensioni restano uguali al variare della forma avrei tirato fuori una generalizzazione.
Per raffronto ricordo che a 6 o 7 anni (l’aula era al piano terra, negli anni successivi sarebbe stata al primo piano) venne una maestra esterna (non so perché) ad affiancare la nostra e farci lezione: ci spiegarono la densità e io generalizzai col peso specifico e, forse ricordando improvvisamente qualche spiegazione di mio padre, arrivai a intuire il galleggiamento: eureka! L’aneddoto mi è rimasto in mente perché la maestra esterna (che poi non si rivide mai più) disse alla mia: “questo bambino è pronto per il peso specifico!”. L’idea di essere considerato “pronto” mi colpì: in prima e seconda infatti andavo male.
Ormai ho di gran lunga superato la lunghezza per un corto e quindi ne approfitto per aggiungere altro: un effetto “positivo” della mia nuova consapevolezza della deficienza dell’essere umano.
Ho sempre considerato le polemiche sui giochi violenti al calcolatore delle stupidaggini di genitori troppo ansiosi e di psicologhi in cerca di facile notorietà: come sempre infatti mi baso sulle mie reazioni per prevedere quelle altrui. Per me un gioco è un gioco e non ha alcun impatto sulla vita reale: adesso però, considerando quanto sono stupidi e facilmente influenzabili gli esseri umani, ritengo più convincenti le teorie sulla pericolosità di tali giochi (o video) almeno per una fascia piccola ma comunque significativa di ragazzi.
Mi fa piacere quando mi accorgo di cambiare completamente opinione su qualcosa: credo che sia la dimostrazione della mia elasticità mentale…
Conclusione: ora mi guardo un altro paio di video di bambini deficienti (=normali) per farmi quattro risate di disgusto. Lo so: sono cattivo.
GIORNO DOPO:
Oggi YouTube mi ha proposto un altro video: si tratta di bambini di circa 1 anno che devono spingere un carrello che però è legato a un tappetino sotto i loro piedi: per poter muovere il carrello devono prima spostare il tappetino. L’idea è che a quell’età i bambini non hanno ancora il concetto di “se stessi” e quindi non riescono a capire di essere parte del problema. Già a 18 mesi comprendono piuttosto rapidamente come aggirare l’ostacolo.
Anche stavolta mi sono fatto un sacco di risate: sulla fiducia che io me la sarei cavata bene perché ho una sola memoria di quell’età.
Probabilmente l’ho già raccontato ma in pratica ricordo di alzarmi e di girare per la casa, di essere salutato da mia mamma e di arrivare al cancellino che portava in mansarda tramite una scala a chiocciola che aveva una chiusura di sicurezza a prova di bimbo. L’aprii in pochi secondi, salii le scale e fui salutato dal babbo che lavorava al modellino di una casa (ricordo le piccole tegole colorate). E ricordo poi i miei genitori che si rinfacciavano a vicenda di non aver chiuso bene il cancellino alla base delle scale!
Il video: The Baby Human - Shopping Cart Study
Comunque per frustrare un po’ il mio hybris ho deciso di guardarmi anche un video di bimbi impegnati in attività sociali: quattro bambini di 5 anni devono fare un disegno e poi valutarselo a vicenda. È un esercizio importante perché il bambino deve capire il punto di vista degli altri.
Ecco io qui mi sarei trovato in difficoltà o, almeno, avrei affrontato la cosa a modo mio!
A quell’età non avevo alcun rapporto con gli altri bambini (anche se andavo all’asilo) con l’eccezione di Sofia: una bambina che giocava con me mentre io tendevo abbastanza a ignorarla.
No, non ero autistico! Infatti con mio padre giocavo e scherzavo: chiaro che mio padre non avrebbe dovuto sostituirsi agli amici ma è quello che un po’ fece.
Mi è difficile immaginarmi come mi sarei comportato in un esperimento di questo genere: credo però che sarei rimasto piuttosto distaccato; soprattutto mi sarebbe importato molto di più dell’opinione degli adulti che dei miei coetanei. Decisamente però avrei avuto difficoltà a rapportarmi con gli altri bambini: a interagire con loro chiedendogli, per esempio, la loro opinione.
Insomma altrimenti non si spiegherebbe come sono venuto poi!
Il video: Child Psychology - Developing empathy
Conclusione 2: metto il marcatore “Peso” tanto questo pezzo è completamente privo di interesse per tutti!
Nota (*1): sicuramente non fu colpa mia ma del metodo di insegnamento non adatto alla mia mentalità!
alla prima stazione
1 ora fa
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