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domenica 8 maggio 2022

Ci riprovo...

Premessa: sono stato molto combattutto se aggiungere il marctore "Peso" o no a questo pezzo. Sicuramente è lungo e l'argomento molto specifico potrebbe non interessare il lettore comune: però alcune conclusioni sono veramente interessanti (sulla differenza genetica fra persone qualunque e nelle popolazioni) e, del resto, anche il mio modo di ragionare e procedere con problemi mai affrontati prima potrebbe incuriosire di per sé...

Qualche giorno fa, cercando di spiegare per scritto i miei dubbi sulla genetica (v. Geneticamente ignorante), sono poi riuscito a venirne a capo: stamani voglio riprovarci!

Nel capitolo che sto leggendo (“Who we are and how we got here” di David Reich) viene spiegato come l’uomo moderno si sia incrociato con il Neanderthal circa 50.000 anni fa, poco prima che quest’ultimo si estinguesse.
La zona dov’è avvenuto l’incrocio è il Medio Oriente e infatti sia la popolazione europea che l’asiatica hanno una piccola percentuale di geni di Neanderthal ma non la popolazione africana.
La percentuale di geni Neanderthal non è uniforme su ogni cromosoma: sul cromosoma X, per esempio, non c’è niente di Neanderthal.

La questione non mi pareva particolarmente interessante e, se l’autore di fosse limitato a dire che tali tracce Neanderthal sono lì sparite a causa della pressione evolutiva, ci avrei creduto senza pormi altre domande.
Ma Reich evidentemente trova questo dettaglio anomalo e quindi interessante e apre una lunga parentesi per spiegarlo.
Il punto di partenza è che i Neanderthal e l’uomo moderno potevano sì accoppiarsi insieme ma la loro prole ibrida non doveva essere molto fertile; altro fattore importante è che nel cromosoma X ci sono molti geni che regolano la fertilità. Ah, lo davo per scontato ma è bene sottolinearlo, il cromosoma X è accoppiato negli uomini con il cromosoma Y mentre nelle donne con un altro X: le donne hanno quindi la coppia XX mentre gli uomini XY. In altre parole la presenza o meno del cromosoma Y determina il sesso del nascituro.

Ebbene anche questo elemento contribuisce a spiegare perché i geni Neanderthal sono scomparsi così totalmente dal cromosoma X. Da qui in poi però non sarò chiarissimo perché è questo il passaggio che non capisco…
L’idea di fondo è che il cromosoma X tende a provenire dalla maggioranza della popolazione: siccome è facile ipotizzare che gli uomini moderni fossero molto più numerosi dei Neanderthal ecco che allora il cromosoma X degli ibridi sarebbe velocemente divenuto quello tipico degli uomini moderni. La spiegazione “matematica” (nel senso che vi compare un numero!) non riesco però a comprenderla.

Qui cerco di seguire i passaggi logici indicati dal libro:
1- in una popolazione vi sono (circa) tre copie del cromosoma X ([KGB] e solo 1 del cromosoma Y suppongo) invece delle quattro consuete.
2- questo significa che, a ogni generazione, la probabilità che due cromosomi X condividano uno stesso antenato è pari ai 4/3 della probabilità che un’altra coppia qualsiasi di cromosomi abbia un antenato comune.
3- ne consegue che il tempo medio per cui qualsiasi coppia di cromosomi X abbia un antenato in comune è pari ai 3/4 di quella del resto del genoma.
4- i dati reali fanno pensare che tale valore sia circa la metà.
5- questo schema si può spiegare quando due popolazioni si separano (Neanderthal e uomo moderno hanno un antenato in comune) per poi riunirsi (incroci avvenuti nel Medio Oriente) prima di separarsi definitivamente.
6- Questo avviene perché: ([alcuni di questi concetti li avevo già accennati ma ormai li ripeto nello stesso ordine in cui l’autore li ritiene rilevanti])
→ nelle specie animali gli ibridi di specie separate da molti anni hanno scarsa fertilità;
→ nei mammiferi questo è vero specie per i maschi;
→ i geni che regolano la fertilità si trovano infatti sul cromosoma X (di cui i maschi hanno una sola copia).
→ la selezione naturale tenderà ad eliminare i fattori che determinano l’infertilità.
→ questo sarà particolarmente evidente nel cromosoma X perché esso contiene i geni relativi alla fertilità.
→ il risultato sarà che la selezione naturale favorirà il DNA del cromosoma X della popolazione originaria che ha contribuito maggiormente alla popolazione ibrida.
→ questo fa sì che la popolazione ibrida erediterà quasi esclusivamente il cromosoma X dalla popolazione ([KGB] originaria?] di maggioranza.
→ questo porterà a una prematura divergenza genetica fra la popolazione ibrida e una delle popolazioni che vi hanno contribuito ([KGB] ovvero i Neanderthal nel nostro caso)
7- Tutto questa porta a concludere che gli ibridi uomo-Neanderthal avevano una ridotta fertilità dovuta ai geni del cromosoma X.

Bo, da dove partire?
Prima di tutto da due intuizioni che ho avuto mentre scrivevo questa sintesi:
A. siamo abituati ad associare il DNA a singoli individui e, da questo punto di vista, ha poco senso dire che le copie del cromosoma X sono i 3/4 degli altri cromosomi. Ma nel “modello” di ragionamento dell’autore una popolazione corrisponde “grossomodo” a un individuo: in particolare avrà i suoi caratteristici cromosomi per le 22 coppie non XX o XY.
B. più in generale tendiamo a vedere le altre persone come date dalla somma delle differenze, sia fisiche che mentali, che hanno con noi. Se io penso a mio padre lo vedo come un individuo completamente diverso da me; lo stesso vale a maggior ragione con il vicino di casa o dei perfetti sconosciuti. Ma geneticamente non è così! Se consideriamo i singoli geni uguali scopriamo di avere il 99,999% del DNA in comune col nostro vicino (percentuale messa da me a casaccio). Per dare l’idea il DNA comune fra scimpanzé e uomo moderno è il 99,9% (dati reali trovati in rete!).

Per questo a un primo livello di approssimazione possiamo considerare tutti gli individui appartenenti alla razza umana come geneticamente identici: questo perché al 99,999% lo sono! (lo ripeto questa percentuale è mia! (*1))
Questo spiega il punto 1 dell’autore: cioè perché parla di popolazioni tralasciando i singoli individui.

Passiamo al punto 2.
Che significa “confrontare” due cromosomi X fra loro? Si pescano a caso nella popolazione o si considera invece una singola donna?
E cosa si intende per antenato comune? L’antenato comune c’è sempre: anche l’uomo moderno e la giraffa hanno un antenato comune!
Suppongo quindi che si intenda un antenato comune entro una certo periodo temporale, tipo un milione di anni: l’antenato comune vecchio di 50 milioni di anni si finge che non esista.
Ma sono i numeri, anzi il numero, che proprio non capisco come funzionino: sia “p” la probabilità di un antenato comune fra due cromosomi qualunque (immagino appartenenti alla stessa coppia) allora, dice l’autore, la probabilità che due cromosomi X abbiano un antenato in comune è 4/3*p (oltretutto moltiplicare p per un valore maggiore di 1 potrebbe farci ottenere una probabilità a sua volta maggiore di 1, cosa che matematicamente non ha senso. Evidentemente l’autore dà per scontato che p sia molto piccolo, sicuramente minore di 3/4!).
Ipotesi: forse nella semplificazione usata dall’autore ogni popolazione ha 4 cromosomi diversi per coppia tranne che l’X che ne avrebbe solo 3. Uhm… che cambia?
Ho la sensazione che ne faccia solo una questione di quantità. Proviamo a vederla diversamente: supponiamo ci siano 1000 antenati che avranno una certa combinazione di cromosomi scelti fra quelli della popolazione, 4 per le…
No, aspettate! Partiamo dall’ipotesi che l’antenato deve esistere e che avrà una “variabilità genetica” basata sui 4 cromosomi per le prime 22 coppie mentre solo su 3 cromosomi per l’X. Di quanto è maggiore 1/3 rispetto a 1/4? 0,333 e 0,25: è 0,33 pari ai 4/3 di 0,25? sì! 1,333*.25=.333…
Bo, diciamo che mi torna: sotto tutte queste ipotesi, che mi sembrano però abbastanza arbitrarie, mi pare di intuire un vago senso matematico a sostegno dell’affermazione dell’autore.
Ma perché la “variabilità” del cromosoma X dovrebbe essere 3 e quella degli altri cromosomi 4? Quanto un cromosoma sia rappresentato che relazione ha con la sua diversità? Non potrebbero essere i 4 cromosomi della, per esempio, coppia 1, essere tutti uguali mentre i 3 cromosomi X tutti diversi?
Meglio non pensarci! Del resto non riesco neppure a togliermi dalla mente il continuo crossing-over che costantemente rimescola tutto confondendomi ancor più le idee…

Il punto 3, ovvero che l’antenato comune per il cromosoma X sarà a una distanza media (generazionale/temporale) pari a ¾ di quella relativa a un’altra coppia di cromosomi, prendendo per buono il 2, mi sembra comprensibile, se non matematicamente almeno intuitivamente (del resto la frequenza è proporzionale all’inverso della probabilità di un evento).

Il punto 4, cioè che i dati reali diano una distanza generazionale/temporale del primo antenato comune pari alla metà di quella per gli altri cromosomi significa che, evidentemente, altri fattori non puramente probabilistici influiscono su tale valore.

Ah! nel frattempo (mentre scrivevo il paragrafo precedentemente cioè) ho risolto il “problema” della variabilità dei singoli cromosomi!
Partendo con l’ipotesi che la variabilità di un singolo cromosoma (a causa del crossing-over) sia uguale per ogni coppia, compresa quella XX/XY: supponiamo di partire da Adamo ed Eva e consideriamo i loro 100 figliuoli (fra cui nessun generale!) la variabilità dei vari cromosomi sarà normalmente 4*p ma per il cromosoma X sarà solo 3*p perché in questo caso il numero di cromosomi effettivamente corrisponde alla loro variabilità (più o meno: il crossing-over potrebbe non avvenire per esempio; suppongo crossing-over con risultati sempre diversi (magari è plausibile, non saprei); non considero le mutazioni puntuali etc.).
C’è da dire che non so quanto la mia precondizione sulla pari probabilità di crossing-over per ogni cromosoma sia corretta: questo perché, nelle donne non ci sarebbero problemi, ma negli uomini i cromosomi X e Y hanno lunghezza diversa e questo mi porta a pensare che la probabilità di crossing-over sia minore. Supponiamo, per assurdo, che negli uomini tale probabilità sia 0: cosa comporterebbe per la variabilità del cromosoma X nei discendenti di Adamo ed Eva?
In questo caso solo Eva contribuirebbe alla variabilità del cromosoma X: i vari Xe (X da Eva) sarebbero diversi fra loro mentre Xa (X da Adamo) sarebbe sempre il solito.
Avremmo quindi C1e-C1a, ..., C22e-C22a, Xe-Xa (per le figlie) e Xe-Ya (per i figli).
In questo caso mi pare evidente che la variabilità per il cromosoma X sarebbe esattamente la metà!

Prendo poi il punto 5 per buono dato che verrà spiegato nel punto 6.

All’interno del punto 6 il passaggio critico è il seguente:
→ il risultato sarà che la selezione naturale favorirà il DNA del cromosoma X della popolazione originaria che ha contribuito maggiormente alla popolazione ibrida.

Questo non riesco veramente a capire da cosa derivi…
Ah! forse ci sono! E, se ho intuito bene, è una banalità…
Perché gli ibridi hanno problemi di fertilità se né Neanderthal né l’uomo moderno ne avevano?
Mi immagino (ipotizzo) che derivi da mancanza di compatibilità fra le istruzioni dei geni Neanderthal con quelli dell’uomo: se la maggioranza della popolazione è umana lo sarà anche la maggioranza dei geni sui vari cromosomi: ecco quindi che se i geni della fertilità sono Neanderthal essi daranno problemi di incompatibilità.
Vice versa se la popolazione fosse in maggioranza Neanderthal sarebbero gli eventuali geni umani della fertilità sul cromosoma X a causare incompatibilità con gli altri e, quindi, sarebbero essi a essere eliminati dalla selezione naturale.
In breve ipotizzo che i meccanismi della fertilità presenti sul gene X funzionino meglio o peggio in base al contesto dei geni degli altri cromosomi…

Punto 7, vabbè…

Conclusione: sono abbastanza soddisfatto. Almeno a livello intuitivo adesso le cose iniziano a tornarmi sebbene resti con delle perplessità di fondo, una specie di nebbiolina che non mi lascia sicuro al 100%…
Resta il fatto che Reich spiega malissimo: non riesce a valutare le conoscenze di genetica del lettore medio e questo lo porta a dare per scontati dei passaggi che invece non lo sono. Questo è particolarmente evidente perché fornisce delle informazioni (tipo in questo caso il valore di ¾) che per chi si intende della materia devono corrispondere a dei “cartelli segnaletici ben evidenti” che rendono immediata la direzione in cui andare per la comprensione del ragionamento dell'autore. Ma, mi pare, la persona comune come me o prende la logica con cui concatena le varie proposizioni per buona oppure rischierà di non capire uno o più passaggi...

Nota (*1): ho fatto una rapidissima ricerca in Rete ma non ho trovato un valore esatto: viene riportato che la differenza genetica fra due uomini è dello 0,1% ma questa, come detto, corrisponde alla differenza fra uomo e scimpanzé. Suppongo quindi che ci sia un forte arrotondamento o tale valore è calcolato differentemente (tipo potenziali differenze e non reali differenze).

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