C’è un pezzo che da un po’ sono tentato di scrivere: analizzare la struttura, il contenuto, la qualità e il seguito di vari ghiribizzi (facile trovarli perché molti hanno una funziona che pubblicizza i siti “amici” o che seguono). Credo che potrei trarne delle conclusioni interessanti e l’idea mi diverte. Mi frena però la consapevolezza che mi prenderebbe molto tempo e, ora come ora, mi sento in colpa quando sottraggo troppo tempo allo sviluppo dell’Epitome…
Ripiego quindi su un pezzo più rapido e che potenzialmente mi potrebbe essere utile per la mia teoria: una sorta di terza puntata sul libro “Democrazia cosa è” di Sartori. Non ho voglia di scrivere un pezzo di ampio respiro così mi limiterò a seguire sequenzialmente le mie annotazioni.
Nel quarto capitolo c’è una frase a cui ho messo 5 evidenziature e 3 punti esclamativi: normalmente le evidenziature sono: 1=passaggio interessante, 2=passaggio molto interessante, 3=passaggio eccezionale. Il punto esclamativo evidenzia qualcosa che reputo notevole; raramente ne uso due…
Come mai quindi tutto questo entusiasmo?
Beh, in effetti mi sono forse lasciato trascinare un po’ dall’entusiasmo: è che Sartori afferma senza incertezze e in maniera inequivocabile un qualcosa che a me pare evidente ma che normalmente può venire frainteso per razzismo. Mi pare che qualche anno fa mi decisi a scriverci un pezzo non senza un po’ di titubanza…
La frase è: «Che gli uomini siano eguali non è un fatto; anzi è un fatto che non sono uguali, ma diversi, diversissimi.» (*1)
Poi prosegue spiegando cosa va invece inteso per uguaglianza fra uomini: ma questo non mi interessa.
Ho apprezzato troppo l’affermazione di un’ovvietà la quale spesso è negata dagli ipocriti e dai cretini…
Un concetto che forse potrà essermi utile nell’Epitome è quello di intensità ed estensione di un principio in una forma di governo. L’intensità indica quanto realmente il principio sia realizzato dalla forma di governo mentre l’estensione indica la sua applicabilità sia temporale che geografica.
Nel quinto capitolo Sartori afferma che la democrazia è basata sull’opinione pubblica: seguono molte pagine in cui analizza il significato di “opinione” in questo contesto che però, al di là di sottigliezze, è quello quotidiano. Il passaggio successivo è che chi governa deve avere il consenso dell’opinione pubblica, ovvero essere più o meno in linea con la volontà popolare.
Sembrerebbe un’ovvietà ma in questi ultimi anni la democrazia sta venendo ridotta a un vuoto formalismo ed è chiara lo scollamento fra opinione pubblica e rappresentanza parlamentare per non dire governo.
Il passaggio successivo infatti è la necessità delle elezioni per permettere al popolo di scegliere chi comanderà (e che, in teoria, dovrebbe avere opinioni conformi a quelle dei suoi elettori). È chiaro che questo meccanismo in Italia si è inceppato per più ragioni (*2) e le elezioni sono ormai un fastidioso problema da rimandare per più tempo possibile.
Una banalità ma che mi pare importante sottolineare. L’opinione della popolazione si basa ovviamente sui media. Sartori (che scrive questo libro nel 2000 e lo aggiorna nel 2007) è ovviamente consapevole che i media sono tutt’altro che imparziali nella loro informazione ma punta molto sulla pluralità delle loro voci rappresentative di diversi interessi. Non esiste l’informazione imparziale ma attraverso più informazioni distorte si può intuire come stanno le cose. Questa è più o meno la sua posizione.
Sfortunatamente già da tempo la situazione è ormai ben diversa: a fine anni ‘80 Chomsky si “scandalizza” per il fatto che negli USA la maggioranza dell’informazione è in mano ad appena 11 grandi gruppi; oggi, nel 2021, tali gruppi si sono ridotti a 6. L’Italia in genere scopiazza (in peggio) gli USA e la tendenza, al di là delle proprietà, è quella di un’informazione unica su specifici argomenti. Unica e falsata da interessi opposti a quelli della popolazione.
Una bella riflessione sul più profondo pericolo della censura che, forse, userò come epigrafe: «Eccezion fatta per pochi solitari eroi, chi teme di dire quello che pensa finisce per non pensare quel che non può dire.» (*3)
Mi pare inutile commentarla.
Sempre sul rapporto fra media e formazione di opinione pubblica Sartori scrive: «Quando il cittadino è esposto, pressoché dalla culla alla bara, a una propaganda ossessiva e indottrinante che fa quadrare tutto perché tutto è falso, e che fa sembrare tutto vero impedendo l’accertamento del vero, quando è così siamo al cospetto di un pubblico ingannato, ingabbiato senza scampo nell’inganno, e pertanto al cospetto di una opinione nel pubblico che non è in nessun senso del pubblico.» (*4)
Notare i corsivi: Sartori intende che l’opinione pubblica così formata è qualcosa artificiale, di innestato artificialmente che non ha niente a che vedere con la VERA opinione pubblica necessaria al corretto funzionamento della democrazia.
Sartori qui si riferiva ai totalitarismi del passato ma è evidente (leggete Chomsky!) che questa è la situazione delle democrazie occidentali col “problema” aggiuntivo rappresentato dalle voci indipendenti che emergono in rete e che, quindi, vengono sempre più spesso e arbitrariamente censurate.
E qui vi svelo un trucco: “ruberò” a Sartori la seguente epigrafe che lui stesso cita:
«il cittadino tipico precipita a un più basso livello di resa mentale non appena entra nel campo pubblico. Ragiona e conduce le sue analisi in un modo che egli riconoscerebbe subito come infantile se usate nella sua propria sfera di interessi. Egli ridiventa un primitivo. Il suo pensiero torna ad essere associativo e affettivo [...]» tratto da “Capitalismo socialismo e democrazia” di Schumpeter, (E.) Edizioni di Comunità, 1964, pag. 262.
Ma che si trova a pag. 74 del saggio di Sartori!
In genere la mia regola mi impone di usare epigrafi di libri che ho letto ma contemporanemante non voglio usare più di due citazioni per autore. Specialmente su certi argomenti il materiale a mia disposizione è molto poco e quindi questa citazione mi fa molta gola: è adattissima ai limiti della democrazia come pure alla mia introduzione sui protomiti del secondo capitolo…
Ovviamente se userò questa epigrafe mi impegnerò a cercare di leggere il libro originale (che temo sia però introvabile).
Ho scritto abbastanza: mi mancherebbero ancora una decina di pagine per riallinearmi a dove sono giunto nella mia lettura ma non c’è fretta.
Conclusione: posso aggiungere che per il momento Sartori sta confermando ciò che ho scritto sulla democrazia. I passaggi dove dissento dal suo giudizio sono rarissimi e su concetti minori. Certo avverto la mancanza della trattazione del fenomeno Internet con le sue implicazioni sulla comunicazione e, conseguentemente, sulla politica.
Nota (*1): tratto da “Democrazia cosa è” di Giovanni Sartori, (E.) RCS Libri, 2007, pag. 45.
Nota (*2): in breve le due ragioni sono: 1. il M5S che è prigioniero della sua regola dei due mandati e che fa sì che i suoi parlamentari prolungheranno la legislatura fino al suo limite massimo; 2. la maggioranza degli italiani ormai vede Renzi per quel che è eppure sembrano dimenticare che il presidente Mattarella è stato scelto da lui: possibile che sia una figura imparziale e rispettosa delle procedure democratiche? Ovviamente no: al Presidente spetterebbe il compito di sciogliere il parlamento quando esso non è più rappresentativo dell’opinione pubblica ma invece riduce questo meccanismo al fatto che esista un governo con una sua maggioranza: se sì, allora va tutto bene. Legalmente e formalmente è così ma politicamente tale governo non rappresenta più gli italiani.
Nota (*3): ibidem, pag. 69.
Nota (*4): ibidem, pag. 70.
alla prima stazione
1 ora fa
Nessun commento:
Posta un commento