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lunedì 5 luglio 2021

Democrazia pratica e teorica

Detto fatto: oggi ho letto un altro capitolo, il terzo, di “Democrazia cosa è” di Sartori e ho già voglia di dire la mia.

Nella prima parte si fa una distinzione che a me pare ovvia: il realismo che viene dall’osservazione politica non è in opposizione alle ideologie ma ne è la premessa cognitiva. Non esiste cioè una politica basata solo sul raggiungimento cinico dei propri obiettivi né una solo idealistica (indipendentemente dalla specifica ideologia).

Piuttosto si può fare una distinzione più sottile fra la democrazia anglosassone (UK, USA e non solo) e quella francese (o europea continentale).
La democrazia anglosassone è pragmatica mentre quella francese è teorica: la prima si chiede come la democrazia funzioni, la seconda che cosa sia.
Ecco che il realismo, ovvero l’analisi oggettiva dei fatti, va ben d’accordo con la democrazia pragmatica anglosassone mentre, talvolta, può cozzare con i principi della democrazia teorica francese.
Ovviamente nella realtà teoria e pragmatica vanno insieme: non esiste un approccio puramente teorico e un altro puramente pratico. Però rimangono delle tendenze più o meno accentuate che non sono prive di differenze: per esempio in UK si parla di governo dove in Francia si parlerebbe di Stato: la differenze è che il governo è chi comanda effettivamente (approccio pratico) mentre lo Stato e la costruzione teorica dell’istituzione (approccio teorico).

Mentre leggevo queste pagine mi sono quindi chiesto se il mio approccio alla democrazia fosse teorico o pragmatico.
Qui devo però svelare un piccolo segreto: un po’ ragionai sul problema già dalla prima stesura dell’Epitome. Mi resi conto di non essere sicuro che la mia proposta fosse effettivamente “democratica” oppure qualcosa di completamente diverso: perciò, conscio della limitatezza di vedute dell’uomo medio, intitolai il relativo capitolo “Una nuova democrazia” (divenuto poi “Una nuova società”; [E] 17) invece che “Un’alternativa alla democrazia” come probabilmente sarebbe stato più esatto.
Il concetto di “democrazia” (equimito) è una “mucca sacra” del mondo occidentale e quindi preferii usare un titolo meno forte.
A dirla tutta non mi sono ancora veramente preoccupato di quale sia la definizione di democrazia e se la mia proposta si attenesse a essa oppure no. Al contrario ho proposto due dimensioni con le quali misurare ogni forma di governo: l’efficienza e la giustizia. E ho poi costruito su queste definizioni la mia idea di democrazia alternativa o di alternativa alla democrazia.

Mi sovviene adesso che il mio approccio è una perfetta combinazione di pragmatismo e teoria: l’efficienza è infatti una dimensione massimamente pragmatica mentre la giustizia è completamente teorica. Insomma Sartori secondo me non avrebbe bocciato a priori la mia idea, anzi!

In definitiva non saprei dire se io sia più teorico o pragmatico perché in effetti, fin dall’inizio, prendo in considerazione entrambi gli aspetti per cercare di soddisfare ambedue.

Da un altro punto di vista il mio approccio è pragmatico perché mi preoccupo che il mio modello possa funzionare al meglio; da un altro però sono teorico perché arrivo alle mie conclusioni basandomi su una teoria decisamente articolata che occupa gran parte della mia opera.

Decisamente, come forma mentis, sento di non poter fare a meno né della teoria né della praticità e, proprio per questo, mi sforzo così tanto di metterle insieme. In effetti la mia teoria non nasce da principi astratti ma dall’osservazione della realtà storica: insomma anche qui c’è una specie di fusione fra pratico e astratto…

Conclusione: spero che questo pezzo non risulti troppo autocelebrativo ma mi pareva un’analisi interessante da condividere…

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