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domenica 25 luglio 2021

Pezzo non scritto

Qualche giorno fa ho scritto un pezzo, è praticamente finito ma non ho avuto voglia/tempo di riguardarlo: oggi sarebbe forse il momento giusto per pubblicarlo ma nel frattempo mi è venuta un’altra idea.
Premetto che la domenica vado in città a trovare mio padre quando è solo e, quindi, di solito non scrivo niente. Però ieri, sabato, avevo visto almeno un paio di messaggi su FB e, ugualmente, un paio di articoli dei ghiribizzi che seguo più o meno sullo stesso tono: modalità crociata pro verdepasso (Green Pass).
Stamani quindi, non fossi dovuto uscire, probabilmente avrei scritto un pezzo intitolato “I manovali della propaganda” o qualcosa di questo genere.

Che l’informazione in Italia sia a senso unico mi pare talmente evidente che spesso dimentico perfino di sottolinearlo. L’informazione sul covid-19 non fa eccezione: si selezionano specifiche ricerche e relative conseguenze e si parla solo di queste ignorando un buon 50% di ricerche, ma forse più, che presentano altri aspetti del problema. Sempre si dà per scontato che la verità scientifica sia solo una e che ci sia totale unità di vedute fra gli scienziati.
Ovviamente non è così: le informazioni trasmesse dai media italiani sono solo quelle che sono utili a giustificare le iniziative politiche e sanitarie del governo. Tutto ciò che è contrario è taciuto o ridicolizzato.

Fin qui niente di nuovo: che ormai i media tradizionali siano completamente inaffidabili è un’ovvietà. Leggere la pignoleria con la quale Chomsky raccoglie dati e compara l’informazione fornita dai media americani su specifiche questioni fa quasi tenerezza: evidentemente alla fine degli anni ‘80 l’idea che i media potessero mentire spudoratamente era ancora qualcosa di sorprendente e di non credibile senza una sovrabbondanza di conferme. Adesso è palmare.

Quello su cui avrei scritto il mio pezzo, l’essenza intendo, sarebbe stata invece su una nuova figura: ci sono i professionisti dell’informazione che, con i volti impassibili, disinformano il loro pubblico, ma ci sono anche i volontari dell’informazione, che io chiamo i manovali. Queste persone si sono pasciute del semolino trito e ritrito di bugie servito dai media tradizionali e, con esaltazione partigiana, sicuri di essere nel giusto e dalla parte della verità e della scienza, rivomitano gli avanzi del poco che hanno capito su FB o sui loro ghiribizzi. Chiaramente non aggiungono niente di loro, se non qualche ingiuria gratuita, a quanto hanno sentito dire dai media ma, anzi lo semplificano e distorcono ulteriormente, contribuendo a una propaganda dal registro ancora più greve dove chi non la pensa come loro è un emerito idiota indegno di respirare la loro stessa aria.
Questo è un po’ il succo di quanto avevo in mente: probabilmente se fossi stato in vena avrei potuto anche tirarci fuori un pezzo divertente limitandomi a prendere in giro le arroganti, e spesso errate, certezze di questi manovali dell’informazione.

Ma da mio padre, su FB, ho letto il nuovo articolo di Andrea Zhok…
Seppur partendo da una prospettiva diversa arriva alle mie stesse conclusioni e descrive, a suo modo (ovvero in maniera brillante), gli stessi personaggi. Per la precisione lui inserisce nella categoria anche i giornalisti (che invece secondo me sono spesso, sebbene non sempre, in malafede) e la sua conclusione, che non condivido, è che la responsabilità ultima è della politica a sua volta formata da individui ignoranti: insomma secondo Zhok i politici “ci sono” mentre per me “ci fanno” (*1). Non sto a ricercare e indicare i numerosi collegamenti di pezzi in cui ho spiegato questa mia opinione.

Il pezzo di Zhok è questo: Dell’ignoranza da FB

La descrizione di un certo tipo di ignoranti (oltre a quelli ritenuti comunemente tali) che corrispondono, grossomodo, ai miei “manovali dell’informazione” è la seguente:
«[…]
La seconda forma di ignoranza è invece di solito completamente dissimulata, pur essendo almeno altrettanto nociva.
Si tratta dell’ignoranza effettuale di quelli che hanno appreso i rudimenti formali di un sapere superiore senza superarne mai la superficie.
Molti, moltissimi tra coloro i quali detengono titoli di studio terziario hanno appreso solo i gesti mentali, le forme espressive, le parole d’ordine per farsi passare come ‘competenti’. Questi maneggiano gli strumenti culturali con la stessa sapienza con cui Stanlio e Ollio maneggiavano la scala da imbianchino e il secchio della vernice nelle comiche.
[...]
» (*2)

Insomma gli “ignoranti” di Zhok sono spesso laureati convinti di “sapere” e di essere loro, solo loro, dalla parte della scienza: la loro missione è quella di correggere e illuminare invece l’altro gruppo di ignoranti (quelli che negano la scienza: leggete l’articolo originale per i dettagli!) e, questa è una bella intuizione di Zhok, lo fanno con zelo perché «Essi brandeggiano lo stigma dell'“Ignoranza degli sgrammaticati” perché ciò li riconferma nella propria presunzione e gli evita lo sforzo, cui non sono attrezzati, di capire le ragioni altrui, anche quando sgrammaticate.»

Conclusione: e anche stavolta da una parte sono contento di aver scoperto che Zhok la pensa come me (*3) ma da un’altra mi secca che riesca a scrivere ciò che penso io molto meglio di quanto riuscirebbe a me!

Nota (*1): con la tragicamente ridicola eccezione di Speranza che invece “c’è”!
Nota (*2): il grassetto è mio: quando ho letto questa frase ho riso per mezz’ora: è una descrizione perfetta!
Nota (*1): beh, almeno in questo articolo emergono delle discrepanze di vedute su giornalisti e, soprattutto, politici... la cosa stranamente mi consola...

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