Sono dovuto ricorrere a questo brutto acronimo perché il titolo che avevo in mente sarebbe stato troppo lungo, ovvero: “Perché l'appello di Renzi a Juncker contro l'iniziativa austriaca al confine del Brennero è destinata a fallire...”
La notizia è questa: Brennero, Vienna vuole controlli anche in Italia. Renzi chiede a Juncker la linea dura di Niccolò Zancan e Amedeo La Mattina (Secolo XIX).
In pratica l'Austria presenta all'Italia due opzioni: 1. o ci permettete di iniziare a fare dei controlli direttamente in Italia; 2. oppure, dovremo farli noi più accurati in Austria (con conseguenti maggiori rallentamenti per il traffico).
Come spiegai mesi fa in Emergenza impronte la strategia del governo Renzi (ma anche di tutti gli altri governi degli ultimi 30 anni, in pratica da Schengen in poi...) sull'immigrazione è molto semplice: infischiarsene e chiudere un occhio perché tanto, la maggioranza degli immigrati, scapperà pure da guerra e fame ma una volta arrivati in Europa vogliono proseguire per dove si sta bene e non fermarsi dove si sta male!
A quel che ricordo le norme europee sugli immigrati sono semplici: gli irregolari devono essere respinti alle frontiere (UE) mentre chi richiede asilo può farlo solo nel primo paese della UE in cui mette piede (ed è identificato) e lì rimanere fino all'accettazione o al respingimento della richiesta. Questo è il motivo per cui gli immigrati non vogliono farsi identificare e richiedere asilo in Italia: vorrebbero farlo in Svezia, in altri paesi nordici o, nel caso peggiore, in Germania...
Il solone Renzi fa quindi il gioco di House of three cards (*1): da una parte si finge di rispettare le regole ma in realtà si vuole scaricare il problema con la furbizia, permettendo agli immigrati irregolari di “percolare” alla spicciolata verso gli altri paesi europei. Ma la mossa dell'Austria fa saltare il giochino: se gli immigrati non potranno attraversare il confine austriaco (di quello svizzero neppure se ne parla) non rimarrebbe (e per quanto tempo?) che quello francese...
Ma perché l'appello di Renzi cadrà nel vuoto? Perché, come spiegato, gli immigrati non vogliono andare in Austria ma in Germania e nord Europa. Probabilmente “l'autorizzazione” ufficiosa al blocco sul Brennero è venuta direttamente dalla Merkel...
Quindi le probabilità che la pur legittima (*2) richiesta del nostro paese venga accolta sono nulle: dopo essere stati presi per anni per i fondelli dall'Italia, adesso restituiranno il piacere al nostro astuto primo ministro.
Conclusione: il problema va però oltre il dramma degli immigrati: mi chiedo quali saranno gli effetti di questo blocco del traffico sul turismo e sugli scambi commerciali? E il danno delle code (che ovviamente saranno in territorio italiano) saranno rilevanti?
Nota (*1): battuta presa in prestito dal Fatto Quotidiano... mi sembra...
Nota (*2): ufficialmente l'Italia rispetta gli impegni sottoscritti (sono gli immigrati che ci scappano e non noi che non vogliamo trattenerli!) mentre l'Austria no...
venerdì 29 aprile 2016
giovedì 28 aprile 2016
Percolato di conoscenza
Fin dal primo pezzo (v. Corso sulla modellizzazione) ho espresso le mie perplessità sul professor Page: il suo eccessivo entusiasmo mi insospettisce...
Eppure probabilmente è più bravo di quel che sembra: le università americane, con quello che costano, tengono molto alla qualità dei propri insegnanti!
E in effetti, a conferma di questa sensazione, ho trovato un'idea del professor Page che mi è piaciuta molto e che me lo fa rivalutare positivamente.
In una delle lezioni passate si è studiato un modello per analizzare la percolazione: ovvero come l'acqua può o non può filtrare attraverso un terreno. Il modello è semplicissimo: si trasforma il terreno in una griglia e, casualmente, si considerano i singoli quadretti permeabili o impermeabili. Il risultato è che l'acqua può raggiungere il fondo solo se trova un “sentiero” di quadretti permeabili che attraversi l'intera griglia. Si scopre che, in questo modello, esiste una percentuale di quadretti permeabili sotto la quale non si ha percolazione mentre, sopra di essa, la si ha sempre.
Questo stesso modello può essere usato per studiare la propagazione degli incendi nei boschi: se la percentuale di alberi è inferiore a un dato valore allora il fuoco non riesce a propagarsi più di tanto; se invece è maggiore, il fuoco divora l'intera foresta.
Questi valori delle percentuali si chiamano punti di rottura: sotto tali valori la probabilità che un fenomeno si verifichi è altamente improbabile mentre, sopra di essi, diventa improbabile l'opposto.
Una caratteristica del corso è che, per ogni modello, il professore ne indica la “fertilità” ovvero ne suggerisce la possibilità di utilizzazione in altri ambiti.
Curiosamente questo modello per la percolazione è in grado di modellizzare anche la diffusione di notizie o chiacchiere (*1) in un gruppo di persone. Esiste cioè un punto di rottura, superato il quale, il pettegolezzo (o la notizia o l'informazione) raggiunge tutti gli appartenenti a un certo gruppo mentre, in caso contrario, la chiacchiera non si diffonde oltre poche persone.
E qui c'è l'intuizione (*2) del professor Page che si chiede il motivo per cui, quando viene fatta una scoperta importante, molto spesso si scopre che più gruppi di ricerca, senza contatti fra loro, erano vicine a raggiungere lo stesso risultato. Secondo Page il motivo è che certe idee chiave, prerequisito della nuova scoperta, si diffondono nell'intera comunità scientifica più o meno allo stesso tempo: questo perché anche le idee scientifiche seguono il modello della percolazione e se una specifica idea raggiunge uno scienziato è molto probabile che ne abbia raggiunti molti altri...
Mi pare una spiegazione semplice, e quindi elegante, di un fenomeno apparentemente non facilmente spiegabile. Personalmente la trovo estremamente convincente e ne vedo molte implicazioni importanti.
In questi ultimi anni grazie a riflessioni, letture e corsi ho maturato numerose idee, più o meno innovative, e questo viario ne è la testimonianza tangibile.
L'insieme di tutte queste conoscenze e idee mi hanno portato a elaborare una grande teoria che riordina e mette insieme tutte queste tessere per comporne un mosaico: avevo avuto la tentazione di mettere il tutto nero su bianco per farne un libro, un pdf scaricabile, che unisse i vari puntini mostrandone chiaramente il disegno complessivo.
Ma l'intuizione di Page mi ha fatto comprendere che il mio sforzo sarebbe inutile: non solo perché io sarei il solo a leggere e a capire pienamente ciò che scriverei ma soprattutto perché inevitabilmente altre persone staranno arrivando alle mie stesse conclusioni. Magari fra qualche anno un giornalista o uno scrittore famoso scriverà, più o meno, ciò che io ho adesso in mente: e probabilmente egli, a differenza di me, riuscirà a far conoscere o almeno dibattere queste idee anche al grande pubblico...
Un esempio banale: più volte ho scritto della crisi della democrazia che, nella forma che conosciamo, ha raggiunto ormai la sua decadenza senile.
Nell'ultima puntata di House of Cards (v. HoC e i pericoli invisibili e poi Attenzione! Democrazia al lavoro) la moglie del presidente dice a un terrorista prigioniero a Guantanamo: «...lei non ha interesse per l'Islam o il califfato: li usa solo per radicalizzare i soldati.» e il terrorista le risponde: «Come voi usate la democrazia e la libertà». Lei annuisce sorridendo e replica «Ora ci capiamo io e lei...»
Ovviamente è solo un accenno: la maggioranza delle persone neppure ci avrà fatto caso ma, anche supponendo che l'idea abbia colpito solo lo 0,5% del pubblico allora, se la serie è globalmente vista da 100 milioni di persone, mezzo milione di queste inizieranno a rifletterci e a porsi domande.
La crisi della democrazia è solo uno dei tanti puntolini che devono essere uniti insieme ma, se diventa conoscenza comune, allora sarà più facile fare i rimanenti passi...
Conclusione: è un fatto positivo che, prima o poi, queste consapevolezze siano destinate a emergere e a divenire conoscenze comuni; la fregatura è che, probabilmente, i tempi sono estremamente lunghi. Forse dovrei comunque buttare giù le mie idee...
Tex - Folkstone (cover dei Liftiba)
Nota (*1): oppure la diffusione delle malattie...
Nota (*2): in realtà CREDO che sia un'intuizione del professor Page: dovrei riascoltare per bene come presenta l'idea per esserne sicuro ma non ne ho voglia...
Eppure probabilmente è più bravo di quel che sembra: le università americane, con quello che costano, tengono molto alla qualità dei propri insegnanti!
E in effetti, a conferma di questa sensazione, ho trovato un'idea del professor Page che mi è piaciuta molto e che me lo fa rivalutare positivamente.
In una delle lezioni passate si è studiato un modello per analizzare la percolazione: ovvero come l'acqua può o non può filtrare attraverso un terreno. Il modello è semplicissimo: si trasforma il terreno in una griglia e, casualmente, si considerano i singoli quadretti permeabili o impermeabili. Il risultato è che l'acqua può raggiungere il fondo solo se trova un “sentiero” di quadretti permeabili che attraversi l'intera griglia. Si scopre che, in questo modello, esiste una percentuale di quadretti permeabili sotto la quale non si ha percolazione mentre, sopra di essa, la si ha sempre.
Questo stesso modello può essere usato per studiare la propagazione degli incendi nei boschi: se la percentuale di alberi è inferiore a un dato valore allora il fuoco non riesce a propagarsi più di tanto; se invece è maggiore, il fuoco divora l'intera foresta.
Questi valori delle percentuali si chiamano punti di rottura: sotto tali valori la probabilità che un fenomeno si verifichi è altamente improbabile mentre, sopra di essi, diventa improbabile l'opposto.
Una caratteristica del corso è che, per ogni modello, il professore ne indica la “fertilità” ovvero ne suggerisce la possibilità di utilizzazione in altri ambiti.
Curiosamente questo modello per la percolazione è in grado di modellizzare anche la diffusione di notizie o chiacchiere (*1) in un gruppo di persone. Esiste cioè un punto di rottura, superato il quale, il pettegolezzo (o la notizia o l'informazione) raggiunge tutti gli appartenenti a un certo gruppo mentre, in caso contrario, la chiacchiera non si diffonde oltre poche persone.
E qui c'è l'intuizione (*2) del professor Page che si chiede il motivo per cui, quando viene fatta una scoperta importante, molto spesso si scopre che più gruppi di ricerca, senza contatti fra loro, erano vicine a raggiungere lo stesso risultato. Secondo Page il motivo è che certe idee chiave, prerequisito della nuova scoperta, si diffondono nell'intera comunità scientifica più o meno allo stesso tempo: questo perché anche le idee scientifiche seguono il modello della percolazione e se una specifica idea raggiunge uno scienziato è molto probabile che ne abbia raggiunti molti altri...
Mi pare una spiegazione semplice, e quindi elegante, di un fenomeno apparentemente non facilmente spiegabile. Personalmente la trovo estremamente convincente e ne vedo molte implicazioni importanti.
In questi ultimi anni grazie a riflessioni, letture e corsi ho maturato numerose idee, più o meno innovative, e questo viario ne è la testimonianza tangibile.
L'insieme di tutte queste conoscenze e idee mi hanno portato a elaborare una grande teoria che riordina e mette insieme tutte queste tessere per comporne un mosaico: avevo avuto la tentazione di mettere il tutto nero su bianco per farne un libro, un pdf scaricabile, che unisse i vari puntini mostrandone chiaramente il disegno complessivo.
Ma l'intuizione di Page mi ha fatto comprendere che il mio sforzo sarebbe inutile: non solo perché io sarei il solo a leggere e a capire pienamente ciò che scriverei ma soprattutto perché inevitabilmente altre persone staranno arrivando alle mie stesse conclusioni. Magari fra qualche anno un giornalista o uno scrittore famoso scriverà, più o meno, ciò che io ho adesso in mente: e probabilmente egli, a differenza di me, riuscirà a far conoscere o almeno dibattere queste idee anche al grande pubblico...
Un esempio banale: più volte ho scritto della crisi della democrazia che, nella forma che conosciamo, ha raggiunto ormai la sua decadenza senile.
Nell'ultima puntata di House of Cards (v. HoC e i pericoli invisibili e poi Attenzione! Democrazia al lavoro) la moglie del presidente dice a un terrorista prigioniero a Guantanamo: «...lei non ha interesse per l'Islam o il califfato: li usa solo per radicalizzare i soldati.» e il terrorista le risponde: «Come voi usate la democrazia e la libertà». Lei annuisce sorridendo e replica «Ora ci capiamo io e lei...»
Ovviamente è solo un accenno: la maggioranza delle persone neppure ci avrà fatto caso ma, anche supponendo che l'idea abbia colpito solo lo 0,5% del pubblico allora, se la serie è globalmente vista da 100 milioni di persone, mezzo milione di queste inizieranno a rifletterci e a porsi domande.
La crisi della democrazia è solo uno dei tanti puntolini che devono essere uniti insieme ma, se diventa conoscenza comune, allora sarà più facile fare i rimanenti passi...
Conclusione: è un fatto positivo che, prima o poi, queste consapevolezze siano destinate a emergere e a divenire conoscenze comuni; la fregatura è che, probabilmente, i tempi sono estremamente lunghi. Forse dovrei comunque buttare giù le mie idee...
Nota (*1): oppure la diffusione delle malattie...
Nota (*2): in realtà CREDO che sia un'intuizione del professor Page: dovrei riascoltare per bene come presenta l'idea per esserne sicuro ma non ne ho voglia...
mercoledì 27 aprile 2016
Muore dove nacque
È da qualche giorno che non scrivo: nessun motivo speciale, solo poca voglia...
Però oggi, sfogliando il quotidiano in linea IlFattoQuotidiano.it, non ho potuto resistere. Il titolo dell'articolo dice già tutto: Grecia: a 9 mesi dall'accordo tutto come prima; governo requisisce soldi agli ospedali, creditori vogliono più austerity di Chiara Brusini.
L'avevo detto e l'avevo scritto...
Il 30 giugno 2015, alla vigilia del referendum, scrissi il seguente pezzo che ricapitolava chiaramente la situazione in Grecia: La situazione greca. Spiegavo che il debito greco (come anche quello italiano) era ormai fuori controllo e che non poteva essere più ripagato: al massimo si poteva solo rimandare l'insolvenza gettando però sempre più sul lastrico la popolazione. I sacrifici chiesti ai greci, la famosa austerity, è infatti completamente inutile: rimanda il problema ma non lo risolve mentre nel frattempo il popolo greco sprofonda...
Poi, in Il “no” della Grecia (6 luglio 2015), ancora gongolavo per l'esito del referendum. Speravo che le dimissioni del “duro” Varoufakis fossero solo un espediente per facilitare una trattativa già scritta: ma invece il debole Tsipras meditava già il tradimento...
In Incertezza greca (13 luglio 2015) iniziavo a essere perplesso dall'atteggiamento di Tsipras: ancora non credevo alla capitolazione totale e speravo che fosse una sorta di fioretto diplomatico. Dare cioè superficialmente l'impressione di cedere ma ottenere comunque una ristrutturazione del debito...
Ma nei giorni successivi divenne sempre più evidente che il tradimento di Tsipras era completo e totale: vedi il paragrafo sulla Grecia in Brevi nel caldo (18 luglio 2015).
Adesso siamo alle solite: in Grecia non ci sono soldi in cassa e si pensa bene di raschiare il fondo del barile da altre parti. Come vampiri insaziabili i poteri forti economici continuano a succhiare il sangue dei greci e hanno ancora la faccia tosta di dire che è per il loro bene...
Ma da dove viene la mia completa convinzione che questa strategia, ovvero l'austerità, non possa funzionare?
Beh... come spiegato in Strategia errata esiste una formuletta piuttosto semplice che mette in relazione fra loro diversi macrovalori di un'economia: debito, interesse sul debito, tasso di crescita, attivo di bilancio etc...
Con questa formula è possibile calcolare, o almeno stimare, l'evoluzione del debito in rapporto al PIL. Nel pezzo in questione, applicando le formule all'Italia (ma a maggior ragione sarebbe vero per la Grecia), si arriva a un'unica conclusione: il debito è fuori controllo.
“Sì, vabbè ma se l'economista Tizio dice XXX e se il ministro Caio dice YYY, vuol dire che le cose non stanno così, altrimenti vuoi che Tsipras/Monti/Renzi non lo sapesse o non avrebbe fatto ZZZ?”
La persona comune che si imbatte nel mio viario, fra la mia semplice formula matematica e l'apparato del sistema che con i suoi media mostrano una realtà tutta diversa, sceglie di credere alla verità presentata dagli esperti: a questa decisione contribuiscono numerosi fattori, psicologici e non, sui quali non ho intenzione di soffermarmi.
Voglio invece aggiungere una novità che ho recentemente appreso e che rafforza le mie certezze.
Nel corso di modellizzazione (v. Corso sulla modellizzazione) il professor Page fa una lunga introduzione sui suoi vantaggi. Spiega che chi usa un modello per pensare fa poi delle scelte molto più accurate di chi, e questo anche se si tratta di esperti (*1), non ne usa nessuno: non si tratta di un'affermazione arbitraria dell'insegnante ma è basata su numerosi e precisi studi scientifici fatti nel corso degli anni.
E nella definizione di modello Page fa rientrare anche i teoremi (come il teorema del limite centrale) e le formule matematiche. Questo significa che, in generale, se un modello prevede una cosa mentre gli esperti (*2) ne dicono un'altra è comunque più saggio fidarsi del primo!
E questo anche se gli esperti sono i buona fede e non hanno cioè interesse a mentire sapendo di mentire.
In altre parole se gli esperti di economia fanno solo grandi discorsi astrusi e non spiegano concretamente come può ridursi il rapporto fra debito e PIL, dove il primo cresce più rapidamente del secondo, allora significa o che sono in malafede oppure che non capiscano niente...
Sfortunatamente la situazione mondiale è tale che i media, ormai tutto fuorché indipendenti, non hanno difficoltà a trovare economisti più o meno affermati che confermino qualsiasi tesi e, contemporaneamente, non si dà alcun risalto alle tesi avverse anche se, magari, sostenute da premi Nobel...
Cosa succederà adesso in Grecia?
Non azzardo previsioni: è ovvio che Tsipras sia, in qualche modo (v. Giustizia informatica per qualche spunto...), completamente asservito ai poteri forti e, per obbedire a essi, è disposto a massacrare il suo stesso popolo: a ridurlo cioè in una nuova forma di schiavitù economica dalla quale non vi è uscita. Altre forze politiche con valide alternative non ne vedo all'orizzonte o, comunque, non le conosco: l'unico di cui avevo fiducia era Varoufakis ma non so che fine abbia fatto...
Conclusione: forse questa autodistruzione della Grecia, “democraticamente” guidata da Tsipras, non è un casuale. Che la democrazia vada a morire proprio nella terra dove nacque sembra l'epitaffio scritto dalla mano di un dio beffardo. Perché quella che vediamo in Grecia è, ricordatevelo, la morte, dopo una lunga agonia, della democrazia.
Nota (*1): nell'esempio gli esperti erano proprio degli economisti che non furono in grado di prevedere l'insolvenza di alcune banche meglio di un modello semplicissimo...
Nota (*2): ovviamente esperti che non usano modelli per le loro previsioni!
Però oggi, sfogliando il quotidiano in linea IlFattoQuotidiano.it, non ho potuto resistere. Il titolo dell'articolo dice già tutto: Grecia: a 9 mesi dall'accordo tutto come prima; governo requisisce soldi agli ospedali, creditori vogliono più austerity di Chiara Brusini.
L'avevo detto e l'avevo scritto...
Il 30 giugno 2015, alla vigilia del referendum, scrissi il seguente pezzo che ricapitolava chiaramente la situazione in Grecia: La situazione greca. Spiegavo che il debito greco (come anche quello italiano) era ormai fuori controllo e che non poteva essere più ripagato: al massimo si poteva solo rimandare l'insolvenza gettando però sempre più sul lastrico la popolazione. I sacrifici chiesti ai greci, la famosa austerity, è infatti completamente inutile: rimanda il problema ma non lo risolve mentre nel frattempo il popolo greco sprofonda...
Poi, in Il “no” della Grecia (6 luglio 2015), ancora gongolavo per l'esito del referendum. Speravo che le dimissioni del “duro” Varoufakis fossero solo un espediente per facilitare una trattativa già scritta: ma invece il debole Tsipras meditava già il tradimento...
In Incertezza greca (13 luglio 2015) iniziavo a essere perplesso dall'atteggiamento di Tsipras: ancora non credevo alla capitolazione totale e speravo che fosse una sorta di fioretto diplomatico. Dare cioè superficialmente l'impressione di cedere ma ottenere comunque una ristrutturazione del debito...
Ma nei giorni successivi divenne sempre più evidente che il tradimento di Tsipras era completo e totale: vedi il paragrafo sulla Grecia in Brevi nel caldo (18 luglio 2015).
Adesso siamo alle solite: in Grecia non ci sono soldi in cassa e si pensa bene di raschiare il fondo del barile da altre parti. Come vampiri insaziabili i poteri forti economici continuano a succhiare il sangue dei greci e hanno ancora la faccia tosta di dire che è per il loro bene...
Ma da dove viene la mia completa convinzione che questa strategia, ovvero l'austerità, non possa funzionare?
Beh... come spiegato in Strategia errata esiste una formuletta piuttosto semplice che mette in relazione fra loro diversi macrovalori di un'economia: debito, interesse sul debito, tasso di crescita, attivo di bilancio etc...
Con questa formula è possibile calcolare, o almeno stimare, l'evoluzione del debito in rapporto al PIL. Nel pezzo in questione, applicando le formule all'Italia (ma a maggior ragione sarebbe vero per la Grecia), si arriva a un'unica conclusione: il debito è fuori controllo.
“Sì, vabbè ma se l'economista Tizio dice XXX e se il ministro Caio dice YYY, vuol dire che le cose non stanno così, altrimenti vuoi che Tsipras/Monti/Renzi non lo sapesse o non avrebbe fatto ZZZ?”
La persona comune che si imbatte nel mio viario, fra la mia semplice formula matematica e l'apparato del sistema che con i suoi media mostrano una realtà tutta diversa, sceglie di credere alla verità presentata dagli esperti: a questa decisione contribuiscono numerosi fattori, psicologici e non, sui quali non ho intenzione di soffermarmi.
Voglio invece aggiungere una novità che ho recentemente appreso e che rafforza le mie certezze.
Nel corso di modellizzazione (v. Corso sulla modellizzazione) il professor Page fa una lunga introduzione sui suoi vantaggi. Spiega che chi usa un modello per pensare fa poi delle scelte molto più accurate di chi, e questo anche se si tratta di esperti (*1), non ne usa nessuno: non si tratta di un'affermazione arbitraria dell'insegnante ma è basata su numerosi e precisi studi scientifici fatti nel corso degli anni.
E nella definizione di modello Page fa rientrare anche i teoremi (come il teorema del limite centrale) e le formule matematiche. Questo significa che, in generale, se un modello prevede una cosa mentre gli esperti (*2) ne dicono un'altra è comunque più saggio fidarsi del primo!
E questo anche se gli esperti sono i buona fede e non hanno cioè interesse a mentire sapendo di mentire.
In altre parole se gli esperti di economia fanno solo grandi discorsi astrusi e non spiegano concretamente come può ridursi il rapporto fra debito e PIL, dove il primo cresce più rapidamente del secondo, allora significa o che sono in malafede oppure che non capiscano niente...
Sfortunatamente la situazione mondiale è tale che i media, ormai tutto fuorché indipendenti, non hanno difficoltà a trovare economisti più o meno affermati che confermino qualsiasi tesi e, contemporaneamente, non si dà alcun risalto alle tesi avverse anche se, magari, sostenute da premi Nobel...
Cosa succederà adesso in Grecia?
Non azzardo previsioni: è ovvio che Tsipras sia, in qualche modo (v. Giustizia informatica per qualche spunto...), completamente asservito ai poteri forti e, per obbedire a essi, è disposto a massacrare il suo stesso popolo: a ridurlo cioè in una nuova forma di schiavitù economica dalla quale non vi è uscita. Altre forze politiche con valide alternative non ne vedo all'orizzonte o, comunque, non le conosco: l'unico di cui avevo fiducia era Varoufakis ma non so che fine abbia fatto...
Conclusione: forse questa autodistruzione della Grecia, “democraticamente” guidata da Tsipras, non è un casuale. Che la democrazia vada a morire proprio nella terra dove nacque sembra l'epitaffio scritto dalla mano di un dio beffardo. Perché quella che vediamo in Grecia è, ricordatevelo, la morte, dopo una lunga agonia, della democrazia.
Nota (*1): nell'esempio gli esperti erano proprio degli economisti che non furono in grado di prevedere l'insolvenza di alcune banche meglio di un modello semplicissimo...
Nota (*2): ovviamente esperti che non usano modelli per le loro previsioni!
sabato 23 aprile 2016
Sandel sbaglia
Ho completato la 13° lezione del corso di filosofia morale/politica/quello che è: in pratica è la continuazione della 12° della quale riprende e approfondisce molti temi.
In generale sto apprezzando molto il professor Sandel che riesce a rendere comprensibili e digeribili degli argomenti normalmente piuttosto astrusi però, proprio in questa lezione, presenta una sua interpretazione del pensiero di Kant che non mi convince per niente.
In realtà in questo caso particolare nemmeno Kant mi convince: dovrei leggere il testo originale per chiarirmi le idee ma la traduzione in italiano che ho (sigh!) comprato è completamente incomprensibile (*1).
Io stesso non mi so decidere e ho la sensazione che la questione resterà a sobbollire nel mio cervello per molti anni prima che mi decida del tutto in una direzione...
Ma qual è il problema all'origine di tutti questi dubbi?
La questione è molto semplice: Kant nella sua opera aveva precisato che non si debba MAI mentire.
Un filosofo francese, Benjamin Constant, l'aveva pubblicamente sfidato presentandogli il seguente semplice scenario: supponiamo che un nostro amico si presenti a casa nostra, inseguito da un assassino, e ci chieda di nasconderlo. Subito dopo arriva l'assassino che ci chiede se il nostro amico è da noi: in questo caso è moralmente lecito mentire all'assassino per salvare il nostro amico? Secondo Constant sì perché l'assassino non si merita la nostra onestà.
Kant rispose dicendo che agli imperativi categorici (le cose giuste da fare e, in questo caso, dire sempre la verità) non si possono trovare eccezioni perché altrimenti non sarebbero imperativi categorici: in altre parole, per Kant, nemmeno nello scenario in questione sarebbe moralmente corretto mentire. Non importa quale sia il pericolo corso dall'amico: la sua eventuale morte sarebbe solo una conseguenza e la moralità di un'azione va considerata di per sé e non per ciò che comporta.
O questa è almeno quanto ho capito della spiegazione dell'opinione di Kant fornita dal professor Sandel...
E a questo punto il professor Sandel ha introdotto la propria opinione personale.
Io ho chiamato “bugie bianche” le bugie dette a fin di bene ma il professor Sandel usa tale definizione per le verità volutamente fuorvianti: come spiegato nel precedente Abbasso le bugie bianche non c'è dubbio che Kant fosse contrario alle bugie dette a “fin di bene” ma, secondo Sandel, potrebbe aver considerato lecito dire qualcosa di vero ma volutamente fuorviante.
Nello scenario ipotizzato, se l'assassino si fosse presentato alla porta di Kant, egli gli avrebbe potuto dire “non so dove sia...” perché, in quel preciso momento, effettivamente non avrebbe saputo dire se si nascondesse sotto il letto o se si fosse chiuso nell'armadio...
Mi pare però palese che questo modo di ragionare sia in contraddizione col principio basilare di Kant dell'importanza della motivazione nell'azione morale: per Kant non basta fare la cosa giusta ma bisogna anche volerla fare per il giusto motivo. Il voler ingannare un'altra persona non potrà mai essere un giusto motivo visto che equivalerebbe a trattarla come un mezzo e non come un fine: di conseguenza il voler ingannare è una motivazione che non dà alcuna legittimità morale al dire una verità volutamente fuorviante.
Sandel giustifica la sua supposizione basandosi su una lettera che Kant scrisse all'imperatore Guglielmo II che gli ordinava di interrompere il suo insegnamento su alcuni specifici argomenti in contrasto con la religione. Kant gli rispose con una lettera che iniziava con “Come leale suddito di Vostra Maestà, sospendo le mie lezione bla bla bla...”
Secondo Sandel, Kant sapeva che l'imperatore non sarebbe vissuto a lungo e per questo aveva volutamente pesato bene le proprie parole: il “Come leale suddito di Vostra Maestà” va interpretato come “fin tanto che l'imperatore è vivo” e, infatti, appena l'imperatore morì, Kant si sentì libero di riprendere a insegnare anche le materie contestate.
Eppure a me non pare la stessa cosa: la frase di Kant era completamente vera non solo nella forma ma anche nella sostanza almeno fino a quando l'imperatore fosse stato vivo; e, inoltre, per quanto si dicesse che l'imperatore sarebbe morto presto ciò non era sicuramente detto... (*2)
Al contrario la “bugia bianca” detta all'assassino è vera nella forma ma è anche, da subito, falsa nella sostanza.
Quindi la penso esattamente come Kant? Non proprio...
Anche Kant afferma che l'uomo vive contemporaneamente nel mondo sensibile (delle necessità) e nel mondo intellegibile (della ragione): proprio questa ambiguità di collocazione provoca lo scollamento fra quello che si fa e quello che si dovrebbe fare.
La mia sensazione è che lo scenario dell'assassino sia un caso limite in cui si debba agire sul piano puramente sensibile: l'irrazionalità stessa della volontà di uccidere dell'assassino ci dà una traccia in tal senso. In una simile contingenza il mentire non è né vuole esserlo un'azione morale ma è invece una azione puramente sensibile. Questo non significa che l'imperativo categorico di dire sempre la verità abbia almeno questa eccezione: l'imperativo categorico è infatti sempre valido ma solo nel mondo intellegibile!
Anzi, l'azione che nel mondo sensibile era “dire una bugia” equivale nel mondo intellegibile a “salvare una vita”: è la contingenza estrema che giustifica la trasformazione.
Eppure qui l'ho scritto e qui lo nego: piegare la morale a un'emergenza mi pare pericoloso e troppo facilmente abusabile. Come spiegato non sono ancora totalmente convinto del mio punto di vista.
Sono certo che l'interpretazione del professor Sandel sia sbagliata ma non sono altrettanto sicuro che Kant abbia torto: certamente non bisogna valutare l'azione in base alle sue conseguenze...
Ad esempio io potrei mentire all'assassino, salvando probabilmente il mio amico, ma il primo potrebbe allora scendere le scale e uccidere mia moglie e decine di altri innocenti: la differenza è che questa seconda ipotesi sarebbe leggermente più improbabile. Ma lo scenario è improbabile di per sé dato che si basa tutto sul dire il vero o falso all'assassino quando basterebbe semplicemente tenere la porta chiusa!
Conclusione: forse, come ha suggerito uno studente, è un falso problema e si tratta solo di scegliere fra due imperativi categorici: salvare un innocente e dire la verità.
Non so l'opinione di Kant al riguardo ma ho la sensazione che fare una gerarchia di imperativi categorici puzzi di utilitarismo... comunque la prossima settimana torno alla modellizzazione!
Nota (*1): per i particolari rimando a Tuffo nel passato...
Nota (*2): Sandel ha anche ricordato la “relazione sessuale” che Clinton aveva pubblicamente negato di aver avuto con Monika Lewinsky: la difesa di Clinton fu, giocando sulle definizioni del vocabolario, che un “rapporto orale” non equivaleva a una relazione sessuale ma era “sesso improprio”. Come dire che infilare un cacciavite nel cuore di un uomo non equivale a pugnalarlo perché il cacciavite è un pugnale improprio...
Probabilmente, se Clinton non fosse stato il presidente degli USA, sarebbe stato condannato per offesa alla corte avvalendosi di una tale difesa!
Per la cronaca, dal mio punto di vista, la frase di Clinton era falsa al 99% nella forma e al 200% nella sostanza...
In generale sto apprezzando molto il professor Sandel che riesce a rendere comprensibili e digeribili degli argomenti normalmente piuttosto astrusi però, proprio in questa lezione, presenta una sua interpretazione del pensiero di Kant che non mi convince per niente.
In realtà in questo caso particolare nemmeno Kant mi convince: dovrei leggere il testo originale per chiarirmi le idee ma la traduzione in italiano che ho (sigh!) comprato è completamente incomprensibile (*1).
Io stesso non mi so decidere e ho la sensazione che la questione resterà a sobbollire nel mio cervello per molti anni prima che mi decida del tutto in una direzione...
Ma qual è il problema all'origine di tutti questi dubbi?
La questione è molto semplice: Kant nella sua opera aveva precisato che non si debba MAI mentire.
Un filosofo francese, Benjamin Constant, l'aveva pubblicamente sfidato presentandogli il seguente semplice scenario: supponiamo che un nostro amico si presenti a casa nostra, inseguito da un assassino, e ci chieda di nasconderlo. Subito dopo arriva l'assassino che ci chiede se il nostro amico è da noi: in questo caso è moralmente lecito mentire all'assassino per salvare il nostro amico? Secondo Constant sì perché l'assassino non si merita la nostra onestà.
Kant rispose dicendo che agli imperativi categorici (le cose giuste da fare e, in questo caso, dire sempre la verità) non si possono trovare eccezioni perché altrimenti non sarebbero imperativi categorici: in altre parole, per Kant, nemmeno nello scenario in questione sarebbe moralmente corretto mentire. Non importa quale sia il pericolo corso dall'amico: la sua eventuale morte sarebbe solo una conseguenza e la moralità di un'azione va considerata di per sé e non per ciò che comporta.
O questa è almeno quanto ho capito della spiegazione dell'opinione di Kant fornita dal professor Sandel...
E a questo punto il professor Sandel ha introdotto la propria opinione personale.
Io ho chiamato “bugie bianche” le bugie dette a fin di bene ma il professor Sandel usa tale definizione per le verità volutamente fuorvianti: come spiegato nel precedente Abbasso le bugie bianche non c'è dubbio che Kant fosse contrario alle bugie dette a “fin di bene” ma, secondo Sandel, potrebbe aver considerato lecito dire qualcosa di vero ma volutamente fuorviante.
Nello scenario ipotizzato, se l'assassino si fosse presentato alla porta di Kant, egli gli avrebbe potuto dire “non so dove sia...” perché, in quel preciso momento, effettivamente non avrebbe saputo dire se si nascondesse sotto il letto o se si fosse chiuso nell'armadio...
Mi pare però palese che questo modo di ragionare sia in contraddizione col principio basilare di Kant dell'importanza della motivazione nell'azione morale: per Kant non basta fare la cosa giusta ma bisogna anche volerla fare per il giusto motivo. Il voler ingannare un'altra persona non potrà mai essere un giusto motivo visto che equivalerebbe a trattarla come un mezzo e non come un fine: di conseguenza il voler ingannare è una motivazione che non dà alcuna legittimità morale al dire una verità volutamente fuorviante.
Sandel giustifica la sua supposizione basandosi su una lettera che Kant scrisse all'imperatore Guglielmo II che gli ordinava di interrompere il suo insegnamento su alcuni specifici argomenti in contrasto con la religione. Kant gli rispose con una lettera che iniziava con “Come leale suddito di Vostra Maestà, sospendo le mie lezione bla bla bla...”
Secondo Sandel, Kant sapeva che l'imperatore non sarebbe vissuto a lungo e per questo aveva volutamente pesato bene le proprie parole: il “Come leale suddito di Vostra Maestà” va interpretato come “fin tanto che l'imperatore è vivo” e, infatti, appena l'imperatore morì, Kant si sentì libero di riprendere a insegnare anche le materie contestate.
Eppure a me non pare la stessa cosa: la frase di Kant era completamente vera non solo nella forma ma anche nella sostanza almeno fino a quando l'imperatore fosse stato vivo; e, inoltre, per quanto si dicesse che l'imperatore sarebbe morto presto ciò non era sicuramente detto... (*2)
Al contrario la “bugia bianca” detta all'assassino è vera nella forma ma è anche, da subito, falsa nella sostanza.
Quindi la penso esattamente come Kant? Non proprio...
Anche Kant afferma che l'uomo vive contemporaneamente nel mondo sensibile (delle necessità) e nel mondo intellegibile (della ragione): proprio questa ambiguità di collocazione provoca lo scollamento fra quello che si fa e quello che si dovrebbe fare.
La mia sensazione è che lo scenario dell'assassino sia un caso limite in cui si debba agire sul piano puramente sensibile: l'irrazionalità stessa della volontà di uccidere dell'assassino ci dà una traccia in tal senso. In una simile contingenza il mentire non è né vuole esserlo un'azione morale ma è invece una azione puramente sensibile. Questo non significa che l'imperativo categorico di dire sempre la verità abbia almeno questa eccezione: l'imperativo categorico è infatti sempre valido ma solo nel mondo intellegibile!
Anzi, l'azione che nel mondo sensibile era “dire una bugia” equivale nel mondo intellegibile a “salvare una vita”: è la contingenza estrema che giustifica la trasformazione.
Eppure qui l'ho scritto e qui lo nego: piegare la morale a un'emergenza mi pare pericoloso e troppo facilmente abusabile. Come spiegato non sono ancora totalmente convinto del mio punto di vista.
Sono certo che l'interpretazione del professor Sandel sia sbagliata ma non sono altrettanto sicuro che Kant abbia torto: certamente non bisogna valutare l'azione in base alle sue conseguenze...
Ad esempio io potrei mentire all'assassino, salvando probabilmente il mio amico, ma il primo potrebbe allora scendere le scale e uccidere mia moglie e decine di altri innocenti: la differenza è che questa seconda ipotesi sarebbe leggermente più improbabile. Ma lo scenario è improbabile di per sé dato che si basa tutto sul dire il vero o falso all'assassino quando basterebbe semplicemente tenere la porta chiusa!
Conclusione: forse, come ha suggerito uno studente, è un falso problema e si tratta solo di scegliere fra due imperativi categorici: salvare un innocente e dire la verità.
Non so l'opinione di Kant al riguardo ma ho la sensazione che fare una gerarchia di imperativi categorici puzzi di utilitarismo... comunque la prossima settimana torno alla modellizzazione!
Nota (*1): per i particolari rimando a Tuffo nel passato...
Nota (*2): Sandel ha anche ricordato la “relazione sessuale” che Clinton aveva pubblicamente negato di aver avuto con Monika Lewinsky: la difesa di Clinton fu, giocando sulle definizioni del vocabolario, che un “rapporto orale” non equivaleva a una relazione sessuale ma era “sesso improprio”. Come dire che infilare un cacciavite nel cuore di un uomo non equivale a pugnalarlo perché il cacciavite è un pugnale improprio...
Probabilmente, se Clinton non fosse stato il presidente degli USA, sarebbe stato condannato per offesa alla corte avvalendosi di una tale difesa!
Per la cronaca, dal mio punto di vista, la frase di Clinton era falsa al 99% nella forma e al 200% nella sostanza...
mercoledì 20 aprile 2016
Abbasso le bugie bianche!
Come deciso (v. conclusione di Cervello evaso) ho ripreso a seguire il corso di filosofia che avevo momentaneamente lasciato indietro a causa dell'irritazione provocata dal terribile acquisto di Fondazione della metafisica dei costumi (v. Tuffo nel passato). La mia buona volontà è stata subito premiata: leggendo la lettura della dodicesima lezione mi sono imbattuto in un interessante aspetto dell'imperativo categorico di Kant.
Ma prima un bel passo indietro...
Onestamente non ricordo se su questo viario io abbia mai affrontato il tema delle bugie “bianche” o “a fin di bene”. Di sicuro ne ho dibattuto a lungo con una mia amica che ne era fautrice: con calma (*1) proverò più tardi a cercare tali epistole ed eventualmente copierò qui qualche frammento delle mie argomentazioni...
Io sono da sempre contrario alle bugie “a fin di bene”. Ricordo che quando avevo 4 o 5 anni, ed ero ospite degli zii, mia cugina (di qualche anno più grande) mi fece un brutto tiro: mi ero provocato un minuscolo taglietto a un dito e lei propose subito di disinfettarlo usando un profumo. Io ero molto scettico al riguardo ma le mi assicurò che non avrei sentito alcun male: alla fine acconsentii e subito il mio dito fu scottato dall'alcool contenuto nel profumo. Mi arrabbiai moltissimo, non tanto per il dolore, quanto per essere stato ingannato: io le avevo espressamente chiesto se avrei sentito male e lei mi aveva assicurato di no.
Pochi minuti dopo mia zia venne a controllare cosa stavamo combinando: mia cugina le disse chiaramente come mi aveva ingannato e la zia le rispose che aveva fatto bene. Che mi ricordi ancora questo dettaglio dimostra quanto disapprovai anche l'atteggiamento di mia zia.
Negli anni seguenti ho mantenuto la mia forte antipatia per le bugie, anche se a fin di bene, senza però preoccuparmi di giustificare moralmente la mia avversione a esse. Poi finalmente, come anticipato, mi imbarcai in una lunga discussione “teorica” con la sopraccitata amica...
La mia argomentazione principale era che nessun uomo può conoscere quale sia il “bene” per un'altra persona perché non avendo vissuto la sua vita non ne può conoscere il più intimo punto di vista. Al contrario una bugia bianca, con le sue informazioni incorrette, può portare chi è da essa ingannato a prendere delle decisioni sbagliate. Insomma dicendo una bugia bianca ci si prende anche la responsabilità di poter essere potenzialmente la causa di guai proprio alla persona che volevamo proteggere. Vedevo cioè una grande superbia nell'illudersi di riuscire a sapere cosa fosse meglio per un'altra persona.
E la mia amica cosa replicava? Onestamente non lo ricordo!
Ma proprio perché non ricordo le sue argomentazioni sono piuttosto sicuro che fossero generiche e basate su motivazioni pietistiche: essenzialmente (suppongo!) riteneva sbagliato far soffrire un'altra persona se si fosse potuto evitarlo.
Nella lettura del professor Sandel ho trovato proprio la spiegazione di questo apparente dilemma morale. Ovvero: l'imperativo categorico di Kant equivale al “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”?
Vale la pena precisare che questa domanda scaturisce dalla formulazione della “legge universale” che in pratica è una specie di verifica per stabilire se la legge morale che ci siamo dati sia veramente tale: essa consiste nel chiedersi se questa legge morale sarebbe universalmente ritenuta tale anche da tutte le altre persone. Da qui l'apparente somiglianza con la massima del non fare agli altri ciò che non si vorrebbe fosse fatto a noi.
L'esempio del professor Sandel è brutale ma chiarissimo: supponiamo che vostro fratello sia improvvisamente morto e che voi andiate a trovare la vostra anziana madre, debole e ammalata. Essa vi chiede notizie di vostro fratello, voi come le rispondete?
Voi potreste pensare che, al suo posto, non vorreste sapere la verità o magari, semplicemente, non volete rischiare di darle un dolore fatale: per queste ragioni potreste decidere di mentirle...
Kant non la vede così: per quanto la pietà e la compassione ci spingano a mentire, il rispetto che si deve a un altro essere senziente (come tale fine per se stesso e non mezzo) ci dovrebbe obbligare a dirle la verità. Aggiungo io che questo rispetto, in ultima analisi, equivale proprio a non presumere di sapere cosa sia meglio per un'altra persona.
Nelle parole di Kant: «Dal punto di vista dell'imperativo categorico, [ovvero della “cosa giusta da fare”] mentire a vostra madre preoccupandosi dei suoi sentimenti equivalerebbe verosimilmente a considerarla come un mezzo per il suo personale appagamento piuttosto che a rispettarla come essere razionale»
Conclusione: sempre nella stessa lettura ho poi trovato conferma a una mia teoria. In No, I Kant scrissi:
«Per la cronaca mi lascia perplesso questo guardare unicamente allo scopo infischiandosene dei mezzi, oppure questa morale che pare individuale (con le possibili contraddizioni che comporterebbe) più che universale...
Ma, come detto, ancora non mi sbilancio: già intravedo possibili spiegazioni alle mie perplessità (**4) e, dovendo ancora leggere la selezione di brani di Kant per questa lezione, preferisco aspettare...
…
Nota (**4): i “mezzi” potrebbero essere visti come catene di atti dove, ciascuno di essi, deve essere a sua volto moralmente giustificato; oppure, dato che la ragione è comune a tutti gli uomini, le regole morali che questa stabilisce saranno più o meno conformi fra loro...»
La risposta di Kant è la seconda ipotesi che espressi nella quarta nota ovviamente spiegata in maniera molto più elegante e chiara di quanto abbia fatto io. Questo nella traduzione in inglese: nella mia (sigh!) traduzione in italiano Kant appare come un indemoniato logorroico scappato da un manicomio... oppure uno di quei programmi che simulano il linguaggio umano scrivendo interi testi che però hanno un significato e una coerenza logica solo apparente...
Mi rendo conto di non aver ancora completamente “digerito” l'acquisto per 9,50€ (9,50€!!! un albero è morto inutilmente!!) di Fondazione della metafisica dei costumi di Kant, Editori Laterza, trad. Filippo Gonnelli.
Nota (*1): si tratta di epistole scritte forse due, tre o forse più anni fa e per questo non sono sicuro di riuscire a ritrovarle: preferisco quindi prima scrivere questo pezzo e poi dedicare un po' di tempo alla loro ricerca...
Modificato 20/4/2016: ho notato che avevo già inserito un marcatore "bugia" e andando a verificare di cosa si trattasse ho trovate il pezzo Bugie a fin di bene. Consiglio di rileggerlo: in particolare, senza volerlo, spiego molto bene cosa Kant intendesse con "considerare una persona come un mezzo per l'appagamento della stessa"...
Ma prima un bel passo indietro...
Onestamente non ricordo se su questo viario io abbia mai affrontato il tema delle bugie “bianche” o “a fin di bene”. Di sicuro ne ho dibattuto a lungo con una mia amica che ne era fautrice: con calma (*1) proverò più tardi a cercare tali epistole ed eventualmente copierò qui qualche frammento delle mie argomentazioni...
Io sono da sempre contrario alle bugie “a fin di bene”. Ricordo che quando avevo 4 o 5 anni, ed ero ospite degli zii, mia cugina (di qualche anno più grande) mi fece un brutto tiro: mi ero provocato un minuscolo taglietto a un dito e lei propose subito di disinfettarlo usando un profumo. Io ero molto scettico al riguardo ma le mi assicurò che non avrei sentito alcun male: alla fine acconsentii e subito il mio dito fu scottato dall'alcool contenuto nel profumo. Mi arrabbiai moltissimo, non tanto per il dolore, quanto per essere stato ingannato: io le avevo espressamente chiesto se avrei sentito male e lei mi aveva assicurato di no.
Pochi minuti dopo mia zia venne a controllare cosa stavamo combinando: mia cugina le disse chiaramente come mi aveva ingannato e la zia le rispose che aveva fatto bene. Che mi ricordi ancora questo dettaglio dimostra quanto disapprovai anche l'atteggiamento di mia zia.
Negli anni seguenti ho mantenuto la mia forte antipatia per le bugie, anche se a fin di bene, senza però preoccuparmi di giustificare moralmente la mia avversione a esse. Poi finalmente, come anticipato, mi imbarcai in una lunga discussione “teorica” con la sopraccitata amica...
La mia argomentazione principale era che nessun uomo può conoscere quale sia il “bene” per un'altra persona perché non avendo vissuto la sua vita non ne può conoscere il più intimo punto di vista. Al contrario una bugia bianca, con le sue informazioni incorrette, può portare chi è da essa ingannato a prendere delle decisioni sbagliate. Insomma dicendo una bugia bianca ci si prende anche la responsabilità di poter essere potenzialmente la causa di guai proprio alla persona che volevamo proteggere. Vedevo cioè una grande superbia nell'illudersi di riuscire a sapere cosa fosse meglio per un'altra persona.
E la mia amica cosa replicava? Onestamente non lo ricordo!
Ma proprio perché non ricordo le sue argomentazioni sono piuttosto sicuro che fossero generiche e basate su motivazioni pietistiche: essenzialmente (suppongo!) riteneva sbagliato far soffrire un'altra persona se si fosse potuto evitarlo.
Nella lettura del professor Sandel ho trovato proprio la spiegazione di questo apparente dilemma morale. Ovvero: l'imperativo categorico di Kant equivale al “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”?
Vale la pena precisare che questa domanda scaturisce dalla formulazione della “legge universale” che in pratica è una specie di verifica per stabilire se la legge morale che ci siamo dati sia veramente tale: essa consiste nel chiedersi se questa legge morale sarebbe universalmente ritenuta tale anche da tutte le altre persone. Da qui l'apparente somiglianza con la massima del non fare agli altri ciò che non si vorrebbe fosse fatto a noi.
L'esempio del professor Sandel è brutale ma chiarissimo: supponiamo che vostro fratello sia improvvisamente morto e che voi andiate a trovare la vostra anziana madre, debole e ammalata. Essa vi chiede notizie di vostro fratello, voi come le rispondete?
Voi potreste pensare che, al suo posto, non vorreste sapere la verità o magari, semplicemente, non volete rischiare di darle un dolore fatale: per queste ragioni potreste decidere di mentirle...
Kant non la vede così: per quanto la pietà e la compassione ci spingano a mentire, il rispetto che si deve a un altro essere senziente (come tale fine per se stesso e non mezzo) ci dovrebbe obbligare a dirle la verità. Aggiungo io che questo rispetto, in ultima analisi, equivale proprio a non presumere di sapere cosa sia meglio per un'altra persona.
Nelle parole di Kant: «Dal punto di vista dell'imperativo categorico, [ovvero della “cosa giusta da fare”] mentire a vostra madre preoccupandosi dei suoi sentimenti equivalerebbe verosimilmente a considerarla come un mezzo per il suo personale appagamento piuttosto che a rispettarla come essere razionale»
Conclusione: sempre nella stessa lettura ho poi trovato conferma a una mia teoria. In No, I Kant scrissi:
«Per la cronaca mi lascia perplesso questo guardare unicamente allo scopo infischiandosene dei mezzi, oppure questa morale che pare individuale (con le possibili contraddizioni che comporterebbe) più che universale...
Ma, come detto, ancora non mi sbilancio: già intravedo possibili spiegazioni alle mie perplessità (**4) e, dovendo ancora leggere la selezione di brani di Kant per questa lezione, preferisco aspettare...
…
Nota (**4): i “mezzi” potrebbero essere visti come catene di atti dove, ciascuno di essi, deve essere a sua volto moralmente giustificato; oppure, dato che la ragione è comune a tutti gli uomini, le regole morali che questa stabilisce saranno più o meno conformi fra loro...»
La risposta di Kant è la seconda ipotesi che espressi nella quarta nota ovviamente spiegata in maniera molto più elegante e chiara di quanto abbia fatto io. Questo nella traduzione in inglese: nella mia (sigh!) traduzione in italiano Kant appare come un indemoniato logorroico scappato da un manicomio... oppure uno di quei programmi che simulano il linguaggio umano scrivendo interi testi che però hanno un significato e una coerenza logica solo apparente...
Mi rendo conto di non aver ancora completamente “digerito” l'acquisto per 9,50€ (9,50€!!! un albero è morto inutilmente!!) di Fondazione della metafisica dei costumi di Kant, Editori Laterza, trad. Filippo Gonnelli.
Nota (*1): si tratta di epistole scritte forse due, tre o forse più anni fa e per questo non sono sicuro di riuscire a ritrovarle: preferisco quindi prima scrivere questo pezzo e poi dedicare un po' di tempo alla loro ricerca...
Modificato 20/4/2016: ho notato che avevo già inserito un marcatore "bugia" e andando a verificare di cosa si trattasse ho trovate il pezzo Bugie a fin di bene. Consiglio di rileggerlo: in particolare, senza volerlo, spiego molto bene cosa Kant intendesse con "considerare una persona come un mezzo per l'appagamento della stessa"...
martedì 19 aprile 2016
Allucinante!
Mi sono imbattuto in un'intervista volante alla Raggi (la candidata sindaco a Roma) sul FattoQuotidiano.it: Raggi da Casaleggio Jr per riferire, "ha ruolo di garanzia".
Onestamente non ci volevo credere ma il video parla chiaro: tale dichiarazione non è l'estrapolazione di un discorso più complesso e, potenzialmente, giustificabile...
Secondo il vocabolario il garante è colui che garantisce il mantenimento di un impegno da parti di altri. Nel senso usato dalla Raggi dovrebbe essere colui che verifica che il comportamento dei rappresentanti istituzionali pentastellati sia coerente con i principi del movimento.
Questo significa che, almeno per la Raggi, Davide Casaleggio ha un ruolo politico all'interno del movimento!
Ma qualcuno ha votato Davide? I parlamentari lo hanno eletto? Gli attivisti lo hanno scelto?
A me non risulta. Mi appare anzi come una contraddizione macroscopica e vergognosa del movimento che umilia e ridicolizza l'impegno dei tanti attivisti seri e che vorrebbero veramente cambiare qualcosa.
La trasparenza interna e l'uguaglianza iniziano e finiscono all'interno dei singoli meetup o almeno di quelli piccoli: in quelli delle grandi città, a causa della loro natura caotica e confusionaria, ci sguazzano bene solo i furbetti e gli intrallazzatori...
Prendo atto del nuovo ruolo di Casaleggio Jr al vertice del movimento, ma l'intervista ha altri spunti interessanti.
Nel Dopo Casaleggio ipotizzavo a caldo alcuni scenari che però comportavano, prima o poi, uno scontro silenzioso fra Casaleggio Jr (magari con l'appoggio diretto di Beppe in un secondo momento) con articoli sul “Blog di Grillo” da una parte e direttorio, con le proprie dichiarazioni ufficiali, dall'altra.
Da questo punto di vista l'incontro della Raggi con Casaleggio Jr ha un significato ben chiaro: iniziare a dare una legittimazione politica a Davide. Quale altro motivo avrebbe avuto questa visita così imbarazzante per la Raggi? Se fosse stata di semplice coordinamento l'avrebbero potuta fare in segreto: Davide stesso sarebbe potuto scendere a Roma per incontrarla in tutta riservatezza: invece no, si voleva che l'incontro fosse noto ai giornalisti in maniera da poter rilasciare le dichiarazioni fatte. Anche il luogo dell'incontro, Milano e non Roma o almeno un'altra città a metà strada, vuole sottolineare il ruolo di subalternità della candidata romana al giovane imprenditore.
E cosa avrebbe ottenuto la Raggi in cambio della fedeltà dimostrata a Casaleggio Jr? Perché è ovvio che un danno, piccolo o grande che sia, lei lo riceverà nell'essersi così esposta riconoscendo l'autorità di Davide.
Da questo punto di vista mi hanno colpito due parole della Raggi, non evidenziate dai giornalisti che evidentemente le davano per scontate: “...mi sembra ci sia la volontà di vincere [le elezioni a Roma] da parte di tutti...”
Sono parole importanti perché mesi fa, quando fu negata la candidatura a sindaco della capitale a Di Battista, io spiegai che in realtà il M5S non voleva vincere nessuna città importante perché c'era il rischio concreto che un buon sindaco, oltre ad avere un significativo potere personale, avrebbe potuto, lavorando bene, fare buona pubblicità al movimento. Ma questo non lo si vuole: come ho più volte spiegato il M5S non vuole vincere le elezioni politiche ma si accontenta di incanalare il malcontento popolare in uno sterile ambito democratico.
Questo sicuramente era vero con Casaleggio mentre non conosco la volontà e soprattutto le ambizioni dei “galletti” del direttorio.
Il direttorio era infatti lo strumento inventato da Casaleggio per tenere a bada i parlamentari ma, col tempo e la visibilità ottenuta, è poi divenuto sempre più importante e indipendente. La morte di Casaleggio ha poi rotto il delicato equilibrio di potere.
Non è da escludere che Casaleggio non si fidasse più di Di Battista e abbia voluto evitare che questi ottenesse, come sindaco di Roma, troppo potere. Guardate l'influenza di Pizzarotti sul movimento: come sindaco di Roma Di Battista ne avrebbe ottenuta mille volte di più...
Nei miei vecchi pezzi (vedi, ad esempio, la parte finale di Miopia sul M5S) ipotizzavo che, se il candidato “sconosciuto” del M5S a Roma fosse andato avanti nei sondaggi rispetto ai rivali, allora, a poche settimane dalle elezioni, sarebbero iniziati sul “Blog di Grillo” gli annunci autolesionistici per spaventare l'opinione pubblica e perdere le elezioni: tipo “Assegneremo gratuitamente le case sfitte ai bisognosi; porteremo a Roma 1.000.000 di immigrati e li impegneremo in lavori socialmente utili; etc”
Quasi sicuramente anche la candidata Raggi ne era ben consapevole...
Ma adesso la situazione è cambiata: a Davide Casaleggio farebbe estremamente comodo un alleato potente all'interno del M5S dalla propria parte.
Questo significa che la strategia potrebbe essere aggiornata col “Blog di Grillo” che non saboterà più le elezioni romane della propria candidata.
Sarà interessante vedere quale sarà la replica del direttorio a questa mossa: io credo che al momento non abbia spazio di manovra per opporvisi ma, se ci sarà un'opportunità, come agirà? Tale reazione ci darebbe chiaramente l'indicazione della temperatura dello scontro interno.
Conclusione: prossimamente voglio scrivere del direttorio, di Fico e di Di Battista...
Onestamente non ci volevo credere ma il video parla chiaro: tale dichiarazione non è l'estrapolazione di un discorso più complesso e, potenzialmente, giustificabile...
Secondo il vocabolario il garante è colui che garantisce il mantenimento di un impegno da parti di altri. Nel senso usato dalla Raggi dovrebbe essere colui che verifica che il comportamento dei rappresentanti istituzionali pentastellati sia coerente con i principi del movimento.
Questo significa che, almeno per la Raggi, Davide Casaleggio ha un ruolo politico all'interno del movimento!
Ma qualcuno ha votato Davide? I parlamentari lo hanno eletto? Gli attivisti lo hanno scelto?
A me non risulta. Mi appare anzi come una contraddizione macroscopica e vergognosa del movimento che umilia e ridicolizza l'impegno dei tanti attivisti seri e che vorrebbero veramente cambiare qualcosa.
La trasparenza interna e l'uguaglianza iniziano e finiscono all'interno dei singoli meetup o almeno di quelli piccoli: in quelli delle grandi città, a causa della loro natura caotica e confusionaria, ci sguazzano bene solo i furbetti e gli intrallazzatori...
Prendo atto del nuovo ruolo di Casaleggio Jr al vertice del movimento, ma l'intervista ha altri spunti interessanti.
Nel Dopo Casaleggio ipotizzavo a caldo alcuni scenari che però comportavano, prima o poi, uno scontro silenzioso fra Casaleggio Jr (magari con l'appoggio diretto di Beppe in un secondo momento) con articoli sul “Blog di Grillo” da una parte e direttorio, con le proprie dichiarazioni ufficiali, dall'altra.
Da questo punto di vista l'incontro della Raggi con Casaleggio Jr ha un significato ben chiaro: iniziare a dare una legittimazione politica a Davide. Quale altro motivo avrebbe avuto questa visita così imbarazzante per la Raggi? Se fosse stata di semplice coordinamento l'avrebbero potuta fare in segreto: Davide stesso sarebbe potuto scendere a Roma per incontrarla in tutta riservatezza: invece no, si voleva che l'incontro fosse noto ai giornalisti in maniera da poter rilasciare le dichiarazioni fatte. Anche il luogo dell'incontro, Milano e non Roma o almeno un'altra città a metà strada, vuole sottolineare il ruolo di subalternità della candidata romana al giovane imprenditore.
E cosa avrebbe ottenuto la Raggi in cambio della fedeltà dimostrata a Casaleggio Jr? Perché è ovvio che un danno, piccolo o grande che sia, lei lo riceverà nell'essersi così esposta riconoscendo l'autorità di Davide.
Da questo punto di vista mi hanno colpito due parole della Raggi, non evidenziate dai giornalisti che evidentemente le davano per scontate: “...mi sembra ci sia la volontà di vincere [le elezioni a Roma] da parte di tutti...”
Sono parole importanti perché mesi fa, quando fu negata la candidatura a sindaco della capitale a Di Battista, io spiegai che in realtà il M5S non voleva vincere nessuna città importante perché c'era il rischio concreto che un buon sindaco, oltre ad avere un significativo potere personale, avrebbe potuto, lavorando bene, fare buona pubblicità al movimento. Ma questo non lo si vuole: come ho più volte spiegato il M5S non vuole vincere le elezioni politiche ma si accontenta di incanalare il malcontento popolare in uno sterile ambito democratico.
Questo sicuramente era vero con Casaleggio mentre non conosco la volontà e soprattutto le ambizioni dei “galletti” del direttorio.
Il direttorio era infatti lo strumento inventato da Casaleggio per tenere a bada i parlamentari ma, col tempo e la visibilità ottenuta, è poi divenuto sempre più importante e indipendente. La morte di Casaleggio ha poi rotto il delicato equilibrio di potere.
Non è da escludere che Casaleggio non si fidasse più di Di Battista e abbia voluto evitare che questi ottenesse, come sindaco di Roma, troppo potere. Guardate l'influenza di Pizzarotti sul movimento: come sindaco di Roma Di Battista ne avrebbe ottenuta mille volte di più...
Nei miei vecchi pezzi (vedi, ad esempio, la parte finale di Miopia sul M5S) ipotizzavo che, se il candidato “sconosciuto” del M5S a Roma fosse andato avanti nei sondaggi rispetto ai rivali, allora, a poche settimane dalle elezioni, sarebbero iniziati sul “Blog di Grillo” gli annunci autolesionistici per spaventare l'opinione pubblica e perdere le elezioni: tipo “Assegneremo gratuitamente le case sfitte ai bisognosi; porteremo a Roma 1.000.000 di immigrati e li impegneremo in lavori socialmente utili; etc”
Quasi sicuramente anche la candidata Raggi ne era ben consapevole...
Ma adesso la situazione è cambiata: a Davide Casaleggio farebbe estremamente comodo un alleato potente all'interno del M5S dalla propria parte.
Questo significa che la strategia potrebbe essere aggiornata col “Blog di Grillo” che non saboterà più le elezioni romane della propria candidata.
Sarà interessante vedere quale sarà la replica del direttorio a questa mossa: io credo che al momento non abbia spazio di manovra per opporvisi ma, se ci sarà un'opportunità, come agirà? Tale reazione ci darebbe chiaramente l'indicazione della temperatura dello scontro interno.
Conclusione: prossimamente voglio scrivere del direttorio, di Fico e di Di Battista...
lunedì 18 aprile 2016
Cervello evaso
Il corso di modellizzazione continua a stupirmi: mi aspettavo qualcosa di diverso, ovvero un corso che insegnasse come costruire nuovi modelli, su quali principi basarsi, a cosa stare attenti, etc...
In realtà, dopo quattro lezioni, mi sono reso conto che non è così. Il corso mostra diversi tipi di modelli (alcuni appena lontanamente considerabili tali) e gli usi che si possono fare di essi.
Invece di insegnare i principi generali si esaminano tanti casi particolari: eppure, forse anche grazie a questa varietà di contenuti, non mancano gli spunti interessanti.
Nell'ultima lezione il professor Page ha mostrato dei semplici modelli di crescita economica di cui il primo non prevede l'innovazione mentre il secondo (chiamato "modello di Solow" dal nome del suo ideatore) sì.
Come detto si tratta di modelli estremamente semplici ma, proprio per questo, importanti perché mettono chiaramente in evidenza quali siano gli elementi essenziali dell'economia.
Nel primo modello le uniche variabili presenti sono i lavoratori, il capitale di produzione (*1) ovvero gli investimenti e due tassi: quello di investimento (*1) ti e quello di obsolescenza (*1) to.
Il tasso di investimento indica la parte di produzione che viene reinvestita mentre quello di obsolescenza indica la parte di investimento che viene persa nel tempo. Ah, c'è anche il coefficiente β che indica semplicemente quale peso dare ai lavoratori e quale agli investimenti: un buon β può essere ½.
Da questi fattori è possibile calcolare la produzione (o il GDP se si applica a uno stato).
Al tempo t si ha infatti:
Produzione P = L^(β)*I^(1- β)
Ma l'investimento I al tempo t+1 non rimane costante ma varia secondo la seguente formula:
I(t+1)=I(t) + ti * P(t) – to * I(t)
Con qualche semplice calcolo si può osservare che la produzione (ovvero P) non cresce indefinitamente ma raggiunge un equilibrio.
Il modello di Solow introduce al precedente modello la sola variabile ricerca R:
P = R * L^(β)*I^(1- β)
Con altri semplici calcoli si osserva che l'investimento I dipende in maniera esponenziale da R. Ovvero (con β = ½) se A triplica allora l'I cresce di nove volte e parimenti cresce la produzione.
Ovviamente se A fosse costante si raggiungerebbe comunque un punto di equilibrio anche se (a parità degli altri parametri) molto più alto.
Se però si presuppone che una parte della produzione venga investita in ricerca allora si può avere una crescita indefinita.
Ma cosa c'è di così importante in quanto detto?
Semplicemente la constatazione di quanto sia (o dovrebbe essere) universalmente risaputo, almeno fra chi ha fatto studi di economia, l'importanza della ricerca.
I nostri politici se ne riempiono la bocca ma è ovvio che non si rendono conto della sua reale importanza: è qualcosa che i sudditi (ehmm... cioè le aziende private) dovrebbero fare ma che alla politica interessa ben poco. Eppure una piccola crescita della ricerca (che può essere vista anche come tecnologia) ha effetti enormi sulla crescita economica del paese (o dell'azienda).
Anzi, rinunciare alla ricerca equivale a rinunciare alla crescita perché senza di essa la stagnazione è inevitabile.
Ho la sensazione che nei paesi anglosassoni, o comunque culturalmente più evoluti del nostro, questa semplice verità sia ormai una conoscienza scolastica nota a tutti: per questo considerata un'ovvietà tanto che, chi afferma il contrario, deve essere un pazzo o uno stolto. Il professor Page ha citato le dichiarazioni di due presidenti USA, Regan e Obama, dove entrambi hanno ribadito l'importanza per l'economia della ricerca.
Ma cos'è di preciso la variabile R che nel modello ho chiamato “ricerca”? Beh, un modello così semplice, che però vuole rappresentare una realtà estremamente complessa come l'economia di un paese, deve essere interpretato con una certa elasticità: con R non si intende quindi la sola ricerca ma anche l'innovazione tecnologica e la formazione di scienziati e ingegneri.
Anzi, alla fine della lezione, il professore ha spiegato che questo modello di crescita può essere un'utile lezione su come anche il singolo individuo dovrebbe gestirsi per divenire più produttivo: in pratica non dovrebbe mai smettere di imparare perché così facendo moltiplica le proprie capacità ed efficienza.
Il professore ha anche brevemente accennato al perché alcuni paesi non crescano: uno dei motivi è la corruzione che sottrae risorse all'economia. Tale corruzione C può essere vista come una variabile analoga a quella della ricerca (R) ma minore di uno: anch'essa ha un effetto esponenziale sull'economia. Se la corruzione assorbe un decimo delle risorse (C=.9) la produzione (o la ricchezza collettiva) si riduce del 20% (0.81).
Probabilmente potrei chiudere qui questo pezzo che già così com'è dovrebbe dare molto da pensare a quanto dovrebbero fare i nostri politici ma, anche per soddisfazione personale, preferisco unire personalmente i vari puntini....
L'anno scorso, per farmi qualche risata, mi misi a cercare in rete i video con Renzi che parlava in inglese. Un giorno ne trovai uno dove veniva intervistato da una nota giornalista della CNN che, fra le altre cose, gli chiese cosa pensasse del problema della “fuga dei cervelli”. Renzi non si scompose e disse qualcosa del tipo “Non è un problema...” al che la giornalista ebbe un evidente sobbalzo di stupore e riformulò la domanda per verificare di aver capito bene: sì, aveva capito bene, Renzi le spiegò infatti che questi cervelli in fuga permettevano all'Italia “di essere conosciuta nel mondo”.
All'epoca pensai che Renzi non si era mai neppure lontanamente posto il problema e, anche se si era accorto dello stupore allibito della giornalista, piuttosto che fare un passo indietro aveva preferito arrampicarsi sugli specchi inventandosi su due piedi una puerile spiegazione.
Ora però capisco meglio anche la reazione della giornalista: per lei doveva essere ovvio che la “fuga dei cervelli” impoverisce sensibilmente il paese. In altre parole la fuga dei cervelli contribuisce a quello che nel modello di Solow è il fattore della ricerca che, come spiegato, è l'elemento indispensabile per far crescere l'economia di un paese.
Suppongo che la giornalista americana, almeno intuitivamente ben consapevole della relazione fra benessere di una nazione e la ricerca, si aspettasse una risposta magari di circostanza (tipo “faremo di tutto per combattere la fuga dei cervelli, vogliamo promuovere la ricerca nel nostro paese per rilanciare l'economia e...”) ma di tenore completamente opposto a quella ricevuta...
Da quel momento in poi mi sembrò che l'atteggiamento della giornalista fosse profondamente cambiato: “vabbè... ho capito con chi ho a che fare...”
Ecco adesso mi è venuto voglia di rivedere quell'intervista! Spero di riuscire a ritrovarla... se ci riesco, ovviamente, pubblicherò qui il collegamento a essa...
Modificato 18/4/2016: a distanza di un anno ricordavo abbastanza bene... Ho ritrovato il video! Ecco qui:
La parte incriminata va da 2' 10” a 3' 05”: notare il “really?!” stupito della giornalista quando Renzi le risponde che il “brain drain” non è un problema. Poi, per la precisione, Renzi non dice che gli italiani all'estero sono un bene perché fanno “conoscere l'Italia” ma dà un'altra spiegazione comunque sempre piuttosto casuale: gli italiani all'estero aiuteranno a cambiare non l'Italia ma il mondo.
Comunque l'inglese di Renzi è raccapricciante... almeno evitasse di fare tutte quelle smorfie...
Sempre rimanendo in tema d'attualità il professor Page ha spiegato anche il concetto della “creatività distruttrice”: ovvero delle innovazioni tecnologiche che distruggono un tipo di industria ma ne creano un'altra. L'esempio più calzante è stato quello dell'industria musicale: immaginatevi una serie di curve a campana, sempre più grandi che si susseguono una dopo l'altra.
La prima campana è quella dell'industria del vinile, contemporaneamente alla sua parabola discendente c'è l'ascesa dei nastri magnetici, poi quella del CD che, al momento, è in picchiata mentre è invece in vertiginosa ascesa il digitale in rete...
Queste rivoluzioni, sebbene possano temporaneamente penalizzare una fascia di lavoratori, nel lungo periodo creano nuove opportunità di lavoro in altri campi e contribuiscono alla crescita del benessere collettivo. Va da sé che quando un settore entra nella parabola discendente ha poco senso cercare di sostenerlo artificialmente a scapito della novità che andrà a sostituirlo: l'industria aiutata può averne un sollievo temporaneo ma la collettività ci rimette perché nel frattempo opportunità favorevoli per le nuove tecnologie vanno in fumo o accumulano gravi ritardi nei confronti dei concorrenti che operano in altri paesi più lungimiranti.
Valutate voi il comportamento del governo Renzi da questo punto di vista. Copio e incollo alcuni passaggi tratti dall'articolo L'appello di 50 professori e scienziati per il “sì” al referendum (v. il corto Buchi nell'acqua):
«...il consumo dei combustibili fossili è in continuo calo (- 22% di gas e -33% di petrolio negli ultimi 10 anni), grazie al boom delle fonti rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, eolico, geotermico, biomasse) che hanno già contribuito a cambiare il sistema energetico italiano ed oggi coprono il 40% della domanda elettrica...»
e anche
«Oggi tutto sta cambiando: le rinnovabili costituiscono il presente ed il futuro dello sviluppo e rappresentano la prima voce di investimento nel mondo, mentre le fonti fossili rappresentano il passato e gli investimenti in questo settore sono crollati e il 35% delle compagnie petrolifere, secondo l’ultimo rapporto della società di consulenza Deloitte, è ad alto rischio di fallimento già a partire dal 2016, con un debito accumulato complessivamente di 150 miliardi di dollari.»
e
«...le stime ufficiali (fonte Isfol) riguardanti l’intero settore di estrazione di petrolio e gas in Italia parlano di 9mila impiegati in tutta Italia e 3mila nelle piattaforme oggetto del referendum. …
...per le politiche volute dagli ultimi governi ed aggravate dal governo Renzi, nel 2015 si sono persi circa 4 mila posti nel solo settore dell’eolico e 10mila in tutto il comparto. L’unico modo per garantire un futuro occupazionale duraturo è quello di investire in innovazione industriale e in una nuova politica energetica. Tutte le previsioni parlano di un settore delle rinnovabili in espansione, che in Italia potrebbe generare almeno 100mila posti di lavoro al 2030.»
E gli scienziati che hanno elaborato questo documento non sono contro Renzi: adesso mi è evidente che illustrano una tendenza globale già in atto e, probabilmente, ben nota a chi si intende minimamente di macro economia.
Ma in Italia la linea politica la dettano le lobbi e i fidanzati delle ministre. E sapete quale sarà il risultato? anche da noi arriveranno le fonti energetiche alternative perché è inevitabile: ma arriveranno più tardi e saranno in mani straniere perché noi (cioè i vari governi) non abbiamo avuto la lungimiranza di promuovere lo sviluppo di questo settore strategico...
Conclusione: questa settimana voglio tornare al corso di filosofia...
Nota (*1): come al solito non conosco gli equivalenti termini tecnici in italiano e quindi li traduco a mio piacimento e, forse, impropriamente...
In realtà, dopo quattro lezioni, mi sono reso conto che non è così. Il corso mostra diversi tipi di modelli (alcuni appena lontanamente considerabili tali) e gli usi che si possono fare di essi.
Invece di insegnare i principi generali si esaminano tanti casi particolari: eppure, forse anche grazie a questa varietà di contenuti, non mancano gli spunti interessanti.
Nell'ultima lezione il professor Page ha mostrato dei semplici modelli di crescita economica di cui il primo non prevede l'innovazione mentre il secondo (chiamato "modello di Solow" dal nome del suo ideatore) sì.
Come detto si tratta di modelli estremamente semplici ma, proprio per questo, importanti perché mettono chiaramente in evidenza quali siano gli elementi essenziali dell'economia.
Nel primo modello le uniche variabili presenti sono i lavoratori, il capitale di produzione (*1) ovvero gli investimenti e due tassi: quello di investimento (*1) ti e quello di obsolescenza (*1) to.
Il tasso di investimento indica la parte di produzione che viene reinvestita mentre quello di obsolescenza indica la parte di investimento che viene persa nel tempo. Ah, c'è anche il coefficiente β che indica semplicemente quale peso dare ai lavoratori e quale agli investimenti: un buon β può essere ½.
Da questi fattori è possibile calcolare la produzione (o il GDP se si applica a uno stato).
Al tempo t si ha infatti:
Produzione P = L^(β)*I^(1- β)
Ma l'investimento I al tempo t+1 non rimane costante ma varia secondo la seguente formula:
I(t+1)=I(t) + ti * P(t) – to * I(t)
Con qualche semplice calcolo si può osservare che la produzione (ovvero P) non cresce indefinitamente ma raggiunge un equilibrio.
Il modello di Solow introduce al precedente modello la sola variabile ricerca R:
P = R * L^(β)*I^(1- β)
Con altri semplici calcoli si osserva che l'investimento I dipende in maniera esponenziale da R. Ovvero (con β = ½) se A triplica allora l'I cresce di nove volte e parimenti cresce la produzione.
Ovviamente se A fosse costante si raggiungerebbe comunque un punto di equilibrio anche se (a parità degli altri parametri) molto più alto.
Se però si presuppone che una parte della produzione venga investita in ricerca allora si può avere una crescita indefinita.
Ma cosa c'è di così importante in quanto detto?
Semplicemente la constatazione di quanto sia (o dovrebbe essere) universalmente risaputo, almeno fra chi ha fatto studi di economia, l'importanza della ricerca.
I nostri politici se ne riempiono la bocca ma è ovvio che non si rendono conto della sua reale importanza: è qualcosa che i sudditi (ehmm... cioè le aziende private) dovrebbero fare ma che alla politica interessa ben poco. Eppure una piccola crescita della ricerca (che può essere vista anche come tecnologia) ha effetti enormi sulla crescita economica del paese (o dell'azienda).
Anzi, rinunciare alla ricerca equivale a rinunciare alla crescita perché senza di essa la stagnazione è inevitabile.
Ho la sensazione che nei paesi anglosassoni, o comunque culturalmente più evoluti del nostro, questa semplice verità sia ormai una conoscienza scolastica nota a tutti: per questo considerata un'ovvietà tanto che, chi afferma il contrario, deve essere un pazzo o uno stolto. Il professor Page ha citato le dichiarazioni di due presidenti USA, Regan e Obama, dove entrambi hanno ribadito l'importanza per l'economia della ricerca.
Ma cos'è di preciso la variabile R che nel modello ho chiamato “ricerca”? Beh, un modello così semplice, che però vuole rappresentare una realtà estremamente complessa come l'economia di un paese, deve essere interpretato con una certa elasticità: con R non si intende quindi la sola ricerca ma anche l'innovazione tecnologica e la formazione di scienziati e ingegneri.
Anzi, alla fine della lezione, il professore ha spiegato che questo modello di crescita può essere un'utile lezione su come anche il singolo individuo dovrebbe gestirsi per divenire più produttivo: in pratica non dovrebbe mai smettere di imparare perché così facendo moltiplica le proprie capacità ed efficienza.
Il professore ha anche brevemente accennato al perché alcuni paesi non crescano: uno dei motivi è la corruzione che sottrae risorse all'economia. Tale corruzione C può essere vista come una variabile analoga a quella della ricerca (R) ma minore di uno: anch'essa ha un effetto esponenziale sull'economia. Se la corruzione assorbe un decimo delle risorse (C=.9) la produzione (o la ricchezza collettiva) si riduce del 20% (0.81).
Probabilmente potrei chiudere qui questo pezzo che già così com'è dovrebbe dare molto da pensare a quanto dovrebbero fare i nostri politici ma, anche per soddisfazione personale, preferisco unire personalmente i vari puntini....
L'anno scorso, per farmi qualche risata, mi misi a cercare in rete i video con Renzi che parlava in inglese. Un giorno ne trovai uno dove veniva intervistato da una nota giornalista della CNN che, fra le altre cose, gli chiese cosa pensasse del problema della “fuga dei cervelli”. Renzi non si scompose e disse qualcosa del tipo “Non è un problema...” al che la giornalista ebbe un evidente sobbalzo di stupore e riformulò la domanda per verificare di aver capito bene: sì, aveva capito bene, Renzi le spiegò infatti che questi cervelli in fuga permettevano all'Italia “di essere conosciuta nel mondo”.
All'epoca pensai che Renzi non si era mai neppure lontanamente posto il problema e, anche se si era accorto dello stupore allibito della giornalista, piuttosto che fare un passo indietro aveva preferito arrampicarsi sugli specchi inventandosi su due piedi una puerile spiegazione.
Ora però capisco meglio anche la reazione della giornalista: per lei doveva essere ovvio che la “fuga dei cervelli” impoverisce sensibilmente il paese. In altre parole la fuga dei cervelli contribuisce a quello che nel modello di Solow è il fattore della ricerca che, come spiegato, è l'elemento indispensabile per far crescere l'economia di un paese.
Suppongo che la giornalista americana, almeno intuitivamente ben consapevole della relazione fra benessere di una nazione e la ricerca, si aspettasse una risposta magari di circostanza (tipo “faremo di tutto per combattere la fuga dei cervelli, vogliamo promuovere la ricerca nel nostro paese per rilanciare l'economia e...”) ma di tenore completamente opposto a quella ricevuta...
Da quel momento in poi mi sembrò che l'atteggiamento della giornalista fosse profondamente cambiato: “vabbè... ho capito con chi ho a che fare...”
Ecco adesso mi è venuto voglia di rivedere quell'intervista! Spero di riuscire a ritrovarla... se ci riesco, ovviamente, pubblicherò qui il collegamento a essa...
Modificato 18/4/2016: a distanza di un anno ricordavo abbastanza bene... Ho ritrovato il video! Ecco qui:
La parte incriminata va da 2' 10” a 3' 05”: notare il “really?!” stupito della giornalista quando Renzi le risponde che il “brain drain” non è un problema. Poi, per la precisione, Renzi non dice che gli italiani all'estero sono un bene perché fanno “conoscere l'Italia” ma dà un'altra spiegazione comunque sempre piuttosto casuale: gli italiani all'estero aiuteranno a cambiare non l'Italia ma il mondo.
Comunque l'inglese di Renzi è raccapricciante... almeno evitasse di fare tutte quelle smorfie...
Sempre rimanendo in tema d'attualità il professor Page ha spiegato anche il concetto della “creatività distruttrice”: ovvero delle innovazioni tecnologiche che distruggono un tipo di industria ma ne creano un'altra. L'esempio più calzante è stato quello dell'industria musicale: immaginatevi una serie di curve a campana, sempre più grandi che si susseguono una dopo l'altra.
La prima campana è quella dell'industria del vinile, contemporaneamente alla sua parabola discendente c'è l'ascesa dei nastri magnetici, poi quella del CD che, al momento, è in picchiata mentre è invece in vertiginosa ascesa il digitale in rete...
Queste rivoluzioni, sebbene possano temporaneamente penalizzare una fascia di lavoratori, nel lungo periodo creano nuove opportunità di lavoro in altri campi e contribuiscono alla crescita del benessere collettivo. Va da sé che quando un settore entra nella parabola discendente ha poco senso cercare di sostenerlo artificialmente a scapito della novità che andrà a sostituirlo: l'industria aiutata può averne un sollievo temporaneo ma la collettività ci rimette perché nel frattempo opportunità favorevoli per le nuove tecnologie vanno in fumo o accumulano gravi ritardi nei confronti dei concorrenti che operano in altri paesi più lungimiranti.
Valutate voi il comportamento del governo Renzi da questo punto di vista. Copio e incollo alcuni passaggi tratti dall'articolo L'appello di 50 professori e scienziati per il “sì” al referendum (v. il corto Buchi nell'acqua):
«...il consumo dei combustibili fossili è in continuo calo (- 22% di gas e -33% di petrolio negli ultimi 10 anni), grazie al boom delle fonti rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, eolico, geotermico, biomasse) che hanno già contribuito a cambiare il sistema energetico italiano ed oggi coprono il 40% della domanda elettrica...»
e anche
«Oggi tutto sta cambiando: le rinnovabili costituiscono il presente ed il futuro dello sviluppo e rappresentano la prima voce di investimento nel mondo, mentre le fonti fossili rappresentano il passato e gli investimenti in questo settore sono crollati e il 35% delle compagnie petrolifere, secondo l’ultimo rapporto della società di consulenza Deloitte, è ad alto rischio di fallimento già a partire dal 2016, con un debito accumulato complessivamente di 150 miliardi di dollari.»
e
«...le stime ufficiali (fonte Isfol) riguardanti l’intero settore di estrazione di petrolio e gas in Italia parlano di 9mila impiegati in tutta Italia e 3mila nelle piattaforme oggetto del referendum. …
...per le politiche volute dagli ultimi governi ed aggravate dal governo Renzi, nel 2015 si sono persi circa 4 mila posti nel solo settore dell’eolico e 10mila in tutto il comparto. L’unico modo per garantire un futuro occupazionale duraturo è quello di investire in innovazione industriale e in una nuova politica energetica. Tutte le previsioni parlano di un settore delle rinnovabili in espansione, che in Italia potrebbe generare almeno 100mila posti di lavoro al 2030.»
E gli scienziati che hanno elaborato questo documento non sono contro Renzi: adesso mi è evidente che illustrano una tendenza globale già in atto e, probabilmente, ben nota a chi si intende minimamente di macro economia.
Ma in Italia la linea politica la dettano le lobbi e i fidanzati delle ministre. E sapete quale sarà il risultato? anche da noi arriveranno le fonti energetiche alternative perché è inevitabile: ma arriveranno più tardi e saranno in mani straniere perché noi (cioè i vari governi) non abbiamo avuto la lungimiranza di promuovere lo sviluppo di questo settore strategico...
Conclusione: questa settimana voglio tornare al corso di filosofia...
Nota (*1): come al solito non conosco gli equivalenti termini tecnici in italiano e quindi li traduco a mio piacimento e, forse, impropriamente...
Novità musicali 3
Il numero 11 sta diventando ricorrente: anche questa volta, come la precedente, ho aggiunto alle mie collezioni esattamente undici nuovi brani. Quattro canzoni sono degli anni '80 e '90, quattro del decennio 2000-2010 e, delle ultime tre, una è del 2016. Solo due brani appartengono a gruppi già noti: Amon Amarth e Dreamtale. Nel complesso però non sono troppo entusiasta delle mie scelte, comunque di seguito la mia solita selezione.
Hold Back the Lightning – Tyrant, 1984 Questo è il brano "vecchio": tanto bello quanto sconosciuto! Che peccato però...
Nebbie – Folkstone, 2012 E questo è il brano italiano: voglio sottolineare che non sono io che cerco gruppi italiani, anzi se cantano in inglese me ne accorgo solo quando cerco le informazioni sulla banda! Buon folk metal, mi ricordano un po' gli Eluveitie forse a causa dell'atmosfera creata dalla cornamusa (senza offesa se è uno strumento diverso!).
Sono incerto su quale sia il brano migliore: ieri preferivo il seguente...
Skyline – Omnium Gatherum, 2016
ma oggi preferisco questa:
Heldentod – Vogelfrey, 2010
Varie veramente corte - 3/5/2016
Sono rimasto indietro con varie idee che volevo scrivere: vorrei recuperare ma, come al solito, non le ricordo più bene. di seguito un breve promemoria:
1. Libro di fantascienza I vampiri dello spazio di Colin Wilson, Ed. Mondadori, 2016 → Ricordavo vagamente una pellicola (c'era una bionda carina) degli anni '80 ed ero curioso di leggere il libro da cui era stata tratta. Idea carina e stile scorrevole: il finale è però, quasi letteralmente, il più classico degli deus ex machina...
2. Cibo indiano → avevo comprato una confezione di riso indiano già pronto (mi piacciono i cibi esotici) ma quando mi sono accorto che era “made in India” mi sono impaurito: in realtà non mi sono intossicato come temevo ma il riso non sapeva di niente...
3. Ultimisstoria → ho almeno una decina di riviste da commentare...
4. I “Wow” della seconda metà del 2015 → già...
5. Flop chitarristico → triste...
6. Formiche furbe → maledette!
7. Varie registrazioni → materiale per “Unplugged”...
Modificato 3/5/2016: già che ci sono devo ricordarmi anche:
8. Pezzo su TTIP da Greenpeace olandese
9. Pezzo su modifica costituzionale e nuova legge elettorale.
Modificato 4/5/2016:
10. Modellizzazione, valore diversità e JP Morgan...
Non negazione - 4/5/2016
Notizia di oggi (v. Negazionismo: approvato ddl al senato da Repubblica.it) la legge contro il “negazionismo” fa un passo avanti: la libertà d'opinione uno indietro.
Suppongo che nella decadenza morale che caratterizza la nostra politica i senatori si siano congratulati fra loro: probabilmente si illudono con questa legge di difendere la verità dai negazionisti. Ma non è così: non si difende la verità con la censura ma al contrario la si umilia, perché la si giudica incapace di difendersi da sola, e la si ottenebra perché la si trasforma in uno sterile dogma, su cui non si riflette perché ritenuto sacro e intoccabile.
PS Vedi anche Libertà d'opinione 1 e 2 e magari Doppia negazione...
Italia degradata - 8/5/2016
Dopo la caduta dell'URSS l'Italia, e l'Europa in generale, non è più considerata dagli USA una nazione alleata ma solo una controparte commerciale. A partire dal governo Monti abbiamo poi perso, non ufficialmente ma in pratica, la nostra indipendenza: Monti, Letta e Renzi non cercano di fare il bene dell'Italia ma eseguono, con diversi livelli di comprensione, gli ordini che arrivano dall'estero. Eppure c'è stato un nuovo peggioramento, vedi le notizie Gli 007 americani bloccano Renzi: Carrai resta a casa e Di Maio in segreto verso gli USA: nel tour da leader anche Israele. Il titolo del primo pezzo dice già tutto: in passato per bloccare tale nomina sarebbe dovuto intervenire il presidente americano con qualche lusinga, adesso è invece bastato l'intervento di un semplice funzionario... Del secondo pezzo stupisce che Di Maio debba andare a riscuotere l'approvazione anche da parte di Israele: considerata anche la precedente notizia inizio a sospettare che l'influenza di tale paese sull'Italia sia ultimamente molto cresciuta... PROMEMORIA: capirne il perché.
È arrivata la ricerca - 22/5/2015
Io avevo iniziato a scriverlo su questo viario nella primavera del 2014: adesso arriva anche una “ricerca sociologica” a confermarlo...
Dalla Stampa.it: Meno meet up e più direttorio: così il M5S ha tradito se stesso di Jacopo Iacoboni.
Il titolo è autoesplicativo...
Sono incerto su quale sia il brano migliore: ieri preferivo il seguente...
ma oggi preferisco questa:
Varie veramente corte - 3/5/2016
Sono rimasto indietro con varie idee che volevo scrivere: vorrei recuperare ma, come al solito, non le ricordo più bene. di seguito un breve promemoria:
1. Libro di fantascienza I vampiri dello spazio di Colin Wilson, Ed. Mondadori, 2016 → Ricordavo vagamente una pellicola (c'era una bionda carina) degli anni '80 ed ero curioso di leggere il libro da cui era stata tratta. Idea carina e stile scorrevole: il finale è però, quasi letteralmente, il più classico degli deus ex machina...
2. Cibo indiano → avevo comprato una confezione di riso indiano già pronto (mi piacciono i cibi esotici) ma quando mi sono accorto che era “made in India” mi sono impaurito: in realtà non mi sono intossicato come temevo ma il riso non sapeva di niente...
3. Ultimisstoria → ho almeno una decina di riviste da commentare...
4. I “Wow” della seconda metà del 2015 → già...
5. Flop chitarristico → triste...
6. Formiche furbe → maledette!
7. Varie registrazioni → materiale per “Unplugged”...
Modificato 3/5/2016: già che ci sono devo ricordarmi anche:
8. Pezzo su TTIP da Greenpeace olandese
9. Pezzo su modifica costituzionale e nuova legge elettorale.
Modificato 4/5/2016:
10. Modellizzazione, valore diversità e JP Morgan...
Non negazione - 4/5/2016
Notizia di oggi (v. Negazionismo: approvato ddl al senato da Repubblica.it) la legge contro il “negazionismo” fa un passo avanti: la libertà d'opinione uno indietro.
Suppongo che nella decadenza morale che caratterizza la nostra politica i senatori si siano congratulati fra loro: probabilmente si illudono con questa legge di difendere la verità dai negazionisti. Ma non è così: non si difende la verità con la censura ma al contrario la si umilia, perché la si giudica incapace di difendersi da sola, e la si ottenebra perché la si trasforma in uno sterile dogma, su cui non si riflette perché ritenuto sacro e intoccabile.
PS Vedi anche Libertà d'opinione 1 e 2 e magari Doppia negazione...
Italia degradata - 8/5/2016
Dopo la caduta dell'URSS l'Italia, e l'Europa in generale, non è più considerata dagli USA una nazione alleata ma solo una controparte commerciale. A partire dal governo Monti abbiamo poi perso, non ufficialmente ma in pratica, la nostra indipendenza: Monti, Letta e Renzi non cercano di fare il bene dell'Italia ma eseguono, con diversi livelli di comprensione, gli ordini che arrivano dall'estero. Eppure c'è stato un nuovo peggioramento, vedi le notizie Gli 007 americani bloccano Renzi: Carrai resta a casa e Di Maio in segreto verso gli USA: nel tour da leader anche Israele. Il titolo del primo pezzo dice già tutto: in passato per bloccare tale nomina sarebbe dovuto intervenire il presidente americano con qualche lusinga, adesso è invece bastato l'intervento di un semplice funzionario... Del secondo pezzo stupisce che Di Maio debba andare a riscuotere l'approvazione anche da parte di Israele: considerata anche la precedente notizia inizio a sospettare che l'influenza di tale paese sull'Italia sia ultimamente molto cresciuta... PROMEMORIA: capirne il perché.
È arrivata la ricerca - 22/5/2015
Io avevo iniziato a scriverlo su questo viario nella primavera del 2014: adesso arriva anche una “ricerca sociologica” a confermarlo...
Dalla Stampa.it: Meno meet up e più direttorio: così il M5S ha tradito se stesso di Jacopo Iacoboni.
Il titolo è autoesplicativo...
venerdì 15 aprile 2016
Soddisfazione personale
Curioso come ora si dia per scontato che il capo non fosse Grillo: mi sono perso io qualcosa o, fino a pochi giorni fa, non era così?
Negli ultimi mesi ammetto di non aver seguito il M5S ma mi pare che, all'epoca, sostenere che Casaleggio fosse alla guida del movimento sarebbe stata fantascienza per i media ed eresia per gli attivisti...
Al contrario già da tempo io avevo chiaramente scritto che Grillo era solo l'uomo immagine e Casaleggio il vero capo.
Ad esempio nel pezzo Varie politiche del novembre 2015 scrissi: «...io ormai vedo il M5S come il partito azienda di Casaleggio dove Grillo è solo socio di minoranza e uomo immagine.»
Infatti in Prìncipi contro princìpi dell'agosto 2015 scrivevo: «Ieri ho notato un nuovo particolare: nella grafica della pubblicità del prossimo evento a Imola (v. in alto a destra qui) non c'è più solo la solita caricatura di Grillo ma anche quella di Casaleggio...
Immagino che nel frattempo ci siano stati numerosi altri segnali che indichino il ruolo sempre più attivo del non-eletto Casaleggio.
Ne risultano varie conclusioni:
1. Esisteva un'eminenza grigia nel M5S
2. Adesso tale eminenza grigia sta uscendo allo scoperto
3. E, soprattutto, il M5S non è diretto da Grillo ma da Casaleggio»
Col senno di poi questo spiega l'imbarazzo di Grillo all'incontro di Bibbona (v. Vocine da Bibbona e Altra riflessione su audio da Bibbona) dove i parlamentari questuanti si rivolgevano a lui come se potesse cambiare la decisione già presa, evidentemente da altri...
Da notare che sempre in Altra riflessione su audio da Bibbona (maggio 2015) scrivevo:
«Grillo non è la testa pensante del movimento ma delega tutto a Casaleggio che dirige la baracca come fosse una propaggine, un po' indisciplinata, della propria azienda: gli impiegati che non fanno quello che dice il capo li licenzia, ovvero li espelle.»
Nei pezzi ancora precedenti invece spesso parlo di “vertici” per indicare il vero potere decisionale del M5S: l'osservazione oggettiva e attenta di quanto avveniva mi aveva già dato la certezza della presenza di un vertice ma ancora non mi era chiara né la sua composizione (supponevo Grillo + Casaleggio + “Staff” + sottoinsieme di parlamentari da cui poi è scaturito il direttorio) né i relativi rapporti di forza al suo interno (inizialmente pensavo che il potere di Grillo fosse quello preponderante...).
Ricordo che all'epoca ero scandalizzato dalla sola esistenza del “vertice” che, in una struttura piatta come il M5S si vantava di avere, non avrebbe avuto ragione di essere: proprio per questo motivo rimarcavo la contraddizione virgolettando sempre il termine “vertice” o “vertici”. Ora invece tutti (mi pare anche fra gli attivisti, ma di loro non ho più il polso della situazione preciso come un tempo) sembrano dare per scontato e giusto che sia così...
Conclusione: permettetemi un po' di soddisfazione personale scrivendo, tutto in caps lock, IO L'AVEVO SCRITTO CHIARAMENTO GIÀ UN ANNO FA: GLI ALTRI (GIORNALISTI E ATTIVISTI) DOVE ERANO?
Grazie! Grazie!
Negli ultimi mesi ammetto di non aver seguito il M5S ma mi pare che, all'epoca, sostenere che Casaleggio fosse alla guida del movimento sarebbe stata fantascienza per i media ed eresia per gli attivisti...
Al contrario già da tempo io avevo chiaramente scritto che Grillo era solo l'uomo immagine e Casaleggio il vero capo.
Ad esempio nel pezzo Varie politiche del novembre 2015 scrissi: «...io ormai vedo il M5S come il partito azienda di Casaleggio dove Grillo è solo socio di minoranza e uomo immagine.»
Infatti in Prìncipi contro princìpi dell'agosto 2015 scrivevo: «Ieri ho notato un nuovo particolare: nella grafica della pubblicità del prossimo evento a Imola (v. in alto a destra qui) non c'è più solo la solita caricatura di Grillo ma anche quella di Casaleggio...
Immagino che nel frattempo ci siano stati numerosi altri segnali che indichino il ruolo sempre più attivo del non-eletto Casaleggio.
Ne risultano varie conclusioni:
1. Esisteva un'eminenza grigia nel M5S
2. Adesso tale eminenza grigia sta uscendo allo scoperto
3. E, soprattutto, il M5S non è diretto da Grillo ma da Casaleggio»
Col senno di poi questo spiega l'imbarazzo di Grillo all'incontro di Bibbona (v. Vocine da Bibbona e Altra riflessione su audio da Bibbona) dove i parlamentari questuanti si rivolgevano a lui come se potesse cambiare la decisione già presa, evidentemente da altri...
Da notare che sempre in Altra riflessione su audio da Bibbona (maggio 2015) scrivevo:
«Grillo non è la testa pensante del movimento ma delega tutto a Casaleggio che dirige la baracca come fosse una propaggine, un po' indisciplinata, della propria azienda: gli impiegati che non fanno quello che dice il capo li licenzia, ovvero li espelle.»
Nei pezzi ancora precedenti invece spesso parlo di “vertici” per indicare il vero potere decisionale del M5S: l'osservazione oggettiva e attenta di quanto avveniva mi aveva già dato la certezza della presenza di un vertice ma ancora non mi era chiara né la sua composizione (supponevo Grillo + Casaleggio + “Staff” + sottoinsieme di parlamentari da cui poi è scaturito il direttorio) né i relativi rapporti di forza al suo interno (inizialmente pensavo che il potere di Grillo fosse quello preponderante...).
Ricordo che all'epoca ero scandalizzato dalla sola esistenza del “vertice” che, in una struttura piatta come il M5S si vantava di avere, non avrebbe avuto ragione di essere: proprio per questo motivo rimarcavo la contraddizione virgolettando sempre il termine “vertice” o “vertici”. Ora invece tutti (mi pare anche fra gli attivisti, ma di loro non ho più il polso della situazione preciso come un tempo) sembrano dare per scontato e giusto che sia così...
Conclusione: permettetemi un po' di soddisfazione personale scrivendo, tutto in caps lock, IO L'AVEVO SCRITTO CHIARAMENTO GIÀ UN ANNO FA: GLI ALTRI (GIORNALISTI E ATTIVISTI) DOVE ERANO?
Grazie! Grazie!
mercoledì 13 aprile 2016
Il futuro della democrazia
Come ho scritto da più parti e da più tempo (v. marcatore “Democrazia”) temo, anzi sono certo, che la democrazia occidentale viva una profonda crisi.
I “poteri forti”, ovvero i grandi poteri finanziari ed economici, hanno un'influenza sempre più determinante nelle scelte dei governi che spesso, almeno in alcune realtà (come l'Italia), operano coscientemente contro il benessere dei propri cittadini. E questo indipendentemente dal proprio colore politico: tutti i partiti sono infatti influenzati dai poteri forti e, una volta al governo, dimenticano immediatamente ogni promessa elettorale.
La conseguenza è che il cittadino si ritrova senza alcuna forza politica che lo rappresenti. Il risultato è la nascita di nuovi movimenti popolari e la disaffezione dal voto.
Eppure nonostante il voto elettorale tenda a perdere il proprio valore, ai cittadini rimane comunque un'arma molto forte: il boicottaggio.
Il boicottaggio è una forma di protesta pacifica e democratica in cui gli aderenti decidono di non acquistare beni o servizi da uno o più specifici produttori.
Ma anche se pacifica si tratta di un'arma estremamente potente (quasi una kryptonite!) contro le aziende: queste infatti sono sorde e indifferenti alla morale e al bene collettivo ma ci sentono benissimo quando si parla di intaccare i loro profitti!
Certo in alcuni casi non è una possibilità di facile applicazione: ad esempio nel caso della legge sulle trivelle nell'Adriatico, voluta dai petrolieri, diventa estremamente difficile riuscire a capire, ad esempio, quale “benzina” boicottare...
Fortunatamente in altri casi il boicottaggio è particolarmente facile.
La notizia è di questi giorni (v. Parmalat dice no al latte genovese e va a comprarlo in Cina): la Parmalat ha deciso di acquistare il latte per alcuni dei suoi prodotti addirittura in Cina e, ovviamente, a scapito dei produttori italiani!
Sulle reti sociali è iniziata la protesta che invita al boicottaggio (al quale volentieri aderisco) di tutti i prodotti Parmalat.
Io da tempo (*1) teorizzo che il boicottaggio dovrà divenire la principale arma politica del futuro visto che i governi si andranno sempre più ad appiattire sugli interessi dei poteri forti.
Mi chiedo come, quando e se il boicottaggio diverrà la norma, reagiranno tali potentati economici: difficile varare una legge che impedisca ai cittadini di boicottare un prodotto o un'azienda; probabilmente impossibile senza distruggere del tutto l'illusione di libertà delle democrazie...
Se ne avessi l'energia mi piacerebbe creare un sito in cui siano elencati i boicottaggi in corso, il motivo per cui sono fatti, il numero di aderenti... ovviamente con commenti e collegamenti alle risposte delle aziende in questione, alle notizie sui media, etc...
Da notare che il “Blog di Grillo”, che avrebbe la possibilità di implementare facilmente un meccanismo di questo genere, si guarda bene dal farlo: sfotunatamente infatti il M5S, come ripeto da oltre un anno, è interessato a fare solo un'opposizione fittizia e virtuale: nessuna manifestazione in piazza o altre forme di protesta che potrebbero ottenere qualcosa di concreto e, contemporaneamente, guadagnare molto consenso. Il M5S è infatti funzionale al sistema di potere perché incanala il malcontento in ambiti democratici ma non deve rischiare di vincere nessuna elezione importante...
Conclusione: ho molte speranze nel boicottaggio ma, negli ultimi anni, vengo sistematicamente deluso...
I “poteri forti”, ovvero i grandi poteri finanziari ed economici, hanno un'influenza sempre più determinante nelle scelte dei governi che spesso, almeno in alcune realtà (come l'Italia), operano coscientemente contro il benessere dei propri cittadini. E questo indipendentemente dal proprio colore politico: tutti i partiti sono infatti influenzati dai poteri forti e, una volta al governo, dimenticano immediatamente ogni promessa elettorale.
La conseguenza è che il cittadino si ritrova senza alcuna forza politica che lo rappresenti. Il risultato è la nascita di nuovi movimenti popolari e la disaffezione dal voto.
Eppure nonostante il voto elettorale tenda a perdere il proprio valore, ai cittadini rimane comunque un'arma molto forte: il boicottaggio.
Il boicottaggio è una forma di protesta pacifica e democratica in cui gli aderenti decidono di non acquistare beni o servizi da uno o più specifici produttori.
Ma anche se pacifica si tratta di un'arma estremamente potente (quasi una kryptonite!) contro le aziende: queste infatti sono sorde e indifferenti alla morale e al bene collettivo ma ci sentono benissimo quando si parla di intaccare i loro profitti!
Certo in alcuni casi non è una possibilità di facile applicazione: ad esempio nel caso della legge sulle trivelle nell'Adriatico, voluta dai petrolieri, diventa estremamente difficile riuscire a capire, ad esempio, quale “benzina” boicottare...
Fortunatamente in altri casi il boicottaggio è particolarmente facile.
La notizia è di questi giorni (v. Parmalat dice no al latte genovese e va a comprarlo in Cina): la Parmalat ha deciso di acquistare il latte per alcuni dei suoi prodotti addirittura in Cina e, ovviamente, a scapito dei produttori italiani!
Sulle reti sociali è iniziata la protesta che invita al boicottaggio (al quale volentieri aderisco) di tutti i prodotti Parmalat.
Io da tempo (*1) teorizzo che il boicottaggio dovrà divenire la principale arma politica del futuro visto che i governi si andranno sempre più ad appiattire sugli interessi dei poteri forti.
Mi chiedo come, quando e se il boicottaggio diverrà la norma, reagiranno tali potentati economici: difficile varare una legge che impedisca ai cittadini di boicottare un prodotto o un'azienda; probabilmente impossibile senza distruggere del tutto l'illusione di libertà delle democrazie...
Se ne avessi l'energia mi piacerebbe creare un sito in cui siano elencati i boicottaggi in corso, il motivo per cui sono fatti, il numero di aderenti... ovviamente con commenti e collegamenti alle risposte delle aziende in questione, alle notizie sui media, etc...
Da notare che il “Blog di Grillo”, che avrebbe la possibilità di implementare facilmente un meccanismo di questo genere, si guarda bene dal farlo: sfotunatamente infatti il M5S, come ripeto da oltre un anno, è interessato a fare solo un'opposizione fittizia e virtuale: nessuna manifestazione in piazza o altre forme di protesta che potrebbero ottenere qualcosa di concreto e, contemporaneamente, guadagnare molto consenso. Il M5S è infatti funzionale al sistema di potere perché incanala il malcontento in ambiti democratici ma non deve rischiare di vincere nessuna elezione importante...
Conclusione: ho molte speranze nel boicottaggio ma, negli ultimi anni, vengo sistematicamente deluso...
martedì 12 aprile 2016
Il dopo Casaleggio
Quali saranno le conseguenze politiche della morte di Casaleggio all'interno del M5S?
Nel tempo (vedere i miei pezzi col marcatore “M5S”) mi sono convinto che Casaleggio fosse l'eminenza grigia dietro al movimento e che Grillo, benché certamente amico, fosse a lui subordinato. Vedevo in Casaleggio la forza che prima delle elezioni del 2013 aveva ideato i principi (e soprattutto gli slogan) del movimento ma che poi, per mantenere il controllo della “propria” creatura, li aveva rinnegati. Aveva trasformato il M5S, in cui “uno vale uno”, in una sorta di piccola azienda a conduzione famigliare di cui lui era il principale e Grillo l'uomo immagine.
A lui attribuivo anche la scelta di non fare della vera opposizione (ovvero, visto che in parlamento tutto è inutile, fare delle manifestazioni in piazza) perché lo scopo di Casaleggio non era quello di vincere le elezioni ma di conservare lo status quo.
Il patrimonio di attivisti sul territorio, poiché troppo numerosi per essere controllabili, sono stati abbandonati a se stessi e, soprattutto, lasciati volutamente privi di ogni potere in maniera che non potessero interferire con le decisioni prese dall'alto. I parlamentari invece sono considerati come dei dipendenti che, se non obbediscono al capo, vengono licenziati, ovvero espulsi, piegando i vaghi e fumosi regolamenti interni a proprio piacimento. Poi c'è il direttorio, inventato di punto in bianco per fare da parafulmini, con la sua dubbia legittimità politica e ambiguità di compiti e poteri. Fra i suoi membri spiccano Di Maio e Di Battista: lo scorso autunno (seguendo comunque il M5S distrattamente e dal di fuori) ho avuto la sensazione che avessero cercato di ottenere una certa autonomia politica. Tale iniziativa non mi sarebbe dispiaciuta perché avrebbe forse aperto la porta all'auspicata riorganizzazione interna che ritengo necessaria. Poi però, proprio dopo un breve confronto con Casaleggio, chinarono la testa e rientrarono nei ranghi.
E questo ci porta alla seconda parte del mio ragionamento: la malattia di Casaleggio doveva essere ben nota a chi gli stava vicino e quindi anche al direttorio. La sua morte non arriva certo completamente inaspettata e, chi più chi meno, avrà da tempo progettato come comportarsi e avrà la propria idea sulla direzione che il movimento dovrà prendere.
Da questo punto di vista il passo indietro del direttorio lo scorso autunno può essere visto, sebbene cinicamente, come un semplice temporeggiamento: il rimandare lo scontro a tempi migliori...
E in effetti quello che mi aspetto adesso è una guerra interna per spartirsi il potere rimasto vagante.
Grillo da tempo mi pare stufo, forse pure deluso, dalla politica e non mi pare che abbia l'intenzione di prendersi il totale controllo del movimento: quello che rimane è la tabula rasa di organizzazione e personalità che proprio Casaleggio aveva voluto. In questo deserto spicca solo il direttorio con la sua dubbia legittimità.
Proprio come se il M5S fosse un'azienda, sento fare in giro il nome del figlio come legittimo erede e nuovo leader: alcuni dicono che, evidentemente, già da mesi faceva le veci del padre. Ma una cosa è lavorare di nascosto e un'altra è farlo con la legittimità e autorità riconosciuta dai milioni di elettori del M5S. Ma dare a Davide Casaleggio questa legittimità non sarà facile: davvero dobbiamo pensare che attivisti, simpatizzanti ed elettori del M5S accetteranno che lo sconosciuto figliolo detti la linea politica? Casaleggio padre era stato (faticosamente!) legittimato da Grillo che aveva più volte ripetuto che il M5S era nato solo grazie ai loro sforzi congiunti: la maggior parte delle persone (io incluso) doveva prendere per buone tali affermazioni e questo dava a Casaleggio una sua influenza morale e quindi politica. Ma il figlio? Di certo Grillo non potrà ripetere tale pantomima anche con Davide...
Un'ipotesi, che mi è venuta in mente mentre scrivevo, è la seguente.
Inizialmente Grillo resta defilato e lascia per qualche settimana il direttorio e altri (che ancora non so prevedere chi siano) a scannarsi. Poi, constate “le difficoltà” e “le forze che rischiano di lacerare il movimento”, Grillo potrebbe fare un passo avanti e prendere le redini del M5S fino a un evento X. Grazie alla sua autorità nessuno avrebbe la forza di opporsi a questa sua decisione. Nel periodo di transizione Grillo affiderebbe poi a Davide, stavolta ufficialmente, sempre più mansioni e responsabilità. Arrivati all'evento X Grillo, grazie al suo carisma e alla sua abilità sul palco, potrebbe poi cercare di far confermare per acclamazione Davide nei suoi incarichi.
Ma anche in questa ipotesi ci sono molti “se”: prima di tutto non sono sicuro di quanta voglia abbia Grillo, indipendentemente dalla sua lealtà verso Casaleggio padre, di tornare così prepotentemente al vertice della politica del M5S. E poi nel frattempo il direttorio e gli “altri” non starebbero a guardare e probabilmente avrebbero la possibilità di mettere i bastoni fra le ruote.
Un'altra ipotesi e che si abbia una “votazione” sul blog di Grillo per dare un ruolo ufficiale a Davide Casaleggio. Poiché la votazione è fatta sui calcolatori dell'azienda Casaleggio i risultati potrebbero essere manipolati senza difficoltà. Gli attivisti (anzi, gli iscritti al blog di Grillo), anche se scettici, probabilmente si adeguerebbero al risultato soprattutto se Grillo lo legittimasse in qualche maniera.
L'ipotesi forse più probabile, vista l'italica "furbizia", è che si cerchi di fare tutto di nascosto e in silenzio: dare cioè a Casaleggio figlio le mansioni e i poteri del padre senza però nessuna legittimazione pubblica. Se però non sono proprio (politicamente) fessi il direttorio e altri (da definire!) ne approfitterebbero per prendere l'iniziativa. E di nuovo si arriverebbe a uno scontro interno, fra il blog e il direttorio che si smentiscono a vicenda. Tutto sommato questo scenario rientrerebbe nella prima ipotesi illustrata...
Conclusione: è, ovviamente, ancora troppo presto per capire come evolverà la situazione: bisognerebbe avere molte più informazioni (ad esempio le relative forze e ambizioni dei membri del direttorio, le capacità di Davide, la voglia di Grillo di tornare in azione...) per fare previsioni che siano minimamente attendibili...
Di sicuro però ci sarà una lotta interna di cui dai media sapremo poco o nulla ma che dovremo indovinare dagli articoli sul blog di Grillo da una parte e nelle dichiarazioni del direttorio da un'altra.
Io nutro una flebile speranza che questo conflitto interno possa portare all'auspicato rinnovamento del M5S o, meglio, a una sua rifondazione veramente trasparente e veramente democratica: ma ormai sono rimasto deluso troppe volte e la mia è una speranza molto ma molto flebile...
Nel tempo (vedere i miei pezzi col marcatore “M5S”) mi sono convinto che Casaleggio fosse l'eminenza grigia dietro al movimento e che Grillo, benché certamente amico, fosse a lui subordinato. Vedevo in Casaleggio la forza che prima delle elezioni del 2013 aveva ideato i principi (e soprattutto gli slogan) del movimento ma che poi, per mantenere il controllo della “propria” creatura, li aveva rinnegati. Aveva trasformato il M5S, in cui “uno vale uno”, in una sorta di piccola azienda a conduzione famigliare di cui lui era il principale e Grillo l'uomo immagine.
A lui attribuivo anche la scelta di non fare della vera opposizione (ovvero, visto che in parlamento tutto è inutile, fare delle manifestazioni in piazza) perché lo scopo di Casaleggio non era quello di vincere le elezioni ma di conservare lo status quo.
Il patrimonio di attivisti sul territorio, poiché troppo numerosi per essere controllabili, sono stati abbandonati a se stessi e, soprattutto, lasciati volutamente privi di ogni potere in maniera che non potessero interferire con le decisioni prese dall'alto. I parlamentari invece sono considerati come dei dipendenti che, se non obbediscono al capo, vengono licenziati, ovvero espulsi, piegando i vaghi e fumosi regolamenti interni a proprio piacimento. Poi c'è il direttorio, inventato di punto in bianco per fare da parafulmini, con la sua dubbia legittimità politica e ambiguità di compiti e poteri. Fra i suoi membri spiccano Di Maio e Di Battista: lo scorso autunno (seguendo comunque il M5S distrattamente e dal di fuori) ho avuto la sensazione che avessero cercato di ottenere una certa autonomia politica. Tale iniziativa non mi sarebbe dispiaciuta perché avrebbe forse aperto la porta all'auspicata riorganizzazione interna che ritengo necessaria. Poi però, proprio dopo un breve confronto con Casaleggio, chinarono la testa e rientrarono nei ranghi.
E questo ci porta alla seconda parte del mio ragionamento: la malattia di Casaleggio doveva essere ben nota a chi gli stava vicino e quindi anche al direttorio. La sua morte non arriva certo completamente inaspettata e, chi più chi meno, avrà da tempo progettato come comportarsi e avrà la propria idea sulla direzione che il movimento dovrà prendere.
Da questo punto di vista il passo indietro del direttorio lo scorso autunno può essere visto, sebbene cinicamente, come un semplice temporeggiamento: il rimandare lo scontro a tempi migliori...
E in effetti quello che mi aspetto adesso è una guerra interna per spartirsi il potere rimasto vagante.
Grillo da tempo mi pare stufo, forse pure deluso, dalla politica e non mi pare che abbia l'intenzione di prendersi il totale controllo del movimento: quello che rimane è la tabula rasa di organizzazione e personalità che proprio Casaleggio aveva voluto. In questo deserto spicca solo il direttorio con la sua dubbia legittimità.
Proprio come se il M5S fosse un'azienda, sento fare in giro il nome del figlio come legittimo erede e nuovo leader: alcuni dicono che, evidentemente, già da mesi faceva le veci del padre. Ma una cosa è lavorare di nascosto e un'altra è farlo con la legittimità e autorità riconosciuta dai milioni di elettori del M5S. Ma dare a Davide Casaleggio questa legittimità non sarà facile: davvero dobbiamo pensare che attivisti, simpatizzanti ed elettori del M5S accetteranno che lo sconosciuto figliolo detti la linea politica? Casaleggio padre era stato (faticosamente!) legittimato da Grillo che aveva più volte ripetuto che il M5S era nato solo grazie ai loro sforzi congiunti: la maggior parte delle persone (io incluso) doveva prendere per buone tali affermazioni e questo dava a Casaleggio una sua influenza morale e quindi politica. Ma il figlio? Di certo Grillo non potrà ripetere tale pantomima anche con Davide...
Un'ipotesi, che mi è venuta in mente mentre scrivevo, è la seguente.
Inizialmente Grillo resta defilato e lascia per qualche settimana il direttorio e altri (che ancora non so prevedere chi siano) a scannarsi. Poi, constate “le difficoltà” e “le forze che rischiano di lacerare il movimento”, Grillo potrebbe fare un passo avanti e prendere le redini del M5S fino a un evento X. Grazie alla sua autorità nessuno avrebbe la forza di opporsi a questa sua decisione. Nel periodo di transizione Grillo affiderebbe poi a Davide, stavolta ufficialmente, sempre più mansioni e responsabilità. Arrivati all'evento X Grillo, grazie al suo carisma e alla sua abilità sul palco, potrebbe poi cercare di far confermare per acclamazione Davide nei suoi incarichi.
Ma anche in questa ipotesi ci sono molti “se”: prima di tutto non sono sicuro di quanta voglia abbia Grillo, indipendentemente dalla sua lealtà verso Casaleggio padre, di tornare così prepotentemente al vertice della politica del M5S. E poi nel frattempo il direttorio e gli “altri” non starebbero a guardare e probabilmente avrebbero la possibilità di mettere i bastoni fra le ruote.
Un'altra ipotesi e che si abbia una “votazione” sul blog di Grillo per dare un ruolo ufficiale a Davide Casaleggio. Poiché la votazione è fatta sui calcolatori dell'azienda Casaleggio i risultati potrebbero essere manipolati senza difficoltà. Gli attivisti (anzi, gli iscritti al blog di Grillo), anche se scettici, probabilmente si adeguerebbero al risultato soprattutto se Grillo lo legittimasse in qualche maniera.
L'ipotesi forse più probabile, vista l'italica "furbizia", è che si cerchi di fare tutto di nascosto e in silenzio: dare cioè a Casaleggio figlio le mansioni e i poteri del padre senza però nessuna legittimazione pubblica. Se però non sono proprio (politicamente) fessi il direttorio e altri (da definire!) ne approfitterebbero per prendere l'iniziativa. E di nuovo si arriverebbe a uno scontro interno, fra il blog e il direttorio che si smentiscono a vicenda. Tutto sommato questo scenario rientrerebbe nella prima ipotesi illustrata...
Conclusione: è, ovviamente, ancora troppo presto per capire come evolverà la situazione: bisognerebbe avere molte più informazioni (ad esempio le relative forze e ambizioni dei membri del direttorio, le capacità di Davide, la voglia di Grillo di tornare in azione...) per fare previsioni che siano minimamente attendibili...
Di sicuro però ci sarà una lotta interna di cui dai media sapremo poco o nulla ma che dovremo indovinare dagli articoli sul blog di Grillo da una parte e nelle dichiarazioni del direttorio da un'altra.
Io nutro una flebile speranza che questo conflitto interno possa portare all'auspicato rinnovamento del M5S o, meglio, a una sua rifondazione veramente trasparente e veramente democratica: ma ormai sono rimasto deluso troppe volte e la mia è una speranza molto ma molto flebile...
sabato 9 aprile 2016
Idiosincrasie calcistiche
Spesso (soprattutto qualche anno fa) ha scritto dei pezzi piuttosto polemici verso alcuni calciatori e altri protagonisti del mondo del calcio.
Non appartengo però a quella categoria di persone che ce l'hanno col pallone in generale, col troppo spazio che gli viene dato tivvù o con gli stipendi altissimi dei calciatori.
Nelle mie antipatie sono infatti molto selettivo: in genere mi restano sullo stomaco quelle persone a cui vengono attribuiti meriti enormemente superiori alle loro capacità e imprese.
Il mio elenco non è neppure molto lungo perché, come detto, seguo il calcio abbastanza sporadicamente. Per questo voglio ripercorrere la mia breve lista magari aggiungendovi qualche nuova entrata...
Montolivo quando se ne andò dalla Fiorentina al Milan pronosticai per lui molta panchina perché "Allegri è un ottimo allenatore e capirà quindi subito il tipo di giocatore". In realtà Allegri lo fece giocare regolarmente e così hanno fatto gli allenatori che si sono susseguiti su tale panchina. Ma come un mio amico mi ha fatto notare non è che il Milan avesse (e abbia) alternative troppo migliori: dopotutto Montolivo è un giocatore da 6, ingiustamente considerato da 7½-8 ma meglio di quelli da 5 o 4!
Balotelli la mia previsione (per la quale rimando al corto Ei fu... del 5/5/2011) mi pare si sia ormai concretizzata...
Prandelli un allenatore pieno di difetti e limiti: agli europei, con mio disappunto, ebbe molta fortuna ma nel campionato turco ha dimostrato ciò che vale. Mi piacerebbe che lo prendesse la Juventus: riequilibrerebbe lo strapotere di tale squadra...
Galliani lo definirei “il migliore dirigente di calcio quando poteva spendere più di tutti”.
Montella altro allenatore enormemente sopravvalutato e per certi versi molto simile, nei difetti, a Prandelli. Non credo sia un caso che con la Sampdoria rischi la retrocessione.
Matias Fernandez i giocatori (e allenatori) della Fiorentina sono quelli che conosco meglio e ho opinioni molto precise su ciascuno di essi: al momento però l'unico giocatore paurosamente sopravvalutato è Matias Fernandez; con lui la squadra pare giocare in dieci...
Neto peccato che abbia giocato troppo poco nella Juventus per mettere il luce le sue doti! Io però spero ancora nella finale di Coppa Italia...
Pogba un discreto giocatore che però non vale assolutamente le cifre favoleggiate dai dirigenti della Juventus e pubblicizzate dai media: non 100 milioni ma 30, massimo 40, che per un centrocampista sono comunque tantissimi...
Benitez educatissimo: ma io lo vedevo più adatto a Master Chef che ad allenare una squadra di calcio... eppure grandi squadre continuano a chiamarlo...
Lo so: sembra che ne scriva male col senno di poi... ma con chi parlo di calcio sa che questa è sempre stata la mia opinione da quando allenava il Napoli...
Mancini perché ha sostituito Mazzarri (vedi poi...) e, per quel che ha fatto spendere, ha ottenuto troppo poco. Certo, se l'obiettivo era far fallire l'Inter...
Jovetic altro discreto giocatore abbastanza sopravvalutato. Lo nomino solo per passare alla seconda parte del pezzo: i giocatori/allenatori che mi piacciono.
Ljajic buon giocatore che però non è adatto quando c'è da correre su e giù lungo la fascia: utilissimo invece quando la squadra preme al limite dell'area senza riuscire a trovare sbocchi.
Verratti Quando lo vidi giocare mi impressionò tantissimo (v. il corto Verratti). Non so però se questi anni al PSG l'abbiano fatto crescere come avrebbe potuto: ci vogliono buoni avversari per temprarsi...
Buffon ci fu un anno in cui (non ricordo) ebbe male alla schiena o, addirittura, fu operato: in quella stagione secondo me non era all'altezza della nazionale. Poi però ha recuperato: ciò che ha perso in elasticità lo compensa con la personalità. Gli anni iniziano a pesare, però è forse ancora la migliore scelta per la nazionale.
Dybala il vero giocatore da 100 milioni della Juventus! Considerata l'età ha un potenziale incredibile!
Mazzarri secondo me il miglior allenatore italiano, credo sia anche superiore a Spalletti (altro allenatore che mi è sempre piaciuto) e a Sarri.
Giovinco a me è sempre piaciuto: non mi stupisco che, fra ex giocatori e semi dilettanti, vada alla grande!
Probabilmente ho dimenticato parecchie mie fissazioni: nel caso vedrò di aggiungerle in seguito...
Conclusione: nel fine settimana terrò d'occhio il campionato!
Non appartengo però a quella categoria di persone che ce l'hanno col pallone in generale, col troppo spazio che gli viene dato tivvù o con gli stipendi altissimi dei calciatori.
Nelle mie antipatie sono infatti molto selettivo: in genere mi restano sullo stomaco quelle persone a cui vengono attribuiti meriti enormemente superiori alle loro capacità e imprese.
Il mio elenco non è neppure molto lungo perché, come detto, seguo il calcio abbastanza sporadicamente. Per questo voglio ripercorrere la mia breve lista magari aggiungendovi qualche nuova entrata...
Montolivo quando se ne andò dalla Fiorentina al Milan pronosticai per lui molta panchina perché "Allegri è un ottimo allenatore e capirà quindi subito il tipo di giocatore". In realtà Allegri lo fece giocare regolarmente e così hanno fatto gli allenatori che si sono susseguiti su tale panchina. Ma come un mio amico mi ha fatto notare non è che il Milan avesse (e abbia) alternative troppo migliori: dopotutto Montolivo è un giocatore da 6, ingiustamente considerato da 7½-8 ma meglio di quelli da 5 o 4!
Balotelli la mia previsione (per la quale rimando al corto Ei fu... del 5/5/2011) mi pare si sia ormai concretizzata...
Prandelli un allenatore pieno di difetti e limiti: agli europei, con mio disappunto, ebbe molta fortuna ma nel campionato turco ha dimostrato ciò che vale. Mi piacerebbe che lo prendesse la Juventus: riequilibrerebbe lo strapotere di tale squadra...
Galliani lo definirei “il migliore dirigente di calcio quando poteva spendere più di tutti”.
Montella altro allenatore enormemente sopravvalutato e per certi versi molto simile, nei difetti, a Prandelli. Non credo sia un caso che con la Sampdoria rischi la retrocessione.
Matias Fernandez i giocatori (e allenatori) della Fiorentina sono quelli che conosco meglio e ho opinioni molto precise su ciascuno di essi: al momento però l'unico giocatore paurosamente sopravvalutato è Matias Fernandez; con lui la squadra pare giocare in dieci...
Neto peccato che abbia giocato troppo poco nella Juventus per mettere il luce le sue doti! Io però spero ancora nella finale di Coppa Italia...
Pogba un discreto giocatore che però non vale assolutamente le cifre favoleggiate dai dirigenti della Juventus e pubblicizzate dai media: non 100 milioni ma 30, massimo 40, che per un centrocampista sono comunque tantissimi...
Benitez educatissimo: ma io lo vedevo più adatto a Master Chef che ad allenare una squadra di calcio... eppure grandi squadre continuano a chiamarlo...
Lo so: sembra che ne scriva male col senno di poi... ma con chi parlo di calcio sa che questa è sempre stata la mia opinione da quando allenava il Napoli...
Mancini perché ha sostituito Mazzarri (vedi poi...) e, per quel che ha fatto spendere, ha ottenuto troppo poco. Certo, se l'obiettivo era far fallire l'Inter...
Jovetic altro discreto giocatore abbastanza sopravvalutato. Lo nomino solo per passare alla seconda parte del pezzo: i giocatori/allenatori che mi piacciono.
Ljajic buon giocatore che però non è adatto quando c'è da correre su e giù lungo la fascia: utilissimo invece quando la squadra preme al limite dell'area senza riuscire a trovare sbocchi.
Verratti Quando lo vidi giocare mi impressionò tantissimo (v. il corto Verratti). Non so però se questi anni al PSG l'abbiano fatto crescere come avrebbe potuto: ci vogliono buoni avversari per temprarsi...
Buffon ci fu un anno in cui (non ricordo) ebbe male alla schiena o, addirittura, fu operato: in quella stagione secondo me non era all'altezza della nazionale. Poi però ha recuperato: ciò che ha perso in elasticità lo compensa con la personalità. Gli anni iniziano a pesare, però è forse ancora la migliore scelta per la nazionale.
Dybala il vero giocatore da 100 milioni della Juventus! Considerata l'età ha un potenziale incredibile!
Mazzarri secondo me il miglior allenatore italiano, credo sia anche superiore a Spalletti (altro allenatore che mi è sempre piaciuto) e a Sarri.
Giovinco a me è sempre piaciuto: non mi stupisco che, fra ex giocatori e semi dilettanti, vada alla grande!
Probabilmente ho dimenticato parecchie mie fissazioni: nel caso vedrò di aggiungerle in seguito...
Conclusione: nel fine settimana terrò d'occhio il campionato!
venerdì 8 aprile 2016
L'irrazionalità
Nel pezzo I limiti dell'uomo detti molto risalto all'irrazionalità umana (vedi il punto 5). Non so quanta presa fecero le mie argomentazioni ma, proprio in questi giorni, nella terza lezione del corso di modellizzazione (v. Corso sulla modellizzazione) il professore è tornato sull'argomento.
Nella necessità di modellare il comportamento delle persone talvolta non si può prescindere dalla loro irrazionalità. Credo non ci siano obiezioni sul fatto che, di tanto in tanto, ci si comporti in maniera non razionale ma la novità interessante è che ci sono ormai numerosi (centinaia) studi che dimostrano come in specifiche situazioni l'uomo si comporti sistematicamente in maniera irrazionale.
Il professore ha poi presentato degli esempi che, per il loro interesse, ripropongo qui di seguito.
1. Distorsione sulle prospettive future
Supponete che qualcuno (magari un nuovo quiz televisivo!) vi presenti la seguente scelta: preferisci 400€ sicuri oppure lanciare una monetina per poterne vincere 1000€ (cioè il 50% delle volte)?
In questo caso la maggioranza delle persone, soprattutto quando la posta in gioco cresce, tenderà a scegliere la vincita sicura. Ovvero c'è in genere scarsa propensione al rischio.
Ma se invece le opzioni sono fra pagare sicuramente 400€ oppure avere il 50% di possibilità di pagarne zero o 1000€ la maggioranza delle persone opterà per questa seconda scelta: cioè quando non si tratta di vincere ma di perdere c'è maggiore propensione al rischio!
Per chi non è esperto di probabilità forse vale la pena sottolineare che il comportamento razionale sarebbe in entrambi i casi quello opposto alla scelta fatta dalla maggioranza delle persone...
2. Distorsione nella sottovalutazione del tempo
Supponete che qualcuno (il solito nuovo quiz televisivo!) vi presenti la seguente scelta: preferisci 1000€ oggi o 1005€ domani? In questo caso la maggioranza delle persone preferisce i 1000€ subito perché l'attesa di un giorno non vale i 5€.
Però se la domanda è “volete 1000€ fra un anno o 1005€ fra un anno e un giorno?” si sceglie invece la seconda opzione.
Traslando di un anno nel tempo l'attesa di un giorno in più questa perde la sua importanza; inoltre con l'attesa di un anno viene a mancare la tentazione della gratificazione immediata.
3. Distorsione della tendenza allo status quo
Le persone tendono a preferire di non cambiare lo stato di una certa situazione. È più facile accettare un qualcosa che non richieda il nostro intervento piuttosto che doversi attivare per ottenerla.
Un esempio chiarificante: in Inghilterra bisogna segnalare esplicitamente se si vuole donare i propri organi; nel resto d'Europa invece la situazione è opposta: bisogna segnalare esplicitamente se NON si vuole donare i propri organi.
Ebbene, con questo semplice “trucco”, i potenziali donatori d'organi in Europa sono il 90% mentre in Inghilterra solo il 10%!
Le implicazioni, specie politiche, di questa distorsione della razionalità sono notevoli: si tratta di un'abulia della volontà facilmente sfruttabile e sfruttata...
4. Distorsione del pensiero temporaneo
Quello che penseremo fra un attimo è direttamente influenzato da ciò che pensiamo in questo momento.
La dimostrazione data dal professore è sconcertante nella sua semplicità: ha mostrato una foto di una vecchia scatola di legno intagliato e ha chiesto di tentare di indovinarne l'anno di fabbricazione e il prezzo. Ebbene una quantità statisticamente significativa di persone tende ad assegnarle un prezzo molto vicino alle ultime due cifre dell'anno di produzione. Ad esempio chi pensa che la scatola sia degli anni '30 ipotizzerà un prezzo sui 30€, chi crede che sia degli anni '60 andrà sui 60€, etc (*1)...
E questi sono solo quattro esempi: il professore ha specificato che ci sono centinaia di studi su distorsioni di questo tipo!
Conclusione: mi pare che dopo questa conferma sperimentale dovrebbero esserci pochi dubbi sull'irrazionalità umana...
Nota (*1): per la cronaca io ho supposto 1935 e 10€... Ma non è il singolo che conta statisticamente...
Nella necessità di modellare il comportamento delle persone talvolta non si può prescindere dalla loro irrazionalità. Credo non ci siano obiezioni sul fatto che, di tanto in tanto, ci si comporti in maniera non razionale ma la novità interessante è che ci sono ormai numerosi (centinaia) studi che dimostrano come in specifiche situazioni l'uomo si comporti sistematicamente in maniera irrazionale.
Il professore ha poi presentato degli esempi che, per il loro interesse, ripropongo qui di seguito.
1. Distorsione sulle prospettive future
Supponete che qualcuno (magari un nuovo quiz televisivo!) vi presenti la seguente scelta: preferisci 400€ sicuri oppure lanciare una monetina per poterne vincere 1000€ (cioè il 50% delle volte)?
In questo caso la maggioranza delle persone, soprattutto quando la posta in gioco cresce, tenderà a scegliere la vincita sicura. Ovvero c'è in genere scarsa propensione al rischio.
Ma se invece le opzioni sono fra pagare sicuramente 400€ oppure avere il 50% di possibilità di pagarne zero o 1000€ la maggioranza delle persone opterà per questa seconda scelta: cioè quando non si tratta di vincere ma di perdere c'è maggiore propensione al rischio!
Per chi non è esperto di probabilità forse vale la pena sottolineare che il comportamento razionale sarebbe in entrambi i casi quello opposto alla scelta fatta dalla maggioranza delle persone...
2. Distorsione nella sottovalutazione del tempo
Supponete che qualcuno (il solito nuovo quiz televisivo!) vi presenti la seguente scelta: preferisci 1000€ oggi o 1005€ domani? In questo caso la maggioranza delle persone preferisce i 1000€ subito perché l'attesa di un giorno non vale i 5€.
Però se la domanda è “volete 1000€ fra un anno o 1005€ fra un anno e un giorno?” si sceglie invece la seconda opzione.
Traslando di un anno nel tempo l'attesa di un giorno in più questa perde la sua importanza; inoltre con l'attesa di un anno viene a mancare la tentazione della gratificazione immediata.
3. Distorsione della tendenza allo status quo
Le persone tendono a preferire di non cambiare lo stato di una certa situazione. È più facile accettare un qualcosa che non richieda il nostro intervento piuttosto che doversi attivare per ottenerla.
Un esempio chiarificante: in Inghilterra bisogna segnalare esplicitamente se si vuole donare i propri organi; nel resto d'Europa invece la situazione è opposta: bisogna segnalare esplicitamente se NON si vuole donare i propri organi.
Ebbene, con questo semplice “trucco”, i potenziali donatori d'organi in Europa sono il 90% mentre in Inghilterra solo il 10%!
Le implicazioni, specie politiche, di questa distorsione della razionalità sono notevoli: si tratta di un'abulia della volontà facilmente sfruttabile e sfruttata...
4. Distorsione del pensiero temporaneo
Quello che penseremo fra un attimo è direttamente influenzato da ciò che pensiamo in questo momento.
La dimostrazione data dal professore è sconcertante nella sua semplicità: ha mostrato una foto di una vecchia scatola di legno intagliato e ha chiesto di tentare di indovinarne l'anno di fabbricazione e il prezzo. Ebbene una quantità statisticamente significativa di persone tende ad assegnarle un prezzo molto vicino alle ultime due cifre dell'anno di produzione. Ad esempio chi pensa che la scatola sia degli anni '30 ipotizzerà un prezzo sui 30€, chi crede che sia degli anni '60 andrà sui 60€, etc (*1)...
E questi sono solo quattro esempi: il professore ha specificato che ci sono centinaia di studi su distorsioni di questo tipo!
Conclusione: mi pare che dopo questa conferma sperimentale dovrebbero esserci pochi dubbi sull'irrazionalità umana...
Nota (*1): per la cronaca io ho supposto 1935 e 10€... Ma non è il singolo che conta statisticamente...
giovedì 7 aprile 2016
Ultimisstoria 5
In genere per ogni fascicolo delle riviste di storia mi capita di interessarmi e leggere solo un paio di articoli, raramente di più: da questo punto di vista il numero dell'ottobre 1969 di Storia Illustrata è una gradita eccezione.
Per questo motivo voglio dedicare un intero pezzo agli articoli, tutti molto interessanti, che vi ho trovato e letto.
Giorni di sangue sul Mussa Dagh di Maurizio Chierici
È un articolo sul genocidio degli armeni avvenuto (in due fasi) nell'Impero Ottomano, nell'odierna Turchia, alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX.
Spesso si dice che è importante non dimenticare, che bisogna sempre ricordare i genocidi, ma sfortunatamente la memoria è spesso molto selettiva: del massacro degli armeni si sente infatti parlare pochissimo e, se non sbaglio, tuttora la Turchia nega che sia mai avvenuto.
La prima fase si ebbe fra il 1891 e il 1894 sotto il sultano Abdul Hamid II: l'articolo non lo dice esplicitamente ma, se non pazzo, era almeno molto paranoico. In pratica venne addossata alla minoranza armena la colpa delle tendenze disgregatrici dell'Impero Ottomano: se l'impero sobbolliva per le tensioni disgregatrici la colpa era della piccola minoranza cristiana.
Tutto questo va visto nell'ottica della politica del tempo: gli armeni “ottomani” erano infatti considerati vicini alla Russia (che occupava il territorio dell'attuale Armenia) mentre il Sultano aveva l'appoggio del Kaiser che voleva sfruttare l'impero ottomano in ottica anti inglese-francese.
La seconda fase dello sterminio si ebbe invece durante la prima guerra mondiale nel 1915: alla guida della Turchia non c'era più il Sultano perché rovesciato da un gruppo di rivoluzionari, apparentemente animati da una mentalità moderna, fra cui spicca il nome Mustafà Kemal (considerato il padre della patria in Turchia). Anche in questo caso i motivi del massacro sono vari e vaghi: di sicuro c'entra la razza, la religione, il sospetto di trame contro l'Impero e la volontà di impadronirsi dei loro beni. Ma a me, da quanto letto, sembra più una caccia alle streghe per trovare un nemico a cui addossare tutte le colpe e compattare il popolo contro di esso piuttosto che cercare realmente di risolvere i problemi.
Da notare che i massacri furono materialmente eseguiti dalla volenterosa minoranza curda: evidentemente non sospettavano che sarebbe poi toccato a loro subire l'intolleranza nazionalistica turca...
Vi risparmio la descrizione delle crudeltà subite, anche nella morte, da uomini, donne e bambini armeni. Qualche numero per dare l'idea delle dimensioni della strage: 300.000 morti nella prima fase e 600.000 nella seconda su una popolazione (prima della Grande Guerra) di circa 1.800.000 persone.
Paganini figlio del diavolo di Giuseppe Tarozzi
“Paganini grande violinista” è tutto ciò che sapevo prima di leggere questo articolo.
In realtà non dovette essere grande ma immenso: è difficile giudicare basandosi su un solo articolo perché l'autore potrebbe essere di parte ed esaltare alcuni aspetti tacendone altri.
Anche affidarsi esclusivamente alle cronache del tempo (tutte entusiastiche) è rischioso: ieri come oggi il pubblico è in balia delle mode e si lascia facilmente condizionare dalle proprie aspettative e dal giudizio altrui.
Eppure, come ho scritto, sono sicuro che Paganini fu immenso: ciò che me ne dà la certezza è infatti il giudizio dei suoi pari, ovvero di altri grandi musicisti, e di altri uomini di una sensibilità sicuramente oltre il banale quotidiano. Mi riferisco a Franz Listz, Gioacchino Rossini, Shubert, Chopin, Goethe, Heine e altri...
Non ho voglia di ricopiare qui i loro commenti ma se essi erano stupiti e attoniti all'abilità del violinista genovese vuol dire che era davvero fuori dal comune!
Bandiere col teschio nel Mar dei Caraibi di Beppe Pegolotti
Dopo le letture di Salgari (e del mediocre “Pirati” di Mario Monti: v. Randa) non potevi esimermi da questa infarinatura storica.
Colpisce come tutto nacque da una strana miscela di fattori internazionali e piccole casualità locali.
Al macrolivello Inghilterra e Francia volevano impadronirsi di parte del flusso d'oro che dalle Americhe raggiungeva la Spagna senza però dichiarare apertamente guerra a quest'ultima.
Al microlivello invece c'era un'abbondanza di... bufali sull'isola di Espanola (l'attuale Haiti): questi bovini erano cacciati e la loro carne essiccata e venduta alle navi di passaggio dai bucanieri. I bucanieri originariamente erano infatti dei cacciatori abilissimi col fucile, abituati a vivere all'aria aperta e, spesso, dediti anche al brigantaggio. Proprio per quest'ultimo motivo gli spagnoli si decisero infine a scacciarli dall'isola ma questi trovarono rifugio sull'isola della Tortuga facilmente raggiungibile, anche con delle piccole barche a remi, da Haiti.
Questa colonia di furfanti, abili con le armi e pronti a tutti fu l'humus su cui potrà crescere la pirateria nei Caraibi. Senza questa solida base probabilmente i pirati non avrebbero potuto organizzarsi altrettanto comodamente e, di sicuro, sarebbero stati meno efficaci e organizzati.
La famiglia Hitler di Giuseppe Mayda
Vado dritto al punto: secondo l'autore dell'articolo il padre di Adolf Hitler era il figlio illegittimo di un ebreo. La fonte di questa notizia è Hans Frank (il “boia della Polonia”), condannato a morte a Norimberga, che era stato incaricato di indagare segretamente sulla vicenda. In gioventù la nonna di Adolf infatti lavorò per una famiglia di ebrei di nome Frankenberger: rimasta incinta, Frankenberger padre pagò alla ex domestica, dalla nascita del bimbo fino al compimento del quattordicesimo anno, una pensione per gli alimenti. Quindi niente di ufficiale ma tutto fa pensare che il diciannovenne Frankenberger figlio fosse il padre naturale del figlio illegittimo della domestica.
La storia prosegue con molti dettagli (anche se non mi è chiaro da dove provenga il cognome Hitler) che non sto a ripercorrere.
È interessante perché, pur senza mai interessarmi particolarmente all'argomento, avevo sentito dire sia che Hitler fosse di origine ebraica sia che ciò fosse assolutamente falso: evidentemente molto dipende dall'attendibilità del “boia di Polonia”...
Dissero “placet” al dogma dell'infallibilità di Alberto Macchiavello
Sono sempre stato affascinato dal dogma dell'infallibilità del Papa specialmente da quando scoprii che non risale alle origini della Chiesa ma, al contrario, è piuttosto recente.
Per la precisione il dogma dell'infallibilità fu proclamato nel concilio Vaticano I del 1871 su volere di Papa Pio IX.
L'articolo cerca di chiarire i motivi della scelta e se ciò fu un bene o un male nel lungo termine. In realtà, mentre è facile ricostruire i vari passaggi e le manovre politiche che portarono alla proclamazione, per le altre domande non ci sono risposte definitive.
Su cosa avesse veramente in mente Pio IX l'articolo non dice niente: suppongo che il Papa non abbia lasciato nessuna documentazione al riguardo.
Ma anche sulle conseguenze non c'è identità di vedute: da una parte la Chiesa si chiuse in se stessa ponendosi in totale contrasto con i principi libertari e democratici che si andavano affermando in Europa; da un'altra però il dogma afferma l'indipendenza totale e assoluta della Chiesa da un punto di vista spirituale.
Anch'io sono incerto nella mia valutazione: credo che rimarcando il potere assoluto del Papa la Chiesa cattolica sia rimasta indietro nei tempi; è però anche vero che così facendo ha evitato una deriva laicizzante che mi pare invece presente in altre confessioni cristiane.
Ripensandoci nel complesso sono favorevole: dopotutto il non adeguarsi ai tempi è relativo solo alla vita di un papa, in pratica la Chiesa può rimanere “indietro” di circa una generazione ma non di più: il Papa successivo sarà infatti espressione del sentimento prevalente fra i vescovi che l'eleggono...
Il rimanere indietro ai tempi correnti non è certo un bene: però evita alla Chiesa di prendere decisione affrettate, di essere trascinata nel vortice delle mode e le dà quindi un'apparenza di stabilità (e a volte di immobilità...) che talvolta è un difetto ma più spesso un pregio.
Conclusione: ben cinque articoli, quasi tutti molto interessanti, in un singolo numero! Mi sa che difficilmente ricapiterà una coincidenza di questo genere...
Per questo motivo voglio dedicare un intero pezzo agli articoli, tutti molto interessanti, che vi ho trovato e letto.
Giorni di sangue sul Mussa Dagh di Maurizio Chierici
È un articolo sul genocidio degli armeni avvenuto (in due fasi) nell'Impero Ottomano, nell'odierna Turchia, alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX.
Spesso si dice che è importante non dimenticare, che bisogna sempre ricordare i genocidi, ma sfortunatamente la memoria è spesso molto selettiva: del massacro degli armeni si sente infatti parlare pochissimo e, se non sbaglio, tuttora la Turchia nega che sia mai avvenuto.
La prima fase si ebbe fra il 1891 e il 1894 sotto il sultano Abdul Hamid II: l'articolo non lo dice esplicitamente ma, se non pazzo, era almeno molto paranoico. In pratica venne addossata alla minoranza armena la colpa delle tendenze disgregatrici dell'Impero Ottomano: se l'impero sobbolliva per le tensioni disgregatrici la colpa era della piccola minoranza cristiana.
Tutto questo va visto nell'ottica della politica del tempo: gli armeni “ottomani” erano infatti considerati vicini alla Russia (che occupava il territorio dell'attuale Armenia) mentre il Sultano aveva l'appoggio del Kaiser che voleva sfruttare l'impero ottomano in ottica anti inglese-francese.
La seconda fase dello sterminio si ebbe invece durante la prima guerra mondiale nel 1915: alla guida della Turchia non c'era più il Sultano perché rovesciato da un gruppo di rivoluzionari, apparentemente animati da una mentalità moderna, fra cui spicca il nome Mustafà Kemal (considerato il padre della patria in Turchia). Anche in questo caso i motivi del massacro sono vari e vaghi: di sicuro c'entra la razza, la religione, il sospetto di trame contro l'Impero e la volontà di impadronirsi dei loro beni. Ma a me, da quanto letto, sembra più una caccia alle streghe per trovare un nemico a cui addossare tutte le colpe e compattare il popolo contro di esso piuttosto che cercare realmente di risolvere i problemi.
Da notare che i massacri furono materialmente eseguiti dalla volenterosa minoranza curda: evidentemente non sospettavano che sarebbe poi toccato a loro subire l'intolleranza nazionalistica turca...
Vi risparmio la descrizione delle crudeltà subite, anche nella morte, da uomini, donne e bambini armeni. Qualche numero per dare l'idea delle dimensioni della strage: 300.000 morti nella prima fase e 600.000 nella seconda su una popolazione (prima della Grande Guerra) di circa 1.800.000 persone.
Paganini figlio del diavolo di Giuseppe Tarozzi
“Paganini grande violinista” è tutto ciò che sapevo prima di leggere questo articolo.
In realtà non dovette essere grande ma immenso: è difficile giudicare basandosi su un solo articolo perché l'autore potrebbe essere di parte ed esaltare alcuni aspetti tacendone altri.
Anche affidarsi esclusivamente alle cronache del tempo (tutte entusiastiche) è rischioso: ieri come oggi il pubblico è in balia delle mode e si lascia facilmente condizionare dalle proprie aspettative e dal giudizio altrui.
Eppure, come ho scritto, sono sicuro che Paganini fu immenso: ciò che me ne dà la certezza è infatti il giudizio dei suoi pari, ovvero di altri grandi musicisti, e di altri uomini di una sensibilità sicuramente oltre il banale quotidiano. Mi riferisco a Franz Listz, Gioacchino Rossini, Shubert, Chopin, Goethe, Heine e altri...
Non ho voglia di ricopiare qui i loro commenti ma se essi erano stupiti e attoniti all'abilità del violinista genovese vuol dire che era davvero fuori dal comune!
Bandiere col teschio nel Mar dei Caraibi di Beppe Pegolotti
Dopo le letture di Salgari (e del mediocre “Pirati” di Mario Monti: v. Randa) non potevi esimermi da questa infarinatura storica.
Colpisce come tutto nacque da una strana miscela di fattori internazionali e piccole casualità locali.
Al macrolivello Inghilterra e Francia volevano impadronirsi di parte del flusso d'oro che dalle Americhe raggiungeva la Spagna senza però dichiarare apertamente guerra a quest'ultima.
Al microlivello invece c'era un'abbondanza di... bufali sull'isola di Espanola (l'attuale Haiti): questi bovini erano cacciati e la loro carne essiccata e venduta alle navi di passaggio dai bucanieri. I bucanieri originariamente erano infatti dei cacciatori abilissimi col fucile, abituati a vivere all'aria aperta e, spesso, dediti anche al brigantaggio. Proprio per quest'ultimo motivo gli spagnoli si decisero infine a scacciarli dall'isola ma questi trovarono rifugio sull'isola della Tortuga facilmente raggiungibile, anche con delle piccole barche a remi, da Haiti.
Questa colonia di furfanti, abili con le armi e pronti a tutti fu l'humus su cui potrà crescere la pirateria nei Caraibi. Senza questa solida base probabilmente i pirati non avrebbero potuto organizzarsi altrettanto comodamente e, di sicuro, sarebbero stati meno efficaci e organizzati.
La famiglia Hitler di Giuseppe Mayda
Vado dritto al punto: secondo l'autore dell'articolo il padre di Adolf Hitler era il figlio illegittimo di un ebreo. La fonte di questa notizia è Hans Frank (il “boia della Polonia”), condannato a morte a Norimberga, che era stato incaricato di indagare segretamente sulla vicenda. In gioventù la nonna di Adolf infatti lavorò per una famiglia di ebrei di nome Frankenberger: rimasta incinta, Frankenberger padre pagò alla ex domestica, dalla nascita del bimbo fino al compimento del quattordicesimo anno, una pensione per gli alimenti. Quindi niente di ufficiale ma tutto fa pensare che il diciannovenne Frankenberger figlio fosse il padre naturale del figlio illegittimo della domestica.
La storia prosegue con molti dettagli (anche se non mi è chiaro da dove provenga il cognome Hitler) che non sto a ripercorrere.
È interessante perché, pur senza mai interessarmi particolarmente all'argomento, avevo sentito dire sia che Hitler fosse di origine ebraica sia che ciò fosse assolutamente falso: evidentemente molto dipende dall'attendibilità del “boia di Polonia”...
Dissero “placet” al dogma dell'infallibilità di Alberto Macchiavello
Sono sempre stato affascinato dal dogma dell'infallibilità del Papa specialmente da quando scoprii che non risale alle origini della Chiesa ma, al contrario, è piuttosto recente.
Per la precisione il dogma dell'infallibilità fu proclamato nel concilio Vaticano I del 1871 su volere di Papa Pio IX.
L'articolo cerca di chiarire i motivi della scelta e se ciò fu un bene o un male nel lungo termine. In realtà, mentre è facile ricostruire i vari passaggi e le manovre politiche che portarono alla proclamazione, per le altre domande non ci sono risposte definitive.
Su cosa avesse veramente in mente Pio IX l'articolo non dice niente: suppongo che il Papa non abbia lasciato nessuna documentazione al riguardo.
Ma anche sulle conseguenze non c'è identità di vedute: da una parte la Chiesa si chiuse in se stessa ponendosi in totale contrasto con i principi libertari e democratici che si andavano affermando in Europa; da un'altra però il dogma afferma l'indipendenza totale e assoluta della Chiesa da un punto di vista spirituale.
Anch'io sono incerto nella mia valutazione: credo che rimarcando il potere assoluto del Papa la Chiesa cattolica sia rimasta indietro nei tempi; è però anche vero che così facendo ha evitato una deriva laicizzante che mi pare invece presente in altre confessioni cristiane.
Ripensandoci nel complesso sono favorevole: dopotutto il non adeguarsi ai tempi è relativo solo alla vita di un papa, in pratica la Chiesa può rimanere “indietro” di circa una generazione ma non di più: il Papa successivo sarà infatti espressione del sentimento prevalente fra i vescovi che l'eleggono...
Il rimanere indietro ai tempi correnti non è certo un bene: però evita alla Chiesa di prendere decisione affrettate, di essere trascinata nel vortice delle mode e le dà quindi un'apparenza di stabilità (e a volte di immobilità...) che talvolta è un difetto ma più spesso un pregio.
Conclusione: ben cinque articoli, quasi tutti molto interessanti, in un singolo numero! Mi sa che difficilmente ricapiterà una coincidenza di questo genere...
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