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mercoledì 21 novembre 2012

Spiaggia

In questi giorni ho poca voglia di scrivere anche se ci sarebbero avvenimenti, internazionali e non, più che meritevoli di un commento...
Invece rivogo ai miei lettori degli appunti che presi l'altra settimana durante il mio breve soggiorno al mare: sul momento avevo deciso di non pubblicarli perché li avevo scritti sotto la nefasta congiunzione di melanconia e (scarso) spirito poetico. In pratica ripercorro l'andamento dei miei pensieri durante una lunghissima camminata sulla spiaggia all'indomani, immagino, di una mareggiata. Si tratta poi di appunti che scrissi a mio uso e consumo e, quindi, non cercavo di essere particolarmente chiaro...

Lunga passeggiata sulla spiaggia. Cumuli di rifiuti portati dalle onde sulla battigia: legno, canne, plastica, tante bottiglie, scarpe, palloni sgonfi, cesti e cestini rotti, cavi a fisarmonica (quelli del diametro di una decina di cm usati per contenerne altri), alghe, radici di alghe e palline di alghe appallottolate, perfino una bombola del gas, qualche lattina ma non molte, un secchio metallico, una ruota con pneumatico e un pneumatico da solo e un'infinita di altre cose...
Che pattumiera deve essere il mare: mi chiedo se, rispetto a venticinque anni fa, ci sia più o meno inquinamento...
Poi una trave gigantesca semi affondata nella sabbia. Un pensiero sciocco: mi sono chiesto se la ghianda si sarebbe sognata di divenire una quercia centenaria, di diventare una trave portante in qualche vecchio edificio per un altro secolo per finire poi a vagare, per chissà quanti altri anni, in mare e naufragare infine su una spiaggia insieme a dei rifiuti molto meno nobili di lei. Chissà quante storie avrebbe avuto da raccontare...
Lo so: le ghiande non hanno immaginazione. Ma dovrebbero...
Subito dopo, a pochi metri di distanza, c'erano due colombi bianchissimi come mai avevo visto prima: sono volati via l'uno dietro all'altro e mi hanno emozionato.
Ho respirato il vento e ho ascoltato la risacca, quando ne avevo voglia giocavo a farmi inseguire dalle onde, quando volevo riflettere mi portavo a distanza di sicurezza e lo sguardo vagava oltre l'orizzonte.
Ho visto uno yacht in lontananza: mi sono chiesto se sarei stato più felice essendone il proprietario. Ho immaginato che il massimo della gioia l'avrei provato stando da solo nel mare, assaporando il gusto salato del vento, ascoltando il silenzio della civiltà e la voce del mare, il calore del sole sulla pelle, magari su una bella sdraio comoda. Tutto questo mi avrebbe dato la massima sensazione di libertà; poi mi sono però reso conto che sarebbe stata una sensazione illusoria: tutte queste sensazioni erano affini e niente affatto diverse da quelle che provavo già. Il motivo è che l'unica vera libertà è quella del nostro spirito e non c'è bisogno di uno yacht per possederla.
Tante impronte, scarpe di uomini e donne, grandi e piccole e dalle forme diverse, un coraggioso a piedi nudi, quelle piccole di un bambino...
E poi ho fatto caso a quelle degli animali. Uccelli e cani credo... Non l'avevo mai notato ma i cani hanno solo quattro dita! Mi chiedo se mancano del pollice o del mignolo...
Incontro delle persone e mi chiedo cosa pensino. Soprattutto le coppie mi affascinano, fingo di scivolare nella loro testa e di percepirne la reciproca sintonia: come le gambe di lei si muovono più svelte per mantenere la velocità di quelle più lunghe di lui, così, senza accorgersene...

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