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giovedì 29 novembre 2012

Think Again 1/?

Ieri ho seguito la prima lezione del corso “Think again: how to reason and argue” (v. corto Altri corsi in linea) della Duke University.
Tecnicamente la struttura del sito è eccellente ed è forse ancora più fruibile di quello già eccellente della Udacity.
Sul professore ho ancora qualche dubbio: sicuramente è simpatico e parla chiaramente (anche se, volendo, ci sono i sottotitoli) però è proprio il suo modo di esporre i concetti che non mi convince.
A me piace una struttura del tipo: definizione, poi spiegazioni e infine esempi. E, sempre con questa logica, partire dai concetti generali e riapplicarla via via che si entra nei dettagli. Insomma mi piace che l'informazione sia ben strutturata probabilmente per organizzare mentalmente come relazionare fra loro le nuove informazioni...
A volte invece questo insegnante parte dagli esempi, poi mostra definizioni errate e ne spiega il perché: quello che “rimane” è la definizione. Il problema è che in questa maniera è necessario uno sforzo molto maggiore perché non è chiaro su cosa si debba concentrare l'attenzione.
Non so: forse è stata fatta questa scelta perché la materia non è scientifica e quindi non si presta alla struttura ipotesi/tesi/dimostrazione a cui sono abituato. Inoltre, essendo un corso che gravita intorno al linguaggio, è necessaria un'ottima conoscenza della lingua inglese per capire le sfumature di alcuni concetti (*1)...

Soprattutto per mia utilità provo a riassumere qui di seguito l'ultima lezione: o almeno quelli che ho capito io... le chiacchiere e divagazioni del professore mi hanno lasciato più di qualche dubbio! Il risultato è sostanzialmente una lista di definizioni non sempre troppo accurate. Le mie perplessità sono in corsivo e ho lasciato fuori dei concetti che mi sembravano banali...

Lo scopo della lezione era quello di analizzare la struttura e l'essenza di una argomentazione.
L'argomentazione è composta da una o più ragioni. A loro volta un certo numero di premesse devono implicare la ragione per una conclusione. Bahh... mi sembra una definizione molto incompleta: il professore dovrebbe ammiccare meno ed essere più preciso...

Il contesto è fondamentale per capire l'argomentazione: un venditore d'auto cercherà di usare le argomentazioni per persuadere mentre una amico le userà per chiarire (per aiutare a prendere la decisione migliore). Il persuadere implica la volontà di influenzare la persona a cui si parla, magari per farle cambiare opinione, mentre il chiarire no.
Per questo motivo, chi cerca di persuadere, potrebbe volutamente usare delle argomentazioni fallaci per raggiungere il proprio scopo. Per chiarire si usano buone ragioni, per persuadere si possono usare anche cattive ragioni o un misto dei due tipi.
Ne consegue che per capire un'argomentazione bisogna chiedersi quale sia il suo scopo: si vuole persuadere o solo chiarire?

Ma persuadere e chiarire non sono gli unici scopi di un'argomentazione: un'altra possibilità è quella di spiegare. La differenza fra chiarire e spiegare non è ovvia (e infatti il professore ci gira intorno!). Nella spiegazione entrambi gli interlocutori concordano sul fatto che la conclusione sia vera mentre nel chiarimento la conclusione è lasciata in sospeso (*2).

Poi il professore fa una delle sue digressioni e tira in ballo Aristotele che divide le spiegazioni in quattro tipi:
  1. Causale (ovvero la causa: la macchina si ferma perché ho premuto il pedale del freno)
  2. Teleologica (ovvero lo scopo: ho premuto il freno perché volevo fermarmi)
  3. Formale (la macchina si è fermata perché quando si preme il freno si attivano degli ingranaggi che generano l'attrito che blocca le ruote)
  4. Materiale (il cuscino è morbido perché è riempito di piume)
Onestamente non so quanto questa categorizzazione sia utile: con questo professore è facile perdere di vista quello che vogliamo imparare e quindi non concentrarsi su ciò che è veramente utile: in altre parole ho il dubbio che l'insegnante abbia citato Aristotele solo perché è fico farlo!

La scopo della spiegazione è quello di far rientrare un caso particolare in uno più generale. Non è necessariamente vero che una predizione sia anche una spiegazione. Non sono d'accordo ma questa è la definizione del professore...

Nella sezione opzionale della lezione, il professore affronta la struttura del linguaggio. Il linguaggio è
  1. Importante
  2. Convenzionale
  3. Rappresentativo
  4. Sociale
Inoltre il linguaggio ha vari livelli:
  1. Linguistico (struttura frase scritta in maniera corretta comprensibile)
  2. “Speech act”
  3. “Conversational”
Sia lo “Speech act” che il “Conversational” possono modificare il mondo intorno a noi ma la loro differenza non mi è stata chiara, nonostante i molti esempi forniti dal professore, fino a quando non ho affrontato gli esercizi (delle domande di comprensione dei video). Semplicemente lo “Speech act” è tale se si completa con la pronuncia delle parole che lo compongono indipendentemente dal fatto che modifichi o meno la realtà intorno a noi. Ad esempio: scusarsi è uno “Speech act” indipendentemente dal fatto che le scuse vengano accettate o meno; al contrario insegnare non è uno “Speech act” perché se il nostro allievo non impara allora non si è insegnato.
Onestamente a me paiono sottigliezze inutili e complicate: dubito che serviranno veramente a qualcosa...

Infine (fortunatamente!) qualcosa di veramente utile: viene citato il filosofo Paul Grice e la sua teoria su come debba essere il linguaggio fra due persone che vogliono cooperare insieme.
Secondo Grice la comunicazione deve rispettare le seguenti massime:
  1. Quantità: non dire troppo o troppo poco
  2. Qualità: non dire ciò che non credi o che non puoi provare (*3)
  3. Rilevanza: andare al sodo!
  4. Maniera: essere brevi e ordinati ed evitare le ambiguità o la poca chiarezza
Di queste massime l'unica che non si spiega da sola è la seconda: la mia ipotesi è che si suggerisca di evitare di fare ipotesi inutili, di dire qualcosa senza esserne sicuri perché si potrebbe trarre involontariamente in inganno il nostro interlocutore. Certo ci sarebbero da aggiungere molti “se” e molti “ma”: quasi quasi vado a investigare sul forum per vedere se trovo qualche spiegazione aggiuntiva...

Editato (29/11/2012): ho controllato sul forum del corso e ho trovato una seconda definizione più chiara:
Quality a) Do not say what you believe to be false. b) Do not say that for which you lack adequate evidence.

Comunque le cose che mi sono veramente piaciute di questa citazione sono due.
La prima riguarda la netta precisazione sul fatto che queste massime valgono solo per persone che vogliono cooperare/capirsi fra loro. Spesso si dà per scontato che basti l'atto di comunicare per capirsi ma non è così: è necessaria la giusta predisposizione dell'animo (volontà di cooperare/di capirsi; cfr. Parole Santissime 4 il punto 5.1 “La comprensione viene dal cuore”).
La seconda, ovviamente non evidenziata dal professore, è che fra la volontà di cooperare e le massime di Grice c'è quasi una relazione di “se e solo se” nel senso che: se due persone vogliono cooperare allora seguono (magari inconsciamente) le massime di Grice; se due persone seguono le massime di Grice allora vogliono cooperare; se due persone non vogliono cooperare (nel senso di comunicare efficacemente) allora non seguono le massime di Grice; se due persone non seguono le massime di Grice allora non vogliono cooperare...
Fissato questo punto è allora subito evidente come, ad esempio, il linguaggio dei politici, pieno di ridondanza e concetti non rilevanti, implichi la volontà di NON comunicare efficacemente con gli elettori: lo scopo del politico non è infatti chiarire ma persuadere.


Forse in questo mio intervento sono stato troppo severo con l'insegnante: probabilmente i madrelingua inglesi non hanno problemi a seguire il suo modo di esprimere le idee, o magari ero io un po' troppo distratto...
Comunque rimango col dubbio (non da poco!) di non aver capito quali fossero i concetti fondamentali e quelli di contorno.

In conclusione sarà interessante vedere la lezione della prossima settimana che, essendo più operativa, avrà spero una struttura più lineare.

Nota (*1): Ad esempio si può associare il verbo to warn a uno speech act e to alert a un conversational act: peccato che per me, date le mie conoscenze dell'inglese, to warn e to alert siano dei sinonimi completamente intercambiabili!
Nota (*2): l'amico che chiarisce vuole solo che noi si raggiunga la decisione/conclusione migliore ma non gli interessa in particolare quale essa sia...
Nota (*3): nel video è definita come: “Don't say what you don't believe or what you have no reason to believe”

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