Come previsto (v. Thomas Sankara) ho appena finito di leggere i discorsi di Thomas Sankara dal 1983 al 1987 (in realtà un libretto di un centinaio di pagine con appena cinque discorsi) e ho avuto la netta sensazione che egli, quarant’anni fa, fosse molto più avanti della sinistra odierna.
Mi ha colpito il suo pragmatismo: l’idea chiara su chi siano i nemici e cosa fare per contrastarli. Chiarificatore in questo senso il titolo del libro: “Noi siamo gli eredi delle rivoluzioni del mondo”. Infatti l’idea di Sankara è quella di prendere ciò che vi è di buono e valido da ogni rivoluzione e adattarlo al proprio paese MA scartando via tutto ciò che è vieto e superato.
Al contrario la sinistra italiana, quando va bene, riconosce i sintomi del male ma propone terapie obsolete che, FORSE, avrebbero funzionato il secolo scorso (e non intendo il 1999 ma il 1921!)…
Non ultimo l’aspetto ecologico giustamente visto non scindibile dalla lotta alla diseguaglianza sociale ed economica.
Ne cito una frase per dare l’idea: «La lotta per difendere gli alberi e le foreste è soprattutto una lotta contro l’imperialismo. Perché l’imperialismo è il piromane che incendia le nostre foreste e savane.» (*1)
L’imperialismo di Sankara non è solo quello militare ma è soprattutto economico quindi lo potete leggere come “le multinazionali”: in altre parole non si può proteggere l’ambiente senza combattere lo sfruttamento da parte dei grandi potentati economici delle risorse naturali.
Mi ricorda molto la frase attribuita al sindacalista brasiliano Chico Mendes: «L’ambientalismo senza lotta di classe è semplicemente giardinaggio»
E vi risparmio una citazione di Marcuse in cui il principio di prestazione (che in occidente corrisponde al liberismo) è in opposizione con la natura che, anzi, ne viene distrutta. E tutto questo per dare sfogo alla repressione addizionale (che nella terminologia di Marcuse corrisponde, nel mondo moderno, all’interesse dei pochi, ovvero dei potenti). Semplicemente non ho voglia di cercarla!
Aggiungo poi un altro fattore: il coinvolgimento attivo della popolazione. Non è un’organizzazione dello Stato che pianta gli alberi ma tale compito è affidato alla popolazione secondo specifici criteri. Cosa cambia?
Cambia che in questa maniera la popolazione viene educata e responsabilizzata: è infatti più probabile che vi opponiate al taglio di un boschetto che avete piantato voi stessi oppure di uno piantato da dei funzionari governativi?
Inutile poi ricordare come l’azione plasmi la morale e, quindi, come alla lunga delle buoni abitudini rafforzino la coscienza della società.
Volevo scrivere un corto ma ormai ho “dilagato”. E allora è giusto concludere questo mio breve “incontro” con Sankara ricordando anche il suo grande impegno a favore della condizione femminile che in Burkina Faso era a livelli medioevali. Non so quanto riuscì effettivamente a fare nei pochi anni di governo ma a suo dire, negli ultimi discorsi, Sankara afferma che le donne adesso occupano posizioni paritarie agli uomini all’interno dell’apparato pubblico. Insomma sui risultati concreti non metterei la mano sul fuoco ma dell’impegno sincero di Sankara in tal senso non dubito!
Conclusione: piccola serendipità: oggi ho letto un passaggio dove Sankara cita Novalis e poco dopo l’ho ritrovato anche in “Eros e civiltà” di Marcuse che leggo in parallelo. Ho deciso che il destino vuole che legga qualcosa di questo autore: ‘mo me lo segno...
Nota (*1): da me tradotto da “We are heirs of the world’s revolutions” di Thomas Sankara, (E.) Pathfinder, 2020, pag. 93.
alla prima stazione
1 ora fa
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